06 ottobre 2009

Il potere sovietico non finirà mai?

Antisovietico



Sotto la copertura dell'indubbio valore della Vittoria [1] e delle persone che l'hanno ottenuta, ci ricordano di nuovo chi è un eroe e chi è polvere di lager


Non penso che Aleksandr Podrabinek [2] abbia bisogno di essere difeso. Sa reggere il colpo. E da chi in realtà andrebbe difeso? Paragonare le nefandezze dell'attuale regime, il meschino teppismo degli attuali gopniki [3] con la realtà del periodo sovietico significa offendere la memoria delle vittime delle repressioni staliniane e delle persecuzioni brežneviane. Significa offendere lo stesso Podrabinek. Negli anni '70 lanciava la sfida all'organizzazione sociale, al sistema. Ora si contrappone, in generale, a una teppa, che gode del fatto che lo stato non abbia condannato ufficialmente i crimini del regime comunista. E che gode anche di quella libertà per cui Podrabinek lottò a suo tempo e rispose con la vita, con il sangue, con l'incolumità di persone a lui vicine.

Questi giovani, che recitano la parte di ombre risorgenti di un passato maledetto, non conoscono la storia del proprio paese, ma devono essere al corrente di cosa sono i “troll”. E' la loro terminologia. Questi non possono non capire, che ora fanno del “trolling” nel mondo reale. Il loro scopo è provocare i nemici alla risposta, suscitare una reazione e più questa è vivace, meglio è per loro. Perciò in Internet si dice anche: “Non date da mangiare ai troll”. In effetti è vano disturbare un'azione di disturbo altrui.

Gli adolescenti maleducati non sono un problema. E la loro comparsa in questa storia è solo una conseguenza. Ma l'essenza del conflitto riguarda i nostri vecchi, i veterani di guerra.

Questa Vittoria è qualcosa di sacrale. E la società non è pronta al chiarimento e all'analisi dei santi miti. Ma. Quale che sia l'atteggiamento di ciascuno di noi verso il testo scritto da Podrabinek, questi, in primo luogo, aveva il diritto di esprimersi e in secondo luogo, con tutto il rispetto per i meriti militari del compagno Dolgich [4], in verità non spetta già più a lui indicare come si deve vivere oggi. Tanto più in compagnia dei fratelli Jakemenko [5], che si sono aggregati.

E quali che siano i motivi per cui un candidato a membro del Politbjuro del CC del PCUS abbia consigliato di fare i conti con una tavola calda, in questo caso è stato chiaramente espresso o formulato l'ordine del potere attuale ed è evidente che questa tecnologia che hanno messo in atto è antica e sperimentata. A quali contese non hanno avuto ritegno di prender parte le organizzazioni dei veterani, parlando sia a proprio nome, sia a nome dei caduti, per dare insegnamenti e marchiare; “gli addetti alla logistica politica dell'esercito di Brežnev” li chiamava il combattente di trincea Astaf'ev [6], passato per la battaglia dello Dnepr, tre volte ferito e contuso. A lui, invalido di guerra, i capi-commissari insegnarono l'amore per la Patria fino alla morte. (Non confronto persone, dimensioni, motivi. Si tratta della somiglianza di metodi e modi di agire.)

Astaf'ev fu perseguitato con la stessa tecnologia: aizzarono i veterani e questi minacciarono di cavargli l'ultimo occhio – per via della guerra gli era rimasto in funzione solo un “guardatoio” [7], come si esprimeva. Gli scrissero lettere, secondo le usanze, a nome di tutto il popolo: “Un palo di pioppo tremulo, che ti esca dalla bocca”. Ho visto queste lettere. Astaf'ev raccontava che proprio lo stesso passava Vasil' Bykov [8], erano amici. Anche a lui scrivevano i veterani.

La persecuzione di Astaf'ev era condotta dalla “Krasnojarskaja gazeta” [9], edita dal troglodita nazionalista e comunista Oleg Paščenko, adesso deputato dell'Assemblea legislativa del territorio. Questi si ritiene anche uno scrittore – in realtà, proprio Astaf'ev ha portato alla letteratura questo attivista. Dopo la morte del vecchio, Paščenko ha cominciato, lustrandosi, a rilasciare interviste dicendo di essere stato amico di Astaf'ev. La “Krasnojarskaja gazeta” è tenera con Dolgich (questi è stato primo segretario del comitato territoriale del PCUS di Krasnojarsk) e con gli altri leader sovietici del territorio. I veterani, evidentemente, sono comunque diversi. Come tutti gli altri.

