La regola del terzo giorno
22.10.2012
Il 4 giugno di quest'anno è entrata in vigore la sentenza della Corte di Strasburgo sul caso del "Nord-Ost". La Corte ha riconosciuto che il blitz nel Centro Teatrale preso dai terroristi fosse una misura accettabile, ma al contempo ha obbligato le autorità russe a svolgere un'indagine efficace e a presentare "una spiegazione soddisfacente e convincente delle cause delle morti degli ostaggi e di appurare il grado di responsabilità dei pubblici ufficiali per la loro morte".
In senso giuridico la sentenza della CEDU è una "circostanza per riaprire il caso", perciò gli avvocati del "Nord-Ost" Igor' Trunov e Ljudmila Ajvar hanno fatto richiesta allo SK [2] della Federazione Russa per lo svolgimento di una verifica e l'apertura di una causa penale contro i membri del quartier generale operativo per lo svolgimento dell'operazione antiterroristica e il salvataggio degli ostaggi.
La CEDU ha appurato che l'azione di forze mortali da parte dei servizi segreti (il gas) combinata con l'inefficacia delle operazioni di soccorso sono state le cause principali della morte degli ostaggi. La CEDU ha appurato anche che gli inquirenti russi non hanno indagato evidenti fatti di negligenza di pubblici ufficiali (membri del quartier generale operativo) responsabili della coordinazione generale delle azioni per il salvataggio degli ostaggi.
Nel caso del "Nord-Ost" ci sono due grandi
segreti: la formula del gas e l'organico dei membri del quartier
generale operativo per lo svolgimento dell'operazione
antiterroristica e la liberazione degli ostaggi. Il governo russo ha
rifiutato categoricamente di rivelare la formula del gas perfino
alla Corte Europea. Alla vigilia del 10° anniversario del
"Nord-Ost" gli avvocati Trunov e Ajvar hanno ricevuto
dall'inquirente Suprunenko una lettera con il rifiuto di aprire una
verifica e una causa penale nei confronti dei membri del quartier
generale operativo. Le vittime del "Nord-Ost" hanno fatto
appello in tribunale contro questa decisione dell'inquirente e si
preparano a un processo lungo e tradizionalmente senza risultati,
alla fine del quale si rivolgeranno di nuovo alla Corte Europea per
i Diritti dell'Uomo.
La guerra giuridica che le vittime del "Nord-Ost"
hanno dichiarato allo stato russo è la nostra guerra. E'
indirizzata alla difesa di tutta la società dalla "regola del
terzo giorno"*. Se si analizzano attentamente gli avvenimenti
di Budënnovsk
[3], di Kizljar
[4], del "Nord-Ost",
di Beslan, sarà evidente che l'operazione di forza si verifica, di
regola, il terzo giorno, spesso nella notte del terzo giorno. Questa
regolarità ha incarnato in modo aritmeticamente banale un duro
principio: non teniamo trattative con i terroristi. Non solo non le
teniamo, ma neanche le utilizziamo per allungare il tempo per
preparare un efficace salvataggio degli ostaggi dalle conseguenze
del blitz Nel "Nord-Ost", come pure due anni dopo a
Beslan, si creò una situazione unica: gli agenti delle strutture
armate pianificarono separatamente dai civili una soluzione di forza
del problema. Ed ecco che i dettagli dell'operazione di soccorso non
furono affatto elaborati, in quanto erano sfera di competenza dei
civili. I dettagli dell'operazione di forza sono stati nascosti a
quei civili fino all'ultimo momento. La questione della vita degli
ostaggi, in tal modo, fu decisa dalla "roulette russa".
Sopravvisse chi ebbe fortuna.
Il compito principale che dimostrativamente, volta
dopo volta, il potere risolve in situazioni estreme come la presa di
ostaggi è la rapida liquidazione del problema stesso. Cioè dei
terroristi. Le conseguenze, sotto forma di centinaia di vittime si
possono sempre "appendere" all'eterno casino russo. Ma
ogni casino ha nome, cognome e carica.
L'ordine di creare e formare un quartier generale
operativo per il "Nord-Ost", evidentemente, non esisteva
da principio. La versione ufficiale – tutti i documenti del
quartier generale furono distrutti subito dopo l'atto terroristico –
non regge alle critiche, perché nessuno vide alcun documento in
quei giorni di ottobre. Non di meno l'organico del quartier generale
operativo è il segreto di Pulcinella. Se si legge attentamente
nella causa penale, in cui non c'è alcun interrogatorio degli
agenti delle strutture armate che presero le decisioni chiave,
comunque si può seguire il principale "responsabile del
casino". In tutti gli interrogatori dei membri civili del
quartier generale o di chi fu coinvolto nelle trattative con i
terroristi figura il vice capo dello FSB [5]
della Federazione Russa Vladimir Proničev.
Non c'è dubbio che proprio questa persona guidasse il quartier
generale operativo. Proprio questi divise il quartier generale in
"militari" e "civili", proprio questi mise sotto
segreto i dettagli dello scenario di forza – l'ora del blitz, la
composizione del gas e l'antidoto che riduce il rischio dell'azione
delle componenti velenose del gas. Gli antidoti c'erano. Ma non li
avevano i soccorritori e i rianimatori, ma gli agenti dello FSB, che
fornirono questo antidoto agli ospedali quando "già era
possibile". Qualche ora dopo il blitz.
