Come ci mancò poco che ci
uccidessero tutti
La storia della crisi missilistica cubana mezzo
secolo dopo
12.10.2012
Andrej ZUBOV, direttore della rubrica, dottore in Scienze Storiche, professore dello MGIMO [1], redattore responsabile dell'opera in due tomi "Storia della Russa. ХХ secolo":
– Mezzo secolo
fa molti in Russia capirono all'improvviso con orrore che questi e
tutto il mondo erano a un passo dalla distruzione nel fuoco della
guerra termonucleare. Non erano noti i materiali delle sedute
segrete del Presidium del CC del PCUS, gli ordini del Ministero
della Difesa e i protocolli delle trattative sovietico-americane, ma
la gente sentì il terrore della "morte totale sul serio".
Ricordo questo parossismo di terrore anch'io, allora ragazzo
decenne. Ma per gli adulti l'orrore era rafforzato dal fatto che
tutti questi – sia i semplici concittadini, sia i grandi della
nomenklatura – percepivano la propria totale impotenza davanti
alle follie di alcuni poco istruiti e del tutto "slegati"
"rivoluzionari professionisti" che costituivano il
Presidium del CC del PCUS. Tutti ricordavano come Chruščëv
avesse battuto una scarpa sulla tribuna dell'ONU qualche anno prima.
Quale ragionevolezza ci si poteva aspettare da queste persone, tanto
più che la maggior parte di esse aveva partecipato attivamente
all'eliminazione di persone negli anni dello stalinismo? Ma stavolta
Chruščëv
manifestò ragionevolezza, ammise di aver "un pochino passato
la misura" e tolse la Russia dall'orlo dell'abisso nucleare. E
per l'appunto questa coraggiosa correzione di un proprio errore fu
considerata dai suoi compagni del Presidium del CC non un "più"
del 1° segretario, ma un "meno" – un'altra smorfia del
totalitarismo sovietico. Adesso conosciamo molto meglio i dettagli
della crisi missilistica cubana (peraltro "caraibica" la
chiamarono solo in URSS per non legarla direttamente a Cuba, ma al
"militarismo americano", che spadroneggiava nel Mar dei
Caraibi come in un proprio feudo). E per questa conoscenza,
giustamente, è ancora più terribile e ancora più acuto il senso
di impotenza davanti alle follie e alle pretese imperialistiche dei
tiranni. Il professor Vladislav Martinovič
Zubok, specialista di prima classe di storia della guerra fredda,
racconta, sulla base di tutti i materiali adesso accessibili, come
fu allora, nell'ottobre 1962.
Il 16 ottobre 1962 il presidente degli USA John
Kennedy si trovò davanti alla decisione più difficile della
propria vita. L'intelligence gli aveva messo sul tavolo le
fotografie, fatte dall'aereo-spia U-2, delle basi missilistiche a
Cuba. Kennedy non poteva non rispondere a questa sfida. I militari
americani gli proposero un immediato attacco preventivo a Cuba con
tutte le forze dell'aviazione americana. Iniziò la crisi
missilistica cubana. Il mondo si trovò, senza esagerazione,
sull'orlo della Terza Guerra Mondiale.
Le discussioni sul perché Chruščëv
inviò missili con testate nucleari a migliaia di chilometri
dall'URSS non cessano ancora. I fatti evidenziati fino ad oggi
mostrano che il leader sovietico aveva alcuni motivi. Il primo e
principale motivo era "salvare il socialismo cubano".
L'andata al potere di Fidel Castro e dei giovani rivoluzionari a
Cuba nel 1959 ebbe, anche se non subito, un'enorme influenza sulla
propaganda e sull'opinione pubblica nell'URSS. Non solo gli alti
capi del paese, il KGB, i vertici del partito e militari, ma anche
la gioventù studentesca e larghi strati della popolazione
simpatizzarono con la rivoluzione cubana. Tanto più forte Chruščëv
percepì la responsabilità personale per Cuba. L'assistente
di Chruščëv
Oleg Trojanovskij scrisse nelle proprie memorie che "in
Chruščëv
dominava il timore che gli USA e i loro alleati costringessero
l'URSS ad arretrare in qualche punto del globo terrestre. Non senza
fondamento riteneva che la responsabilità di questo ricadesse su di
lui".
