Siamo vicini alla fine del mondo?
Esperti vicini al potere prevedono le
varianti nel caso di un conflitto con gli USA nel decennio prossimo
Tra
Russia e USA nei prossimi 10-15 anni con grande probabilità è
possibile un conflitto militare. A tali conclusioni sono giunti gli
esperti del Consiglio per gli Affari Internazionali Russo, che è
capeggiato dall'ex capo del Ministero degli Interni della
Federazione Russa Igor' Ivanov e della dirigenza fanno parte i
principali studiosi russi e perfino uno dei vice-ministri della
Difesa. Cioè persone come minimo vicine al potere o che vi si
trovano. E proprio questa circostanza costringe a guardare con più
attenzione ai loro argomenti. Perché si tratta praticamente della
probabilità di una rapida fine del mondo.
Come
scenario più probabile si descrive lo scontro tra Russia e
Giappone. Il paese del Sol Levante, ritengono gli esperti, può
piantare sulle isole Kurili meridionali gli orti di qualche migliaio
di "civili" giapponesi. Allora la Federazione Russa sarà
inevitabilmente coinvolta nell'operazione "costringere Tokio
alla pace". L'autore fa attenzione al fatto che le trattative
tra Russia e Giappone negli ultimi decenni non si sono mosse di una
virgola. Allo stesso tempo tra l'élite giapponese è popolare
l'idea che al paese sia necessario creare un esercito, cosa a cui
non ha diritto per gli esiti della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre,
in caso di sconfitta del Giappone, gli States avranno una buona
possibilità di mostrare ancora una volta che gli alleati di
Washington non possono cavarsela autonomamente con alcuna minaccia.
Un
altro scenario suppone una lotta nell'Artico. Soggetti del
conflitto, si dice nel rapporto, accanto alla Russia possono essere
Canada, Norvegia e Danimarca. Secondo lo statuto della NATO,
l'America sarà costretta a immischiarsi per difendere gli alleati.
E tra Canada e Federazione Russa da tempo la lite irrisolta sullo
status del Polo Nord. Neanche con Norvegia e Danimarca per ora si
può giungere a un compromesso sulla divisione delle acque
territoriali.
Sono
possibili anche altri scenari. In particolare la comparsa di
rivendicazioni della regione di Kaliningrad [1]
da parte di Polonia e Germania o un qualsiasi gonfiaggio del
separatismo regionale in essa.
La
cosa più interessante è che l'autore del rapporto pubblicato trae
la conclusione che la contrapposizione all'Occidente conviene alla
leadership russa: i problemi interni e l'insoddisfazione nei
confronti del potere andranno in secondo piano davanti alla guerra.
E'
interessante notare che a un conflitto armato con l'America non
pensano solo gli esperti, ma anche gli uomini di stato. "SP"
recentemente ha
scritto
dei nostri tentativi di incrementare il potenziale militare
nell'Artico. Difficilmente uno stato impiega grandi mezzi finanziari
per respingere l'aggressione oltre il Circolo Polare Artico,
mettiamo, della piccola Danimarca. Tutti capiscono bene: al Cremlino
il probabile avversario numero uno sono ritenuti gli Stati Uniti.
Peraltro
in generale di mezzi finanziari per la difesa negli ultimi tempi ne
vengono impiegati molti. Nel bilancio fino al 2016 si tagliano in
modo significativo le spese per l'istruzione e la sanità, ma
crescono continuamente le uscite per il riarmo dell'esercito e della
marina. Evidentemente, con l'aiuto della crescita della potenza
militare si cerca di compensare gli insuccessi nella sfera
diplomatica. Infatti le trattative con Washington sulle questioni
importanti già da molti anni "girano in tondo", come se
non vivessimo nel secondo decennio del XXI secolo, ma negli anni
'60. Non hanno migliorato i rapporti con gli States la posizione
della Russi sulla Siria e la storia di Snowden.
Non
di meno, come ritiene il direttore della sezione analitica
dell'Istituto di Analisi Politica e Militare Aleksandr Chramčichin,
per i prossimi anni non bisogna parlare di alcuna contrapposizione
agli USA se non politica:
– Uno
scontro militare
tra Russia e USA è del tutto impossibile. Non è affatto negli
interessi degli Stati Uniti. Certo, ci saranno conflitti politici.
Ma parlare di uno scontro diretto è assolutamente irreale.
"SP":
– E' possibile un conflitto indiretto, con la partecipazione di
altri stati?
– Anche
questo è un modo assurdo di porre la questione.
Il Giappone o il Canada non sono marionette degli USA, come pure i
paesi dell'Europa. Gli autori di simili rapporti partono dalla
strana affermazione che gli stati non sono autonomi nel prendere le
proprie decisioni e sono completamente dipendenti dalla volontà di
Washington. Ma questo non ha niente a che fare con la realtà.
"SP":
– Russia e USA discutono le stesse questioni da molti anni , ma
non si vede un progresso nella soluzione dei problemi.
– Non
è del tutto così.
Comunque la riduzione degli armamenti avviene continuamente.
Semplicemente non possiamo già più ridurre, questo cessa di
rispondere agli interessi russi. In altre questioni gioca un grande
ruolo l'aspetto psicologico: nei due paesi dominano nella politica i
veterani della "guerra fredda", che sono abituati a
guardarsi l'un l'altro come nemici. Tra l'altro non ci sono quasi
rapporti economici tra i nostri stati, cioè manca un fattore di
compensazione. Perciò il dialogo continua a tenersi su toni duri.
"SP":
– La situazione può cambiare nei prossimi anni?
– Per
ora non vedo possibilità in questo senso.