A stilare una lista dei membri del quartier generale
operativo, anche non ufficiale, incompleta, ma del tutto sufficiente
per aprire un caso ci hanno aiutato partecipanti non ordinari di
quegli avvenimenti.
E così, ecco la lista.
Il generale Proničev, vice direttore dello FSB della Federazione Russa, che ottenne il titolo di Eroe della Russia per il "Nord-Ost", dirigeva il quartier generale operativo.
Nel blocco delle strutture armate del quartier generale rientravano anche: il vice direttore dello FSB della Federazione Russa V. Anisimov e il vice direttore dello FSB della Federazione Russa A. Tichonov, i vice ministri degli Interni A. Čekalin e V. Vasil'ev, il capo del dipartimento per la lotta alla criminalità organizzata del Ministero degli Interni della Federazione Russa A. Ovčinnikov e il suo vice Ju. Demidov, il capo dell'UFSB [6] di Mosca e della regione di Mosca V. Zacharov.
L'amministrazione presidenziale era rappresentata del membro del quartier generale operativo Sergej Jastržembskij, che rendeva conto ad Aleksandr Vološin [7]. Nel quartier generale Vološin non compariva, ma teneva, secondo i racconti dei testimoni, il polso della situazione, a lui rendeva conto perfino il generale Proničev. Da Vološin andarono quasi tutti i politici e i deputati della Duma di Stato che parteciparono alle trattative con i terroristi.
Bisogna notare particolarmente che alle trattative parteciparono solo civili o ex militari come Ruslan Aušev [8] e Aslambek Aslachanov, che rientrava nel quartier generale operativo.
Membro del quartier generale era il deputato di Mosca alla Duma di Stato Valerij Draganov. Questi rientrava nel cosiddetto "quartier generale civile", o "quartier generale di Mosca". Dirigeva questo quartier generale il sindaco di Mosca Jurij Lužkov. Membri del quartier generale erano il capo della GUVD [9] di Mosca Pronin e pure tutti i capi dei dipartimenti del governo di Mosca. In particolare il capo del dipartimento della Sanità Sel'covskij, unico membro del quartier generale accertato dagli inquirenti nel corso della verifica su richiesta dei deputati della SPS [10] Nemcov e Chakamada.
Ci è riuscito stilare questa lista dell'organico
"messo sotto segreto" del quartier generale operativo in
pochi giorni. Gli inquirenti non hanno potuto farlo e questo in 10
anni. Per tutti questi anni gli inquirenti hanno continuato
tristemente il caso principale del "Nord-Ost", i cui
protagonisti sono i terroristi morti. La risposta alla domanda
principale – in quali circostanze è stato possibile una presa di
ostaggi di massa nel centro di Mosca? – è rimasta per aria,
evidentemente per sempre, in quanto gli inquirenti non hanno tirato
alcun filo. Bisogna chiudere il caso dei terroristi. Sul "Nord-Ost"
bisogna chiudere il nuovo caso contro chi ha elevato la "regola
del terzo giorno" a legge criminale non scritta.
__________
*Formulazione del dottore in Scienze Adam Dolnik, il maggiore esperto al mondo per la contrapposizione al terrorismo, direttore di programmi di ricerca e primo specialista del Centro per la Prevenzione dei Crimini Internazionali della University of Wollongong (Australia). Autore della monografia "Il nuovo terrorismo politico e le particolarità del processo di trattative nella presa in massa di ostaggi" (Praeger Security International, 2007).
*Formulazione del dottore in Scienze Adam Dolnik, il maggiore esperto al mondo per la contrapposizione al terrorismo, direttore di programmi di ricerca e primo specialista del Centro per la Prevenzione dei Crimini Internazionali della University of Wollongong (Australia). Autore della monografia "Il nuovo terrorismo politico e le particolarità del processo di trattative nella presa in massa di ostaggi" (Praeger Security International, 2007).
"Sento dire per la prima volta che ci fosse qualche antidoto"
Il generale Aslambek ASLACHANOV, nel 2002 deputato per la Cecenia alla Duma di Stato, membro del quartier generale operativo
– Aslambek Achmedovič, come venne a sapere che rientrava nel quartier generale?
– Ero arrivato in aereo da una trasferta e venni a
sapere dell'atto terroristico da mia moglie. Mia moglie disse che i
terroristi avevano fatto il mio cognome in qualità di possibile
negoziatore. Andai là subito. Capo del quartier generale era
Proničev Vladimir Egorovič,
il suo vice era Anisimov. Questi due erano le due figure principali.
– Si riteneva membro del quartier generale o la misero a conoscenza dell'ordine di formazione del quartier generale dove entrò?
– Non ci fu alcun ordine. Dirò onestamente, non
volevo essere membro del quartier generale per via della mia etnia.
– Chi le annunciò di essere membro del quartier generale operativo?
– Proničev.