Gli USA avevano già cercato di abbattere Castro
nell'aprile 1961 con le forze degli emigrati cubani, che sbarcarono
nella Baia dei Porci, ma furono pesantemente sconfitti. Chruščëv
riteneva che in breve tempo l'amministrazione Kennedy avrebbe
ripetuto il tentativo di invadere Cuba e che questa volta avrebbero
ottenuto il loro risultato. Gli archivi recentemente declassificati
del piano americano "Mangusta" mostrano che i timori di
Chruščëv
non erano privi di fondamento: potenti cerchie nell'amministrazione
Kennedy volevano davvero "elaborare approcci nuovi e non
standard per avere la possibilità di liberarsi del regime di
Castro".
Sull'autoreVladislav Martinovič Zubok. Anno di nascita 1958, ha ricevuto la formazione nella Facoltà di Storia della MGU [2], ha terminato il corso di dottorato di ricerca all'Istituto per gli USA e il Canada dell'Accademia delle Scienze. Candidato in Scienze Storiche. Dagli anni '90 lavora e insegna in Occidente, negli ultimi tempi è professore dell'Università di Temple (Philadelphia). E' autore di numerosi articoli e libri, in particolare del librro "L'impero non riuscito. L'Unione Sovietica nella guerra fredda da Stalin a Gorbačëv" (traduzione russa edita da ROSSPĖN [3] nel 2011) e "I figli di Živago. L'ultima intellighenzia russa" (2009, edito dall'Università di Harvard in inglese). |
Il secondo motivo di Chruščëv
era la tentazione di aggiustare l'equilibrio strategico, che nel
1962 non era in favore dell'URSS. Nel 1962 gli USA erano giunti alla
disposizione dei missili balistici intercontinentali (MBR [4])
"Minuteman" e "Titan", che superavano in qualità
e quantità l'arsenale strategico dell'URSS. Secondo i dati del
centro non governativo NRDC negli USA, nel 1962 l'URSS possedeva 36
MBR e 72 missili balistici su sottomarini nucleari Gli USA avevano
203 MBR e 144 missili sui sottomarini. Inoltre a disposizione del
Comando Strategico dell'Aviazione degli USA si trovavano 1306
bombardieri ad ampio raggio, mentre nell'armamentario dell'URSS ce
n'erano in tutto solo 138*.
Durante l'incontro svoltosi nella notte del 27 ottobre il fratello del presidente Robert Kennedy e Anatolij Dobrynin [11] si misero d'accordo che l'URSS portasse via i missili da Cuba in cambio di due concessioni da parte americana: gli USA avrebbero fatto la promessa pubblica di non intromettersi a Cuba e la promessa segreta di togliere i propri missili dalla Turchia. Robert Kennedy ammonì: se le informazioni sull'accordo missilistico con la Turchia fossero venute fuori, ciò avrebbe causato una tale tempesta di indignazione negli USA e nei paesi alleati della NATO che avrebbe minato la reputazione politica del presidente. Pareva che Chruščëv potesse uscire vincitore dalla crisi. Ma qui avvenne una serie di avvenimenti che rovesciarono questi calcoli.
Vladislav Zubok, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/society/54896.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
Chruščëv
dimostrò ai membri del Presidium del CC del PCUS che "oltre
alla difesa di Cuba i nostri missili aiuteranno a pareggiare quello
che in Occidente chiamano l'equilibrio delle forze". Gli
americani ci avevano circondati di basi militari e tenevano sotto
attacco tutto il nostro paese. Era necessario che "gli stessi
americani sperimentassero che significa questa situazione, quando i
missili nemici sono puntati su di te" (protocollo n. 32 della
seduta del Presidium del CC dell'URSS del 21 maggio 1963). I
militari sovietici si aggrapparono all'iniziativa di Chruščëv:
avevano voglia di trasformare Cuba in un'enorme base militare
sovietica.
