"Novaja
gazeta", 23-09-2013. 01.40.00
"Ci dissero che avrebbero preso
il Cremlino": gli avvenimenti di piazza Bolotnaja [1]
visti con gli occhi degli agenti dell'OMON [2]
Gli
avvenimenti di piazza Bolotnaja visti con gli occhi degli agenti
dell'OMON, adesso parti lese
Nel
"processo del pantano" in quattro mesi sono state
interrogate 8 parti lese e un testimone dell'accusa. Questi sono
agenti dell'OMON di Mosca, del 2° reggimento operativo della
Direzione Centrale del Ministero degli Interni di Mosca, come pure il
colonnello Dmitrij Dejničenko,
che il 6 maggio 2012, essendo il vice-capo della direzione per la
tutela dell'ordine pubblico del comitato centrale di Mosca, di fatto
comandava le azioni degli agenti di polizia.
Ma
nel processo a uno dei "prigionieri di piazza Bolotnaja",
Michail Kosenko, il cui caso è stato messo a parte, sono stati
interrogati quattro agenti di polizia. Uno di essi è la parte lesa,
l'agente dell'OMON Kaz'min, che nel corso dell'interrogatorio non ha
riconosciuto in Kosenko il proprio offensore.
E'
ciò che confonde di principio in questi interrogatori… Parrebbe
che i testimoni e in particolare le parti lese dovessero ricordare
bene questo giorno difficile per loro. Ma la maggior parte preferisce
riferirsi a una cattiva memoria, chiarendo che lavorano regolarmente
su tali iniziative, spesso arrestano cittadini e perciò tutto si è
come confuso in testa.
Allora
sorge la domanda: se questa era un'iniziativa ordinaria, che, secondo
i poliziotti, non si distingueva in nulla da una serie di cose
simili, se gli arrestati in piazza Bolotnaja nella loro memoria si
fondono con una serie di altri partecipanti a varie manifestazioni,
perché proprio in questo caso gli agenti dell'OMON sono risultati
particolarmente lesi, vittime di profondi shock a causa di lividi,
escoriazioni e tagli alle dita?
I
loro interrogatori al processo si svolgono secondo uno schema
standard. Parti lese e testimoni, i cui ricordi sono arricchiti
dall'esame delle videoregistrazioni degli avvenimenti del 6 maggio
durante le azioni investigative e dalla sua esposizione da parte
degli inquirenti, raccontano la stessa storia – praticamente
stereotipata. Sono arrivati allora, sono stati là, poi è giunto
l'ordine di arrestare. Ma poi si è fatto buio e tutto si è
concluso.
Ma
appena gli avvocati iniziano a fare domande, iniziano a tradirsi sui
frammenti, sui dettagli. Sulla base di queste singole frasi buttate
là abbiamo anche cercato di ricreare il quadro di quanto si verificò
il 6 maggio visto con gli occhi delle parti lese e dei testimoni
dell'accusa.
Il percorso e lo sfondamento
German
Litvinov,
comandante di una sezione dell'OMON: "Stavamo nella piazza
(Bolotnaja
– nota dell'autrice), alle 16.00 abbiamo
acceso i megafoni
(qui
e in seguito evidenziato da me
– n.d.a.).
Il cordone (di agenti di polizia
e truppe interne – n.d.a.)
dal ponte Malyj Kamennyj [3]
all'angolo del giardino pubblico prese
a muoversi,
la folla prese a premere. Si verificò uno sfondamento, circa 200
persone irruppero, giunse l'ordine di arrestare quelle aggressive".
Questa
è una testimonianza molto importante. Risulta che alle quattro di
pomeriggio, ancora prima dell'inizio del sit-in organizzato dai
manifestanti e prima dello sfondamento la polizia con l'uso di mezzi
speciali (megafoni) cercò in qualche modo di cambiare lo scenario di
svolgimento dell'iniziativa concordata (nel percorso e nei tempi) e
di indirizzare il corteo per un percorso improvvisamente cambiato.
Cioè – il giardino pubblico Repin nel percorso concordato c'era,
ma risultò chiuso e presero a cacciare i dimostranti nello stretto
collo di bottiglia sul lungofiume Bolotnaja. Proprio questi "forti"
ordini si riflessero anche sul comportamento del cordone degli agenti
delle truppe interne e del Ministero dell'Interno, imbattutasi nel
quale, la gente alla fin fine aveva iniziato a sedersi sull'asfalto.