Neanche dopo la morte hanno lasciato Astaf'ev in pace, lo deridono ancora. L'anno scorso lo scrittore e veterano di guerra di Krasnojarsk Anatolij Čmychalo, vicino alla corte locale (è amico del sindaco di Krasnojarsk, la figlia è vice-governatore), premiato con ogni possibile titolo (cittadino onorario di Krasnojarsk, operatore culturale emerito della RSFSR, decorato con vari ordini), ha concesso un'intervista all'inserto regionale di “Argumenty i fakty” [10], destinato al 9 Maggio [11] e, evidentemente, al giorno natale di Astaf'ev (1 maggio). Čmychalo ha negato che Astaf'ev abbia combattuto: dice, non ha neanche visto la guerra, non è stato al fronte, solo a 500 chilometri da esso, dove non volavano neanche gli aerei, e lo facevo soffrire quando raccoglievo trofei sul campo. E sulla guerra Astaf'ev, di conseguenza, ha scritto merda, cose per sentito dire.

Nel luglio scorso è morto l'editore di Astaf'ev – Gennadij Sapronov di Irkutsk [12]. E un mese prima a Čeljabinsk [13] durante una riunione organizzata da “Russia Unita” [14] Aleksandr Degtjar' [15], vice-presidente dell'organizzazione regionale dei veterani di guerra, del lavoro, delle Forze Armate e delle forze dell'ordine, ha proposto di fucilare Sapronov per il libro di lettere di Astaf'ev da lui edito. Degtjar' (che non ha partecipato alla Grande Guerra Patriottica [16]) ha raggiunto il punto di ebollizione sulla frase di Astaf'ev: “Non Lei, non io e non l'esercito hanno vinto il fascismo, ma il nostro popolo che ha sofferto molto. E' nel suo sangue che è affogato il fascismo, il nemico è stato coperto di cadaveri gettati”. Degtjar' ha richiesto una punizione severa, “fino alla fucilazione” anche per i giornalisti della “Novaja gazeta” che hanno presentato questo libro al pubblico.

Parlare del fatto che i veterani vengono usati, secondo me, non è molto intelligente. Non sono bambini. Ma forse dietro il loro nome si nasconde la nomenklatura dei veterani. Nel proprio blog il comproprietario della tavola calda “Antisovietica” scrive che nel Consiglio dei veterani moscovita nessuno sapeva delle rimostranze verso la loro azienda, è, dicono, “un'iniziativa privata di una ex autorità”. “Il movimento dei veterani comunque è un'unione a livello di età, ma non di azioni”, – conclude l'uomo d'affari.

A Krasnojarsk con la stessa tecnologia il KPRF [17] ha portato avanti l'idea di erigere un monumento a Stalin. A nome dei veterani di guerra e del lavoro. Chi gli ha chiesto qualcosa? E chi ha chiesto qualcosa a quelli che hanno subito le repressioni e sono ancora vivi (nel territorio ce ne sono più di 20000)?

Dispiace per i vecchi. La tavola calda, la stazione del metrò “Kurskaja” [18], ecc., ecc. La volontà dei veterani è sacra, ma che si vuol fare con queste troppo vive vittime dello stalinismo, fregarsene [19]? Secondo le stime di “Memorial” [20], una famiglia su tre in Siberia è formata da eredi di persone che hanno subito le repressioni. Non so quale sia la percentuale a Mosca. Quale concretamente sia tra i Naši [21]. A ben vedere, ai pronipoti di coloro che hanno subito le repressioni non importa già più come i loro bisnonni e bisnonne abbiano sofferto a Rešoty [22], a Karaganda [23], alle Solovki [24], nel Noril'lag [25]. Ma i nipoti sono vivi. Sono in forze e in grado di ricordare. Il potere con i suoi profondi inchini al passato sovietico e a Stalin direttamente propone a questi nipoti, a questi figli e agli stessi prigionieri del GULag ancora vivi di perdonare tutto e tutti? E tutto questo – per volere dei veterani di guerra?

