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07 gennaio 2014

La Russia di Putin avrà cosacchi musulmani?

Finora non li hanno puniti con la frusta

Questo tema è stato sollevato nei loro articoli da autori di molti mezzi di comunicazione di massa stampati ed elettronici, vive discussioni si svolgono anche nell'ambiente dei cosacchi del Terek [1].

Il Patriarca di Mosca e di Tutte le Russie Kirill al Primo Grande Congresso dei cappellani cosacchi ha indicato la propria opinione, sottolineando che "alla base dell'immagine di vita del cosacco stia la fede ortodossa e l'amore per la Patria. Un amore che si estende fino alla prontezza a dare la propria vita per la Patria.

E se il sistema di valori spirituali e morali si distrugge, la persona si trasforma in uno pseudo-ortodosso, in una qualche immagine caricaturale. I cosacchi devono avere un chiaro senso di appartenenza alla Chiesa. Non si può essere cosacchi e non essere in comunione con i Santi Misteri di Cristo. Non si può essere cosacchi e non confessarsi. Non si può essere cosacchi e vivere in un matrimonio non religioso. Tali cosacchi ai vecchi tempi sarebbero stati puniti con la frusta".

Tuttavia ora in Russia si verificano fatti che evidentemente non corrispondono alla posizione del Patriarca Cirillo. Così, in Inguscezia di recente si è tenuta un'assemblea per la creazione della comunità cosacca di villaggio e del circondario cosacco della Sunža [2].

La schiacciante maggioranza delle persone che desiderano andarci è musulmana. Il loro scopo è comprensibile. Non si tratta di accogliere l'ortodossia e la forma di vita cosacca, a queste persone è semplicemente necessario un lavoro pagato, infatti nella repubblica praticamente non c'è. Ma le voci secondo cui i cosacchi riceverebbero non pochi soldi dallo stato, come si dice, sono fortemente esagerate e questo mito fa perdere la testa a molti. Qui è appropriato ricordare le parole del Patriarca Kirill: "I cosacchi saranno autentici solo quando sarete inseriti nella Chiesa. E senza questo l'ardore può passare presto. L'uniforme può essere tolta e le tradizioni possono essere violate…".

E ancora un esempio recente: su alcuni siti Internet è stata posta la notizia che nell'Esercito Centrale Cosacco è comparso un achund [3] (cappellano militare musulmano), responsabile dell'educazione spirituale dei cosacchi musulmani. Ma da dove sono venuti nell'esercito cosacco i cosacchi musulmani? Infatti nelle regole delle prima comunità cosacche è detto chiaramente che cosacchi possono essere solo gli ortodossi.

Per fondare tale svolta le persone interessate cercano di riferirsi alla storia, affermando che gli ingusci avrebbero servito nei reparti cosacchi e perfino nella scorta imperiale. E altri musulmani sarebbero sempre stati nell'esercito e avrebbero perfino prestato il giuramento cosacco sul Corano. Confermare o smentire questa notizia possono solo gli storici a cui ci siamo rivolti per avere chiarimenti.

Sergej Nikolaevič Savenko, direttore del museo storico di Pjatigorsk [4], candidato in scienze storiche, lavoratore emerito della cultura della Federazione Russa, ricercatore di storia dei cosacchi con 25 anni di esperienza:

Le questioni dell'appartenenza religiosa dei cosacchi, come pure tutta la storia dei cosacchi, non sono semplici e univoche. Effettivamente, una delle linee principali dello sviluppo storico delle comunità cosacche è stato il loro continuo trovarsi in zone di contatto multietniche e multi-confessionali sul Don, nel Caucaso del Nord, negli Urali, in Siberia e così via.

Obbiettivamente questo ha favorito il fatto che nell'ambiente cosacco si potessero trovare e periodicamente si trovassero rappresentanti di diversi popoli e visioni religiose tradizionali. Nella storia dei cosacchi russi si seguono nettamente due direzioni fondamentali della sua formazione e del suo sviluppo: quella popolare e quella gerarchica e di servizio.

Il nucleo e la base etno-culturale della linea popolare di sviluppo dei cosacchi russi e piccolo-russi sono stati formati dai gruppi slavi orientali della popolazione di fede ortodossa cristiana orientale. L'accoglienza di cosacchi di diversa origine, di regola, richiedeva l'accoglienza del battesimo da parte di questi. La conservazione della fede ortodossa in un ambiente di diversa etnia è stato indice del manifestarsi della tradizionale durezza dello spirito popolare dei cosacchi.

Tra l'altro bisogna tener conto del fatto che molte comunità cosacche, tra cui anche i primi gruppi di cosacchi del Terek, si sono formate alla periferia della Russia prima dello scisma degli anni '50-'60 del XVII secolo e perciò nel loro ambito si è conservata l'ortodossia nella forma pre-nikoniana dei Vecchi Credenti [5]. Ma anche questa fede era ortodossa. Questa fu severamente preservata dai cosacchi perfino nelle condizioni di dominio dell'Islam nell'ambiente etno-culturale diverso in cui si trovavano i cosacchi. Un eloquente esempio è la conservazione dell'ortodossia nel corso di oltre 200 anni da parte dei cosacchi di Nekrasov [6], vissuti per lungo tempo nei confini della Turchia e dei suoi possedimenti.

La maggioranza assoluta dei cosacchi del Kuban' [7] e del Don nel Caucaso del Nord era di seguaci dell'ortodossia ufficialmente accettata e sostenuta. Dati storici sull'esistenza di moschee attive nei villaggi cosacchi del Terek e del Kuban' e tanto più di cappellani militari islamici nelle formazioni cosacche non erano a mia disposizione e non lo sono.

La creazione di villaggi di "fratelli cosacchi" di altre etnie non presupponeva la collaborazione allo sviluppo dell'Islam nel suo ambiente. Di solito era il contrario I fuoriusciti dei Cabardi, degli Ingusci e di altri popoli indigeni della regione, stabilitisi presso le cittadelle russe e i villaggi cosacchi, accoglievano l'ortodossia e riempivano lo strato dei cosiddetti "neofiti" e più tardi dei cristiani ortodossi veri e propri.

Quando nel periodo delle riforme degli anni 1860-1870 si prese a permettere l'insediamento di persone "di altre etnie" nei villaggi cosacchi, tra queste persone di altre etnie potevano esserci anche dei non ortodossi. Tuttavia questi non si annoveravano tra i cosacchi, non partecipavano alle forme di autogoverno e di vita tradizionale cosacche.

