Nessun rapporto e nessun istituto potranno rispondere sulle questioni sulla situazione del Caucaso del Nord finché non sarà risolta la principale di queste questioni: quale posto il Caucaso, in generale, occupa in Russia, ritiene Vadim Dubnov
16.05.2013,
09:50
L'Istituto di Strategia Nazionale
ha presentato il rapporto "Carta
delle minacce etno-religiose. Il Caucaso del Nord e la regione del
Volga". In realtà, come consegue dal
testo, sotto attacco potrebbe rivelarsi di fatto tutto il territorio
del paese.
Tra tutte queste minacce, tra cui gli
autori annoverano anche il panturchismo, il separatismo regionale
siberiano, il nazionalismo dei popoli ugro-finnici e perfino le
sette, che "si formano nel corso del proselitismo dall'estero",
gli autori si sono concentrati sul wahhabismo.
Secondo le stime degli autori, i
wahhabiti sono circa 700 mila. "Nel 2013 comunità wahhabite
sono state create in tutti i soggetti della Federazione Russa, ad
esclusione del Circondario Autonomo dei Ciukci [2]",
– segnalano gli autori del rapporto.
Wahhabismo per tutti
Bisogna dire che dei wahhabiti negli
ultimi tempi hanno preso a parlare molto più di rado che al tempo in
cui era a volte in uso perfino chiamare i talebani "wahhabiti
afghani". Negli ultimi anni hanno chiamato i membri delle
organizzazioni clandestine armate semplicemente banditi, talvolta
islamisti, rapportandoli alla tradizione radicale mondiale. Talvolta,
volendo sottolineare correttamente l'essenza puramente religiosa del
radicalismo, salafiti. Il che, certo, è pure in misura considerevole
convenzionale.
Anche per gli studiosi delle minacce
etno-religiose il wahhabismo non è un concreto indirizzo dell'Islam,
a cui, come pure al cristianesimo, non è estraneo il
protestantesimo. Sotto il nome di wahhabismo, come ritengono gli
autori del rapporto, "nella Russia contemporanea si intende di
solito l'insieme delle branche dell'Islam aggressive e non
tradizionali per la Russia". Probabilmente si stupirebbero molto
scoprendo tra i wahhabiti sia i "Fratelli Musulmani", sia i
rappresentanti di "Hizb ut-Tahrir" [3]
(che nel rapporto chiamano semplicemente "chizbuty"), sia
perfino gli estremisti della setta pakistana "Tablīghī
Jama'at" [4]. Ma nel
rapporto tutti questi ci sono per illustrare quanto "il
wahhabismo russo è una corrente non uniforme".
Ma a quanto risulta, neanche religiosa.
Nella parte di scienza delle religioni del rapporto tutto è detto
senza mezzi termini: "Il wahhabismo fin dall'inizio fu creato
come mezzo di lotta con gli stati che si indebolivano". Allora,
come indicano gli autori, era l'Impero Ottomano, ma adesso,
chiaramente, è la Russia. Questa come prima difende il proprio, per
poco non il principale pezzo del fronte mondiale contro il wahhabismo
mondiale, in cui wahhabiti sono sia al-Qa'ida, sia le folle della
"primavera araba".
I wahhabiti ritengono l'Islam di
tendenza sufi, tradizionale per l'Inguscezia, un male ideologico e
già questo rende la situazione inguscia diversa da, diciamo, quella
daghestana.
Forse di questo merita tener conto
nell'analisi delle minacce etno-religiose? Sì, risponde uno degli
autori, lo studioso di religioni Roman Silant'ev, le situazioni sono
differenti, ma che significato ha? "Noi chiamavamo fascisti
tutti – sia Mussolini, sia Hitler, sia i seguaci di Bandera [5].
Certo, tra loro c'erano differenze. Ma per noi restavano tutti
fascisti e questo non dava noia a nessuno. Così come con i
wahhabiti".