Aleksandr
Gogolev,
poliziotto della 3.a compagnia del 3° plotone del 2° reggimento
operativo: "Il 6 maggio giungemmo in piazza Bolotnaja verso le
tre. Eravamo nel gruppo per gli arresti, il capo era il sottufficiale
Vinogradov. Ci accingemmo agli arresti qualche minuto dopo le sei
dopo lo sfondamento del cordone. Allora ci muovemmo in direzione del
ponte Bol'šoj
Kamennyj [4],
avevano sfondato 100-150 persone, c'era
l'ordine di arrestare quelle attive, che gridavano slogan
antigovernativi:
"Questa è la nostra città!",
"Abbasso lo stato di polizia!", "Putin-sci-Magadan!"
[5]
Il
combattente dell'OMON Ivan
Kruglov.
"Il 6 maggio ero in servizio. In piazza Bolotnaja inizialmente
ci trovavamo in automobile fino all'ordine del comandante di
spostarci, poi ci schierarono, ci fu un'altra istruzione per
l'osservanza della tutela dell'ordine. Ci dissero di rivolgerci
gentilmente ai cittadini, di non raccogliere le provocazioni. Poi
giunse l'ordine di dividerci in gruppi di cinque e arrestare le
persone aggressive".
In
tal modo si spiega che tutti gli agenti di polizia interrogati
durante il processo avevano avuto due istruzioni. Una prima di
entrare in servizio, l'altra già in piazza Bolotnaja, ma anche
presso il cinema "Udarnik" [6]
(secondo la testimonianza dell'agente del 2° reggimento operativo
Moiseev). A questi fu data la notizia che il passaggio dal giardino
pubblico Repin a piazza Bolotnaja era chiuso o limitato. Anche se nel
percorso concordato non si parlava di questo.
Alla
domanda dell'avvocato Makarova se il poliziotto Moiseev non avesse
sentito dai suoi capi che il giardino pubblico era chiuso allo scopo
di non permettere il montaggio di una tendopoli, questi ha risposto
affermativamente. Cioè
il percorso di svolgimento fu cambiato perché qualcuno temeva un
mitico assalto al Cremlino, ma gli organizzatori dell'azione e i suoi
partecipanti semplicemente non lo seppero.
Perché tutti si sedettero
Praticamente
nessuno delle parti lese e dei testimoni interrogati fino ad oggi
ricorda dove fosse il sit-in e perché cominciò. Alla domanda sul
perché il cordone di agenti di polizia che circondava il passaggio
al giardino pubblico Repin e al luogo di svolgimento della
manifestazione fu disposto proprio presso il cinema "Udarnik",
dove pure si verificarono gli avvenimenti fondamentali non sa
rispondere neanche il colonnello Dejničenko,
anche se era obbligato a saperlo. Secondo le testimonianze di tutti
gli agenti dell'OMON, proprio dopo che il corteo si imbatté in
questo cordone ed ebbe luogo il sit-in e in seguito la provocazione
con la partecipazione di "persone mascherate", la ressa e
il cosiddetto "sfondamento".
Tra
l'altro nessun agente di polizia sa dire precisamente dove dovesse
svolgersi l'iniziativa permessa, nessun agente dell'OMON sa chiarire
dove finissero i confini di piazza Bolotnaja – questo nelle
istruzioni non fu spiegato.
"Penso
che tutto questo fu creato artificialmente perché la gente non
passasse alla manifestazione e si verificasse lo sfondamento Ma
questa è la mia opinione personale", – ha detto al processo
l'agente dell'OMON Litvinov.
Le maschere
"Le
maschere si portano notevolmente, in qualsiasi parte del corpo, in
qualsiasi tasca o borsa, in particolare nella biancheria intima e
anche nei calzini, in ogni caso. Se un agente di polizia sarà colto
in negligenza e nel corso di un controllo di servizio questo sarà
dimostrato, questi sarà incriminato", – ha detto convinto
Dejničenko al processo.
Ma
nessun agente di polizia, compresi i capi, è stato finora
incriminato, anche se in piazza c'erano le maschere e per di più le
bombolette di gas e come minimo una bottiglia con una miscela
incendiaria. Chi sono le persone che le portarono?