La situazione religiosa nel paese, comprese le regioni cosacche, si complicò essenzialmente per via dell'approvazione, nel corso della Prima Rivoluzione in Russia, il 17 aprile 1905 dell'Altissimo Decreto personale per il Senato Governante sul rafforzamento dei principi della tolleranza religiosa, dove per la prima volta nella storia russa si affermava a livello legislativo non solo il diritto alla libertà di fede delle persone non ortodosse, ma si stabiliva anche che il passaggio dalla fede ortodossa a un'altra confessione o fede cristiana non era sottoposto a prosecuzione da parte dello stato. Ma anche in queste condizioni proprie i cosacchi di stirpe in prima fila rimasero fedeli all'ortodossia.

La storia delle truppe cosacche ha riflettuto in misura maggiore la seconda direzione di sviluppo dei cosacchi, quella gerarchica e di servizio.

Nelle formazioni cosacche, in particolare alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, prestarono servizio rappresentanti di diversi popoli e fedi, ma si trovavano allo stato di aggiunti o puniti e seguivano le norme statali generali russe, in cui un ruolo chiave e dominante nella sfera spirituale apparteneva alla Chiesa Ortodossa Russa.

Prima dei combattimenti nei reparti dell'esercito e irregolari prestavano servizio sacerdoti ortodossi, che non di rado prendevano parte anche alle azioni di guerra.

La fede ortodossa diventò la base spirituale per la rinascita dei cosacchi negli anni '80-'90 e perciò le comunità e le unioni cosacche create rafforzarono nelle regole il postulato fondato che cosacchi potessero essere solo i cittadini ortodossi della nostra Patria o residenti all'estero.

Ėduard Burda, candidato di scienze storiche, città di Majskij, Kabardino-Balkarija:

Il primo tentativo del genere per aumentare la popolazione cosacca nel Caucaso a spese dei popoli caucasici fu legata alla fondazione di Mozdok [8], quando nel 1765 fu formata la compagnia montanara cosacca. Riferendo sull'origine di questa comunità, il maggiore Kudinov scrisse che "uno della famiglia si era iscritto tra i cosacchi e così aveva liberato gli altri dal ritorno dai loro padroni.

Dopo questo caso la famiglia di un designato tra i cosacchi veniva chiamata fraternità cosacca". Qui si tratta di montanari fuggiti dai propri padroni. Già ai tempi del generale Aleksej Petrovič Ermolov [9] si intraprese il tentativo di annoverare tra i cosacchi tutti quelli che vivevano a Mozdok, ma non fu coronato da un particolare successo. Al capo della regione del Caucaso, il generale Emmanuel', chiesero spiegazioni sul perché invece delle 771 persone destinate all'arruolamento "erano giunti solo 110 neofiti circassi".

Anche il tentativo del governo zarista di portare tra i cosacchi i cabardi e gli abazi del villaggio di Babukovskij, che gli fu permesso di fondare nel 1790, si concluse con un insuccesso. Nel 1861 più della metà della popolazione del villaggio cosacco di Babukovskaja furono "liberati dal dicastero cosacco" e distribuita, secondo i desideri, nei villaggi civili.

Con più successo si svolse la propaganda per il passaggio ai cosacchi tra gli osseti Digor e Iron. Nel 1824, durante la formazione del Reggimento Montanaro Cosacco, gli osseti entrarono ufficialmente nel reggimento e i loro villaggi – Černojarskoe e Novoosetinskoe – furono ribattezzati villaggi cosacchi.

Pure in modo del tutto indolore si verificò il passaggio tra i cosacchi dei georgiani che abitavano nel villaggio di Aleksandrovskaja presso Kizljar [10]. Nel 1838 entrarono nel reggimento del Terek e di Kizljar e il villaggio Aleksandrovskaja fu ribattezzato villaggio cosacco.

Tra i cosacchi del Terek si riversarono anche gruppi della popolazione cecena. A questi appartenevano quelli del clan Gunoj che vivevano nel villaggio cosacco di Červlennaja. Secondo i dati della spedizione etnografica, quelli del clan Gunoj che non volevano accogliere l'Islam, se n'erano andati dall'Ičkerija [11] montuosa a Gudermes, da dove parte di essi si trasferì a Červlennaja (che i ceceni chiamavano "Fortezza di Giunchi") e parte a Zibir-Jurt e a Staryj Jurt (la leggenda sul trasferimento a Červlennaja della parte del clan Gunoj che non voleva accogliere l'Islam fu registrata da B.K. Kaloev nel villaggio di Guni nel 1959).

A parte quelli del clan Gunoj nei villaggi di cosacchi del Terek ai nostri giorni vivono non pochi discendenti di ceceni trasferitisi in vari tempi presso i cosacchi del Terek da altri distretti della Cecenia. Sono Egorkini, Busungurovcy e Titkiny nel villaggio cosacco di Červlennaja, Zakaevy e Kostikovy nel villaggio cosacco di Grebenskaja. Nel villaggio cosacco di Petropavlovskaja vivevano ceceni del clan Šikaroj, andarono nel villaggio cosacco per lo stesso motivo, non volendo accogliere la religione musulmana.

Tra l'altro è necessario notare che in nessun documento storico noto, come pure nelle ricerche di storici pre-rivoluzionari e sovietici si incontrano menzioni di cosacchi ingusci.

Nel periodo della Guerra Caucasica, dal 1804 al 1854 con i rappresentanti dei popoli caucasici in aiuto alle truppe russe furono formati piccoli reparti irregolari, per esempio le milizie Àvara, Georgiana, della Guria, Daghestana, Džaro-lesghina, Inguscia, dei Mingreli, di Nazran, Osseta, Cecena e altre.

Tutti i reparti irregolari caucasici per organizzazione erano simili ai reggimenti cosacchi ed erano sottoposti alla Direzione Centrale delle truppe cosacche, ma erano utilizzate fondamentalmente come reparti ausiliari.

Per quanto riguarda la Scorta Personale di Sua Altezza Imperiale, questa porta la propria storia dall'inizio del 1811, quando con i figli dell'eroico Esercito dello Zaporož'e [12] trasferitisi nel Kuban' fu fondata la Centuria di Guardia del Mar Nero.

In seguito, nel 1828 fu formata la guardia personale del Semi-squadrone Montanaro Caucasico. L'imperatore Nicola I prese la decisione di attrarre i popoli montanari al servizio nella propria scorta per alcune ragioni. In primo luogo, per mostrare ai montanari che non li temeva e gli affidava perfino la propria difesa, in secondo luogo, voleva mostrare ai montanari la Russia, San Pietroburgo, la vita del paese che contrastavano, convincerli che la Russia non aspirava ad eliminarli, ma voleva una coesistenza pacifica.