Chruščëv
intervenne al Presidium del CC con la proposta di portare tutti i
carichi militari e le truppe a Cuba in gran segreto e solo in
seguito dichiararlo al mondo. Il voto per il piano di Chruščëv
fu unanime, cosa di cui testimoniano le firme sul protocollo
della decisione. I militari dettero al piano il nome "Anadyr'"
– dal nome di un fiume e di un porto in Čukotka
[5]. L'inganno
geografico avrebbe dovuto trarre in inganno l'intelligence
americana.
Con sorpresa di Mosca, non toccò persuadere i
cubani. Fidel Castro sostenne caldamente la proposta di Chruščëv
sulla dislocazione a Cuba di truppe sovietiche e missili balistici
con testate nucleari. Nel giugno 1962 Raul Castro e Che Guevara
giunsero a Mosca per siglare l'accordo segreto sovietico-cubano.
Agli incontri con i rivoluzionari cubani Chruščëv
ostentò: "Prenderò Kennedy per… Se ci saranno
problemi, vi farò sapere – questo sarà il segnale per voi per
invitare la flotta del Baltico in visita a Cuba" (racconto di
Raul Castro nel 1968, trascrizione cubana). Il comandante della
truppe missilistiche a scopo strategico (RVSN [6]),
il maresciallo Sergej Semënovič
Birjuzov andò a Cuba in ricognizione e fece rapporto a Mosca
che i missili sovietici si potevano nascondere facilmente tra le
palme cubane. Questo fu, ad esprimersi rozzamente, una bufala, ma i
militari sovietici avevano troppa voglia di avere una base sotto il
naso degli americani. Più di una volta aumentarono le quote di
elementi e di armamenti del Gruppo di truppe sovietiche a Cuba**.
Dopo aver completato con successo l'operazione l'Unione Sovietica
avrebbe dovuto avere a Cuba 51000 militari, basi missilistiche e una
base della Marina Militare. Nel corso dell'estate e del primo
autunno decine di navi da trasporto da Odessa, Novorossijsk [7]
e altri porti con soldati nelle stive e apparecchiature avvolte in
tela catramata partirono "in direzione ignota". Solo in
viaggio capitani e militari vennero a sapere che si dirigevano a
Cuba. I contatti radio con il "continente" furono
severamente limitati.
__________
*nrdc.org/nuclear/nudf/datainx.asp/
**gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/6.PDF, ma anche gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/7.PDF
*nrdc.org/nuclear/nudf/datainx.asp/
**gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/6.PDF, ma anche gwu.edu/~nsarchiv/rus/text_files/CMCrisis/7.PDF
All'inizio Chruščëv
ebbe fortuna: nonostante i segnali di molti agenti,
l'intelligence americana si fece sfuggire il trasporto di un grande
contingente di truppe a Cuba. Perfino per gli esperti analisti
americani era difficile immaginare che la leadership sovietica si
mettesse in un'impresa del genere. Gli uragani stagionali impedirono
agli aerei-spia americani di osservare cosa avveniva sull'isola. Ma
la fortuna finì quando le nubi su Cuba si dissiparono. Il 14
ottobre l'aereo-spia U-2 fotografò oggetti e installazioni sospetti
comparsi sull'isola – camuffamenti e palme, si capisce, non
aiutarono. I dati ricevuti dal colonnello del GRU [8]
reclutato dall'intelligence britannica Oleg Pen'kovskij non
lasciavano dubbi: nelle fotografie c'erano le tipiche basi
missilistiche sovietiche***.
Il 22 ottobre il presidente degli USA in una
dichiarazione straordinaria alla televisione e alla radio accusò la
leadership dell'URSS di disporre armamenti d'attacco a Cuba,
richiese che fossero portati via e dichiarò la "quarantena"
dell'isola, cioè di fatto il suo blocco. Chruščëv
fu preso di sorpresa: venne a sapere solo qualche ora prima che
Kennedy sarebbe intervenuto con una dichiarazione straordinaria, ma
non sapeva il contenuto di questa dichiarazione. Nell'aria si
sentiva odore di guerra nucleare. In quei giorni da ogni passo e
parola dei leader sovietico e americano dipendeva il destino del
mondo.