Vide
persone mascherate anche Moiseev:
"Vidi persone con vestiti scuri e alcuni avevano maschere di
diverse tinte". L'agente dell'OMON Kuvšinnikov
ha
raccontato al giudice che questi arrestarono apposta persone
mascherate. Ma se questi provocatori, secondo l'orientamento dei capi
della polizia, rappresentavano un particolare pericolo sociale,
perché oggi non sono sul banco degli imputati?
Nel
corso del processo a Kosenko Roman
Puzikov,
agente dell'OMON del Centro con Compiti Speciali della Direzione
Centrale del Ministero degli Interni di Mosca ha detto: "Giunse
l'ordine del colonnello Belov di dividersi in quintetti e arrestare
le persone dall'atteggiamento violento, con bandiere, mascherati e
con fasciature".
L'agente
dell'OMON Igor'
Tarasov:
"In un momento verso le quattro di sera feci attenzione al fatto
che sugli agenti dell'OMON che si trovavano alle mie spalle andava
un'ondata, si tenevano per mano, avevano preso ad andare indietro.
Poi vedo, hanno sfondato il cordone, la gente correva, giunse
l'ordine di accingersi agli arresti. Prima di questo Panov ci disse
di arrestare solo le persone attive. Arrestai un cittadino
mascherato. Su di noi facevano incursioni dei cittadini, ci
impedivano di compiere gli arresti, più di tutti ci impediva una
nonnetta, aggrappandosi ai giubbotti antiproiettile E scomparve, poi
i suoi agenti l'avevano già portato via. Mi avvicino al cordone per
arrestare i più attivi, feci attenzione al fatto che un altro
cittadino di grossa corporatura, con una maschera nera e una
bomboletta di gas, si avvicina e spruzza in faccia a un soldato, il
soldato cade, io accorro, inizio a portarlo via da questo cordone, lo
trascinai al "pronto soccorso" con un altro agente.
Arrestammo persone mascherate, io ritengo, sei venuto a un corteo
pacifico, non c'è motivo di coprire il volto".
Ma
in conseguenza furono incriminate a livello civile tutt'altre persone
– non quelle con maschere e razzi e anche a livello penale, a ben
vedere, si incriminano tutt'altre persone.
La marcia sul Cremlino
Come
ha raccontato l'agente dell'OMON Troerin,
arrestarono anche per insulti osceni. Ed ecco perché arrestarono
chi, in seguito alla ressa, si abbatté sul cordone, ha spiegato
l'agente di polizia Aleksandr Gogolev: "Questi si mossero in
direzione del Cremlino, questo è oltre il ponte Bol'šoj
Kamennyj". Alla domanda dell'avvocato Kljugvant se avessero la
possibilità teorica di arrivare al Cremlino, Gogolev ha risposto
duramente – no: "Là c'era un cordone di agenti e c'erano i
mezzi".
E
tutti i testimoni e le parti lese ripetono la stessa cosa come un
mantra: la gente intendeva andare al Cremlino. Cioè proprio a questo
li prepararono e proprio così li istruirono?
Tra
l'altro non li istruirono affatto su cosa ritenere slogan illegali.
Le grida: "Siamo il potere qui!", "Questa è la nostra
città", – furono presi come estremisti. E, per esempio,
l'agente dell'OMON Gogolev prese per un'offesa la frase
"Putin-sci-Magadan".
La
logica è chiara – l'agente dell'OMON Emel'janov:
"La scansione appelli al rivolgimento e le offese sono
certamente illegali. E in generale il comandante decide di arrestare
per questo".
Da dov'è venuto cosa
Sono
importanti anche le deposizioni sulla battaglia per le barriere
metalliche disposte tra i manifestanti e la polizia. Nessuno al
processo sa spiegare, da dove in generale siano venute queste
barriere, ma tolsero queste cose di valore con l'aiuto dei
manganelli. L'agente dell'OMON Litvinov: "Stavamo nel cordone. I
cittadini unirono le barriere e presero a muoversi verso di noi per
stringerci. Arrestare le persone aggressive era impossibile.
Decidemmo di strappargli le barriere. Un giovane con una mascherina
da chirurgo ruppe una bottiglia contro una barriera, un frammento mi
ferì un dito (Litvinov ha un taglio a un dito di
1,5 cm –
n.d.a.). Mi rivolsi al "pronto soccorso".