Per il Semi-squadrone Montanaro Caucasico della scorta scelsero i rappresentanti dei cognomi più influenti e illustri. Non di rado erano parenti prossimi e perfino figli di quelli che con le armi in pugno contrastavano furiosamente e fanaticamente la Russia. Dopo la fine del servizio nella scorta e il ritorno a casa raccontavano tutto quello che avevano visto e con questo influivano su quelli della loro etnia. Come se dicessero – abbiamo creato un'immagine positiva dello Stato Russo agli occhi dei montanari. In tal modo l'attrazione dei montanari al servizio nella scorta fu un passo molto intelligente e lungimirante di Nicola I, che giocò un ruolo positivo nella conclusione vittoriosa della Guerra Caucasica. Tutti i montanari che erano stati nella scorta diventarono fedeli sostenitori della Russia, lo stesso si trasmise ai loro figli e nipoti.

Per quanto riguarda la fede, il Semi-squadrone Montanaro era puramente musulmano, ma non si considerava cosacco e fu creato temporaneamente. Con la fine della Guerra Caucasica sotto l'imperatore Alessandro II fu sciolto, come se avesse svolto il proprio compito. Da quel tempo tra i montanari solo i cosacchi osseti prestarono servizio nella scorta.

Non c'erano ingusci tra i cosacchi, ci furono singoli rappresentanti tra gli ufficiali, nei reggimenti cosacchi erano considerati inviati temporaneamente, come pure ceceni, daghestani e altri rappresentanti del Caucaso che professavano l'Islam. Nella lista della scorta uscita per il centenario di questo reparto nel 1911 sono elencati i nomi degli uomini della scorta – di ingusci che abbiano servito nel Semi-squadrone Montanaro ce ne sono in tutto otto…

Nella storia pre-rivoluzionaria i cosacchi sul Terek professarono l'ortodossia dei Vecchi Credenti (di varie correnti) e l'ortodossia ufficiale.

Feliks Kireev, collaboratore scientifico dell'Istituto di Storia e Archeologia della Repubblica dell'Ossezia del Nord-Alania [13]:

L'irruzione dei rappresentanti dell'Islam nell'ambiente cosacco – è una tendenza molto angosciante, che non può non causare angoscia. E non si tratta del fatto che tra i cosacchi compaiano dei musulmani, ma del fatto che questi ultimi comincino a dettare le loro condizioni e ad inculcare il proprio ordine.

Fino alla rivoluzione tra i cosacchi c'erano musulmani, come pure Vecchi Credenti, buddisti e altri e tutti servivano sotto le insegne cosacche con le scritte "Dio è con noi" e con i volti di Gesù Cristo, della Madre di Dio, ricevevano decorazioni con l'immagine di san Giorgio e di altri santi ortodossi.

I cosacchi in complesso erano considerati ortodossi, i cosacchi erano chiamati "guerrieri di Cristo" e la presenza nelle loro fila di rappresentanti di altre religioni non si notava sullo sfondo comune. Infatti i cosacchi sono un popolo e, come presso ogni altro popolo, nel suo ambito possono essere rappresentate diverse confessioni.

Per quanto riguarda i cosacchi in Inguscezia, già da tempo sono in corso discussioni sul fatto se gli ingusci siano stati cosacchi e su quanti di loro abbiano servito nella Scorta dello Zar. Ma tutto questo è solo a livello di congetture, fatti reali dietro tutto questo non ci sono! Non bisogna dimenticare che cosacchi non si può diventare, è necessario nascerci. I cosacchi non sono un tipo di esercito, sono un popolo, sono uno stato d'animo, una forma di vita. Leggete i classici – sia Lev Tolstoj e Pëtr Krasnov, sia Michail Šolochov – a seconda di chi vi piace…

Per quanto riguarda gli ingusci nelle truppe cosacche prima della rivoluzione, verso l'inizio della Prima Guerra Mondiale nell'esercito cosacco del Terek servivano circa 400 ufficiali.

Tra loro ingusci erano: il colonnello Ėl'bert Nal'giev (in futuro generale), i suoi figli, i sottotenenti Kurgok e Julij e l'esaul [15] Andrej Bazorkin. Nell'esercito cosacco del Kuban' servivano l'esaul Gabert Achriev e il centurione Mussa Sautiev. Si può ancora aggiungere il colonnello (in seguito generale) Safarbek Mal'sagov, comandante del Reggimento di Cavalleria Daghestano. E questo è tutto! Ma parlando del servizio degli ingusci nella Scorta Imperiale, chi è interessato legga la "Disposizione sulla Scorta Personale di Sua Altezza Imperiale". Là è scritto chiaramente da chi era formata – dai cosacchi degli eserciti del Terek e del Kuban'. Chi afferma il contrario, faccia nomi concreti.

Per qualche tempo nella scorta ci fu lo Squadrone Montanaro e in esso c'erano squadre di armeni, georgiani e perfino musulmani, ma noterò che nel complesso non avevano a che fare con i cosacchi della scorta. Era il solito reparto di guardia in cui sceglievano, tra gli altri, anche i cosacchi. Anche quando diventò tutto cosacco, non aveva a che fare con gli eserciti cosacchi.

E' necessario ricordare ancora che fino alla rivoluzione ogni esercito cosacco non era una qualche formazione militare, ma una formazione amministrativo-territoriale. Detta altrimenti, per esempio, l'esercito cosacco del Terek era l'analogo di un'attuale repubblica nazionale con il titolo nazionale "cosacchi del Terek". E i reparti cosacchi facevano parte dell'Esercito Imperiale Russo e non solo i cosacchi potevano servire in essi. Ma servire nei reparti cosacchi ed essere un cosacco sono cose del tutto diverse, cosa che adesso molti dimenticano.
***
Penso che dopo gli interventi di persone che hanno dedicato gran parte della propria vita allo studio della storia dei cosacchi, non ho già più niente da aggiungere e i lettori possono trarre del tutto da soli le proprie conclusioni. Noterò solo che nelle comunità dell'esercito cosacco del Terek si svolgono assemblee, dove si discute attivamente questo tema. E l'opinione di quelli del Terek è univoca – la fede ortodossa per i cosacchi è al di sopra di tutto!