Siamo conoscenti da tempo, abbiamo buoni rapporti. Mi conosce. Il
secondo giorno fu creato il quartier generale civile - Lužkov,
Pronin e altri. Il 23 e il 24 fui con gli agenti delle strutture
armate, ma poi fui di più con i civili. Ritengo che giustamente non
mi invitarono dagli agenti delle strutture armate per l'elaborazione
e la preparazione dell'operazione di forza. In quel momento ero
comunque in congedo, ero un ex militare e queste cose devono farle
gli agenti delle strutture armate in servizio. Alle trattative –
sì, ci andai. Fui il primo che andò là e iniziò le trattative.
– Quando parlaste con i guerriglieri al telefono dal quartier generale, qualcuno degli agenti delle strutture armate vi controllò?
– Un qualche colonnello dello FSB, che ascoltò le
mie trattative, mi tranquillizzò perché non mi scaldassi.
– Come vi istruirono prima di andare nella DK [11]?
– Mi consigliarono di non andare assolutamente, ma
ci andai o stesso.
– Quale impressione ebbe del potenziale del processo di trattative?
– Riuscii a conversare con i terroristi. Ma non di meno ebbi l'impressione che Baraev là non fosse la figura principale. Uno dei guerriglieri interruppe le villanie di Baraev nei miei confronti. I guerriglieri non erano tossicodipendenti, né kamikaze, checché dicessero essi stessi. Non erano autonomi ed eseguivano i comandi di qualcuno, l'atto terroristico non fu un'iniziativa personale. Non di meno non mi riuscì portar via degli ostaggi, anche se proposi ai terroristi di scambiare degli ostaggi con persone note. Una di queste – Primakov [12] – mi chiese che facessi questo scambio, chiese di organizzare un incontro. La possibilità di morire non lo spaventava. Andai per la seconda volta con lui (e con Aušev – nota dell'autrice). Ma i terroristi parlarono con lui in modo villano. Le parole di Primakov non gli giunsero. L'unico a cui riuscì portar via degli ostaggi fu Kobzon [13] e questo non mi stupisce. E' una grande persona e, penso, i guerriglieri lo chiamarono perché avevano semplicemente voglia di vederlo. Ma quando andammo per la seconda volta, i terroristi dissero che forse avrebbero liberato gli stranieri.
– Sapeva che si preparava un'operazione di forza?
– Sì. Capii che era praticamente inevitabile. Le
condizioni poste dai terroristi erano impossibili da adempiere e
tutti nel quartier generale dicevano che bisognava prepararsi al
blitz, anche se non c'era alcuna preparazione visibile ad esso.
Capii che le circostanze dell'atto terroristico erano tali che si
sarebbe usato il gas.
– Come lo seppe? Sentì parlare del gas o lo indovinò?
– Nessuno vicino a me nel quartiere generale disse
che ci sarebbe stato il gas.
– Chi era responsabile della preparazione della fase di soccorso dell'operazione antiterroristica?
– Il quartier generale civile di Lužkov.
C'erano molte macchine del "Pronto Soccorso" pronte, ma al
contempo c'erano molte automobili parcheggiate intorno alla DK e non
potemmo toglierle. Perché ai terroristi sarebbe stato chiaro che ci
preparavamo a un blitz. Questo complicò l'arrivo del "Pronto
Soccorso" alla DK. Lo capii quando successe il tutto ed
evacuammo gli ostaggi. Portai 28 persone fuori dalla sala. E al
contempo vidi che gli agenti operativi (polizia, Procura e FSB)
facevano sciacallaggio. Le persone morirono per l'uso del gas,
perché gli specialisti che avrebbero potuto calcolare un dosaggio
efficace ma non pericoloso non c'erano. Sapevo in quale dose andava
dato a persone che si trovavano senza conoscenza. Ma non tutti lo
sapevano e non lo fecero. Al "Pronto Soccorso" era lontano
portare gli ostaggi e mettemmo la gente sui gradini, da dove li
caricarono sugli autobus e sulle macchine del "pronto
soccorso".
– Il quartier generale civile si preparava all'uso del gas?
– No. Non ci dissero niente del gas. Parlavamo del
gas, ma era non ufficialmente, tra noi.
– Lužkov sapeva del gas?
– No, penso che neanch'egli lo sapesse.
– Degli antidoti vi parlò qualcuno?
– Non ne sapevo niente.
– Del Naloxone vi parlarono?
– No. E molti medici non sapevano che fare. Quali
azioni di rianimazione applicare. Non fornirono alle persone un
aiuto rianimatorio tempestivo, di emergenza. Penso che qui fu la
principale mancanza della situazione, perché non calcolarono
giustamente il gas e non si prepararono alle conseguenze. Un preciso
meccanismo di salvataggio, di fornitura di aiuto immediato dopo
l'uso del gas, così come i medicamenti giusti non ci furono.
– Di chi fu questa mancanza – degli agenti delle strutture armate che nascosero le informazioni sul gas o di chi preparò il piano di evacuazione e salvataggio degli ostaggi?
– Non voglio dare un giudizio su questo. "Alpha"
e "Vympel" [14]
lavorarono ottimamente. E mi è difficile dare una valutazione del
quartier generale. Il quartier generale cercò in quei giorni di
fare tutto l'indispensabile.
– Quanto, a Suo parere, influì sull'esito la divisione dei quartier generali in quello delle strutture armate e quello civile?
