03 giugno 2011

Il caso Israilov e un'impunità che conosce barriere...

Il processo di Vienna è finito




Gli emissari ceceni hanno avuto lunghe pene per l'omicidio del defezionante Umar Israilov nella capitale austriaca


Il tribunale penale di Vienna ha emesso la sentenza per il caso dell'omicidio del profugo ceceno Umar Israilov. Il processo è andato avanti per più di sei mesi. Le persone che hanno organizzato e compiuto questo omicidio hanno avuto pene colossali – da 16 anni di reclusione all'ergastolo. Il processo è stato una cosa unica non solo per l'Austria, dove crimini arditi del genere non capitano spesso. Ha avuto grande significato anche per la Russia: per la prima volta nell'ambito di un'indagine giudiziaria (anche se non russa, ma comunque ufficiale) sulla Cecenia e sulla sua leadership sono state dette cose del genere. Ecco la breve storia di tutta l'inchiesta giudiziaria e anche di ciò che l'ha preceduta.

Umar Israilov, ex militante, fatto prigioniero e in seguito diventato guardia del corpo del capo della Cecenia Ramzan Kadyrov, nel 2004 fuggì dalla Russia. Giunto in Europa, si rivolse alla Corte di Strasburgo con un'istanza, in cui accusava Kadyrov della gestione di un sistema di prigioni segrete e anche di torture disumane sulle persone là detenute. Israilov descriveva dettagliatamente tutto ciò che fu fatto a lui e più tardi a lui e a suo padre in una di queste prigioni.

Dal 2006 Israilov viveva a Vienna con la famiglia. Nella primavera del 2008 giunse a Vienna il ceceno Artur Kurmakaev, questi ebbe un incontro con Umar Israilov. Come adesso appare dai materiali del caso, Kurmakaev giunse per ordine diretto di Kadyrov per convincere Israilov a ritirare l'istanza a Strasburgo e a risolvere pacificamente il conflitto con il capo della Cecenia. Kadyrov avrebbe garantito a Israilov sicurezza e lavoro, se questi fosse tornato. Kurmakaev comunicò anche al profugo ceceno che se questi si fosse intestardito, ci sarebbero state delle persone che erano “inviate per uccidere”. Israilov rifiutò la proposta e presto lo stesso Kurmakaev si rivolse alle forze dell'ordine austriache con tutta questa storia: forse sperava di ottenere lo status di profugo, forse presentiva che sarebbe stato smascherato. Fatta la dichiarazione, Kurmakaev chiese asilo politico in Austria, ma presto fu espulso per violazione della legislazione sull'immigrazione. Tornato in Russia, ritrattò le parole che adesso la polizia austriaca presenta in tribunale.

E Umar Israilov qualche mese dopo questo incontro fu ucciso in pieno giorno, all'uscita da un supermarket in un quartiere dormitorio. Cercarono di sequestrarlo, ma il sequestro fallì.

Nel corso delle indagini sull'omicidio furono arrestati tre ceceni. Otto Kaltenbrunner (nato Ruslan Ėdilov, profugo, che aveva cambiato il nome una volta ottenuta la cittadinanza), secondo gli inquirenti era legato alle autorità della Cecenia e coordinò le azioni del gruppo per il sequestro di Israilov. Altri due profughi – Muslim Dadaev e Turpal Ali Ešurkaev – compirono direttamente l'operazione per il sequestro di Israilov. Sul luogo del crimine era presente anche un altro fuoriuscito ceceno – Leča Bogatyrëv. Proprio questi, come postulano gli inquirenti, uccise Israilov a colpi d'arma da fuoco, fuggendo poi in Russia. Oggi vive apertamente in Cecenia, nonostante tutti i tentativi della Giustizia austriaca di acchiapparlo per sottoporlo a giudizio.