Irina Ščerbakova, "Kavkazskaja politika", http://kavpolit.com/poka-ne-vysekli-pletyu/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Fiume del Caucaso del Nord.
[2] Nome di un fiume e di una regione dell'Inguscezia nord-orientale.
[3] Il corsivo, qui e altrove, è mio.
[4] Città della Russia meridionale.
[5] I Vecchi Credenti sono gli ortodossi scismatici che rifiutano le riforme liturgiche del patriarca Nikon del XVII secolo.
[6] Ignat Fëdorovič Nekrasov, atamano (generale) cosacco del XVII-XVIII secolo.
[7] Nome di un fiume e di una regione della Russia meridionale.
[8] Città della parte settentrionale dell'attuale Ossezia del Nord.
[9] Generale che "pacificò" il Caucaso nel XIX secolo.
[10] Città del Daghestan settentrionale.
[11] Nome autoctono della parte montuosa della Cecenia.
[12] Regione dell'Ucraina sud-orientale.
[13] Nome autoctono dell'Ossezia del Nord.

[14] Capitano cosacco.

03 gennaio 2014

Una via per Jašin, anzi un passaggio...

Fuorigioco netto

Chiameranno "via Lev Jašin" un passaggio senza nome

I tifosi hanno gioito, le personalità politiche, sportive e di altro genere hanno esultato. Finalmente le autorità di Mosca hanno ascoltato la voce del popolo e gli appelli della società – la via del grande portiere a Mosca ci sarà! La giustizia storica ha trionfato!

Si è parlato del fatto che via Jašin comparirà nel quartiere dello stadio della Dinamo, a cui per molti decenni fu legata la vita di Lev Ivanovič. Si era proposto di eternare con il nome del leggendario sportivo la via dove nacque – la Millionnaja [1]. Là, peraltro, si è conservata la casa, eternata da una targa memoriale.

In generale ci sono state accese discussioni. E in questo tempo negli uffici del potere si è svolto un teso lavoro di pensiero.

E cos'è stato?

Oh, Dio!

Secondo la delibera del governo della capitale, "via Jašin" sarà chiamato un passaggio anonimo dietro la strada circolare di Mosca, tra il viale Zaščitnikov Moskvy [2] e via Uchtomskogo Opolčenija [3]. Per chi non è al corrente, è nel quartiere Nekrasovka, non lontano dai campi di Ljubercy. Ha firmato il documento il sindaco della capitale Sergej Sobjanin.

Forse Jašin visse in quella località un tempo? O almeno in quel passaggio fu di passaggio? Forse gli successe di tirare calci a un pallone su quegli stessi campi di Ljubercy?

Non ci sono tali notizie. Fuorigioco netto.

Ci starebbe bene imprecare forte. Ma siccome sulla stampa da ora questo è proibito, toccherà limitarsi all'insoddisfazione.

Chi è l'"autore dell'idea"?

Davvero in città non ci sono vie che non solo si possono, ma si devono anche ribattezzare? Ce ne sono molte, moltissime! Forse a signori che in alto non si vedono?

Illuminiamo bene.

A Mosca ci sono sei (!) vie Otto Marzo, due del Cascinale [4], in aggiunta a queste quattro (!) vicoli del Cascinale. Ci sono due vie dell'Ambulatorio, circa tre dei Radiatori e di Novoostankino [5], alcune di Vnukovo [6] e di Vladimir [7], un intero completo degli Elettrodi – via, vicolo, passaggio…

In generale, a Mosca c'è una totale confusione non solo nella topografia, ma anche nei pensieri, nelle opinioni, nei meriti. Per quanto riguarda non solo i nomi delle vie e dei vicoli, ma anche le persone che li occupano. Chi è stato eternato per cosa, perché e per quale motivo – è un segreto coperto da tenebre che, temo, non si dissiperanno ancora a lungo.

Ma così per dire…

Sulla carta di Mosca si sono trovate pure due vie Kvesis. Questo, peraltro, non lontano dalla Dinamo. In onore di chi è la strada? – chiederete. In onore di Julius Kvesis, bolscevico, operaio della Guardia Rossa, capo del quartier generale della Guardia Rossa del quartiere Butyrskij [8]. Queste vie comparvero quasi 90 anni fa, quando lo spirito rivoluzionario ardeva. Ora si è spento da tempo, ma le insegne sono rimaste…

Andiamo per le vie – Salam Adil, comunista iracheno, e Samora Machel – primo presidente del Mozambico, per le piazze – del combattente per la libertà delle Isole di Capo Verde Amílcar Cabral e di Viktor Cadovilla [9], leader del movimento operaio argentino. Li stimiamo molto, ma…

Si può continuare questa lista all'infinito e sempre più forte prevarrà una cupa pensosità. E un'angoscia più profonda, senza luce.

Si può solo sospirare con amarezza: "…e per il nostro caro moscovita Lev Ivanovič Jašin, idolo di milioni di persone in tutto il mondo, Eroe del Lavoro Socialista, decorato, maestro emerito di sport, campione olimpico, le autorità hanno trovato solo un passaggio senza nome".
Probabilmente anche senza gente.

"Essi sanno amare solo i morti…" [10]

Ahimè…

Valerij Burt, "Svobodnaja Pressa", http://svpressa.ru/society/article/79971/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] "Del Milione". Via della zona nord-orientale di Mosca che ha preso il nome da un acquedotto del XVIII secolo, costato milioni di rubli del tempo...
[2] "Dei Difensori di Mosca".
[3] "Delle Milizie di Uchtomskij". Uchtomskij è un sobborgo di Mosca chiamato così in onore del rivoluzionario Aleksej Vladimirovič Uchtomskij e adesso inglobato nella città periferica di Ljubercy.
[4] Quello della Società Agricola di Mosca.
[5] "Nuovo Ostankino", estensione del quartiere settentrionale di Ostankino.
[6] Quartiere dell'estrema periferia sud-occidentale.
[7] Città storica della Russia centrale.
[8] Quartiere della zona nord-orientale.
[9] Più correttamente Victorio Codovilla.

[10] Frase del poeta nazionale Aleksandr Sergeevič Puškin.