– Non so neanche se ci fu nel caso del "Nord-Ost"
un ordine ufficiale per la formazione di un quartier generale
operativo. Non ho visto alcun documento che regolamentasse le nostre
azioni. Ma risultò che i militari erano separati, avevano la
scorta. A me o a Lužkov
permisero di andare da loro, ma ad altri civili no. Con me fu
semplice. Proničev
mi disse: è bene che tu sia venuto, lavora! Ma se non fossi venuto,
non sarei entrato nel quartier generale, certo. Interagimmo, andammo
gli uni dagli altri. Ma i dettagli dell'operazione militare ci erano
ignoti. Con noi non li discussero.
– Che ruolo giocarono i rappresentanti dell'amministrazione presidenziale?
– Là c'era Jastržembskij
e qualcuno dell'ufficio stampa del presidente. Qualcuno di loro
chiese che mi rivolgessi ai ceceni perché venissero in caso di un
possibile scambio di ostaggi e poi perché donassero il sangue.
Molti risposero positivamente, ma queste misure non servirono. Non
so neanche perché me lo chiesero.
– Ancora una volta: il quartier generale civile fu informato dell'uso del gas?
– Nessuno ci disse niente, indovinammo che sarebbe
stato usato il gas, ma quale precisamente, quale azione avesse
questo gas non lo sapevamo.
– Neanche degli antidoti sapevate niente?
– Sento dire per la prima volta che ci fosse
qualche antidoto.
– Come si sentì dopo aver portato gente fuori dalla DK?
– Avevo la nausea e mi girava la testa. Stavo
male. Ma non andai a farmi vedere in ospedale.
– Sapevate l'ora del blitz?
– No. Non la sapevamo. Quando terminò il blitz,
noi - Lužkov,
Nurgaliev [15] e altri –
andammo dai familiari degli ostaggi. La gente era così felice! Ma
poi venimmo a sapere che c'erano tante vittime…
– Dopo l'atto terroristico La interrogarono gli inquirenti della Procura. Le fecero domande sul lavoro del quartier generale e dei suoi membri?
– Non mi fecero alcuna domanda di quelle che Lei
mi fa ora.
"I’d rather not say"*
Jurij Lužkov, nel 2002 sindaco di Mosca, membro del quartier generale operativo
– Jurij Michajlovič, chi guidò il quartier generale del "Nord-Ost"?
– Proničev.
Questi fu il capo del quartier generale. Certo, fui nel "Nord-Ost"
per tutto il tempo. Risolvevo i problemi che doveva risolvere la
città. E ricevemmo un'alta valutazione da parte del presidente
Putin per le nostre azioni. Non ci sono bastati dieci anni per far
luce su questa tragedia. Capisco, è una data pesante. Ecco che
festeggiamo il bicentenario della Guerra Patriottica del 1812 e
probabilmente ci sarà bisogno per noi di far luce sul perché
Kutuzov [16] cedette
Mosca. Così?
– ?
– Beh, bene… Nel "Nord-Ost" presi
parte attiva nel salvataggio di persone e ritengo che le azioni
delle forze dell'ordine in questa situazione con la minaccia di
morte per più di 1000 persone erano assolutamente giustificate. Non
intendo fare commenti su quanto adeguate furono le decisioni dei
militari, perché non sono uno specialista di lotta al terrorismo.
Le misure da parte del governo di Mosca furono adeguate ed
esaustive. Penso che con gli sforzi congiunti con le forze
dell'ordine ci riuscì salvare più di 900 persone.
– Jurij Michajlovič! Sapevate dell'intenzione degli agenti delle strutture armate di usare il gas durante il blitz? Consideraste questo fatto quando preparaste l'operazione di soccorso?
– Non voglio neanche discutere questa questione.
Voglio discutere con Lei solo le questioni che hanno a che fare con
le mie competenze. Con le mie competenze ha a che fare
l'organizzazione del lavoro con i familiari degli ostaggi. Un
problema terribile, tra l'altro. La dislocazione delle strutture
mediche. La decisione di questioni sui contatti e le trattative con
gli ostaggi, che ci aiutarono a organizzare Kobzon e Rošal'
[17]. Il problema della
fornitura di informazioni. Su queste questioni sono disposto a
parlare con voi, ma su questioni specifiche, che hanno a che fare
con i metodi e la stretta competenza delle forze dell'ordine, non
sono disposto a parlare con voi. E con nessun altro sarò disposto a
parlare di questo. C'è questa espressione inglese: «I’d rather
not say» ("Preferirei non dire niente").
– Elaboraste voi il piano per l'immediata evacuazione degli ostaggi dall'edificio della DK agli ospedali di Mosca?
– Sì, questa operazione fu elaborata da noi. E
tutto ciò che fu legato alla nostra responsabilità, realizzammo
tutta questa faccenda al livello dovuto e ricevemmo un'alta
valutazione dalla leadership del paese.
– Jurij Michajlovič ! Dopo il "Nord-Ost" Putin dichiarò ai mezzi di informazione di massa stranieri che gli agenti delle strutture armate erano venuti a capo del loro compito splendidamente e che le persone morirono per via di cattivi medici e soccorritori, che non seppero come fornire aiuto agli ostaggi. Lei è d'accordo?
– Non lo so. Lo chieda a Putin.
– Ci dica, quando iniziaste ad elaborare l'operazione per il salvataggio degli ostaggi? In quale giorno dell'atto terroristico?