Non si è ottenuto niente neanche con altri russi che il tribunale penale di Vienna desiderava vedere in qualità di testimoni (il tribunale voleva vedere anche lo stesso Ramzan Kadyrov, per cui si era perfino rivolto a Čajka [1], al che la Procura russa ha risposto con il silenzio, facendo capire che non risponde a lettere stupide). Il processo inizialmente ha provocato il colossale interesse della società austriaca. Le udienze sono andate avanti in una speciale aula spaziosa, ma neanche là una mela sarebbe potuta cadere – tanta gente è giunta a vedere questo giallo. Sì, nei giornali scrivevano proprio così – “il giallo ceceno”.

Ha suscitato interesse anche la figura di Ali Israilov, padre dell'ucciso Umar. Questi ha coraggiosamente raccontato le torture subite nel lager ceceno dove finì dopo aver cercato di fuggire dalla Russia. E' giunto in volo in Norvegia, dove vive adesso, ad ogni udienza, seguendo il corso del processo in silenzio e impassibilmente – cosicché nessuno poteva immaginare cosa gli avvenisse dentro. Soffriva da ceceno, in silenzio. Certo, per l'Austria un caso del genere era una novità. In precedenza con tale enfasi giudicarono forse il maniaco Joseph Fritzl, che per 24 anni tormentò la propria figlia nel sotterraneo. I casi con un sottinteso sessuale godono dell'attenzione dell'uomo della strada. Ma anche questo perde interesse. Ma qui ci sono la guerra, prigioni sotterranee, torture, fuga, vendetta… Certo, i reporter pregustavano la comparsa nell'aula delle udienze del leggendario ceceno Ramzan Kadyrov.

Gradualmente, a dire il vero, è diventato chiaro che né Kadyrov, né la giustizia russa per intero erano intenzionati a prender parte in alcun modo alla solennità della giustizia austriaca. E l'interesse per il processo si è spento. Nei giornali sono comparse piccole note di servizio sul corso dell'ennesima udienza, ma alla vigilia dell'emissione della sentenza nei notiziari giravano trame di tutt'altre udienze giudiziarie: il meteorologo Jörg Kachelmann, spiritoso beniamino degli spettatori di lingua tedesca, è accusato di stupro con aggravanti. E la mattina dell'emissione della sentenza nei confronti degli assassini del profugo ceceno i principali giornali austriaci sono usciti con Kachelmann in prima pagina (il meteorologo, a proposito, è stato assolto).

La sala delle udienza sul caso dell'omicidio Israilov era poco affollata, anche se la stampa si è comunque raccolta.

La giuria, inizialmente costituita da 12 persone, si è prosciugata fino a nove: qualcuno si è ammalato, probabilmente in modo cronico. Altri avevano i propri rispettabili motivi. Ma anche questi nove bastavano: secondo la legge austriaca per emettere un verdetto sarebbero sufficienti anche otto giurati.

E' cominciato il dibattito: tutti i partecipanti al processo hanno rappresentato appropriatamente la loro posizione. Il procuratore, che ha esposto seccamente e pedantemente la storia del caso, ha ritenuto dimostrata la colpevolezza degli imputati e ha chiesto l'ergastolo per Kaltenbrunner e per Ešurkaev e Dadaev da dieci a venti anni di reclusione. In chiave simile è andata avanti anche l'arringa di Nadi Lorenz [2], avvocato delle vittime. Dopo di lei la parola è stata data a Rudolf Mayer, avvocato di Kaltenbrunner. L'arringa del signor Mayer è stata emotiva e artistica. Ha gesticolato disperatamente, ha gettato sul tavolo foglietti scritti. A volte ha improvvisamente abbassato la voce, passando a un sussurro furtivo, a volte, al contrario, ha gridato, indicando ai giurati il proprio assistito. Il suo discorso era semplice, non ha insistito sulle minuzie della pratica del diritto. Il senso dell'arringa di Mayer stava tutto nel fatto che non ci fu alcun crimine organizzato, perché ciò che è successo appariva sinceramente stupido. Va considerato solo il fatto che l'assassino Ešurkaev nel corso dell'“operazione” si è messo i pantaloni nei calzini bianchi. Così l'hanno filmato anche tutte le telecamere di strada e proprio questo dettaglio è stato ricordato da tutti i testimoni.

