"Novaja
gazeta", 22-10-2013, 18.15.00
Un atto terroristico con la carta
d'identità
Fonti
della "Novaja gazeta": la terrorista kamikaze si dirigeva a
Mosca
Il
nome della presunta kamikaze è stato reso noto nelle prime ore dopo
l'atto terroristico. Sul luogo della tragedia è stato trovato il
passaporto [1] della
31enne nativa del Daghestan Naida Asijalova. E quattro ore dopo
l'esplosione uno dei canali televisivi centrali e un'intera serie di
siti Internet quasi in sincronia hanno dato una biografia dettagliata
di Asijalova.
Secondo
le informazioni dei mezzi di comunicazione di massa, la kamikaze era
la convivente del 21enne membro di un gruppo di banditi di Machačkala
[2]
Dmitrij Sokolov. Questi si erano conosciuti a Mosca ai corsi di
arabo, dove questa aveva pure arruolato il giovane neofita. Dietro
Asijalova Sokolov se n'era andato in Daghestan. Con i propri genitori
Naida Asijalova non manteneva rapporti dal 2010, quando era diventata
una "furiosa sostenitrice del wahhabismo" [3].
Non aveva un lavoro, né fissa dimora. In Daghestan la donna si
trasferiva continuamente di città in città e ovunque manteneva
rapporti con vedove e mogli di guerriglieri. Tra queste godeva di
grande autorità e aveva perfino accesso al denaro del "jama'at"
[4],
che veniva raccolto per sostenere mogli e vedove dei guerriglieri.
Naida Asijalova avrebbe sofferto di una grave malattia ossea. Per
qualche anno di fila attraverso vari siti aveva raccolto denaro per
curarsi. Tuttavia, secondo altre informazioni, Asijalova non soffriva
di niente di grave (perlomeno così afferma sua madre) e trasmetteva
ai guerriglieri il denaro dato "per le cure".
Il
marito islamico di Asijalova Dmitrij Sokolov è originario di
Krasnojarsk [5], ma viveva
nella città di Dolgoprudnyj, nei pressi di Mosca. Qualche anno fa si
era appassionato delle idee islamiche radicali. E più di un anno fa
era sparito. I familiari di Sokolov si erano rivolti al reparto di
ricerca e salvataggio "Liza Alert" con una richiesta di
aiuto. In un comunicato sul sito di "Liza Alert" si dice:
"Dmitrij Sokolov, anno di nascita 1992, se n'è andato da casa
il 2 luglio 2012 e non è tornato a casa". Proprio Sokolov
avrebbe preparato la cintura da shahid [6]
per sua moglie e l'avrebbe inviata a farsi saltare in aria.
Al
giorno d'oggi il "jama'at" di Machačkala
è il più numeroso e incontrollato raggruppamento nella struttura
della clandestinità daghestana. Secondo i dati investigativi, del
"jama'at" fanno parte 32 "membri attivi" (per
fare un confronto: un usuale gruppo di guerriglieri conta non più di
6-7 persone. Si ritiene che questo sia il numero ottimale per la
sopravvivenza fisica del gruppo). Proprio i membri di questo
"jama'at" stanno praticamente dietro a tutti i clamorosi
omicidi a Machačkala e a
tutti gli atti terroristici nella repubblica dell'ultimo anno e
mezzo. Tuttavia capire chi sia concretamente responsabile di questo o
quell'atto terroristico è difficile: anche nello stesso "jama'at"
esistono gruppi in competizione per la leadership, che agiscono
autonomamente. Ricordo che l'emiro di turno del "jama'at"
di Machačkala Siražutdin
Gučučaliev fu preso vivo
nel corso di un'operazione speciale nell'estate di quest'anno.
Qualche tempo dopo fu ucciso suo padre, un avvocato noto nella
repubblica. Secondo i dati investigativi, anche il padre dell'emiro
prigioniero fu ucciso da "quelli di Machačkala",
ma di un gruppo "nemico" di Gučučaliev.
Al
giorno d'oggi uno dei leader del "jama'at" è il 25enne
Ruslan Kazanbiev. Proprio a lui è strettamente legato anche Dmitrij
Sokolov. Secondo le informazioni delle fonti della "Novaja
gazeta" nel Ministero degli Interni del Daghestan, già l'anno
scorso Sokolov fu dichiarato ricercato a livello federale come membro
di un gruppo di banditi di Machačkala
(quasi allo stesso tempo lo cercava il reparto di "Liza Alert").
