Il lamento del
Caucaso
Ingushetia.Ru, 09.11.2013, 14.55
"Nel Caucaso del Nord dall'inizio del 2003 al momento presente sono stati uccisi più di 3 mila 500 partecipanti a formazioni armate illegali e ne sono stati arrestati circa 8 mila" – ha riferito il capo della direzione centrale del Ministero degli Interni per il distretto federale del Caucaso del Nord Sergej Čenčik. Dietro le fredde cifre delle perdite si nascondono i tragici destini delle persone: dei guerriglieri – immaginari e reali, come pure dei membri delle loro famiglie. La triste statistica – nell'articolo di Timur Izmajlov.
Nel Caucaso hanno sempre saputo contare, ma ognuna delle parti si serve di un metodo noto ad essa sola per il conteggio delle perdite proprio e altrui. Quando senti dalla bocca di un altro funzionario del Ministero degli Interni il numero di 3 mila 500 uccisi e 8 mila arrestati, involontariamente ti metti a pensare a cosa accada in realtà nel Caucaso del Nord. Tutto l'esercito di Maschadov [1] negli anni 1994-1996 contava appena 4 mila persone e infatti la guerra fu condotta allora con l'aiuto dei carri armati, dei lanciarazzi Grad [2] e dell'aviazione. Ma d'altra parte il numero di morti indicato da Čenčik – 3 mila 500 in dieci anni in tutto il Caucaso del Nord – sembra del tutto affidabile. La guerra è uscita da tempo dai confini della Cecenia: oggi sparatorie, atti terroristici, omicidi di collaboratori del Ministero degli Interni e del Ministero della Difesa avvengono da Machačkala [3] a Čerkessk [4] e talvolta fino a Mosca.
La domanda è un'altra: tutti i 3 mila 500 guerriglieri uccisi sono veri partecipanti alle organizzazioni clandestine islamiche del Caucaso del Nord? Non una volta e non due, ma con invidiabile regolarità i siti dei radicali islamici pubblicano i resoconti delle proprie perdite. Rinunciare a un compagno morto per loro è inaccettabile: è uno shahid [5] e il dovere dei suoi compagni è ricordarlo. I guerriglieri non nascondono i nomi e non di rado mettono su Internet le foto dei morti senza capire che in questo modo mettono sotto tiro i loro familiari, che finiscono nell'obbiettivo dell'attenzione fissa dei servizi segreti e del Ministero degli Interni. I radicali sono sicuri di portare una buona notizia alle famiglie dei caduti: i loro parenti devono essere felici perché sono finiti nel numero di quelli che il loro compagno morto introdurrà in paradiso. Per questo motivo non ci sono serie ragioni per non credere ai numeri delle perdite che sono pubblicati dai siti delle organizzazioni clandestine terroristiche.
Questi numeri strani
Tuttavia c'è un "ma". I numeri riportati dai guerriglieri talvolta divergono seriamente dai dati del Ministero degli Interni o dello FSB [6]. Quelli che gli agenti delle strutture armate dopo la morte chiamano ad alta voce "braccio destro", "emiro del settore", "capo del jama'at [7]", vengono rammentati dai radicali come civili non legati in alcun modo con le organizzazioni clandestine. Non di rado li portano come esempio, come quelli che senza successo pensavano di star seduti in casa durante la "guerra santa". Nel Caucaso del Nord si può diventare guerriglieri dopo la morte perfino se in vita non si eccelleva per rettitudine e non si sapeva da che parte si trovasse la Mecca. Qui agiscono persone, ma più probabilmente gruppi di persone armate, che, senza nascondersi particolarmente, possono prendere uno o più giovani nel centro di una città o di un villaggio. Nessuno conosce questi sequestratori segreti: sono sempre mascherati, hanno documenti di identità falsi, targhe e documenti di trasporto contraffatti. Gli agenti del Ministero degli Interni che, è successo, li hanno colti sul fatto sul luogo del delitto dopo una telefonata dall'alto hanno inaspettatamente perso la memoria. E la gente mascherata, ottenuti indietro i propri documenti, le proprie armi e spesso anche il ragazzo o la ragazza rapiti, è fuggita in direzione ignota. Qualche tempo dopo si è avuta notizia che da qualche parte, in un distretto ai piedi dei monti della Cecenia, dell'Inguscezia e del Daghestan in conseguenza di una battaglia prolungata, nel corso della quale nessuno degli agenti delle strutture armate si è neanche sporcato le scarpe, sono stati trovati i corpi dei membri di NVF [8] Achmed, Magomed o Rasul. Quando ai familiari è riuscito riscattare o ottenere a forza di preghiere i corpi dei morti, su di essi talvolta sono state trovate tracce di torture terribili. In Inguscezia c'è stato un caso in cui a un sequestrato, dichiarato in seguito morto in uno scontro con gli agenti delle strutture armate, fu quasi tagliato un braccio all'altezza della spalla. Come avesse potuto condurre una battaglia di molte ore con un braccio attaccato a un pezzo di pelle e le costole rotte è rimasto ignoto.