– Lavoro da tempo in tribunale, so come appaiono tale genere di crimini, – ha detto Mayer. – 17 anni fa a Vienna fu ucciso un uomo d'affari georgiano. Allora l'arma del killer era avvolta in un'ingessatura! Come se avesse avuto un braccio rotto, capite? Ma guardate questo “gruppo”. Di quale organizzazione si può parlare? Chi li ingaggerà?

L'arringa di Mayer ha avuto successo. I giudici sorridevano, i giurati ridacchiavano. Perfino le guardie sogghignavano. I giornalisti in generale si rotolavano dalle risate.

E comunque nel complesso le arringhe del procuratore e degli avvocati hanno disegnato un quadro terribile: sul territorio dell'Austria e di altri stati europei opera una struttura armata organizzata, che rappresenta gli interessi di terzi (e neanche della Federazione Russa). Questa struttura è pronta a battersi per il proprio interesse non solo a parole, ma anche a pallottole, se è necessario.

Di dire un'ultima parola Dadaev e Ešurkaev si sono rifiutati Kaltenbrunner ha detto di sperare in una decisione ragionevole dei giudici.

La decisione ha avuto luogo quando era già notte. Per annunciarla sono giunti molti ceceni, che in precedenza non si erano visti al processo. Vicino sedevano quelli che in Austria rappresentano gli interessi dell'Ičkerija [3] e quelli su cui si è consolidata la gloria dei rappresentanti plenipotenziari di Kadyrov in Austria. La decisione della giuria è stata strabiliante. A tutte le domande poste a loro e che smascheravano i criminali i giurati hanno risposto affermativamente. Otto Kaltenbrunner è stato riconosciuto colpevole dell'organizzazione di una comunità criminale, del tentativo di trasmissione di un cittadino alle autorità di un altro stato e anche di complicità in omicidio. Nel complesso ha avuto l'ergastolo.

Muslim Dadaev ha avuto una pena per gli stessi articoli, ad esclusione dell'organizzazione di una comunità criminale. Emettendo la sentenza il tribunale ha tenuto conto del fatto che Dadaev aveva anche altre condanne con la condizionale per violazioni della legge non legate a questo omicidio. Di conseguenza Dadaev è stato condannato 19 anni e 2 mesi, considerato il tempo che ha già passato in carcere. Turpal Ali Ešurkaev ha avuto 16 anni e 40 giorni di reclusione per complicità in omicidio e tentata trasmissione di un cittadino alle autorità di un altro stato.

Il giudice ha spiegato in modo stereotipato agli imputati la possibilità di fare appello contro questa decisione. La difesa, che aveva fatto non pochi sforzi per dimostrare ai giurati che davanti a loro c'erano persone insignificanti e che i veri criminali non erano giunti in tribunale, sembrava abbattuta.
– Dottor Mayer, Lei ritiene che nel caso in cui in tribunale fossero comparsi i testimoni, la cui presenza la Russia non ha garantito, ciò avrebbe influenzato la sentenza emessa oggi? – ho domandato.

– E' difficile dirlo, – ha sorriso. – Fino alla fine non sappiamo cosa influenzi la decisione dei giurati.

La parte lesa, al contrario, sembrava soddisfatto. Anche se qui – non senza riserve.

– La miglior punizione per tutti questi sarebbe la morte, – ha comunicato in seguito al pubblico Ali Israilov, padre dell'ucciso Umar. – La vendetta di sangue, com'è esistita, esiste ed esisterà in Cecenia finché ci sarà il mondo. Fosse così qui, allora questa gente ci avrebbe pensato prima di andare a compiere il loro crimine.

I traduttori non si sono messi a tradurre questo all'avvocato e ai simpatizzanti della famiglia Israilov.

Ol'ga Bobrova

02.06.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/059/06.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Jurij Jakovlevič Čajka, Procuratore Generale della Federazione Russa.

[2] Nadia Lorenz, in realtà.

[3] Nome dato alla Cecenia dagli indipendentisti.

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