Anche la coscienza è una risorsa?
I liberali russi ed europei hanno discusso il futuro
comune di Russia ed Europa. Peccato che i "grandi" leader
per questo futuro abbiano i loro piani
20.05.2013
Nel disordine delle feste di
maggio [1] del tutto
ignorato dal pubblico russo e dai mezzi di informazione di massa a
Helsinki si è svolta una grande riunione di liberali russi ed
europei. Tra gli organizzatori – l'Alleanza dei Liberali e
Democratici per l'Europa (ALDE
[2]),
il Centro Liberale Internazionale Svedese (SILC [3])
e il Partito Popolare Svedese della Finlandia. "Jabloko"
[4] ha rappresentato la
Russia alla conferenza, l'intervento di Grigorij Javlinskij è stato
il clou del programma.
"Il futuro dei rapporti russo-europei: uno
sguardo liberale" – così largamente era significato il tema
delle sedute di Helsinki. E ognuno degli intervenuti ha cercato di
dare un'occhiata là, in quel futuro. Del futuro comune ha parlato
anche Javlinskij: "Penso che tra 30-40 anni al mondo ci saranno
due centri di forza economica. Uno di essi si troverà in America,
forse includendo anche qualche paese latino-americano. L'altro
centro sarà in Asia: Cina, Giappone, Corea… Quale sarà in questa
architettura il destino dell'Europa? Potrà l'Europa concorrere con
questi centri tra 30-40 anni? E che sarà della Russia? Che posto
occuperà?" Grigorij Alekseevič
fa una conclusione: è impossibile pensare al futuro
dell'Europa senza la Russia.
Si tratta, certo, non solo della misura economica.
Anche se nel corso dell'incontro i più diversi speaker nel contesto
dello sviluppo dei rapporti tra Russia ed Europa più di una volta
hanno sottolineato un fatto eloquente: la Russia per l'Unione
Europea è il terzo partner commerciale. La Russia è un mercato
enorme, ci sono enormi possibilità per l'esternalizzazione della
produzione. Per non parlare di petrolio e gas, il cui giogo
l'Europa, forse, si scuoterà un giorno – ma non ora.
Javlinskij ha parlato molto della politica nei
nostri confronti. Mi è sembrato che molti in sala abbiano fatto
smorfie a causa della tesi conclusiva del suo discorso, tuttavia
questi è risultato molto preciso: prima di insegnare alla Russia,
per l'Europa non sarebbe male guardare a se stessa. Grigorij
Alekseevič
qui, certo, è estremamente lontano dal pathos putiniano sul
particolare profilo della democrazia sovrana [5]
russa. La sua considerazione è su tutt'altro.
All'incontro (come pure in tutti gli incontri del
genere) per tradizione è stato dedicato molto tempo allo stato
delle libertà in Russia. Lilija Šibanova
di "GOLOS" [6]
ha raccontato una storia kafkiana su come la sua organizzazione ha
aperto la lista delle vittime della legge sugli agenti stranieri
[7]. Valerij Borščëv,
presidente di un'organizzazione no profit di Mosca, ha descritto nei
dettagli la storia dell'omicidio Magnitskij [8].
Tutti questi racconti si appellavano a un semplice pensiero: signori
europei, voi, quando collaborate con le autorità russe, sforzatevi
di non dimenticare quali casi sono sul conto di queste persone. I
diritti e le libertà dell'uomo (parole su cui sogghigna con
disprezzo tutta la nostra élite) non possono effettivamente essere
oggetto di commercio – anche nei colloqui sull'abolizione dei
visti per i possessori di passaporti speciali, anche nei confronti
della "lista Magnitskij" [9].
Hanno sostenuto questo pensiero anche gli speaker
europei. "I paesi dell'UE effettivamente guardano alla Russia
esclusivamente attraverso il prisma dei rapporti commerciali. E
questa è un'annotazione importante e abbiamo bisogno di fare
qualcosa in proposito", – ha concordato con i russi la
deputata dell'Europarlamento Kristiina Ojuland, in passato ministro
degli Esteri dell'Estonia. "Si possono legare i rapporti
commerciali con i colloqui sui diritti dell'uomo? – ha chiesto
retoricamente un altro eurodeputato, Olle Schmidt. E si è risposto
da solo: – In nessun caso si possono chiudere gli occhi sui
tentativi di limitazione della società civile".
E tutti quei discorsi da anime belle vengono presi
sul serio finché un qualche ennesimo avvenimento di protocollo
della vita del presidente russo non riempie di sé lo spazio
informativo per due-tre giorni di fila. E allora diventa chiaro che
non certo tutta l'Europa mantiene le stesse posizioni di principio
dei liberali riunitisi a Helsinki. Molti leader europei in sua
assenza criticano aspramente Putin per la sua politica da cannibale,
tuttavia già presto i maggiori ministri si mettono sugli attenti
davanti a lui sul tappeto rosso.
Per la Russia come per l'Europa, nel conto grande,
storico non è affatto male, per esempio, che la Germania da noi
apra sempre nuove fabbriche e che per l'Olanda, diciamo, la Russia
sia il maggiore partner commerciale. E non è male neanche che gli
europei non usino praticamente le carte vincenti che il commercio
gli da per volgere la Russia ai propri valori originari europei.
(Neanche la Cina, per esempio, li usa – e con ciò?) Il male è
l'ipocrisia. Il male è quando le dichiarazioni pubbliche sul
primato dell'Uomo discordano con gli accordi pubblici. Il male è
quando tutto il mondo comincia a rendersi conto che nel paradigma
degli attuali valori europei la coscienza è una risorsa come il
petrolio e il gas. Se vuoi, apri di più il rubinetto, ma se sono
cambiate le circostanze, puoi anche chiuderlo.
Ecco di cosa, mi pare, ha pure parlato Javlinskij.
Ma certo non di una particolare via russa.
Ol'ga Bobrova, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/society/58190.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Il 1 maggio e il 9 maggio, giorno in cui ricorda la vittoria
sovietica sulla Germania nazista.
[2]
Dalla dicitura inglese Alliance
of Liberals and Democrats for Europe.
[3]
Dalla dicitura inglese Swedish
International Liberal Center.
[4]
"Mela", partito liberale il cui nome è formato dalle
iniziali dei cognomi dei fondatori Grigorij Alekseevič Javlinskij,
Jurij Jur'evič Boldyrev e Vladimir Petrovič Lukin.
[5]
Sorta di eufemismo con cui Putin e il suo entourage definiscono il
loro regime autoritario.
[6]
"VOTO", associazione per la difesa dei diritti degli
elettori.
[7]
"Agenti stranieri" sono state definite per legge tutte le
organizzazione no profit russe che ricevono finanziamenti
dall'estero.
[8]
L'avvocato Sergej Leonidovič Magnitskij, che lavorava per una
finanziaria americana, dopo aver scoperto una malversazione ad opera
di funzionari russi fu incarcerato per evasione fiscale e morì in
carcere a causa di maltrattamenti nel 2010.
[9]
La lista dei responsabili della morte di Magnitskij, a cui è stato
negato il visto d'ingresso negli USA.
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