E perché tutto diventasse finalmente
chiaro, il presidente dell'Istituto di Strategia Nazionale Michail
Remizov ha aggiunto: "Per noi il wahhabismo è tutto ciò che è
cattivo, tutto ciò che è anti-Russia, anti-russo, che minaccia la
nostra integrità".
I russi per la periferia
etnica
Ma è molto bene che l'Istituto di
Strategia Nazionale abbia scritto questo rapporto. Per lo studio di
tutti gli stereotipi esistenti sulla natura della protesta del
Caucaso del Nord e delle tristi prospettive della lotta con essa il
rapporto è inestimabile.
Infatti, in realtà, è così semplice
e così bello: ridurre ciò che accade a "minacce
etno-religiose". Le minacce interne naturalmente sono la
prosecuzione di quelle esterne, cosa su cui insistono quasi tutti gli
autori. E non si tratta solo del fatto che, come sempre, ci siamo
"Noi" e ci sono "Loro". Si tratta del fatto che
"Noi" e "Loro" sono designati con tutta
precisione scientifica.
Nel rapporto dedicato alle minacce
etno-religiose tra le raccomandazioni per il potere una di quelle
fondamentali è il mutamento della posizione dei russi, l'ampliamento
della loro partecipazione al governo e del tutto direttamente: per
mezzo di loro lo stato deve difendere in questa, com'è detto,
"periferia etnica della Russia" i propri interessi: "La
presenza/posizione dei russi in questa o quella regione della Russia
è strategicamente equivalente alla presenza dell'entità statale
russa".
Alla presentazione del rapporto Jana
Amelina dell'Istituto Russo di Studi Strategici ha pronunciato
coraggiosamente ciò che deriva dalla logica del rapporto, ma che
agli altri partecipanti alla ricerca finora non riesce pronunciare in
modo così diretto: il wahhabismo è pericoloso perché interviene
contro l'ortodossia e la spina dorsale dello stato – il popolo
russo.
Una guerra senza una fine
vittoriosa
Il rapporto, tra l'altro, ha una
qualità molto grande: è interiormente contraddittorio. Diciamo che
la sezione sulla situazione del Caucaso del Nord, a differenza delle
ricerche di storia delle religioni, è stata scritta dai
professionisti Andrej Epifancev e Sergej Markedonov.
I loro coautori sono inclini a ritenere
wahhabiti tutti quelli che non condividono le posizioni dell'Islam
ufficiale e a ritenere chi non ritiene così, diciamo il presidente
del Consiglio dei Muftì di Russia Ravil' Gajnutdin e certamente la
"Novaja gazeta", una lobby wahhabita. E sostengono l'Islam
tradizionale proprio perché è leale nei confronti dello stato.
Ma proprio con questa lealtà Epifancev
e Markedonov spiegano l'essenza della stratificazione religiosa del
Caucaso del Nord: "Nell'interpretazione di una non piccola parte
di caucasici musulmani l'Islam tradizionale è la prosecuzione di un
potere per loro odioso e questo spinge sempre più lontano da esso
una significativa massa di popolo. In questo senso annoverare
automaticamente tutti gli oppositori del clero ufficiale nel novero
dei "nemici della Russia" sarebbe un grosso errore".
Tuttavia nell'idea degli altri autori
del rapporto i wahhabiti sono 700 mila, sono ovunque e sono tutti
nemici. Del fatto che il potere finalmente si sia convinto che tenere
trattative con i wahhabiti sia insensato lo studioso di religioni
Roman Silant'ev ha parlato con una qualche soddisfazione per niente
da scienza delle religioni.
Di proposte corrispondenti il rapporto
è pieno. Diciamo, proibire per legge il wahhabismo. Qualsiasi
contatto con i rappresentanti delle organizzazioni clandestine è
ritenuto dannoso e pericoloso, l'espressione "guerra fino alla
fine vittoriosa" non è usata, ma è evidentemente sottintesa e
la questione è solo far tornare nell'entità statale russa i popoli
usciti da essa.