Alla
semplice domanda dell'avvocato Makarov: "Ma come vi furono date
queste barriere?" – Litvinov ha spiegato: "Le barriere
erano contusive. Non c'era ordine di togliere le barriere, ma
potevano causare contusioni a noi e a loro. Ci fu un momento in cui
una ragazza cadde tra le barriere, riuscì appena a saltar fuori".
"Usammo i PR-73 (manganelli di gomma
– n.d.a.)
nel tentativo di cacciare i cittadini dalle barriere. Colpimmo
dall'alto in basso per la tangente, probabilmente sulle mani", –
ha mostrato al processo Litvinov.
Gli
agenti dell'OMON hanno detto che nella folla fu nebulizzato del gas,
anche se praticamente nessuno di loro ha visto chi lo nebulizzò.
Quando l'avvocato Makarov volta per volta ha chiesto delle bombolette
di gas lacrimogeno, questa domanda è stata fatta togliere con varie
formulazioni o gli agenti dell'OMON hanno risposto: "Questo non
c'era da noi". Tuttavia l'agente del 2° reggimento operativo di
polizia Gogolev ha raccontato che le bombolette con il gas
lacrimogeno furono date tra gli altri mezzi speciali.
Conclusioni preliminari
In
generale in piazza Bolotnaja ci fu un pasticcio. Due istruzioni che
furono date agli agenti di polizia non gli chiarirono comunque i
limiti dell'iniziativa concordata, né quali fossero i motivi per
l'arresto. Di conseguenza gli agenti dell'OMON agirono
intuitivamente, basandosi sulle proprie idee di legalità. Chi tra i
capi dette gli ordini o se in generale li dette nessuno dei testimoni
lo – perlomeno non lo dice al giudice.
Ed
è del tutto difficile capire cosa può trarre l'accusa da queste
deposizioni dal punto di vista della qualificazione dell'articolo 212
del Codice Penale "Disordini di massa". Nessuno dei
testimoni parla di assalti, né di incendi, né di distruzioni di
proprietà, né di resistenza armata. Però raccontano onestamente
che li prepararono ad arrestare i partecipanti attivi all'iniziativa
concordata per slogan e cartelli "sbagliati". Quali fossero
quelli giusti, nessuno l'ha spiegato.
E'
evidente pure che il percorso fu cambiato: lo sapevano gli agenti di
polizia, tuttavia non lo sapevano i manifestanti.
E
la cosa più importante: dove sono i provocatori mascherati arrestati
di cui hanno parlato i combattenti dell'OMON, ma di cui gli
inquirenti non si interessano?
E'
il momento di avviare la macchina del tempo e ricordare cosa raccontò
la "Novaja gazeta". Durante le istruzioni orientarono gli
agenti dell'OMON a bloccare i tentativi dei manifestanti di "andare
al Cremlino" (vedi n° 40 della "Novaja gazeta" del
2013).
Di questo molti agenti dell'OMON parlarono durante le indagini
preliminari. Ma quasi nessuno di loro allora aveva sentito appelli
immediati ad assaltare la Piazza Rossa. Al processo si è verificato
un miracoloso ristabilimento della memoria.
Ancora
prima (vedi
n° 67 della "Novaja gazeta" del 2012),
ricostruendo gli avvenimenti secondo le videoregistrazioni, ponemmo
la domanda: "Perché la polizia calò griglie di recinzione
metalliche e iniziò un blitz trasformatosi in pestaggio?» Nelle
udienze del processo abbiamo ottenuto una risposta: fu una reazione
spontanea degli agenti dell'OMON, che erano smarriti e non avevano
ricevuto un ordine preciso.
Risulta
che la brutta copia della conclusione dell'accusa fu scritta ancor
prima che la gente andasse in piazza. E le comparse dell'OMON al
processo non possono toglierci questa convinzione.
Julija
POLUCHINA
P.S.
Ringraziamo il "Comitato 6 maggio" per l'aiuto nella
preparazione dell'articolo.
In esclusiva
Come trattare le parole del
presidente sulla possibilità di un'amnistia nel "caso del
pantano"
Al
forum di Valdaj [7],
rispondendo alla domanda di uno dei leader dello RPR-PARNAS [8]
Vladimir Ryžkov se sia
possibile l'amnistia per le persone coinvolte nel "caso del
pantano", il presidente Vladimir Putin ha detto:
– Si può vedere
in questo caso se usare il diritto di amnistia?
