La discussione sull'Islam radicale in una tavola rotonda è passata ai problemi fondamentali della Russia di oggi
01.06.2013,
18.21
"L'islamismo
radicale: quanto è pericoloso questo fenomeno per la Russia?"
Proprio così suonava il titolo della tavola rotonda che si è svolta
venerdì alla "RIA Novosti" [1].
Gli esperti hanno discusso la più ampia cerchia di questioni: a
cominciare da cos'è l'islamismo radicale per finire su come si
riflette sulla situazione della Russia l'assenza di un progetto
generale di mobilitazione.
All'iniziativa hanno preso parte il
membro del consiglio degli esperti presso il Consiglio dei Muftì di
Russia Rinat Muchametov, il presidente dell'unione religiosa
"Missione Islamica Internazionale" Šafig
Pšichačev e il primo collaboratore scientifico dell'Istituto
di Orientalistica dell'Accademia Russa delle Scienze e il direttore
della fondazione per il sostegno alle iniziative umanitarie "Altair"
Ruslan Kurbanov.
Parlando dell'islamismo, i partecipanti
hanno sottolineato che questo termine "è utilizzato oggi dagli
studiosi. Esiste nella lingua araba ed esiste nella lingua inglese".
Ma, secondo Ruslan Kurbanov, questo termine da strumento nelle mani
degli studiosi diventa "uno strumento propagandistico,
un'etichetta".
Una valutazione analoga ha dato a
questo concetto anche Rinat Muchametov. "La mancanza di
protezione sociale della popolazione, il crescente senso di
ingiustizia negli strati non garantiti e la copiatura da parte della
società russa di dubbi valori occidentali conduce oggi alla
radicalizzazione di buona parte della gioventù islamica attiva, –
nota. – D'altra parte, il termine "Islam radicale"
diventa oggi uno strumento di lotta politica e un mezzo per
guadagnare soldi".
Šafig
Pšichačev ha notato che un fattore di radicalizzazione di non poca
importanza è stata la "primavera araba". "I
fatti del Medio Oriente lasciano un'impronta su una certa parte della
gioventù musulmana anche in Russia", – dice.
Alla domanda su quale sia la soluzione
del problema dell'islamismo radicale, Ruslan Kurbanov ha dato questa
risposta: "Isolare i radicali, rieducarli, dove questo coincide
con il Codice Penale operare secondo il Codice Penale e indirizzare
tutta la restante comunità dei musulmani attivi in un corso, a scopi
creativi in campo sociale: la lotta ai difetti sociali, la lotta
all'ignoranza".
In polemica con i
nazionalisti-riduttori
La tavola rotonda era una sorta di
"risposta" al rapporto dal titolo "Carta delle minacce
etno-religiose: il Caucaso del Nord e la regione del Volga"
preparato a metà maggio dall'"Istituto di Strategia Nazionale"
sotto la guida di Michail Remizov. Remizov è noto come ex direttore
del sito "Agentstvo političeskich
novostej" [2],
organo di stampa chiave degli ideologi del nazionalismo riduttivo,
che sostiene la costruzione di uno "stato nazionale russo".
I partecipanti alla tavola rotonda
hanno sottoposto Remizov a critiche. Šafig
Pšichačev ha dichiarato: "Nel rapporto è detto che
circa un milione di musulmani simpatizza con i guerriglieri alla
macchia. Risulta così: bisogna alzare le manine e arrendersi a
questi guerriglieri; la situazione è tanto terribile in Russia che
il radicalismo islamico ha già vinto".
Ruslan Kurbanov ha raccontato che nel
corso di una discussione diretta tra lui e Remizov quest'ultimo ha
dichiarato l'inevitabilità della separazione del Caucaso dalla
Russia.
"Quando gli ho chiesto
direttamente: "Michail, Lei riconosce che la separazione è già
predeterminata?", – questi di fatto la riconosceva tale, –
ha sottlineato Kurbanov. – Questi ha riconosciuto… che di fatto
questo è il destino dello Stato Russo, che il Caucaso presto o tardi
si separerà, in quanto la traiettoria di sviluppo, il vettore di
sviluppo della maggior parte delle regioni russe e delle regioni del
Caucaso del Nord sono praticamente opposti… in quanto si è
superato il punto di non ritorno nell'islamizzazione, nella
radicalizzazione, nella strategia del terrore. L'unica cosa che si
può ancora fare è salvare la regione del Volga.
E a compimento della discussione gli
sono risuonati pensieri molto interessanti: che bisogna rendere due
regioni del Caucaso del Nord – il territorio di Krasnodar e quello
di Stavropol' – confini delimitanti lo stato russo al sud. E queste
due regioni devono essere russe e cosacche.
Cioè un autore che professa tali idee
si mette a scrivere sul problema della radicalizzazione dei musulmani
e porta il lettore all'idea che il problema della radicalizzazione
della popolazione abbia portato all'inevitabile separazione del
Caucaso dalla Russia nei tempi più brevi.
Queste idee oggi stanno nelle teste
degli analisti e di alcuni funzionari russi. Dirò che l'idea
dell'inevitabilità della separazione del Caucaso dalla Russia
penetra già nei rapporti che sono preparati da strutture influenti
come l'INSOR – l'"INstitut SOvremennogo Razvitija" [3]",
– ha aggiunto Kurbanov.
I partecipanti alla tavola rotonda
ritengono che il tema della separazione del Caucaso del Nord dalla
Russia sia del tutto pretestuoso e inculcato alla società caucasica
con scopi distruttivi.