Ma forse per simmetria merita togliere l'insegna anche dall'albergo “Sovetskaja”?

Tra vittime e carnefici, tra macine e grano non ci sarà consenso, non vale la pena neanche di cercarlo. Ma sotto la copertura dell'indubbio valore della Vittoria e delle persone che l'hanno ottenuta, si può, di conseguenza, ricordare continuamente che a chi è un eroe, vanno considerazione e una sorta di rispetto [26] e a chi è polvere di lager, la gramigna dei burroni, è così?

Astaf'ev era nato nello stesso anno di Dolgich, il 1924, falciato alla radice dalla guerra. E mi ha reso felice avere a che con un altro soldato nato in quell'anno, Anatolij Egorovič Tarasov. Si tratta di mio zio. Per tutta la vita, tranne i 4 anni di guerra, è vissuto vicino a Mosca, a Volokolamsk. E' morto 5 anni fa.

Scusate il ricorso all'esperienza privata e la sincerità. Ma come si può parlare altrimenti di qualcosa di sacrale? Di Dolgich ho sentito parlare molto a Krasnojarsk e a Noril'sk, ma non ci ho mai avuto personalmente a che fare. Ma Astaf'ev e zio Tolja, simili in molte cose, persone così semplici, affidabili e sante, mi hanno dato moltissimo. Guardando loro, conservati dalla divina provvidenza, mi diventava un po' più chiaro come il nostro popolo avesse avuto la meglio sull'organismo impeccabilmente funzionante della Wehrmacht, il miglior esercito di tutti i tempi e di tutti i popoli.

Una delle mie prime impressioni infantili, che mi si è impressa nella memoria per sempre: vado al bagno a vapore pubblico con zio Tolja e i suoi amici. Vedo la sua schiena e le sue gambe, solcate dalle schegge, vedo i corpi dei suoi amici, anch'essi della fanteria, che si toglievano le protesi, corpi-rottami. E' stato il primo shock della mia vita.

Della guerra non parlava. Non amava il potere sovietico, e se qualcuno rammentava Stalin e Žukov [27] imprecava bonariamente. Marija, sua moglie, la amava, gli amici li amava molto (ora il suo migliore amico ha anche la tomba accanto alla sua), le bevute le amava, il cane Snežok [28] lo amava, ma Stalin – no. E non combatté proprio per lui. Di Stalin nella grande famiglia del nonno Egor Filippovič parlava bene, pare, solo mio padre – era il figlio minore e diceva che era venuto al mondo solo grazie al fatto che poco prima della guerra avevano proibito l'aborto. Era una sorta di scherzo, un gioco: questi chiamava Stalin “padre carnale”, ma il nonno lo rincorreva seriamente per appioppargli uno schiaffo.

So con quali parole avrebbe definito la situazione della tavola calda lo zio Tolja. Di decorazioni ricevute al fronte ne aveva più di Dolgich. E dunque? Secondo Boris Jakemenko, Dolgich è un emerito veterano e chi non è con lui, cito: “Gli altri “veterani” sono quegli stessi traditori che Podrabinek indica come esempi”. Non vi sembra che per noi baleni un'altra guerra civile?

Un'opinione

Il presidente della Fondazione per la difesa della trasparenza Aleksej Simonov:

– Saša non è un vigliacco. Saša è una persona che è passata per i lager di epoca sovietica. Ha i maggiori meriti davanti al movimento per la difesa dei diritti umani. Questo è un aspetto della vicenda. Saša è una persona decisa; se ha un punto di vista, lo mantiene. Minacciare fisicamente una persona che ha espresso un punto di vista è in primo luogo un segno di mancanza di cultura, in secondo luogo un segno di debolezza: noi siamo una folla, perciò lo possiamo fare a pezzi. Questa non è solo una cosa incivile, ma anche qualcosa di punibile penalmente, dal mio punto di vista. Le forze dell'ordine devono prendere misure immediate al riguardo. Non si può minacciare fisicamente una persona per delle parole. Di casi del genere nella nostra storia ce ne sono più di 300, considerando solo quelli con esito mortale. Quando il destino di una persona è stato legato a parole da essa dette o scritte. E' un fenomeno diffusissimo.