Oltre a questo non si può negare che da parte dei servizi segreti viene condotta anche una vera guerra senza compromessi con la vera clandestinità terroristica. Queste operazioni speciali si distinguono seriamente da quelle da me descritte sopra. In queste ci sono feriti e morti da entrambe le parti, le case con i guerriglieri che si rifiutano di arrendersi vengono assaltate per giorni. Nella società nessuno formula agli agenti delle strutture armate accuse di esecuzioni extragiudiziali o chiede che trascinino i guerriglieri in tribunale per dimostrare la loro colpevolezza. Tutti capiscono che gli agenti delle strutture armate non hanno scelta e che i guerriglieri hanno già fatto la loro scelta e anche se hanno una chance per arrendersi, di solito nessuno se ne serve mai.
Forse in futuro gli storici potranno chiarire chi era e chi non era un emiro o un mujaheddin in questi tempi di torbidi. La fiducia nei dati ufficiali oggi, ahimè, è poca.
Per il padre innocente il figlio risponde?
Il secondo problema espresso da Sergej Čenčik sono i figli dei veri guerriglieri uccisi e le persone annoverate a loro carico. Secondo l'alto agente delle strutture armate, tra i rampolli dei guerriglieri non va avanti un lavoro di profilassi e buona parte di loro studia negli istituti superiori islamici. Ma dove possono andare a studiare i figli in quella Cecenia dove già si apre la quarta scuola per hafiz [9], ma non c'è, per esempio, alcuna scuola per i figli più dotati. E la cosa più importante: come si può essere sicuri che il figlio di un guerrigliero morto, divenuto, per esempio, un veterinario o un giurista, in futuro non vada per la strada del padre? La percentuale degli aventi un'istruzione islamica tra i guerriglieri è estremamente bassa e perciò la comparsa tra le loro fila di una persona come Said Burjatskij [10], causò fra loro non meno entusiasmo che l'aver ricevuto un camion di Stinger [11]. Forse alla leadership dei nostri agenti delle strutture armate merita guardare all'Islam non come a un nemico, ma come a un amico. Infatti solo l'Islam, o più probabilmente i suoi predicatori possono impedire l'andata alla "macchia" di giovani ragazzi e ragazze ingannati dalle prediche. Forse non merita neanche sostenere tanto zelantemente i mullah tradizionalisti delle repubbliche caucasiche, la cui istruzione islamica talvolta lascia a desiderare. Infatti la gioventù accusa proprio loro di formare le liste dei wahhabiti [12], secondo cui poi si eliminano quelli che si rifiutano di pregare con la tjubetejka [13] o che nella preghiera sollevano le mani in un altro modo. Non ho visto queste liste, ma ne sento parlare quasi ogni giorno e penso che questi discorsi non siano comparsi senza motivo.
Alla dirigenza del Ministero degli Interni non merita pensare ai figli di chi è stato ucciso per errore, per una delazione menzognera o "per una tacca" – per innalzare la statistica delle vittorie sul terrorismo. Infatti su Internet si possono trovare non pochi documenti e confessioni di agenti delle strutture armate, che raccontano come nel Caucaso hanno ucciso persone assolutamente innocenti I loro figli odiano il potere più dei figli dei veri guerriglieri. Quale istruzione devono ricevere? Quella giuridica – perché poi in tribunale possano dimostrare l'innocenza dei loro padri? Ma forse allo stato non merita non aspettare la loro comparsa nelle aule dei tribunali e riesaminare già ora i numeri e chiarire chi era in realtà un guerrigliero e chi no? Alla fin fine questo è necessario non solo ai figli, è necessario a tutti noi. Altrimenti la guerra nel Caucaso non finirà mai.
Timur Izmajlov
Wordyou.ru
http://www.ingushetiyaru.org/news/36642/
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Aslan Alievič Maschadov, primo presidente dell'autoproclamata
repubblica di Cecenia.
[2]
"Grandine".
[3]
Capitale del Daghestan.
[4]
Capitale della repubblica autonoma della Karačaj-Circassia.
[5]
"Martire" in arabo. Il corsivo, qui e altrove, è mio.
[6]
Federal'naja Služba
Bezopasnosti (Servizio
Federale di Sicurezza), il principale servizio segreto russo.
[7]
Comunità islamica, da intendersi qui come cellula terroristica.
[8]
Nezakonnye
Vooružënnye Formacii
(Formazioni Armate Illegali).
[9]
Musulmano che conosce il Corano a memoria.
[10]
"Said il Buriato", cioè Aleksandr Aleksandrovič
Tichomirov, nato in Buriazia (regione della Siberia meridionale
popolata dai mongoli Buriati) da un russo e da una buriata,
convertitosi all'Islam e divenuto predicatore e ideologo della
guerriglia islamica caucasica con il nome islamico Abu Saad Sa'id
al-Buryati. Fu ucciso durante un operazione antiterroristica nel
2010.
[11]
Missili terra-aria americani.
[12]
In Russia per "wahhabiti" si intendono gli estremisti
islamici in generale.
[13]
Tipico copricapo dell'Asia centrale.
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