– Letteralmente fin dall'inizio. Giunsi subito all'Ospedale dei Veterani di Guerra (accanto alla DK, fu trasformato in luogo di dislocazione del quartier generale operativo – n.d.a.) e organizzai il mio quartier generale, in cui rientrarono tutti i miei vice e i capi dei dipartimenti del governo di Mosca. Lavorarono splendidamente. Švecova [18] lavorò splendidamente con i familiari degli ostaggi. Il nostro servizio, che garantiva i generi alimentari alla città, lavorò splendidamente per le questioni di cibo e medicine, che con l'aiuto di Kobzon furono trasmesse agli ostaggi. E nessuna rimostranza nei confronti del lavoro del capo del dipartimento della Sanità di Mosca Sel'covskij ci fu allora, quando la situazione era ben più grave che 10 anni dopo, né ora. Questi fece di tutto per salvare le persone.
– Jurij Michajlovič! La parola "antidoto" Le dice qualcosa?
– A me, come persona che ha lavorato per 28 anni
nel campo della chimica, indubbiamente.
– Ma in quei giorni, quando vi occupavate della preparazione del salvataggio degli ostaggi, qualcuno vi parlò di antidoti o di qualche mezzo farmaceutico come il Naloxone? Vi istruirono sull'uso di qualche mezzo medico che doveva esercitare un'azione contraria alle sostanze velenose del gas introdotto nella DK prima del blitz?
– No, io non sono un medico. Cos'è un antidoto mi
è noto solo per il mio lavoro nell'industria chimica. Ma tutte le
cose legate alle misure di emergenza per l'aiuto medico durante
l'operazione di soccorso – tutto questo mi era ignoto. Se usarono
antidoti – non so.
– Cioè pianificaste un'operazione di soccorso senza l'uso di antidoti, senza Naloxone?
– In generale non conosco la parola che Lei ora ha
usato.
– Jurij Michajlovič! Lei ha detto che organizzò il SUO quartier generale? Come lo si può intendere? Non c'era un unico quartier generale operativo?
– Organizzammo il quartier generale della città,
in cui rientrarono tutti i capi della città. Abbiamo sempre
organizzato questo quartier generale durante gli attacchi
terroristici a Mosca. Il nostro quartier generale interagì con il
quartier generale che fu organizzato a livello di forze dell'ordine.
E ho continuamente dialogato con Vladimir Egorovič
Proničev e
ritengo il suo lavoro efficace al massimo grado. Quando fu
necessario trovare un edificio simile per l'elaborazione del piano
del blitz da parte dei servizi segreti, trovammo e fornimmo loro
prontamente l'edificio del centro culturale "Meridian"
[19], costruito secondo
lo stesso progetto del Centro Teatrale sulla Dubrovka [20].
Demmo la possibilità agli agenti delle strutture armate di
allenarsi per salvare le persone e non far esplodere quelle bombe
che i terroristi avevano piazzato.
– Nei confronti delle azioni di "Alpha" e "Vympel" non ci sono rimostranze. Ho solo una domanda: perché agli agenti delle strutture armate che prepararono il blitz non dissero chi preparava l'operazione di soccorso e perciò anche come salvare le persone?
– Questa domanda non è per me. Se c'è questa
domanda, questa domanda non è per me. E terminiamo questa
conversazione. Ora cerca di sostituire gli inquirenti e si prende
poteri non propri di una giornalista.
– Jurij Michajlovič! Di cosa le sembra che si tratti?
– Delle Sue domande.
– Cerco di venire a sapere come fu in realtà.
– Questo era noto già dieci anni fa.
– Purtroppo ho letto i materiali della causa penale sul "Nord-Ost" e posso dire che le reali circostanza della tragedia non si riflettono nei materiali. Perciò tutte queste domande sono sollevate di nuovo dalle vittime dell'atto terroristico.
– Beh, allora bisogna che si rivolga con loro a
più alte istanze. Al presidente.
__________
*Variante libera della classica frase "I foulard rather say nothing" – "Preferirei non dire niente".
*Variante libera della classica frase "I foulard rather say nothing" – "Preferirei non dire niente".
"So molto, ma non sono intenzionato a sottoporre al giudizio del pubblico le mie conoscenze"
Aleksandr Ovčinnikov, nel 2002 capo del dipartimento per la lotta alla criminalità organizzata del Ministero degli Interni della Federazione Russa, vice ministro degli Interni, membro del quartier generale operativo
– Aleksandr Aleksandrovič! Chi era a capo del quartier generale operativo per il "Nord-Ost"?
– Secondo la legge sulla lotta al terrorismo
dev'esserne a capo il capo del soggetto in cui si è verificato
l'atto terroristico. Nel caso del "Nord-Ost" questo era
Jurij Lužkov,
che come sindaco dev'essere a capo di tutto. Un civile,
rappresentante del potere esecutivo, per definizione ha più poteri
di qualsiasi agente delle strutture armate, che è chiuso solo nel
suo ente. Nel quartier generale devono rientrare anche i ministri di
tutte le strutture armate o i loro primi vice che sono responsabili
della lotta al terrorismo.
– Lužkov fu informato dell'intenzione degli agenti delle strutture armate di usare il gas e dell'ora di inizio dell'operazione?