30 dicembre 2013

I russi che diventano terroristi islamici

I wahhabiti [1] della fascia media

Perché i russi indossano sempre più spesso la "cintura da shahid [2]"

Dopo un giorno la versione degli inquirenti riguardo a chi ha fatto esplodere la stazione ferroviaria a Volgograd è cambiata radicalmente. Adesso tra i sospetti si è trovato non la nativa del Daghestan Oksana Aslanova, ma l'ex abitante della città di Volžsk Pavel Pečenkin.
Come si è chiarito, ad andare sulla nuova pista ha aiutato la registrazione della telecamera alla stazione di Volgograd. Nel suo obbiettivo qualche secondo prima dell'atto terroristico è finito un uomo con uno zaino, in cui, come pensano gli investigatori, si trovava l'esplosivo. In seguito durante l'esame del luogo della tragedia è stato trovato un dito maschile con l'innesco di una granata e una pistola, presumibilmente appartenente al terrorista. Quasi subito hanno accertato anche l'identità dell'omicida. Questi, come ritengono gli inquirenti, è risultato Pavel Pečenkin. Solo tre giorni fa, il 27 dicembre, aveva compiuto 32 anni.

Pečenkin era nativo della città di Volžsk nella repubblica di Mari El [3]. Viveva in via 107-j brigady [4]. Aveva finito l'Istituto di Medicina di Zelenodol'sk [5].

La vice-direttrice dell'Istituto di Medicina Lena Fachrieva ricorda bene il timido, silenzioso studente Paša Pečenkin:

Studiava da noi 10-11 anni fa. Era di Volžsk. Qui la repubblica dei Mari è vicina – veniva da noi in autobus. Non era uno che prendeva solo ottimi voti, ma non lo definirei neanche uno che rimaneva indietro – era uno così, nella media. Tranquillo, senza atteggiamenti da teppista. Perciò, quando siamo venuti a sapere cos'ha combinato, inizialmente non ci credevamo neanche. Ma poi da noi sono venuti degli agenti dello FSB [6] da Volžsk, hanno preso il suo fascicolo personale. Ma forse qualcosa dipende da dove una persona ha studiato?... Infatti dopo l'Istituto ha lavorato a lungo al Pronto Soccorso a Kazan' [7]. Era tutto normale – lavorava molto bene. Venne perfino da noi qualche anno dopo con la sua ambulanza. Passò dal responsabile della classe. Ed egli allora lo portò apposta dai suoi allievi e questi gli disse che, come dire, solo ora aveva capito che bisognava studiare ancora meglio, prendere il massimo degli appunti alle lezioni, non perdere lezioni. Li indirizzò a questo. Che gli è accaduto? Non lo so. La cosa più probabile è che sia finito in qualche setta, dove lo hanno arruolato. Di sicuro.

Ottenuto il diploma, Pečenkin è stato infermiere diplomato al centro di aiuto medico a Kazan'. Nel gennaio 2012 Pavel ha cambiato fede, accogliendo l'Islam. I genitori hanno appoggiato la scelta del figlio. Secondo Nikolaj Pečenkin, padre del presunto terrorista, Pavel è improvvisamente cambiato in meglio, "ha smesso di litigare, non beveva, andava in moschea". Fanazija, madre di Pavel Pečenkin, ha aggiunto: "E' sempre stato un ragazzo molto buono, aiutava, curava. Non passava senza fermarsi davanti a un gatto o a un cane malato. Tutti sanno com'è stato di buon cuore e premuroso per noi…".

Un membro modello della famiglia Pavel non lo è stato a lungo. Subito dopo il passaggio all'islamismo l'astemio e gentile Pečenkin è andato a Mosca per guadagnare qualcosa ed è sparito. Dopo qualche tempo i genitori sono venuti a sapere che il loro figlio obbediente si era legato ai terroristi daghestani ed era andato ad abitare con persone che professavano le sue stesse idee. Là aveva preso il nome Ansar Ar-Rusi ed era entrato a far parte della cosiddetta banda di Bujnaksk [8].

I genitori di Pavel hanno cercato molte volte di mettersi in contatto con lui attraverso Internet. A un appello rispose. Questo aiutò ad accertare il luogo in cui si trovava il nuovissimo wahhabita – si nascondeva in una delle basi terroristiche sui monti del Daghestan. Pavel Pečenkin fu dichiarato ricercato. Purtroppo le forze dell'ordine non hanno potuto comunque arrestare in tempo l'islamista.

Come ritiene il noto pubblicista Konstantin Krylov, la storia di Pavel Pečenkin è molto caratteristica per il nostro tempo:

A mio parere, se l'umiliazione del popolo russo continuerà, la gente andrà proprio tra i wahhabiti. Sì, è una forma di protesta estremamente spiacevole per noi, ma è proprio una protesta. Più a lungo proibiranno i partiti nazionali russi, più wahhabiti russi ci saranno. La gente sente una piena disperazione, l'impossibilità di cambiare qualcosa, l'oppressione da parte dello stato. E alla gente viene il desiderio di farsi uguali ai rappresentanti di altri popoli, di unirsi all'Islam, verso cui il potere ha un atteggiamento migliore.

"SP": – Ma i wahhabiti russi fanno saltare in aria.

Questi cessano di essere russi quando diventano wahhabiti. Vediamo il desiderio di fuggire dalla comunità oppressa e diventare parte della comunità privilegiata dei musulmani. E vediamo come lo stato incoraggia le più selvagge manifestazioni di religiosità. Cosa deve pensare una persona, se vedrà preghiere di massa di musulmani nel centro di Mosca e la "Marcia Russa" [9] messa ai margini? E una persona vuole unirsi a una forza rispettata dallo stato. La gente abbandona l'etnia russa e acquisisce nuovi fratelli sotto forma di "barbuti". Ma questo è proprio il risultato della politica dello stato.

"SP": – Forse non funzionano fattori frenanti come le vittorie storiche del popolo russo?

Questi non hanno alcun significato. Quale può essere una grande storia, se qualsiasi "barbuto" può uccidere un russo e restare impunito. Questo fatto cancella tutta la nostra storia. Per di più trasforma la storia in una beffa: perché, si chiede, per mille anni abbiamo creato la nostra entità statale, se un russo non osa dire una parola in propria difesa senza temere di essere incriminato secondo l'articolo 282 [10]? Perché allora essere russi, perché tutta la storia? E vediamo la reazione più usuale delle persone non peggiori all'accaduto.

Ne risulta che ci sono solo due vie: andare con i nazionalisti o abbandonare la propria etnia in generale. E più chiusa sarà la prima via, più attraente sarà la seconda. Qualcuno se ne va semplicemente dalla Russia, ma qualcuno va a farsi saltare in aria. Tutto dipende da quanto una persona odia l'ordine di cose che si è creato. E i motivi di odio diventano sempre di più.

"SP": – Ma c'è anche una determinata tecnologia di arruolamento nei wahhabiti.

