Wojciech ZAJĄCZKOWSKI:
è tempo di restituire alla Polonia i resti dell'aereo
10.04.2013
Oggi è il terzo anniversario del disastro aereo che costò la vita al presidente polacco Lech Kaczyński, alla sua consorte, a rappresentanti dell'élite militare e politica polacca e a note personalità sociali e religiose – in tutto, insieme all'equipaggio, circa cento persone. Di un disastro che non ha scosso solo i polacchi, ma anche i russi: ricordiamo le lunghe file di moscoviti che hanno voluto lasciare la firma nel Libro delle condoglianze davanti alle porte dell'ambasciata polacca. E il mare di fiori lungo la cancellata dell'ambasciata.
Alla vigilia dell'anniversario ci siamo incontrati con l'ambasciatore polacco in Russia Wojciech ZAJĄCZKOWSKI per far luce su ciò che accade nelle interrelazioni polacco-russe.
– Come guarda oggi la società polacca i fatti tragici di tre anni fa? Come stanno le cose nelle indagini sul disastro di Smolensk? Quali problemi sono rimasti irrisolti?
– La questione è complessa. Le indagini sono
state condotte e vengono condotte parallelamente da parte polacca e
russa. I procuratori sono in contatto: in particolare, a marzo il
procuratore generale polacco è stato a Mosca. Inoltre di tanto in
tanto a Mosca e a Smolensk giungono procuratori ed esperti per
condurre esperimenti investigativi.
Per quanto riguarda la valutazione di questo fatto
da parte dei politici e della società, probabilmente, tenendo fatto
delle dimensioni della tragedia, sarà discussa ancora a lungo. Ci
sono cose che restano oggetto di discussione tra le nostre parti.
Ciò riguarda in primo luogo i resti dell'aereo presidenziale. Di
principio la parte russa era d'accordo per trasmetterli alla
Polonia, ma solo dopo il termine delle sue indagini. Riteniamo che,
poiché sono già passati tre anni dal momento del disastro, poiché
tutte le azioni investigative legate allo studio dei resti
dell'aereo sono state già condotte, la collocazione dei resti a
Smolensk non abbia alcun fondamento. Per molte persone in Polonia,
in particolare per le famiglie dei morti, questo sembra
inaccettabile e ha uno sfondo emotivo negativo. In generale tutto
ciò è prima di tutto un problema di fiducia reciproca, di cui
entrambe le parti devono tenere conto. O accettiamo un approccio
particolarmente formale e aspettiamo il pieno termine delle indagini
o, sfruttando le possibilità giuridiche esistenti, ci decideremo ad
accelerare il processo.
Il principale risultato dei contatti russo-polacchi
negli ultimi tre anni sta nel fatto che da una parte si conducono
indagini e dall'altra si sviluppano contatti in altre sfere. Non è
accaduto quello che talvolta accade nei rapporti tra i paesi quando
una questione, sia pure molto complessa, comincia a dominare e a
sottomettere a se tutto il resto.
– C'è anche una storia tragica più vecchia – Katyn' [1]. Cosa accade ora in questo caso: il problema è eliminato o si conserva qualche divergenza? Se si conservano, in cosa consistono? Qual è oggi il ruolo di questo problema nelle interrelazioni dei nostri paesi e delle nostre società?
– Da una parte si può dire che per la soluzione
di questo problema è stato fatto quasi tutto. Se è presente la
parola "quasi", significa non al 100 per cento. Attendiamo
la realizzazione delle promesse che ci hanno fatto: deve esserci
presentata tutta la documentazione delle indagini su Katyn'. A oggi
35 tomi restano ancora inaccessibili, coperti dal segreto. L'ultima
porzione di documenti ci è stata trasmessa nella primavera 2011. Da
quel momento non abbiamo ricevuto più niente. La questione riguarda
anche la qualifica giuridica dell'accaduto. Finora non ci sono mosse
ulteriori e restiamo allo stesso punto di due anni fa.
– Cioè ad oggi il problema resta congelato?
– E' al lavoro il cosiddetto gruppo bilaterale per
le questioni complesse, che cerca di utilizzare ciò che è stato
fatto tre anni fa, quando fu pubblicato il famoso libro "Macchie
bianche, macchie nere. I rapporti polacco-russi nel ХХ secolo".
Un libro preparato da un gruppo di esperti e storici polacchi e
russi a cura dell'accademico Trofimov e del professor Rotfeld.