Chruščëv
convocò una seduta straordinaria del Presidium del CC, in cui si
parlò di guerra termonucleare. "Se non useremo le armi
atomiche, – disse Chruščëv,
– questi potranno prendere Cuba". Il primo segretario del CC
del PCUS ammise che la situazione si era fatta tragica. "Volevamo
impaurirli, frenare gli USA nei confronti di Cuba". Ed ecco che
adesso "possono attaccarci e noi risponderemo… Forse sfociare
in una grande guerra". Il ministro della Difesa Rodion
Malinovskij, Andrej Grečko
e altri capi militari erano convinti che gli americani non si
sarebbero fermati davanti all'uso delle armi atomiche per primi.
Malinovskij si mise a leggere ai membri del Presidium il progetto di
istruzioni del generale I.A. Pliev, comandante del gruppo di truppe
a Cuba: se gli USA faranno sbarcare truppe a Cuba, per respingere il
loro attacco si potranno usare "tutti i mezzi", ad
esclusione dei missili strategici con testate nucleari. A quel tempo
a Cuba si trovavano 41 missili balistici R-12 e R-14, missili alati
da fronte (FKR [9]), il
complesso missilistico tattico "Luna" e i bombardieri
Il-28. Tutti questi portavano armi atomiche.
Anastas Mikojan [10]
chiese ai militari di precisare: "Cioè è l'inizio della
guerra termonucleare?" Chruščëv
vacillò. Dopo alcune discussioni corressero le istruzioni.
Queste dicevano: "Non usare alcuna arma atomica, neanche in
caso di attacco a Cuba" (protocollo n. 60 della seduta del
Presidium del CC del 22 ottobre 1962). Anche Chruščëv
dispose che le testate nucleari fossero custodite a parte in
un luogo speciale, ad alcuni chilometri dai missili stessi, nel
corso di tutta la crisi. Fu ordinato di non scaricare le testate
nucleari per i missili R-14, appena portate dalla nave da trasporto
"Aleksandrovsk" a Cuba.
Al mattino del 23 ottobre, venuto a sapere che
Kennedy aveva dichiarato il blocco di Cuba e non la guerra, Chruščëv
si rianimò. L'intelligence gli riferì che il presidente Kennedy e
suo fratello, il ministro della giustizia Robert Kennedy, temevano
più di tutto che la situazione andasse fuori controllo. Al
Presidium del 25 ottobre il primo segretario dichiarò: "Non
c'è dubbio che gli americani abbiano avuto paura". A dire il
vero, Chruščëv
si mise a dire per la prima volta che i missili dovessero lasciare
Cuba, ma qui aggiunse che ciò sarebbe avvenuto solo quando la
situazione avesse raggiunto il "punto di ebollizione", ma
che per ora la pressione sul presidente degli USA poteva ancora
continuare (protocollo n. 61 della seduta del Presidium del CC del
25 ottobre 1962).
Il 27 ottobre, in mancanza di dati di intelligence
accurati sulle intenzioni degli americani, Chruščëv
decise di proporre a Kennedy le proprie condizioni. In un messaggio
segreto al presidente degli USA comunicò che l'Unione Sovietica
avrebbe tolto i propri missili da Cuba se gli Stati Uniti avessero
tolto le "proprie armi analoghe dalla Turchia" (là dalla
fine degli anni '50 erano stati disposti i missili americani
"Jupiter" con testate nucleari). Dopodiché l'Unione
Sovietica e gli Stati Uniti "faranno al Consiglio di Sicurezza
dell'ONU la promessa di rispettare l'integrità dei confini, come
pure la sovranità" di entrambi i paesi – la Turchia e Cuba.
Come ricorda Viktor Izraėljan,
che lavorava al Ministero degli Esteri, il messaggio di Chruščëv
fu preso nella cerchia del Ministero degli Esteri "con grande
sollievo e soddisfazione. In esso non c'era l'abitudine
propagandistica a urlare caratteristica delle dichiarazioni
precedenti. Ma principalmente conteneva – come ci sembrava a tutti
– un'uscita dalla crisi degna e accettabile per tutti".
