17 maggio 2007

Giustizia criminale

Processo in corso

Gli uomini dei corpi speciali sono scappati senza essere notati

Ul’man e i suoi compagni d’armi sono ricercati in tutta la Russia

Il 12 aprile 50 cosacchi sono giunti a Rostov dai villaggi cosacchi del Don per sostenere gli uomini dei corpi speciali accusati dell’omicidio di sei civili inermi della provincia di Šatoj in Cecenia. In quel giorno presso il tribunale militare distrettuale del Caucaso settentrionale avrebbero dovuto proseguire le arringhe delle parti in causa. Ma comunque i cosacchi non hanno visto il loro idolo, il capitano Ul’man. Insieme ai complici – il tenente Kalaginskij e il sottotenente Voevodin – si è nascosto chissà dove. L’avvocato di Ul’man Roman Kržečkovskij ha dichiarato che i telefoni cellulari di tutti e tre sono stati spenti e che né lui né gli avvocati degli altri imputati sanno dove si trovino adesso.

E’ perfettamente evidente, che il sottotenente e due ufficiali dei corpi speciali del comando dell’intelligence dell’esercito russo hanno deciso di darsi alla fuga perché stavolta, al terzo processo, c’era la minaccia di una vera reclusione. E’ evidente anche che una tale svolta degli avvenimenti era assolutamente prevista.

Durante l’ultima seduta il procuratore aveva chiesto per gli imputati da 18 a 23 anni di reclusione e al contempo non aveva accolto l’istanza per il mutamento della misura preventiva dalla firma di un impegno a non allontanarsi alla reclusione. Tale istanza era stata presentata dalla parte lesa, i familiari delle persone uccise a colpi d’arma da fuoco dagli uomini dei corpi speciali, e dai loro avvocati nella richiesta di appello inoltrata alla Corte Suprema della Federazione Russa dopo la seconda assoluzione degli imputati da parte della giuria. Tuttavia la Corte Suprema, pur impugnando la sentenza e rinviando il caso a un nuovo esame, lasciò la precedente misura preventiva – la firma. (Il capitano Ul’man durante l’istruttoria e le prime udienze si trovava nel SIZO[1] ed è stato liberato dopo il verdetto della giuria direttamente in aula.)
Gli imputati, accusati di aver compiuto un crimine particolarmente grave, hanno pienamente usufruito della propria libertà: hanno esercitato una palese pressione sui testimoni. Come ha dichiarato nel corso dell’ultima udienza il pubblico ministero colonnello Titov, i sottoposti del capitano Ul’man hanno rilasciato le vere deposizioni nella prima fase dell’istruttoria, quando Ul’man si trovava in stato di reclusione e non poteva influenzare i propri soldati. Di conseguenza, dopo che con loro “hanno condotto un lavoro” i comandanti e gli uomini dell’intelligence, o hanno ritrattato, o improvvisamente “hanno dimenticato” tutto.

Il soldato Cybdenov, che si era segnalato per una memoria fenomenale (stupì gli inquirenti perché ricordava tutti i nomi, i cognomi, gli indirizzi e le date di nascita degli abitanti del villaggio di Daj interrogati prima di essere uccisi a colpi d’arma da fuoco), al terzo e ultimo processo dapprima si è rifiutato di deporre, dicendo che gli faceva male la testa. Il giorno dopo, quando è riapparso al processo, il giudice gli ha domandato ironicamente:

- Ebbene, è già riuscito a ricevere le indicazioni dei vecchi compagni? Ora parlerà?

Cybdenov aveva ricevuto “indicazioni” – alle domande del procuratore ha risposto: “Non ricordo”.

La scomparsa facile da prevedere degli imputati conviene a molti. Al più importante processo ceceno dei nostri giorni guardano fissi sia in Cecenia, sia nelle altre regioni russe. Alle udienze vanno tanto i “patrioti” dei gruppi che sostengono Ul’man – cosacchi, attivisti dell’RNE[2] e di altre organizzazioni di sinistra[3] e nazionaliste, quanto i sostenitori dei diritti umani, che esigono pene dure per gli assassini di civili inermi, e gli studenti ceceni degli istituti superiori di Rostov. La situazione in aula è stata molto tesa dal primo all’ultimo giorno.

Qualunque sentenza emetta il tribunale, solleverà necessariamente un’ondata di proteste dall’una o dall’altra parte. Ma se non ci sono gli imputati, vuol dire che non c’è neanche il verdetto. Gli uomini dei corpi speciali sono ricercati in tutta la Russia. La prossima udienza è stata rinviata al 24 maggio, quando il tribunale dovrà decidere se interrompere le udienze o emettere una sentenza nei confronti dell’unico e solo imputato finora non fuggito, il maggiore Perelevskij.

Si ha l’impressione, che questo tipo di svolta degli eventi fosse scritto da un pezzo. Altrimenti perché persone accusate di omicidio plurimo avrebbero atteso la sentenza standosene tranquilli in libertà, mentre decine di migliaia di persone accusate di crimini meno gravi stanno per anni nel SIZO?

Anna Lebedeva
nostro corrispondente speciale

16.04.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/27/11.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Sledstvennyj IZOljator (Carcere di detenzione preventiva).

[2] Russkoe Nacional’noe Edinstvo (Unità Nazionale Russa), partito neonazista.

[3] Di nostalgici dell’Unione Sovietica.

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