– Ma perché questi 35 tomi non vengono declassificati? C'è una qualche argomentazione?
– Ci spiegano ciò con l'eccezionale complessità
della procedura per togliere il segreto a questi tomi. Tale è la
versione ufficiale della parte russa.
– In generale in quale direzione si sviluppano oggi i rapporti tra Russia e Polonia? Migliorano?
– Certamente, se si paragona il trend che
osserviamo oggi a quello che c'era qualche tempo fa, si è creata
più "normalità". Ci sono questioni importanti su cui si
conservano divergenze (l'ho già detto: i resti dell'aereo e i
documenti di Katyn'). Ma c'è anche una serie di questioni su chi si
ha una normale collaborazione. Si tratta sia dell'economia, sia di
un intero blocco di questioni legate alla regione di Kaliningrad
[2], in particolare lo
scarso movimento al confine. L'anno scorso abbiamo notato 4 milioni
di attraversamenti del confine da entrambe le parti (circa a metà)
tra l'enclave di Kaliningrad e due nostre regioni – quella di
Olsztyn e quella di Danzica. Ora questo scarso movimento al confine
funziona a tutta birra, poiché è entrato in vigore nel luglio
dello scorso anno, ma i permessi a lungo termine per alcuni anni (e
per 180 giorni di permanenza ininterrotta sul territorio della
Polonia) hanno cominciato ad essere rilasciati solo in autunno. Fino
ad allora lo scambio si svolgeva con i visti. Evidentemente
quest'anno il numero di persone che attraversa il confine aumenterà.
– Ma cosa fa la gente, giungendo nell'altro paese con i permessi?
– Comprano qualcosa, si riposano, partecipano a
diverse iniziative, vanno ai concerti…
– Qual è oggi la posizione della Polonia riguardo all'abolizione del regime dei visti tra Russia e UE?
– Siamo favorevoli.
– Pare che da parte della Polonia ci siano rimostranze nei confronti della Gazprom riguardo agli alti prezzi del gas e che questo tema sia stato discusso di recente.
– Non solo noi abbiamo rimostranze nei confronti
della Gazprom. Nel nostro caso ciò si basa sul fatto che compriamo
il gas a prezzi più alti di alcuni paesi che si trovano ben più
lontani dai confini russi e dai luoghi di estrazione del gas. Cioè
questo passa attraverso la Polonia, ma più a occidente del nostro
confine contro la logica diventa più conveniente. Perciò
conduciamo una politica di diversificazione delle forniture di gas
in Polonia: la costruzione di interconnettori per il pompaggio del
gas all'interno del sistema europeo e la costruzione di un terminal
per la ricezione del gas liquefatto dal Medio Oriente (che inoltre
sarà anche più conveniente di quello della Gazprom).
Sostanzialmente della diversificazione delle forniture di gas si
occupano anche altri paesi europei, non siamo un'eccezione.
– Ora in Polonia si discute con
calore sui "più" e i "meno" dell'introduzione
dell'euro – quando potrà accadere, se in generale accadrà?
– Ci siamo presi l'obbligo di introdurre l'euro,
entrando nell'UE. Nessuno ha abolito questo obbligo. Non sono stati
stabiliti i termini, ma i criteri sul deficit di bilancio e i
parametri di inflazione che dobbiamo rispettare. E per ora non li
rispettiamo.
Per la Polonia è un dilemma. Si può restare fuori
dalla zona euro per avere la possibilità di una politica
flessibile, che potrebbe attenuare i fenomeni di crisi – grazie a
questo abbiamo attraversato non male una crisi. Ma non siamo entrati
nell'UE per restare degli outsider che non hanno a che fare con la
presa di decisioni di principio per l'Europa.
In ogni caso nessuno si prepara ad unirsi alla zona
euro domani o dopodomani. E' una questione seria, che porta con se
obblighi complementari, tra l'altro non solo nella politica
valutaria e finanziaria, ma anche nella politica economica, per
esempio, nella sfera dell'armonizzazione con l'UE delle aliquote
fiscali.
– Ma esistono anche divergenze tra
Polonia e UE…
– Nessuno si prepara a discutere lo status di
membro della Polonia nell'UE: la permanenza del paese nell'Unione
Europea da molti vantaggi. Il 60% delle esportazioni va negli stati
dell'UE e questo grazie alla libertà di spostamento di capitali e
merci. L'economia vince. Ci sono, a dire il vero, anche questioni
discutibili: per esempio, la politica fiscale da me menzionata. O
l'agricoltura: vari paesi godono di vari appoggi, ma noi siamo
sostenitori di un'equiparazione di condizioni e agevolazioni.