Non lo escludo. Ma l'atteggiamento verso il caso dev'essere il più
serio. Non lo escludo, ma bisogna dare la possibilità di portare
tutte le procedure necessarie alla logica conclusione giuridica.
Politicamente
tale enunciato del presidente si può valutare in vari modi, ma dal
lato giuridico, ahimè, è senza contenuto.
In
primo luogo, il presidente ha il diritto di grazia, l'amnistia è
dichiarata dalla Duma di Stato – cosicché formalmente l'opinione
di Vladimir Putin qui non gioca alcun ruolo.
In
secondo luogo, dalle parole del presidente si può trarre la
conclusione che i "prigionieri del pantano" non si possono
amnistiare finché non si compiano le "necessarie procedure"
– cioè il processo e le indagini. Ma non è così. L'applicazione
dell'amnistia non è in alcun modo legata alla questione della
colpevolezza o della non colpevolezza di una persona, è
semplicemente un atto di umanità da parte dello stato. Di
conseguenza si può amnistiare, cioè farne cessare la prosecuzione
giuridica, sia un condannato, sia un imputato, sia un accusato. E se,
per esempio, le persone coinvolte nel "processo del pantano"
saranno amnistiate in onore dei 20 anni della Costituzione, che si
celebreranno a dicembre di quest'anno, li si potrà rimettere in
libertà sia da una colonia penale, sia dall'aula di un tribunale,
sia dagli arresti domiciliari.
Ma
allora tocca far cessare anche il "caso del pantano", ma
evidentemente nessuno intende prevedere tale scenario. Cioè,
probabilmente il presidente ha parlato dell'amnistia per i
"prigionieri di piazza Bolotnaja" in chiave astratta, di
politica generale nell'ambito delle discussioni programmate, senza
toccare la meccanica della loro reale liberazione già a dicembre.
Non
di meno qualsiasi enunciato del presidente è un segnale. Abbiamo
chiesto a degli esperti di decifrarlo.
Nikolaj
SVANIDZE, membro del Consiglio per i diritti umani presso il
presidente della Federazione Russa:
– Putin
ha detto
che l'amnistia non è esclusa, come, per esempio, anche la sua
ennesima presidenza. Non è escluso che io e lei diventeremo
presidenti, teoricamente, è vero? E' una risposta assolutamente
corretta e formale, che in generale non significa niente.
Giuridicamente l'amnistia è possibile? Sì, è possibile. Beh, ecco
tutto. Per ora questo per me significa una cosa sola: nel corso
dell'incontro di Putin con i membri del Consiglio per i Diritti Umani
il presidente non ha risposto alla domanda diretta sull'amnistia né
a Sergej Pašin
[9],
né a Liza Glinka [10],
né a me. Per di più non ha detto in generale nulla su questo tema.
Penso che aspetterà la sentenza. Il suo stato d'animo è molto duro.
E se per noi è un motivo per pensare, per il giudice è
un'indicazione diretta.
Ma
poi il presidente guarderà e penserà che fare con i condannati. E'
quello che ho detto all'incontro con il presidente: che non ci furono
disordini di massa, ma ci fu una ressa e il lavoro aggressivo della
polizia – posso ripeterlo anche al processo.
Vjačeslav
TETËKIN,
deputato della Duma di Stato del gruppo del KPRF [11],
coautore del disegno di legge sull'amnistia:
– Mi
sembra che il presidente non abbia alcun desiderio di esaminare la
questione dell'amnistia.
L'hanno costretto a rispondere, ma non ha mostrato il desiderio.
Sulla situazione di Farber [12],
per esempio, si espresse precisamente: "E' un caso scandaloso".
Non
si dovrebbe trattare neanche di amnistia, ma di ristabilimento della
giustizia. Infatti, parlando di amnistia, il presidente sottintende
che quelle persone sono colpevoli. E questo è un qualche segnale ai
giudici, come dire, il presidente non ha nulla da obiettare contro
una sentenza di condanna.
Alla
Duma di Stato possono discutere ciò che vogliono, ma tali sentenze
vengono approvate all'amministrazione presidenziale. Cosicché la
domanda è: l'amministrazione è pronta ad uscire dalla via
repressiva?
Violetta
VOLKOVA, avvocato di Sergej Udal'cov [13]:
– Non
bisogna dimenticare,
per esempio, che Sergej Udal'cov è accusato non solo del "caso
del 6 maggio", ma anche della preparazione di alcuni disordini
dell'autunno 2012. E, per esempio, l'amnistia non potrà garantirgli
la libertà, a lui come a Leonid Razvozžaev
[14].