Sul controllo degli
studenti islamici delle università e la chiamata alle armi dei
caucasici
I partecipanti hanno toccato anche il
tema dell'emigrazione. Ruslan Kurbanov ha sottolineato di essere
d'accordo con l'idea del rappresentante plenipotenziario Chloponin di
condurre colloqui profilattici, una nuova attestazione e un
adattamento degli studenti delle istituzioni di istruzione islamici
esteri che tornano in Russia.
"Sono d'accordo. E' necessario
farlo, – ha detto l'esperto. – E' necessario controllare ogni
persona che è andata là come un pischello 15enne con una coscienza
assolutamente acerba ed è tornato da là. Cosa gli hanno impresso
là? E' auspicabile che questo pischello 15enne vada là come un
maturo cittadino della Federazione Russa, con una coscienza civica
matura, disponendo di conoscenza della storia della Russia, della
storia della coesistenza dei popoli della Russia".
Tra l'altro Kurbanov ha invitato a
"guardare anche nel campo vicino". "I figli e le
figlie dell'élite russa vanno nelle università occidentali. Cosa
gli insegnano là? Chi sono quando tornano? Non sono questi che
stanno in piazza Bolotnaja [4]?
Non è che attraverso questi canali la minaccia arancione [5]
allo Stato Russo giunge qui?"
E' stato toccato anche il tema della
chiamata alle armi dalle repubbliche caucasiche. "E'
un'ingiustizia mostruosa che si cessi di chiamare alle armi gli
abitanti di Daghestan, Inguscezia e Cecenia, – è convinto Ruslan
Kurbanov. – Non chiamano alle armi giovani reclute, ragazzi forti,
che sono contenti di servire la loro patria. I ragazzi sono costretti
ad andare nella regione di Rostov [6]
e registrarsi là perché li chiamino alle armi e possano costruire
una carriera, possano passare per questa scuola di vita.
Da tutte le repubbliche del Caucaso del
Nord sono state chiamate 140 persone nella chiamata primaverile di
quest'anno! Mentre il solo Daghestan è pronto a fornire circa
ottomila reclute. Dove va questa gioventù? Di cosa si deve occupare
in questa tumultuosa stagione della giovinezza, quando il sangue
ribolle e le forze cercano il loro impiego? E vicino si trovano i
predicatori…
Ho visto un mostruoso documento che ha
scritto un enorme funzionario, un generale dell'esercito russo. Una
disposizione per tutti i reparti delle truppe. Individuare i casi in
cui persone provenienti dalle repubbliche del Caucaso del Nord
cambiano i loro cognomi per entrare nell'esercito! Cioè pedinarli
come spie nemiche", – ha notato Kurbanov.
Di cosa tacciono i mezzi
di informazione di massa e gli intellettuali
Verso la fine della tavola rotonda è
stato toccato il tema dei problemi fondamentali della nostra società.
"Oggi in Russia si realizza un
esperimento mostruoso, – ha detto Ruslan Kurbanov. – A un paese
con storia, cultura e tradizione spirituali millenarie si inculca la
via di sviluppo corrotto sul piano morale ed etico della società
occidentale. La società post-moderna con il relativismo dei valori…
con i diritti delle minoranze sessuali e la giustizia minorile, con i
diritti di gattini e cagnolini, con la società dei consumi di massa…
La Russia non può entrare
completamente in questo mondo. E al paese non propongono alcuna idea,
alcuna ideologia, alcun progetto di mobilitazione, alcun grande
ideale per cui i popoli debbano compattarsi, aiutarsi a vicenda,
sollevare chi è caduto e così via. Non si da una variante di
realizzazione nel mondo del proprio progetto di civiltà.
Questo porta ad un mostruoso precipizio
tutto il nostro paese e non solo i popoli musulmani. Vediamo cosa
accade oggi alla gioventù russa – di fatto la diffusione di idee
radicali naziste, fasciste. Chi poteva immaginare ancora 30 anni fa
che accanto alla tomba del milite ignoto nella Piazza Rossa si
sarebbero alzate le braccia nel saluto nazista?!
E' una catastrofe mostruosa,
paragonabile al problema della radicalizzazione della gioventù
musulmana nel Caucaso. Ed ecco che una catastrofe di queste
dimensioni, che si verifica nel nostro paese, non viene praticamente
discussa sui mezzi di informazione di massa e dalla classe
intellettuale del nostro paese".
Si può solo concordare sul fatto che
il processo generale di regresso del nostro paese è discusso
estremamente poco e in modo evidentemente insufficiente. E per quanto
riguarda il proprio progetto di mobilitazione, non lo si discute
quasi per niente. Tuttavia si parla continuamente proprio di come
bisogna imitare l'Occidente – in quali direzioni, quanto, in tutto
o non in tutto.
Io, da parte mia, ritengo un fatto
chiava la discussione della nostra catastrofe e della nostra uscita
da essa. Senza questa è impossibile la prosecuzione dell'esistenza
storica della nostra Patria – tra l'altro anche dei popoli
musulmani che la abitano.
"Kavkazskaja Politika",
http://kavpolit.com/rossiya-ne-mozhet-vojti-v-mir-postmoderna/
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
"Russkoe
Informacionnoe Agentstvo (Agenzia Russa di Informazioni) Notizie".
[2]
"Agenzia di Notizie Politiche".
[3]
"Istituto per lo Sviluppo Moderno".
[4]
"Del Pantano" (quello che c'era prima della sua
costruzione), piazza del centro di Mosca nota per le manifestazioni
dell'opposizione al regime di Putin.
[5]
L'arancione era il colore degli oppositori al presidente ucraino
filo-russo Janukovyč e per estensione è diventato il simbolo
dell'opposizione a Putin e ai regimi a lui favorevoli.
[6]
Città della Russia meridionale.
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