– E' possibile che non commenti questa domanda?
– Ma Lei stesso sapeva che era pianificato l'uso del gas?
– Non Le risponderò neanche a questa domanda. Non
posso neanche raccontarle i compiti che risolsi in quel momento. In
generale mi chiedono spesso perché non scrivo ciò che so. So
molto, ma non sono intenzionato a sottoporre al giudizio del
pubblico le mie conoscenze. Forse tra 15-20 anni.
– L'osservatore militare della "Novaja gazeta" Vjačeslav Izmajlov mi raccontò che Lei e gli agenti della GUBOP [21] vi occupaste dell'accertamento dell'identità dei terroristi e dei loro legami. Ma non è questo che mi interessa. Dica, quanto era pericoloso il gas?
– E' difficile rispondere a questa domanda.
Infatti tutto è relativo. Per un adulto una concentrazione è
mortale, per un bambino un altra. Per i vecchi e per i malati di
asma una terza. Posso dirLe che i tentativi di mettere l'operazione
di forza per il "Nord-Ost" in luce bianca e nera non
corrispondono alla realtà
– Aleksandr Aleksandrovič! Perché nessuno degli agenti delle strutture armate che presero parte all'operazione antiterroristica è stato interrogato nella causa penale per il "Nord-Ost"?
– Non lo so. Io per la precisione non sono stato
interrogato.
"Fui testimone di una storia disgustosa"
Boris NEMCOV, nel 2002 deputato della Duma di Stato della Federazione Russa e leader del partito SPS
– Boris Efimovič, la sentenza della Corte Europea sulla denuncia per il "Nord-Ost" ha posto di nuovo la questione della responsabilità dei membri del quartier generale operativo per l'inefficace salvataggio degli ostaggi…
– Sono molto contento di questa sentenza. Subito
dopo l'atto terroristico il nostro gruppo SPS pose alla Duma di
Stato la questione dello svolgimento di un'indagine parlamentare
sulle circostanze della tragedia. Non ci sostenne neanche "Jabloko"
[22]. Ciò mi colpì
allora. Sapevo che c'era una gigantesca pressione da parte del
Cremlino perché non ci fosse alcuna iniziativa parlamentare per
un'indagine. Ma creammo comunque una nostra commissione di gruppo e
ci rivolgemmo ai testimoni degli avvenimenti, ai medici militari,
agli specialisti dello MČS
[23], agli ex ostaggi, ai
familiari dei morti. Questi vennero, fecero deposizioni, medici ed
esperti visionarono le videoregistrazioni e commentarono le azioni
per il salvataggio degli ostaggi. Secondo i risultati di questo
lavoro fu steso un rapporto e furono tratte delle conclusioni: i
corpi speciali agirono con precisione, ma nel salvataggio delle
persone si manifestò una negligenza criminale che portò alla morte
di ostaggi. E la causa della morte non fu l'avvelenamento da gas, ma
il salvataggio scorretto.
– La Corte Europea nella sua sentenza dice che il gas era una potente sostanza velenosa ed è in legame causa-effetto con la morte degli ostaggi.
– Abbiamo preso spunto dalle conclusioni ufficiali
sulle cause di morte degli ostaggi. Là non era detto niente
sull'intossicazione. Volevamo esaminare la questione del gas, ma gli
esperti medici che ci hanno aiutato nelle indagini hanno negato ogni
legame tra il gas e la morte delle persone.
– La vostra commissione sollevò la questione del perché chi era responsabile della preparazione dell'operazione di soccorso non sapesse niente né dell'ora d'inizio del blitz, né del gas, né dei mezzi medici per neutralizzare le conseguenze dell'azione del gas sull'organismo?
– No. Di nuovo per il motivo che i nostri esperti
presero spunto dalle conclusioni ufficiali sulle cause di morte
degli ostaggi, in cui non era detto niente dell'avvelenamento da
gas. Ammetto che i nostri esperti abbiano potuto trarci in inganno.
Erano medici militari. Ma su che base la Corte Europea è giunta
alla conclusione che il gas fosse una sostanza velenosa?
– In primo luogo, c'erano le dichiarazioni dei pubblici ufficiali. Del capo dell'UFSB di Mosca Zacharov, del capo del centro "Zaščita" [24] Gončarov e di altri sulla composizione del gas. Fu chiamato Fentonil [25] – una sostanza anestetica altamente tossica, se si usa senza un severo dosaggio. In secondo luogo, le vittime hanno molti dati sul fatto che gli ex ostaggi persero conoscenza sotto l'effetto del gas e giunse la paralisi del sistema respiratorio. Cioè la causa primaria dello stato di coma fu il gas e poi il salvataggio scorretto e intempestivo, la mancanza di precise misure urgenti di rianimazione, tra cui la somministrazione dosata di un antidoto: a qualcuno lo somministrarono, a qualcuno no. Specialmente per la Corte Europea fu anche svolto un esame tossicologico sulla base delle informazioni che sono note sulla composizione del gas. La conclusione di questo esame è: durante il blitz fu usata una sostanza altamente tossica e pericolosa.
– Ebbi notizia che questo gas era stato portato da
Israele. E' vero?
– C'è anche notizia che un agente dello FSB coperto dal segreto – il chimico che elaborò la formula del gas – sia stato proposto per la nomina a Eroe della Russia con un decreto segreto del presidente per l'operazione del "Nord-Ost".
