La guerra dei mondi
D'estate, fuori città, si ha voglia di tranquillità,
ciliegi e giustizia sociale.
14.06.2013
Stai sdraiato di notte all'ululato dei gufi e pensi:
beh, perché uno ha tutto e un altro al momento del bisogno deve
alzarsi e correre alla fine del giardino dei ciliegi impetuosamente
in fiore alla gabbia per gli storni e sedere là accucciato come ai
tempi della servitù della gleba, ma con il telefono cellulare in
mano. Una persona su tre nel grande paese dal mar Caspio al mare di
Barents nella fame e nella canicola vaga per un cortile; una su
quattro va ancora a prendere l'acqua con l'asta per tenere i secchi.
E il gas per molti è una magia come il Santo Fuoco di Gerusalemme
[1].
Nelle grandi città non si sente il frinire delle
cicale o il fruscio dei grilli; il minaccioso rombo dei meriny
[2],
che frusciano minacciosamente, costringe a nascondersi, a mettersi
cuffie, in cui suona musica disumana e le ottuse barzellette di
"Jumor FM" [3].
Ognuno è preoccupato, indaffarato, colpito da una realtà che
diventa sempre più bislacca.
E intorno ci sono molti mondi: "Il mondo del
parquet", "Il mondo della pelle e della pelliccia",
"Il pianeta Fitness", "Il mondo delle cucine" e
molti altri mondi, che si propongono di diventare possessori di
qualcosa. Se hai costruito un appartamento – comincia a costruire
il tuo corpo. Se il tuo corpo è in ordine – puoi andare a un
seminario per la correzione della vita familiare. E là un coach
divorziato tre volte, che ha distrutto cinque famiglie, ti insegnerà
per i tuoi mille rubli [4]
come portare l'autunno dei tuoi rapporti alla canicola estiva.
Le persone superiori, che volano lungo la linea di
mezzeria alla velocità della luce con i vetri oscurati non
capiscono perché quelle inferiori del metro-sotterraneo mormorano.
Infatti in velocità l'immaginetta della vita sembra molto
simpatica: la velocità toglie le piccole crepe al paesaggio
cittadino; le persone che stanno ai lati sembrano allegre frotte
colorate che agitano bandierine. Non si vedono i vecchi che
giacciono in ospizi sudici; non si vedono gli invalidi che siedono
nelle case; sono indistinguibili i miseri, gli ubriachi; e non danno
al naso altri mostruosi fenomeni sociali, non sembrano feroci e
terribili dal comodo abitacolo in pelle che odora di lavanda.
Quando le colonne si allontanano – tutto acquista
carne e dinamica. Ecco la nonnetta con la carrozzina, che, dopo
essersi segnata molte volte per avere successo, si affretta ad
attraversare la strada di corsa, il suo passaggio sotterraneo le è
stato già rubato dal governatore precedente. Vaga fino a casa, dove
tra le comodità ha solo una finestra. Ed ecco l'ambulanza, che
cigola con tutte le ruote non lubrificate e si affretta a un
ospedale costruito già da mercanti-parassiti nel 1913. Là
stenderanno il paziente in un corridoio e su di lui di notte si
spanderà la luce della vetrata con il volto del benefattore e al
mattino verrà un dottore con la barbetta alla Čechov
e curerà il paziente con uno stipendio con cui non solo non compri
la morfina come ai tempi degli zemstva
[5],
ma che basta solo per nutrire la famiglia ed è tutto. Il medico
cura da uno spioncino, con un tubicino: infatti l'attrezzatura con
cui è visibile la vostra piaga è diventata da tempo una lastra di
marmo della piscina del capo della sanità. Ed ecco una bambina con
la cartella si affretta a scuola, ha ancora due coincidenze, due
autobus e un Gazel' [6]
prima di tornare a casa: infatti la scuola vicina a casa è stata
ampliata, ma quella vecchia è stata demolita in quanto non
corrispondente agli standard di istruzione. Per la nuova bisogna
fare in tutto 30 chilometri in autobus. Ma su questo ora vanno i
costruttori alla dacia dal capo del RONO [7].
E questo giovane dall'aria ardente. Si affretta
all'istituto, là venderà sostanze stupefacenti ai figli del
"miliardo d'oro" [8]
e pagherà i suoi studi per il semestre successivo – così intende
la giustizia sociale. Così la intende il poliziotto che sta sulla
linea divisoria: in campagna da mammina con la legna e il WC per
strada come gli antenati non ha affatto voglia di vivere e i
cittadini sui cavalli di ferro da 5 milioni [9]
devono pagare le sue sofferenze morali. E la ragazza pensa così
dalla cittadella militare dimenticata nella taiga per via della
riforma. Accarezza il calvo corrotto e riceve un tributo per la sua
gioventù e la sua bellezza, è il suo unico asset liquido e vuole
venderlo prima che la piazza delle Tre Stazioni [10]
lanci nuove concorrenti sul mercato.
E poi arrivi alla dacia e vieni a sapere che
tagliano già il tuo giardino dei ciliegi negli interessi dello
stato – risulta che per la tua dacia passerà la soprelevata della
super-autostrada Mosca-Marte, che unirà il tuo passato al futuro
che non hai.
E allora non resta che andarsene a Parigi come la
signora della nota pièce [11],
ma tu non te ne andrai mai, come alcuni, tu resterai il vecchio
Firs, che è stato gettato e dimenticato.
Valerij Zelenogorskij, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/comments/58626.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
La fiamma blu che gli ortodossi vedono nel Santo Sepolcro il Sabato
Santo.
[2]
Merin
è il cavallo castrato, ma vengono così chiamate colloquialmente le
Mercedes.
[3]
"Umorismo FM", radio russa dedita a programmi umoristici.
[4]
23-24 euro.
[5]
Consigli di villaggio della Russia pre-rivoluzionaria in cui
prevaleva la nobiltà agraria.
[6]
"Gazzella", furgone della GAZ (Gor'kovskij Avtomobil'nyj
Zavod – "Fabbrica di
Automobili di Gor'kij", Gor'kij è una città della Russia
centrale tornata a chiamarsi Nižnij Novgorod).
[7]
Rajonnyj Otdel Narodnogo Obrazovanija
(Sezione Distrettuale della Pubblica Istruzione).
[8]
Gli abitanti dei paesi sviluppati.
[9]
Oltre 116000 rubli.
[10]
Nome colloquiale di piazza Komsomol'skaja (del Komsomol –
KOMmunističeskij SOjuz MOLodëži,
"Unione della Gioventù Comunista) in cui si trovano le stazioni
Leningradskaja ("di Leningrado"), "Jaroslavskaja"
(di Jaroslavl', città della Russia centro-settentrionale) e
"Kazanskaja" (di Kazan', città della Russia centrale),
così chiamate per la direzione dei treni che da là partono.
[11]
"Il giardino dei ciliegi" di Anton Pavlovič Čechov, a cui
l'autore allude ripetutamente, citandone dei personaggi in
quest'ultimo paragrafo.
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