__________
***A.A. Fursenko, T. Naftali. Un gioco infernale. La storia segreta della crisi caraibica. – Мosca, Geja, 1999.
***A.A. Fursenko, T. Naftali. Un gioco infernale. La storia segreta della crisi caraibica. – Мosca, Geja, 1999.
Durante l'incontro svoltosi nella notte del 27 ottobre il fratello del presidente Robert Kennedy e Anatolij Dobrynin [11] si misero d'accordo che l'URSS portasse via i missili da Cuba in cambio di due concessioni da parte americana: gli USA avrebbero fatto la promessa pubblica di non intromettersi a Cuba e la promessa segreta di togliere i propri missili dalla Turchia. Robert Kennedy ammonì: se le informazioni sull'accordo missilistico con la Turchia fossero venute fuori, ciò avrebbe causato una tale tempesta di indignazione negli USA e nei paesi alleati della NATO che avrebbe minato la reputazione politica del presidente. Pareva che Chruščëv potesse uscire vincitore dalla crisi. Ma qui avvenne una serie di avvenimenti che rovesciarono questi calcoli.
Le forze armate degli USA e della NATO furono messe
in stato di massima allerta. Dall'ambasciata dell'URSS a Washington
e dai militari sovietici a Cuba si moltiplicavano i segnali che gli
americani presto avrebbero invaso Cuba. In un telegramma a Chruščëv
composto nella notte tra il 26 e il 27 ottobre Fidel Castro
consigliò al leader sovietico di sferrare un attacco nucleare
preventivo sul territorio degli USA se fosse risultato che
l'invasione degli americani a Cuba o il bombardamento da parte di
questi delle basi missilistiche sovietiche erano inevitabili. Il 27
ottobre un missile sovietico della classe "terra-aria"
abbatté nel cielo sopra Cuba un aereo U-2. Un aviatore americano,
il capitano Rudolph Anderson, morì. Chruščëv
venne a saperlo domenica 28 ottobre.
Chruščëv
si rese conto per l'ennesima volte che il gioco infernale da lui
avviato andava troppo lontano. Su suo ordine Malinovskij inviò un
telegramma urgente al generale Pliev, in cui affermava
"categoricamente": "E' proibito usare armi nucleari
di missili, FKR, di "Luna" e degli aerei senza
autorizzazione da Mosca". L'ultima goccia fu il rapporto del
GRU sul fatto che Kennedy intendesse intervenire con l'ennesimo
appello televisivo alla nazione. In seguito risultò che era solo la
replica del discorso del 22 ottobre, tuttavia Chruščëv
pensò che si trattasse della dichiarazione di guerra. Nella
riunione straordinaria del Presidium del CC convocata a Novo-Ogarëvo
[12]
il 28 ottobre il capo sovietico decise di ritirarsi dal
tratto fatale. Alle 16.00 ora di Mosca la radio sovietica annunciò
a tutto il mondo che l'URSS toglieva da Cuba gli armamenti, che gli
USA "ritengono d'attacco". Nella dichiarazione non si
rammentavano neanche i missili balistici.
La fase più acuta della crisi era passata. Ma per
Chruščëv
la crisi continuava: bisognava spiegare agli alleati e al
proprio partito perché ci fosse bisogno di portare a Cuba un tale
mucchio di armi e poi portarlo via. Il 30 ottobre Chruščëv
espose la propria versione degli avvenimenti ai comunisti
cecoslovacchi. "Sapevamo che gli americani volevano attaccare
Cuba", – affermò Chruščëv.