– Cioè per l'uccisione di persone questa persona
ha ottenuto il titolo di Eroe?
– Ufficialmente, penso, per l'elaborazione della formula del gas. Boris Efimovič! Appuraste chi erano i responsabili dell'impreparazione nell'operazione di soccorso?
– Nel rapporto erano fatti i cognomi dei
funzionari di Mosca responsabili della componente medica – il capo
del dipartimento della Sanità Sel'covskij e il capo del Centro per
l'Aiuto Medico di Emergenza Kostomarov. Con questo rapporto e i
materiali video andai da Putin. E dissi che era necessario aprire
una causa penale per la negligenza dei funzionari. Putin mi chiese:
ma che, in questo modo riporteremo in vita i morti? In generale
disse apertamente che era contrario. Avevamo vinto, i terroristi
erano stati eliminati, non c'era da rivangare il passato.
– Cosa Le è noto sul ruolo del vice capo dello FSB della Federazione Russa Vladimir Proničev?
– Proničev
guidava il quartier generale. Fui là in quei giorni, anche se non
ci ammisero ovunque. Ma il membro del quartier generale
Jastržembskij
mi disse che Proničev
guidava il quartier generale.
– E Lužkov di che si occupava?
– Era là. Faceva ciò che era necessario. Ma non
era la figura principale. Fui testimone di una storia disgustosa: al
Cremlino temevano che il rating di Lužkov
si alzasse, perché Lužkov
faceva realmente qualcosa per salvare le persone. A Lužkov
e a me proibirono di andare a trattare con i terroristi.
– Come e chi Glielo proibì?
– Fu una telefonata diretta di Putin. E poi si
avvicinò Proničev
e disse: Lei e Lužkov
non dovete andare. L'ho già detto a Lužkov
e adesso lo dico a Lei. Chiesi che mi spiegassero il motivo.
Proničev
mi disse: vada al Cremlino e faccia luce. Andai da Vološin
e chiesi che mi spiegasse che significava tutto questo.
Perché Putin insisteva che io e Lužkov
non andassimo a trattare? Forse si preoccupava tanto delle
nostre vite? Vološin
mi disse: a Putin non piace che il vostro rating cresca.
– Lei ritiene che in quei giorni qualcuno trovò il tempo per misurare e seguire qualche rating?
– Non lo so. La logica era questa: andrà Lužkov
o Nemcov. Il sindaco di Mosca e l'ex governatore . E,
mettiamo, rilasceranno degli ostaggi. E allora saranno degli eroi.
Giusto? Non volevano un nostro successo. Mi disse così Vološin.
Discussi questa cosa con Jastržembskij.
Fu scioccato.
"Ci spiegarono: non parlarono del gas perché non ci fossero fughe di notizie [26]"
Irina CHAKAMADA, nel 2002 deputato alla Duma di Stato della Federazione Russa, leader del partito SPS
– Irina Mucuovna, cerchiamo di ristabilire una lista precisa al massimo dei membri del quartier generale operativo e l'algoritmo della presa di decisioni da parte di questo quartier generale.
– Non fui membro del quartier generale. Andai là
su invito di Sergej Jastržembskij.
Mi telefonò.
– Ma chi era lo stesso Jastržembskij nel quartier generale?
– Non mi parve che fosse la figura principale. Era
un membro del quartier generale. Era in contatto con il Cremlino.
– Può raccontare il ruolo del capo dell'amministrazione presidenziale Aleksandr Vološin?
– Quando uscii dall'edificio della DK dopo le
trattative con i terroristi, andai da Vološin
e gli feci rapporto su cos'avevo visto.
– Che può dire sul ruolo di Proničev? Che istruzioni le dette?
– Era preoccupato per il processo di trattative e
conseguentemente per la concezione del salvataggio degli ostaggi. Mi
parve che nei vani del quartier generale dove fui non ci fossero
agenti delle strutture armate. I civili non prendevano decisioni
serie. E tra gli agenti delle strutture armate vidi solo Proničev.
– Che può dire sul ruolo di Lužkov?
– Là non lo vidi.
– Cosa le chiese Proničev quando lasciò le trattative?
– Mi dettero un compito: guardare com'era minata
la sala, quale fosse l'esplosivo, quanti fossero i terroristi, dove
si trovassero. Ma non capitammo in sala e non vedemmo niente.
Raccontai a Proničev
quanti terroristi vidi, come si comportarono, quali richieste
fecero. Dissi che erano d'accordo sul fare entrare dei medici, ma
solo stranieri. Dissi che i guerriglieri erano pronti ad accettare
del cibo e perfino a far uscire i cittadini stranieri.
– Ci fu qualche prospettiva nel processo di trattative, a Suo parere?
– Sono certa che si potesse portare avanti questo
processo. Non avevano solo richieste impossibili da adempiere, ma
anche richieste del tutto concrete. Volevano ed erano pronti a fare
trattative con una persona che avesse dei poteri. Far passare il
tempo in modo da preparare bene al massimo l'operazione per il
salvataggio degli ostaggi. Questo era possibile. I terroristi non
avrebbero sparato agli ostaggi. Lo dissi a Proničev
e a Vološin. Dissi che i terroristi non erano terribili e
aggressivi come sembrava, che non erano autonomi, che erano più
simili a dei soldati che adempivano un ordine. Poi me ne andai.