Perché, lamentano gli autori, risulta
che alla Russia questi popoli si riferiscono con disprezzo e
altezzosamente, ma appena succede qualcosa, subito si nascondono
dietro la loro cittadinanza russa. E' necessario privare questi
popoli di tale comodità.
Senso civico a prezzo
accessibile
In questo sta il problema di qualsiasi
rapporto del genere, anche se in esso il wahhabismo non è
considerato una forma di fascismo. E' una cosa più seria.
Infatti nel rapporto si nota
giustamente: negli anni '90 il popolo esigeva che si combattesse
perché la Cecenia restasse Russia, ma adesso è tutto il contrario,
sempre più si discute dell'erezione di un muro e non c'è neanche
alcun separatismo.
D'altra parte i rapporti del centro con
le repubbliche del Caucaso del Nord sono costruiti precisamente come
per secoli sono stati costruiti nel genere coloniale, comprando la
nobiltà locale e niente cambia. Infatti nessuno per due secoli ha
mai inventato alcun modello più comodo per i funzionari sia a Mosca,
sia a Nal'čik
[6].
In Daghestan dicono che non si sentono
Russia e invidiano la Cecenia, dove, come risulta per loro opinione,
si sentono Russia, per cui si pone la semplice questione del prezzo a
cui si compra questo sentimento. Per amor di giustizia bisogna
riconoscere che secondo questo schema coloniale sono costruiti i
rapporti federali in generale – strapotere sul territorio
subordinato in cambio di lealtà e cifre giuste alle elezioni. Ma a
Rjazan' [7] il senso di
appartenenza alla Russia non è messo in dubbio per chiare ragioni,
per quanto rubino i funzionari.
Ma come fare in quei posti che ancora
considerano colonie non certo solo gli autori del rapporto sulle
minacce etno-religiose della Russia?
Quali raccomandazioni si possono dare
qui? Come si spiega, a grandi linee, a parte l'idea di trasferire
nello JuFO [8] il Kuban'
[9] e la regione di
Stavropol' [10] russi, far
aumentare il rispetto per i cosacchi e proibire il wahhabismo,
l'appello è uno: solo con l'aumento della lealtà nei confronti
dello stato si può risolvere il problema delle sfide etno-religiose.
Non c'è di che discutere. Solo che
sullo stesso stato, a causa della cui organizzazione per molti versi
i musulmani fuggono via dall'Islam leale nei confronti di questa
organizzazione, nel rapporto non c'è una parola.
L'opinione dell'autore può
non coincidere con la posizione della redazione
"Kavkazskaja
politika", http://kavpolit.com/vaxxabit-shagaet-po-strane/
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Allusione allo slogan pubblicitario del recente film russo "Gli
abeti", "L'anno nuovo cammina per il paese" (l'abete,
secondo l'usanza sovietica, si ricollega al laico Capodanno e non al
religioso Natale).
[2]
Territorio nell'estremità nord-orientale della Russia asiatica.
[3]
"Partito di Liberazione", partito-setta islamico fondato in
Palestina.
[4]
"Società per la Diffusione della Fede".
[5]
Stepan Andrijovič Bandera, leader nazionalista ucraino che per
ottenere l'indipendenza del proprio paese si alleò anche con i
nazisti invasori dell'URSS.
[6]
Capitale della Repubblica Autonoma di Kabardino-Balkaria.
[7]
Città della Russia centrale.
[8]
Južnyj
Federal'nyj Okrug
(Distretto Federale Meridionale).
[9]
Regione corrispondente al bacino dell'omonimo fiume della Russia
meridionale.
[10]
Città della Russia Meridionale.
[11]
Russkoe
Informacionnoe Agentstvo (Agenzia
di Informazione Russa) "Notizie".
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