Gli americani erano già pronti a iniziare grandi manovre in mare
dal nome in codice ORTSAC (Castro letto al contrario) con la
partecipazione di 20000 marines – un'evidente preparazione
all'invasione di Cuba. "Riteniamo che non molto prima
dell'inizio delle loro manovre la loro intelligence abbia
intercettato i nostri missili a Cuba e gli americani si siano
infuriati". Il telegramma di Castro del 27 ottobre con la
proposta di sferrare un attacco preventivo incitò Chruščëv
ad esprimere il proprio parere sulla guerra nucleare. "Quale
vittoria otterremo, se inizieremo la guerra per primi? Infatti
moriranno milioni di persone e anche il nostro paese morirà. Solo
una persona che non capisce nulla della guerra atomica o una come
Castro, accecato dalla passione rivoluzionaria, può proporre una
cosa del genere". Il capo dello stato russo si affrettò ad
aggiungere che non aveva perso questo gioco d'equilibrio sull'orlo
della guerra. "Dai comunicati della nostra intelligence siamo
venuti a sapere che gli americani temono la guerra. Attraverso
determinate persone ci hanno fatto sapere che sarebbero stati
contenti se li avessimo aiutati a tirarsi fuori da questo
conflitto".
Capirono i cittadini dell'URSS quale enorme pericolo
li aveva appena sfiorati? A differenza degli americani presi
dall'orrore i cittadini sovietici in quei giorni d'ottobre sentirono
e lessero solo vaghe frasi sulle "nuove provocazioni del
militarismo americano contro l'isola della Libertà". Ma le
voci fecero la loro parte. I funzionari informati mandarono le
proprie famiglie oltre i confini di Mosca. Il 28 ottobre il
commentatore televisivo Jurij Fokin nella "Staffetta delle
notizie" (al suo posto poi giunse "Il Tempo")
raccontò che andando al lavoro incontrò nel cortile di casa sua
una donna con una rete per la spesa dove c'erano fiammiferi, sapone
e sale. La donna si preparava alla guerra come nel 1941. A quanto
ricorda Fokin, questo racconto in diretta ruppe il ghiaccio della
censura – "ogni spettatore capì che non gli nascondevano
nulla, non tacevano nulla".
In realtà in URSS nascondevano quasi tutto della
crisi e quasi nessuno sapeva che il tutto era causato dall'invio
segreto di missili sovietici a Cuba. La radio occidentale a Mosca,
Leningrado e altre città era zittita. Perfino i membri del CC del
PCUS vennero a sapere dell'operazione "Anadyr'" solo dal
rapporto di Chruščëv
al Plenum festivo di novembre del CC del PCUS – e furono
orripilati da ciò che sentirono. Il primo segretario del partito
comunista dell'Ucraina Pëtr
Šelest scrisse nel proprio diario: "Siamo stati
sull'orlo della guerra. In una parola, hanno creato una situazione
di incredibile tensione militare, in seguito hanno iniziato in
qualche modo a tirarsene fuori – e in questo mostriamo i nostri
"meriti" e quasi una "vittoria". E il popolo
crede nella nostra ragionevolezza…"
La ragionevolezza in realtà visitò sia Chruščëv,
sia la leadership sovietica. Guardando un istante al
precipizio nucleare, i leader comunisti dell'URSS capirono che il
ricatto nucleare può portare presto o tardi alla catastrofe.
Trojanovskij, che si trovava accanto a Chruščëv,
ricordò che la crisi ebbe un "enorme significato educativo per
entrambe le parti ed entrambi i leader. Questa, forse, per la prima
volta fece sentire non in teoria, né nel corso di una polemica
propagandistica, ma nella pratica che la minaccia della guerra
nucleare e della distruzione nucleare erano una cosa reale e che di
conseguenze bisognava cercare seriamente e non a parole la via alla
coesistenza pacifica". Chruščëv,
che fino ad allora aveva ritenuto il presidente americano un peso
leggero, iniziò a vedere in lui un serio partner di trattative.