Effettivamente i propagandisti del wahhabismo hanno meccanismi molto efficaci. In particolare quelli dell'Arabia Saudita. Ma il fattore principale è la politica del nostro stato.
Questo riguarda non solo i russi, ma anche altri popoli della Russia. Infatti i wahhabiti dicono cose molto semplici. Indicano la mostruosa ingiustizia sociale, la miseria degli strati bassi e la super-ricchezza di quelli alti. Dicono che questo contraddice l'elementare etica umana. E dicono che con l'Altissimo tutto è giusto, per esempio in Arabia Saudita. Purtroppo alcuni abboccano a questo, per tale concetto di giustizia vanno a fare di tutto.

E' chiaro che la Russia non si può trasformare in Arabia Saudita, anche se la sua fortuna si basa sul flusso di petroldollari. Ma là hanno garantito la giustizia sociale.

Fatto sta che le alternative attraenti all'attuale situazione sono molto poche. E una di queste è il progetto dei wahhabiti, che il potere teme e rispetta. Cosicché questa idea attrarrà qualcuno.

Dossier di "Svobodnaja pressa": i più noti wahhabiti russi

Maksim (Muslim) Panar'in e Pavel (Mochammed) Kosolapov, secondo le forze dell'ordine, organizzarono gli atti terroristici a Mosca nel 2004: le esplosioni del 6 febbraio all'intersezione tra le stazioni "Avtozavodskaja" e "Paveleckaja" (morirono 41 persone) e del 31 agosto all'uscita della stazione del metrò "Rižskaja" (morirono 10 persone), come pure la serie di esplosioni negli anni 2003-2005 alle fermate degli autobus a Krasnodar e a Voronež [11].
Aleksandr Tichomirov, noto come Said Burjatskij [12], fu l'organizzatore di un'intera serie di atti terroristici – tra questi: l'attacco all'edificio dello ROVD [13] a Nazran' [14], l'attentato a Evkurov [15], l'esplosione del Nevskij Ėkspress [16]. Eliminato nel 2010.

Alla Saprykina, oppure Aminat Kurbanova, nell'agosto 2012 si fece saltare in aria nella casa dello sceicco daghestano Said Affandi. Ex attrice del Teatro Drammatico Russo di Machačkala [17], Alla accolse l'Islam per obbedienza al marito. Diventata vedova dopo un'operazione speciale, Saprykina si sposò con un altro wahhabita, che fu pure ucciso. Alla diventò una šachidka [18] dopo la morte del quarto marito.

Marija Choroševa nel febbraio 2011 insieme all'islamista Vitalij Razobud'ko mise in azione un ordigno esplosivo, eliminando un posto di blocco all'ingresso del villaggio daghestano di Gubden. I conoscenti di Marija notano che prima del passaggio nel campo dei guerriglieri Choroševa aveva finito un istituto superiore con il diploma rosso [19].

Nel novembre 2013 l'abitante di Dolgoprudnyj nella regione di Mosca Dmitrij Sokolov rivendicò l'esplosione di un autobus di linea a Volgograd. Secondo l'islamista, non solo organizzò l'atto terroristico, ma costruì anche l'ordigno esplosivo. La bomba fu messa in azione dalla moglie di Sokolov Naida Asijalova. Fu eliminato in uno scontro con agenti delle strutture armate.

Andrej Ivanov, "Svobodnaja Pressa", http://svpressa.ru/society/article/79962/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] In Russia "wahhabita" sta semplicemente per "estremista islamico".
[2] In arabo "martire", nel senso di kamikaze.
[3] Repubblica della Russia centrale a maggioranza finnica.
[4] Via dedicata alla 107.a brigata di artiglieria, che si segnalò per eroismo nella II guerra mondiale.
[5] Città della repubblica del Tatarstan.
[6] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), il principale servizio segreto russo.
[7] Capitale del Tatarstan.
[8] Città della repubblica caucasica del Daghestan.
[9] Manifestazione ultranazionalista che si tiene il 4 novembre, festa nazionale russa.
[10] L'articolo 282 del Codice Penale russo riguarda "incitazione all'odio e all'inimicizia, come pure umiliazione della dignità umana".
[11] Entrambe città della Russia meridionale.
[12] "Said il Buriato" (sua madre apparteneva all'etnia mongola dei Buriati).
[13] Rajonnoe Otdelenie Vnutrennich Del (Sezione Distrettuale degli Affari Interni), in pratica la sede distrettuale della polizia.
[14] Ex capitale della repubblica caucasica di Inguscezia.
[15] Junus-Bek Bamatgireevič Evkurov, capo della repubblica di Inguscezia.
[16] "Espresso della Neva", treno ad alta velocità.
[17] Capitale del Daghestan.
[18] Forma russificata e femminile di shahid (vedi nota 2).

[19] Cioè con il massimo dei voti.

28 dicembre 2013

Ci sono le Olimpiadi e le repressioni politiche della Russia di Putin paiono fermarsi...

In nome dell'Olimpiade di Soči

I casi degli oppositori Sergej Udal'cov [1], Leonid Razvozžaev [2] e Daniil Konstantinov [3] sono stati rinviati alla procura

Non sono riusciti tutti a stupirsi della clamorosa amnistia, grazie a cui hanno iniziato a uscire in libertà, tra gli altri, gli imputati del caso del 6 maggio [4] che il potere ha di nuovo iniziato come consapevolmente a danneggiare la propria reputazione. Come si può spiegare il rinvio alla procura dei casi di Udal'cov e Razvozžaev, come pure il caso di Daniil Konstantinov con un meschino spirito di vendetta o con il fatto che la giustizia non è riuscita a ricevere dal potere le istruzioni riguardo ai noti oppositori e nello smarrimento ha messo la faccenda “in pausa”?
La versione più diffusa sull'improvvisa misericordia del potere si formula semplicemente. L'ampia amnistia, che ha riguardato, tra gli altri, le persone coinvolte nel caso del Pantano [5] e la grazia a Chodorkovskij sono state causate dal desiderio del Cremlino di correggere la propria immagine prima dell'Olimpiade di Soči. Altrimenti i capi delle principali potenze mondiali avrebbero potuto semplicemente ignorare un progetto tanto importante per la Russia. Forse per il capo del nostro stato era diventato del tutto scomodo rispondere alle numerose domande riguardo al destino dei detenuti politici. E neanche l'opinione dei semplici ospiti stranieri della futura Olimpiade, per la maggior parte simpatizzanti con gli oppositori della nostra patria, si può togliere dal conto.