I veterani della contrapposizione continuano a dominare. Inoltre, in
generale, difficilmente sono possibili buoni rapporti tra due stati
potenti che hanno grandi ambizioni geopolitiche.
"SP":
– Ci sono molti punti di conflitto tra gli interessi della Russia
e quelli degli USA?
– Negli
Stati Uniti c'è l'orientamento al dominio globale.
Anche se gradualmente questa tendenza si riduce a "niente":
l'America non ha semplicemente trainato questa idea. Ma ci
scontriamo nello spazio post-sovietico, nel Medio Oriente. E'
evidente il conflitto di interessi in Siria. Altri seri punti di
contrapposizione non ci sono in particolare, ma bastano quelli che
ci sono perché i rapporti siano cattivi.
Il
direttore del Centro di Analisi Geopolitiche Valerij Korobin non
condivide un simile ottimismo:
– A
mio parere,
un conflitto armato è del tutto probabile. L'America nel corso del
secolo passato si muove implacabilmente e coerentemente verso una
signoria globale individuale, ha fatto una quantità di sforzi in
questo senso. Più di una generazione di politici americani è
cresciuta con la concezione della costruzione di un mondo unipolare.
Questa idea sta alla base stessa del senso dello stato americano.
Ma
sulla strada del dominio individuale sta la Russia come grande
spazio eurasiatico. Finché esisterà la grande Russia, esisterò
sempre come minimo un altro polo, che non permette agli USA di
diventare i padroni del mondo a pieno titolo. Perciò vogliono
dividere la Russia, perché non ci sia l'unico stato paragonabile in
potenza all'America.
Le
tecnologie per la disintegrazione del paese sono le più diverse.
Gli americani preferiscono privare lo stato di sovranità con
l'aiuto delle forze interne, quando i popoli stessi popoli
distruggono i propri stati. Si utilizza sempre lo stesso scenario di
intensificazione della pressione. Inizialmente si cerca di
realizzare il piano con una morbida rivoluzione "di velluto".
Se questa non porta al cambiamento del regime politico, si mette in
azione uno scenario più duro. Iniziano gli scontri di strada. Poi
avviene l'escalation del conflitto civile. Se non giova neanche
questo, inizia la contrapposizione armata al potere vigente.
L'ultimo stadio è l'invasione esterna, il colpo militare, la
distruzione delle infrastrutture dello stato. Dopo il crollo
dell'Unione Sovietica, che manteneva l'equilibrio delle forze nel
mondo, gli americani hanno applicato questo scenario un gran numero
di volte.
Questo
scenario davanti ai nostri occhi viene realizzato anche contro la
Russia. Siamo già passati per tentativi di rivoluzione "di
velluto" e di agitazioni di strada. La fase seguente è il
conflitto civile. La cosa più probabile è che si fatto maturare
sulla base dei rapporti interetnici. Il conflitto del Caucaso andrà
avanti. Il seguito sarà un attacco militare diretto sul territorio
della Russia da parte degli USA e dei suoi alleati.
"SP":
– Gli USA, che non hanno potuto realizzare pienamente questo
scenario in Siria, andranno davvero a un conflitto con la Russia,
che ha un territorio enorme, una grande popolazione e armi nucleari?
– L'America
parte dal principio che "il fine giustifica i mezzi".
La Siria è un conflitto locale e perciò si può essere soddisfatti
di quello che è. Tanto più che il nostro paese ha giocato il suo
ruolo come soggetto di rapporti internazionali. Nei confronti della
Russia si tratta del dominio globale.
"SP":
– Come valutare il fatto che il rapporto sulla possibile guerra
sia stato pubblicato su una risorsa del Consiglio per gli Affari
Internazionali Russo?
– Questo
è anche il segno principale che uno scontro militare della Russia
con l'Occidente è realistico,
che il potere non può più scacciare il pensiero di questo
scenario. Perciò il paese deve mobilitarsi per non essere preso
alla sprovvista.
"SP":
– C'è l'idea che la posizione della Russia sulla Siria sia
condizionata dalla spaccatura dell'élite americana, in cui una
buona parte era contro la guerra. E potremo condurre una
mobilitazione, se la nostra élite ha conti e famiglie in Occidente?
– Nelle
élites americane le discussioni ci sono anche su questioni non di
principio.
Per quanto riguarda le questioni della supremazia globale degli USA
non c'è alcuna spaccatura.
Se
si parla della Russia, nel nostro paese non ci sono semplicemente
élites. All'élite si ascrive un tipo di persone nate per governare
e prendere decisioni strategiche. Da noi non sono praticamente
rimaste persone del genere. Osserviamo sorveglianti di posti, che
occupano i posti dell'élite, ma non sono capaci di prendere
decisioni. Possono valutare solo un nuovo vestito costoso alla moda
o gli pneumatici invernali delle loro costose automobili. Utilizzano
la propria posizione solo per il guadagno personale, senza capire
affatto categorie come stato, popolo, storia.
Certo,
con tale pseudo-élite non vinceremo alcuna guerra, non potremo
condurre una mobilitazione. Le nostre autorità sono la garanzia
della nostra sconfitta.
E'
un altro discorso che nei momenti critici della storia russa di
solito avviene una fulminea rottura delle pseudo-élites e la
precipitosa ascesa di nuove élites dagli strati più bassi. La
nostra tragedia sta nel fatto che si riesce a cambiare in meglio la
situazione proprio grazie a un cambio straordinario delle élites.
Ma oggi l'élite è al di sotto di ogni critica. Essenzialmente,
proprio per questo oggi gli americani si comportano con tanta
sicurezza. Guardando al nostro potere, non dubitano della loro
vittoria.
[1]
Enclave russo tra Polonia e Lituania, storicamente territorio
tedesco.
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