La ragionevolezza, tuttavia, fu una reazione
forzata. Ai primi di novembre i missili balistici sovietici e le
loro testate nucleari partirono da Cuba per tornare in URSS. Ma il
Presidium del CC del PCUS e i militari speravano ancora di lasciare
a Cuba tutti gli altri tipi di armamenti. Li ostacolarono gli
americani, che presero Chruščëv
in parola – infatti questi aveva annunciato di essere
pronto a togliere da Cuba tutte le armi che gli USA ritenevano
offensive! La mancata volontà delle autorità sovietiche di
rammentare i missili balistici nel messaggio radio del 28 ottobre
costò caro nelle trattative con gli USA. I diplomatici USA
insistettero perché fossero portati via da Cuba non solo i missili
R-12 e R-14, ma anche i bombardieri Il-28. A dire il vero, anche
dopo rimasero gli FKR e la "Luna" con testate nucleari –
di questi sistemi gli americani non sapevano nulla. Chruščëv
e i militari volevano lasciarle ai cubani e in questo caso Cuba
sarebbe diventata la seconda potenza nucleare dell'emisfero
occidentale dopo gli USA. Solo che, convintisi che Castro, Che
Guevara e il loro entourage fossero pieni di rabbia rivoluzionaria
verso Mosca per il "tradimento" e le "concessioni
all'imperialismo americano" dominassero a mala pena le proprie
emozioni, Chruščëv
e i militari decisero "a scanso di equivoci" di portar via
da Cuba tutte le armi nucleari. La decisione di questa questione fu
presa il 20 novembre e presto il piroscafo "Atkarsk" partì
dall'Avana in direzione URSS con un carico di sei bombe atomiche, 12
testate della "Luna" e 80 testate per missili alati. Lo
stesso giorno Kennedy annunciò di aver tolto il blocco a Cuba.
Questi avvenimenti si possono considerare il compimento della crisi
missilistica di Cuba.
Kennedy adempì la propria parte dell'accordo
segreto e senza far rumore tolse i missili "Jupiter" dalla
Turchia nei primi mesi del 1963. La maggior parte degli storici è
convinta che il presidente, impressionato dagli avvenimenti vissuti,
fosse pronto a iniziare un dialogo con l'URSS per la limitazione
della corsa al nucleare. Tra Mosca e Washington fu stabilita una
speciale "linea calda" di telescriventi (durante la crisi
Chruščëv
e Kennedy poterono solo scambiarsi telegrammi cifrati, la cui
consegna e decifrazione durava molte ore).
Negli USA festeggiarono clamorosamente la vittoria,
mentre alla reputazione di Chruščëv
in URSS fu inferto un colpo catastrofico. Per sua sfortuna,
Chruščëv
non poté ascrivere la soluzione della crisi cubana a proprio
merito. Molti militari e diplomatici di alto livello erano
convinti che a Chruščëv
avessero ceduto i nervi e si fosse affrettato ad accettare
l'ultimatum americano. Per i militari sovietici lo scioglimento
della crisi fu umiliante: furono particolarmente scontenti i
marinai, a cui toccò ritirarsi da Cuba "con la coda tra le
gambe" sotto l'umiliante osservazione delle navi e
dell'aviazione militari americane. I colleghi di Chruščëv
nel Presidium e nel CC del PCUS non gli perdonarono quel terrore che
li costrinse a vivere nell'ottobre 1962. Il 14 ottobre 1964, due
anni dopo l'inizio della più pericolosa crisi nucleare della
storia, Chruščëv
fu destituito.
Vladislav Zubok, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/society/54896.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Moskovskij
Gosudarstvennyj Institut Meždunarodnych Otnošenij
(Istituto Statale di Rapporti Internazionali di Mosca).
[2]
Moskovskij
Gosudarstvennyj Universitet (Università
Statale di Mosca).
[3]
Casa
editrice di saggi ROSSijskaja
Političeskaja ĖNciklopedija (Enciclopedia
Politica Russa).
[4]
Dalla dicitura russa Mežkontinentnye
Ballističeskie Rakety.
[5]
Regione dell'estremo nord-est della Russia asiatica.
[6]
Dalla dicitura russa Raketnye
Vojska Strategičeskogo Naznačenija.
[7]
Porto sul Mar Nero.
[8]
Glavnoe
Razvedyvatel'noe Upravlenie (Direzione
Centrale dell'Intelligence), il servizio segreto militare sovietico e
poi russo.
[9]
Dalla dicitura russa Frontovye
Krylatye Rakety.
[10]
Anastas Ivanovič (Hovannesi) Mikojan, allora uomo di fiducia di
Chruščëv.
[11]
Anatolij Fëdorovič Dobrynin, allora ambasciatore sovietico negli
USA.
[12]
Residenza nei dintorni di Mosca.
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