Tuttavia
sua moglie Naida Asijalova non era ricercata. Nei suoi confronti,
come in quelli di qualsiasi altra moglie, vedova o sorella di un
guerrigliero, al centro per la lotta all'estremismo della repubblica
era stata avviata il cosiddetto DOU – delo operativnogo učëta
[7]. In altre parole, gli
investigatori daghestani ascoltavano le telefonate della donna e
registravano tutti i suoi spostamenti e "contatti". Le
informazioni di questo dossier investigativo sono pure finite in mano
ai mezzi di comunicazione di massa qualche ora dopo che su Internet è
stata pubblicata la prima pagine del passaporto della presunta
kamikaze, trovato sul luogo dell'atto terroristico.
Proprio
al passaporto della kamikaze sono legate le due stranezze chiave di
questo atto terroristico. Due ore dopo l'atto terroristico sul social
network Twitter è stata pubblicata la prima pagina del passaporto a
nome del Comitato Antiterroristico Nazionale e in essa Naida
Asijalova è vestita con un hijab. Ciò significa
automaticamente che il passaporto non è valido – secondo la
legislazione russa, è proibito farsi fotografare sui documenti con
il hijab. Non di meno inizialmente nessuno l'ha notato: la
foto è stata mostrata sul Pervyj Kanal [8]
e ristampata da tutti i mezzi di comunicazione di massa ufficiali
con l'annotazione "il passaporto della kamikaze è stato trovato
sul luogo dell'esplosione". E solo singoli blogger hanno
iniziato a indignarsi per l'evidente "falso", a parte il
hijab, sulla pagina non c'era alcun segno dell'esplosione
sull'autobus.
Il
giorno dopo l'atto terroristico il rappresentante ufficiale del
Comitato Inquirente Vladimir Markin, facendo rapporto sul corso
dell'indagine, in particolare si è sbagliato nel parlare: "E'
stato appurato che Asijalova era giunta a Volgograd da Machačkala
su un autobus di linea che proseguiva per Mosca". In che modo
aveva potuto capitare su un autobus di linea con un passaporto del
genere? Ricordo bene che dopo le esplosioni nel metrò di Mosca nel
2010 (entrambe le kamikaze giunsero allora a Mosca su autobus di
linea) sugli autobus daghestani di lungo tragitto fu inasprito il
controllo dei documenti. Prima dell'inizio del viaggio l'autista o un
suo assistente, spesso accompagnati da un agente di polizia,
raccolgono i passaporti di tutti i passeggeri per un controllo. Ho
telefonato a tre stazioni di autobus a Machačkala,
da cui teoricamente avrebbe potuto partire Asijalova. Tutti gli
addetti al controllo centralizzato hanno confermato che "prima
dei viaggi lunghi i passaporti vengono obbligatoriamente raccolti e
controllati accuratamente". Tuttavia un passaporto con una
ragazza con il hijab non ha posto domande ad alcuno non solo
alla stazione, ma neanche al confine del Daghestan con la Calmucchia
e la regione di Volgograd.
E'
il primo caso in cui una šachidka
[9] si è diretta a
farsi saltare in aria avendo con se i documenti che ne attestavano
l'identità. "Secondo le nostre informazioni, Asijalova non
andava affatto a Volgograd, ma a Mosca, dove già l'aspettavano i
membri del "jama'at" di Machačkala
con a capo Ruslan Kazanbiev. Secondo informazioni non ufficiali, si è
sentita male ed è scesa a Volgograd. Ora si sta formando un gruppo
investigativo per andare a Mosca", – hanno riferito al
Ministero degli Interni della repubblica.
[1]
Il passaporto in Russia è l'unico documento di identità.
[2]
Capitale del Daghestan.
[3]
In Russia per "wahhabismo" si intende l'estremismo islamico
in generale.
[4]
Il jama'at
è una comunità islamica, ma in Russia è sinonimo di nucleo
terroristico.
[5]
Città della Siberia centrale.
[6]
"Martire" in arabo, da intendersi come kamikaze.
[7]
"Procedimento di Registrazione Investigativa". Il corsivo,
qui e altrove, è mio.
[8]
"Primo Canale" (della TV di Stato).
[9]
Sorta di forma femminile russificata di shahid
(vedi nota 6).
[10]
Entrambi i documenti sono mostrati all'indirizzo della pagina
indicato.
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