Mentre il numero andava in stampa

Ci siamo messi in contatto con Alla Podrabinek [29], che ci ha raccontato che i Naši continuano a fare un picchetto davanti all'ingresso. Nei giorni festivi, a dire il vero, non c'erano. Venerdì hanno mostrato un permesso per restare fino al 4 ottobre, ma hanno promesso di venire lunedì e portare con loro i veterani. Ai residenti che passano di lì dicono: “Podrabinek offende i veterani e vuole togliergli le pensioni”. Venerdì presso la casa è stato effettuato un contro-picchetto – a sostegno del giornalista – da parte di rappresentanti del movimento “Solidarnost'” [30] e delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

Sabato un'azione in difesa di Aleksandr Podrabinek si è svolta presso l'ambasciata russa a Berlino.

Aleksej Tarasov
nostro corrispondente, Krasnojarsk

05.10.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/110/19.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] La vittoria per eccellenza, quella sulla Germania nazista.

[2] Aleksandr Pinchosovič Podrabinek, ex dissidente sovietico e oppositore del regime di Putin, è da giorni assediato nella propria casa dagli attivisti del movimento giovanile putiniano Naši (I Nostri). La sua “colpa” è di aver scritto un articolo sulla vicenda di una tavola calda moscovita a cui è stato fatto cambiare nome su istanza dei veterani della II guerra mondiale perché si definiva “antisovietica”, in cui sosteneva che, con il massimo rispetto per I combattenti contro la Germania nazista, in Russia si potessero definire eroi solo gli oppositori al regime sovietico.

[3] Teppisti caratterizzati dal particolare modo di vestirsi, dall'abuso di alcool e dall'accanimento contro i deboli.

[4] Vladimir Ivanovič Dolgich, leader dei veterani russi della II guerra mondiale.

[5] Boris Grigor'evič e Vasilij Grigor'evič Jakemenko, elementi di punta dei Naši.

[6] Viktor Petrovič Astaf'ev, scrittore russo.

[7] E' difficile tradurre il neologismo gljadelo da gljadet', “guardare”.

[8] Vasil' Vladimirovič Bykov, ex combattente e scrittore bielorusso.

[9] “Giornale di Krasnojarsk” (città della Siberia centrale).

[10] “Argomenti e fatti” (rivista russa di attualità).

[11] Giorno della Vittoria.

[12] Città della Siberia orientale.

[13] Città della Siberia occidentale.

[14] Partito che ha il solo scopo di portare avanti la politica di Putin.

[15] Degtjar' suona più o meno come “catramatore”. Nomen omen?

[16] La guerra contro la Germania nazista.

[17] Kommunističeskaja Partija Rossijskoj Federacii (Partito Comunista della Federazione Russa).

[18] “Di Kursk”. La stazione del metrò prende il nome da quella ferroviaria, da cui partono i treni per Kursk, nella Russia centrale. Nella stazione del metrò durante i lavori di restauro è riemersa una targa commemorativa di Stalin e le proteste dei veterani perché non venisse eliminata hanno avuto la meglio.

[19] Letteralmente “sputare e sfregare” (cioè non tenere in alcun conto).

[20] “Memoriale”, associazione nata per difendere la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche, tuttora attiva sul fronte dei diritti umani.

[21] Il corsivo è mio.

[22] Località della Siberia centrale.

[23] Città del Kazakistan centro-settentrionale.

[24] Nome colloquiale delle isole Soloveckie, nel Mar Bianco.

[25] Cioè nel lager di Noril'sk, nella Siberia settentrionale.

[26] Uvažucha è un termine spregiativo (il suffisso -ucha indica ostentazione, falsità).

[27] Georgij Konstantinovič Žukov, principale condottiero dell'Armata Rossa nella II guerra mondiale.

[28] “Palla di Neve”.

[29] Moglie di Aleksandr.

[30] “Solidarietà” (movimento di opposizione che si richiama a quello polacco degli anni '80).

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