– Gli americani si sono rifiutati di
finire di costruire il sistema di difesa antimissile in Polonia e la
Polonia ha dichiarato che lo farà da sola. Quali saranno le
conseguenze, tra l'altro per i rapporti della Polonia con la Russia?
– Gli USA si sono rifiutati di portare a termine
la costruzione della quarta fase della difesa antimissile. Resta la
terza fase. Finora non sappiamo da quale parte andrà la discussione
in merito, perché la critica da parte di Mosca riguardava proprio
quella fase che è stata cancellata.
Per quello che riguarda il sistema polacco, qui c'è
semplicemente una coincidenza di nomi. Gli americani attuano un
progetto di difesa anti-balistica globale. La Polonia non ha
possibilità né necessità di sviluppare tale sistema. Dobbiamo
avere una difesa antimissile e antiaerea affidabile.
La sicurezza europea è una questione di fiducia. Se
non ci fidiamo l'uno dell'altro in problemi relativamente piccoli
tipo la trasmissione dei resti di un aereo, come ci fideremo gli uni
degli altri in questioni più serie? Sulla carta ci si può separare
gli uni dagli altri, ma nella psiche questo si forma in un'unica
catena. La stessa persona che lunedì si occupava dell'aereo,
venerdì può occuparsi del sistema di difesa antimissile. E allora
che succede?
– A suo tempo il senso
dell'esistenza del gruppo di Višegrád
(ora lo chiamano V-4: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e
Ungheria) era nella coordinazione delle azioni per l'ingresso nella
NATO e nell'Unione Europea. Ora in Polonia si fa di nuovo grande
attenzione al V-4. A cosa è legata questa adesso, visto che i paesi
sono molto diversi e la coordinazione si attua nell'ambito dell'UE?
– Il gruppo sorse in quel tempo in cui dopo il
crollo dell'URSS era sorto un vuoto e il movimento verso l'Alleanza
Nord-atlantica e l'UE sembrava ancora qualcosa di strano. Oggi tale
unione è necessaria per il sostegno degli interessi dei paesi
dell'Europa dell'Est nell'UE. Molto spesso da noi si creano opinioni
uguali nei confronti di queste o quelle questioni. Al nucleo di
Višegrád in una serie
di casi si uniscono anche altri paesi – per esempio, la Bulgaria,
la Romania e i paesi baltici.
Lo sviluppo delle infrastrutture stradali,
ferroviarie ed energetiche storicamente si è formato "da est a
ovest" per le comunicazioni con Mosca, ma le infrastrutture
"nord-sud" sono praticamente mancate. Un altro fattore
sono i Carpazi, che dividono in due parti la regione con una
barriera naturale. Se vogliamo superare questa eredità storica e
geografica, dobbiamo coordinare gli sforzi.
C'è anche la politica nei confronti dei vicini. I
paesi del V-4 più di altri sono interessati alla politica attiva
dell'UE nei confronti dell'Europa dell'Est e dei Balcani. Qui c'è
anche un senso di comunanza di interessi.
– Capiamo che per un ambasciatore
non sia facile parlare di problemi, per esempio, legati alle
violazioni di diritti umani e alle limitazioni dell'attività delle
organizzazioni no profit in Russia, ma non di meno – come guardano
a questi temi in Polonia?
– Nel dicembre dello scorso anno "Memorial"
ha ricevuto un'onorificenza del Ministero degli Esteri. Questa è
anche la risposta alla domanda su come valutiamo l'attività di tali
organizzazioni.
Tra le organizzazioni che recentemente sono state
sottoposte a controlli sono risultate molte strutture fondate da
polacchi e da cittadini russi. La questione dell'infondatezza di
tali controlli è stata sollevata recentemente dalla rappresentante
dell'UE per gli affari esteri Catherine Ashton e noi sosteniamo
pienamente la sua posizione.
Andrej
Kolesnikov, "Novaja gazeta",
http://www.novayagazeta.ru/politics/57612.html
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Villaggio della Russia occidentale presso cui i sovietici uccisero
migliaia di prigionieri di guerra polacchi durante la II guerra
mondiale.
[2]
Città russa, la cui regione è un enclave tra Polonia e Lituania.
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