Il periodo in cui le autorità di fatto hanno rinviato i più clamorosi processi agli oppositori conferma in parte la versione “olimpica” dell'improvviso “disgelo”. A Udal'cov e Razvozžaev sono state prolungate le misure restrittive fino al 6 febbraio (gli arresti domiciliari e la detenzione agli arresti rispettivamente). Anche Daniil Konstantinov resterà nel SIZO [6] come minimo fino al 4 marzo. Nel frattempo l'Olimpiade-2014 si concluderà il 23 febbraio.

Purtroppo contare su una seria attenuazione della posizione dell'accusa è difficile. Nonostante che la posizione degli inquirenti nel caso di Udal'cov e Razvozžaev sembri come minimo dubbia e che il caso di Daniil Konstantinov si presenti apertamente falsificato, non c'è certezza di un verdetto assolutorio. Rilasciando noti oppositori, le autorità saranno con questo costrette ad ammettere che gli inquirenti hanno come minimo commesso gravi errori. Come massimo toccherà punire chi ha combinato entrambi gli scandalosi processi senza avere sufficienti basi.

Il'ja Konstantinov, padre di Daniil Konstantinov:

Il tribunale ha stabilito che l'indagine di fatto non è stato condotta e che sulla base dei materiali che sono ora a disposizione non può essere emessa una sentenza.

Io ricorderei le parole del presidente all'ultima grande conferenza stampa, dove a una domanda sul caso del pantano e sul caso di Daniil Putin rispose che sono possibili errori investigativi e giudiziari, che è necessario correggere e che è necessario farlo insieme alla stampa e al pubblico. Mi sembra che Vladimir Putin abbia risposto così anche alla domanda su Daniil postagli di recente (all'incontro degli scrittori con il presidente alla fine di novembre di quest'anno – nota del redattore) da Sergej Šargunov [7]. E mi immagino che ci sia un determinato legame tra l'odierna decisione del tribunale e le parole del presidente.
Avrei voglia di credere che non sia semplicemente una decisione congiunturale legata all'Olimpiade. Ho voglia di credere che al potere sia apparsa l'idea che il sistema investigativo-giudiziario nella Russia contemporanea si trovi in uno stato orribile. Nell'ambito delle forze dell'ordine ci sono troppi elementi corrotti e apertamente criminali. Che, per dirla delicatamente, è necessario riformarlo e, per dirla in modo più determinato, è necessario ripulirlo e punire i criminali con le mostrine.

Ogni pozzo ha un fondo. Mi sembra che il sistema investigativo-giudiziario sia precipitato proprio sul fondo e che, come si dice, bussi ancora più in basso. Più avanti c'è la fine, più avanti c'è la catastrofe. Questo è già chiaro assolutamente a tutti e questo orrore non può continuare all'infinito. E avrei voglia di credere che anche la leadership politica della Russia si rende conto di questo.

Sergej Davidis, membro del consiglio dell'associazione per la difesa dei diritti umani “Memorial”:

Questi casi sono del tutto diversi. Il caso di Konstantinov è essenzialmente casuale. Non penso che tutta la potenza del potere statale sia indirizzata a incarcerarlo. Penso che sia andata semplicemente così per sfortuna: le ambizioni degli agenti del centro "Ė" (La Direzione centrale per la lotta all'estremismo del Ministero degli Interni della Federazione Russa – n.d.r.) hanno fatto sì che in piena assenza di qualsiasi base sia stato avviato un procedimento penale clamorosamente falsificato. Non potevano già più tornare indietro e l'hanno portato in tribunale.
Quando si tratta di disordini di massa, è una questione di valutazioni. Diciamo che non ci sono stati disordini e gli inquirenti e la procura dicono: ci sono stati. Ma nel caso di Konstantinov si tratta di un fatto: se la persona era sul luogo del delitto o non c'era. Quando a tutti è chiaro che là non c'era, ha un alibi di ferro. Tutta l'accusa è costruita sulle deposizioni di una persona che, solo nel tempo che è durato questo procedimento penale, ha compiuto circa12 furti (il 22enne Aleksej Sofronov ha tre condanne e due condizionali per furti – n.d.r.). Ha cambiato deposizioni di volta in volta e durante le indagini la sua memoria si è sempre più chiarita.

Da una parte qui si tratta forse dell'Olimpiade, della riluttanza del giudice nel “passare alla storia”, dall'altra, e del tutto comprensibilmente, del fatto che l'attenzione pubblica alla persecuzione di Konstantinov non si spegnerà con l'emissione di una sentenza di condanna – al contrario, diventerà un fortissimo fattore di irritazione.

Per quanto riguarda Udal'cov e Razvozžaev, qui è esattamente il contrario: il potere ha il compito di dimostrare con qualsiasi mezzo che tutti gli interventi contro di esso sono stati ispirati da forze esterne. Semplicemente alla vigilia dell'Olimpiade non vogliono che una sentenza di condanna attiri l'attenzione su di loro. Razvozžaev per tradizione è considerato "legato" a Udal'cov. E perfino stando nel SIZO, è relativamente sicuro quanto a influenza sull'opinione pubblica. Finché Udal'cov si trova agli arresti domiciliari non crea flussi di informazione. Se stesse nel SIZO, avrebbe la possibilità di tenere una corrispondenza, attirerebbe simpatia verso di sé. E se l'oppositore fosse in libertà, organizzerebbe proprio delle manifestazioni, scuotendo l'opinione pubblica.

Spostarlo "nella cassa lontana" [8] fino alla fine dell'Olimpiade era l'unica cosa che il potere potesse fare e l'ha fatta.

L'Olimpiade, indubbiamente, è un potente fattore frenante per le nostre autorità. E dopo la sua fine, probabilmente, ci si può aspettare il rafforzamento delle repressioni.

Ivan Šipnigov, “Svobodnaja Pressa”, http://svpressa.ru/politic/article/79817/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Sergej Stanislavovič Udal'cov, leader dell'“Avanguardia della Gioventù Rossa”.
[2] Leonid Michajlovič Razvozžaev, membro del “Fronte di Sinistra” sequestrato da agenti segreti russi a Kiev, dove stava per chiedere asilo politico.
[3] Daniil Il'ič Konstantinov, membro del movimento civico “Lega in Difesa di Mosca”.
[4] Il 6 maggio 2012, giorno in cui grandi manifestazioni contro il regime di Putin furono represse e moltissimi oppositori furono arrestati per poi essere detenuti e processati in modo arbitrario.
[5] Nome colloquiale della repressione seguita alla manifestazione del 6 maggio 2012 (vedi nota 4) in piazza Bolotnaja – “del Pantano”, che c'era un tempo – nel centro di Mosca.
[6] Sledstvennyj IZOljator (Isolatore di Custodia Cautelare).
[7] Sergej Aleksandrovič Šargunov, giornalista e scrittore vicino all'opposizione a Putin.