Raccontai ai giornalisti cos'avevo visto nella DK. Dopo queste
interviste mi telefonarono e mi dissero che avevo superato il
limite. In sostanza era una minaccia.
– Chi?
– Secondo me questi segnali giunsero
dall'amministrazione presidenziale. All'inizio di questa situazione
Nemcov mi trasmise una richiesta di Čubajs
[27]: non diciamo
niente, stiamo in assetto di guerra e taciamo – e ascoltiamo solo
il quartier generale. Violai proprio questo desiderio di Čubajs,
in quanto temevo molto un affrettato sviluppo di forza degli
avvenimenti.
– Ciò era legato al fatto che Lei ha espresso l'opinione che il processo di trattative non si fosse esaurito?
– Sì. Non era esaurito ed era necessario
utilizzarlo almeno per preparare un'operazione di forza con un
accento su un salvataggio degli ostaggi efficace al massimo.
– Il blitz iniziò al mattino presto il 26 ottobre. Per Lei fu una sorpresa?
– Sì. Per l'appunto la notte prima fu presa e
annunciata in televisione la decisione di mandare a trattare un
rappresentante del presidente, il generale Kazancev.
– Lei è una partecipante alla commissione sul "Nord-Ost" del gruppo SPS. La vostra commissione riuscì ad appurare chi fossero i membri del quartier generale e chi concretamente prese le decisioni chiave sul blitz, sul gas, su come si preparò l'operazione di soccorso?
– Ci riuscì solo appurare che c'erano due
quartier generali. Uno civile e uno militare. Nessun membro del
quartier generale venne da noi alla commissione o fece deposizioni.
– La commissione dello SPS sollevò una delle questioni principali: perché chi era responsabile del salvataggio degli ostaggi non sapeva del gas, né dell'ora del blitz?
– Sì. Ma ci spiegarono così: non dissero a nessuno del gas perché non ci fossero fughe di notizie.
[1]
"Nord-Est", musical che era in scena nel teatro di Taganka
a Mosca nel 2002 quando i terroristi presero in ostaggio i presenti.
[2]
Sledstvennyj Komitet
(Comitato Inquirente).
[3]
A Budënnovsk, nella Russia meridionale, nel giugno 1995 i terroristi
ceceni presero un intero ospedale e dopo un fallito blitz se ne
andarono con alcuni ostaggi, poi rilasciati, ottenendo un cessate il
fuoco nel conflitto russo-ceceno.
[4]
A Kizljar (Daghestan centro-settentrionale) nel gennaio 1996 un
ospedale fu preso in ostaggio dai terroristi ceceni, che riuscirono a
fuggire dopo un fallito blitz.
[5]
Federal'naja Služba Bezopasnosti
(Servizio Federale di Sicurezza), il principale servizio segreto
russo.
[6]
Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione
del Servizio Federale di Sicurezza).
[7]
Aleksandr Stal'evič Vološin, allora capo dell'amministrazione
presidenziale.
[8]
Ruslan Sultanovič Aušev, presidente dell'Inguscezia dal 1993 al
2001.
[9]
Glavnoe Upravlenie Vnutrennich Del
(Direzione Generale degli Affari Interni), in pratica la sede
centrale della polizia.
[10]
Sojuz Pravych Sil
(Unione delle Forze di Destra), partito di orientamento liberale.
[11]
Dom Kul'tury (Casa
della Cultura), nome della struttura in cui si trovavano i terroristi
con gli ostaggi.
[12]
Evgenij Maksimovič Primakov, ministro degli Esteri e primo ministro
sotto El'cin.
[13]
Iosif Davydovič Kobzon, famoso cantante russo.
[14]
"Stendardo", gruppo di "teste di cuoio", così
come l'"Alpha".
[15]
Rašid Gumarovič Nurgaliev, allora vice ministro degli Interni.
[16]
Michail Illarionovič Goleniščev-Kutuzov, generale russo.
[17]
Leonid Michajlovič Rošal', medico e attivista.
[18]
Ljudmila Ivanovna Švecova, allora primo vice sindaco di Mosca.
[19]
Meridiano.
[20]
La via del centro di Mosca dove si trovava il teatro preso dai
terroristi.
[21]
Glavnoe Upravlenie po Bor'be s Organizovannoj Prestupnost'ju
(Direzione Centrale per la Lotta alla Criminalità Organizzata).
[22]
"Mela", partito di orientamento liberale, il cui nome
deriva dalle iniziali dei cognomi dei fondatori Grigorij Alekseevič
Javlinskij, Jurij Jur'evič Boldyrev e Vladimir Petrovič Lukin.
[23]
Ministerstvo
Črezvyčajnych Situacij
(Ministero per le Situazioni di Emergenza).
[24]
"Difesa", centro legale.
[25]
Più probabilmente Fentanyl.
[26]
Per tragica ironia utečka
può significare
"fuga" sia di gas, sia di notizie. Non credo che la cosa
sia sfuggita a Chakamada.
[27]
Anatolij Borisovič Čubajs, imprenditore e politico, che ebbe
importanza sotto El'cin.
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