E
delle ragazze del gruppo Pussy Riot possono anche dimenticarsi del
tutto, infatti, formalmente, non è un caso politico, come non lo è
neanche il caso Naval'nyj. L'amnistia potrebbe anche non riguardarli.
Cioè gliela dovranno prescrivere singolarmente. E allora Daniil
Konstantinov [15] e
Taisija Osipova [16]? E
molti altri?
Vadim
KLJUGVANT, avvocato di Nikolaj Kavkazskij [17]:
– Dal
punto di vista giuridico
non ci sono problemi tecnici, né di contenuto per amnistiare le
persone coinvolte nel "caso del pantano". Ma solo se c'è
una volontà reale. Ricordiamo la recente amnistia "economica".
Anche allora ci furono molte discussioni, ma tutto si concluse
essenzialmente con un nulla di fatto.
Come
metodo per una più rapida liberazione l'amnistia si adatta del
tutto. Ora c'è un compito primario: che le persone non stiano in
carcere, dove sono per il secondo anno. E in seguito si deve comunque
essenzialmente fare chiarezza e mettere tutti i puntini sulle "i":
chi è in realtà colpevole e di cosa? Chi è il provocatore e chi la
vittima di provocazione?
Marija
BARONOVA, accusata
di "appello a disordini di massa":
– Saluto
l'idea dell'amnistia,
molte grazie a quei deputati, che già ad aprile presentarono questo
disegno di legge. Dispiace molto che questo pensiero non abbia
visitato il Consiglio di coordinamento dell'opposizione fino ad oggi.
Negli ultimi tempi non credo a niente e perciò non posso dire se ci
sarà o no l'amnistia, ma dal mio punto di vista l'amnistia è
l'unica via per tutti per uscire da questa storia in modo minimamente
degno. Ci siamo rivelati una carta di scambio per il Cremlino per
punire delle persone a caso e poi mostrare che se si incarcerano
delle persone a caso, i leader dell'opposizione, dietro a cui
andavano quelle persone prese a caso, non le aiuteranno.
Autrice:
Julija
Poluchina
Indirizzo della pagina:
http://www.novayagazeta.ru/inquests/60124.html
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
"Del Pantano" (che c'era prima della piazza), piazza del
centro di Mosca.
[2]
Otrjad
Milicii Osobogo Naznačenija
(Reparto di Polizia con Compiti Speciali), corpo speciale della
polizia russa noto per la sua brutalità.
[3]
"Piccolo di Pietra", ponte del centro di Mosca.
[4]
"Grande di Pietra", ponte del centro di Mosca.
[5]
Slogan un po' criptico. Di Putin è nota la passione per lo sci,
Magadan (città dell'Estremo Oriente della Russia asiatica) è
tristemente nota come luogo di deportazione.
[6]
"Lavoratore d'assalto" (i cinema non devono essere stati
tutti ribattezzati...).
[7]
Città della Russia occidentale dove si svolge un forum
internazionale sulla Russia.
[8]
RPR sta per Respublikanskaja
Partija Rossii
(Partito Repubblicano di Russia) e PARNAS sta per PARtija
NAcional'nogo Spasenija
(Partito di Salvezza Nazionale) e per "Parnaso".
[9]
Sergej Anatol'evič Pašin, magistrato.
[10]
Elizaveta Petrovna Glinka, medico rianimatore e filantropo.
[11]
Kommunističeskaja
Partija Rossijskoj Federacii
(Partito Comunista della Federazione Russa).
[12]
La condanna per corruzione dello stimato direttore di una "Casa
della Cultura" della provincia russa Il'ja Isaakovič Farber.
[13]
Sergej Stanislavovič Udal'cov, leader dell'"Avanguardia della
Gioventù Rossa".
[14]
Leonid Michajlovič Razvozžaev, esponente dell'opposizione di
sinistra che fu sequestrato da agenti russi a Kiev, dove voleva
chiedere asilo politico.
[15]
Daniil Il'ič Konstantinov, esponente dell'opposizione accusato di
omicidio.
[16]
Taisija Vital'evna Osipova, esponente dell'opposizione accusata di
detenzione di stupefacenti.
[17]
Nikolaj Jur'evič Kavkazskij, esponente dell'opposizione coinvolto
nel "caso del pantano".