[8] Modo di dire russo. Come dire “rimandandolo alle calende greche”.

28 novembre 2013

Come risponde la Russia di Putin alla richiesta di elezioni regolari

"Novaja gazeta", 27-11-2013, 01.38.00
Potete appellarvi!

Ma solo nel vostro seggio

Il governo russo ha deciso di eseguire la sentenza di aprile della Corte Costituzionale – ha presentato alla Duma di Stato un disegno di legge che da agli elettori il diritto di appellarsi contro gli esiti delle elezioni.


Fino alla sentenza della Corte Costituzionale i tribunali di tutti i livelli si rifiutavano di accogliere le denunce dei cittadini, ritenendo che i loro diritti elettorali terminassero nell'urna per le elezioni: inserivano la scheda e arrivederci, tutto il resto non è già più affare vostro. I brogli "non violano" personalmente i vostri diritti elettorali. Sostenevano questa posizione (tra l'altro alle sedute della Corte Costituzionale) il presidente, il parlamento, la procura, i tribunali e, alla fine, le commissioni elettorali – dichiarando che, dice, merita permettere ai cittadini di appellarsi contro i brogli, così i tribunali si occuperanno solo di questo.

La Corte Costituzionale, tuttavia, ha occupato un'altra posizione, avendo dichiarato che le violazioni delle richieste della legislazione elettorale commesse nel conteggio dei voti portano con se "la deformazione degli esiti delle elezioni, cosa che mette in dubbio la legittimità degli organi di potere e i principi della democrazia". E di per se "toccano l'interesse costituzionale di ogni elettore, indipendentemente dall'espressione concreta della sua volontà".

Sembrerebbe che tutto fosse notevole – ma nella sentenza della Corte Costituzionale sono contenute posizioni che sminuiscono essenzialmente il suo significato. I cittadini possono contestare gli esiti delle elezioni solo nel seggio dove questi stessi hanno votato e gli osservatori non possono fare denunce in tribunale a nome di un candidato o di un partito che rappresentavano al seggio elettorale: tale diritto è dato solo al partito stesso o al candidato.


Con la sentenza della Corte Costituzionale alla Duma di Stato è stato prescritto di "precisare le condizioni per l'appello contro le azioni delle commissioni elettorali nel conteggio dei voti e nel bilancio dei risultati delle elezioni" – cosa che adesso fa.

Nella legge federale sulle garanzie fondamentali dei diritti elettorali si propone di inserire il diritto degli elettori e dei partecipanti ai referendum di "rivolgersi al tribunale con denunce su decisioni e azioni (omissioni) della commissione di un seggio legate all'accertamento dei risultati in quel seggio elettorale o seggio di referendum in cui hanno preso parte alle elezioni o al referendum". Di conseguenza ai tribunali, sulla base di queste denunce, è attribuito il diritto di abrogare le decisioni delle commissioni di seggio sui risultati delle votazioni, se le violazioni commesse "non permettono di determinare in modo affidabile i risultati dell'espressione della volontà degli elettori" o di stabilire il nuovo conteggio dei voti.

E' chiaro che la legge sarà approvata senza particolari discussioni (tanto più che la Corte Costituzionale di fatto ha già deciso tutto). Proveremo ad analizzare le conseguenze.

Che gli elettori ottengano la possibilità di contestare gli esiti di una votazione è un "più" indubbio. Ma proprio della VOTAZIONE che si svolge in un seggio concreto. Ma non degli esiti delle ELEZIONI che sono formati dagli esiti delle votazioni in molti seggi. Il cittadino può contestare (e in caso di successo abrogare) gli esiti della votazione nel proprio seggio, ma perché siano abrogati i risultati delle elezioni, di tali seggi si deve raccogliere non meno di un quarto del numero complessivo.
Per dirla altrimenti, è realistico abrogare gli esiti delle elezioni municipali, dove i seggi sono pochi – per questo si richiede un numero relativamente piccolo di querelanti. Per l'abrogazione delle elezioni regionali, per esempio a Pietroburgo, dove ci sono più di 1800 seggi elettorali, si richiede di presentare (e vincere) già più di 450 istanze – il che, diremo direttamente, non è troppo realistico. E abrogare con questo mezzo i risultati delle elezioni della Duma o di quelle presidenziali (circa 100 mila seggi elettorali) è del tutto fantascientifico. Inoltre il querelante deve anche dimostrare di aver preso parte alle votazioni, il che richiede l'apertura dei sacchi sigillati con la documentazione elettorale e il controllo dell'ente di emissione delle schede.
In secondo luogo, com'è noto, negli ultimi tempi il maggior numero di brogli non avviene affatto nelle commissioni di seggio, ma in quelle territoriali – dove, senza ingegnarsi astutamente, riscrivono i protocolli dei seggi. Tra l'altro il disegno di legge governativo non da la possibilità di contestare una decisione di una TIK [1].

In terzo luogo, l'abrogazione dei risultati delle votazioni in un seggio o in qualche seggio può essere del tutto utilizzata dalle autorità ai propri scopi e portare a conseguenze opposte a quelle a cui aspirano i sostenitori delle elezioni oneste. E cioè: trovando i corrispondenti querelanti, che scriveranno denunce, il potere può ottenere non abrogazioni, ma CAMBIAMENTI degli esiti delle elezioni nel senso per loro necessario. Infatti talvolta è sufficiente abrogare gli esiti delle votazioni in alcuni seggi dov'è al comando l'opposizione per ottenere un serio cambiamento degli esiti delle elezioni.

Tra l'altro non si può dubitare: i tribunali riterranno fondate queste denunce! Subito le accoglieranno, terranno conto delle prove delle violazioni e convocheranno i testimoni necessari. Cioè si comporteranno in modo diametralmente opposto a come avviene di solito quando l'opposizione denuncia violazioni.

In generale, se le elezioni diventeranno più oneste dopo l'approvazione del disegno di legge è una grossa domanda. Ma se diventeranno solo un po' più oneste, vorrà dire che da questo verrà qualche utilità.

Autore: Boris Višnevskij


Indirizzo della pagina: http://www.novayagazeta.ru/politics/61158.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Territorial'naja Izbiratel'naja Komissija (Commissione Elettorale Territoriale).