23 ottobre 2013

La versione ufficiale sull'attentato a Volgograd è falsa?

"Novaja gazeta", 22-10-2013, 18.15.00
Un atto terroristico con la carta d'identità

Fonti della "Novaja gazeta": la terrorista kamikaze si dirigeva a Mosca

Lunedì una kamikaze ha fatto esplodere un autobus di linea cittadino a Volgograd. In seguito all'atto terroristico sono morte 6 persone. Secondo le ultime notizie, 27 persone si trovano negli ospedali di Volgograd, quattro, ferite in modo gravissimo, sono state portate a Mosca in aereo. A Volgograd sono stati dichiarati tre giorni di lutto per i morti.

Il nome della presunta kamikaze è stato reso noto nelle prime ore dopo l'atto terroristico. Sul luogo della tragedia è stato trovato il passaporto [1] della 31enne nativa del Daghestan Naida Asijalova. E quattro ore dopo l'esplosione uno dei canali televisivi centrali e un'intera serie di siti Internet quasi in sincronia hanno dato una biografia dettagliata di Asijalova.

Secondo le informazioni dei mezzi di comunicazione di massa, la kamikaze era la convivente del 21enne membro di un gruppo di banditi di Machačkala [2] Dmitrij Sokolov. Questi si erano conosciuti a Mosca ai corsi di arabo, dove questa aveva pure arruolato il giovane neofita. Dietro Asijalova Sokolov se n'era andato in Daghestan. Con i propri genitori Naida Asijalova non manteneva rapporti dal 2010, quando era diventata una "furiosa sostenitrice del wahhabismo" [3]. Non aveva un lavoro, né fissa dimora. In Daghestan la donna si trasferiva continuamente di città in città e ovunque manteneva rapporti con vedove e mogli di guerriglieri. Tra queste godeva di grande autorità e aveva perfino accesso al denaro del "jama'at" [4], che veniva raccolto per sostenere mogli e vedove dei guerriglieri. Naida Asijalova avrebbe sofferto di una grave malattia ossea. Per qualche anno di fila attraverso vari siti aveva raccolto denaro per curarsi. Tuttavia, secondo altre informazioni, Asijalova non soffriva di niente di grave (perlomeno così afferma sua madre) e trasmetteva ai guerriglieri il denaro dato "per le cure".

Il marito islamico di Asijalova Dmitrij Sokolov è originario di Krasnojarsk [5], ma viveva nella città di Dolgoprudnyj, nei pressi di Mosca. Qualche anno fa si era appassionato delle idee islamiche radicali. E più di un anno fa era sparito. I familiari di Sokolov si erano rivolti al reparto di ricerca e salvataggio "Liza Alert" con una richiesta di aiuto. In un comunicato sul sito di "Liza Alert" si dice: "Dmitrij Sokolov, anno di nascita 1992, se n'è andato da casa il 2 luglio 2012 e non è tornato a casa". Proprio Sokolov avrebbe preparato la cintura da shahid [6] per sua moglie e l'avrebbe inviata a farsi saltare in aria.

Al giorno d'oggi il "jama'at" di Machačkala è il più numeroso e incontrollato raggruppamento nella struttura della clandestinità daghestana. Secondo i dati investigativi, del "jama'at" fanno parte 32 "membri attivi" (per fare un confronto: un usuale gruppo di guerriglieri conta non più di 6-7 persone. Si ritiene che questo sia il numero ottimale per la sopravvivenza fisica del gruppo). Proprio i membri di questo "jama'at" stanno praticamente dietro a tutti i clamorosi omicidi a Machačkala e a tutti gli atti terroristici nella repubblica dell'ultimo anno e mezzo. Tuttavia capire chi sia concretamente responsabile di questo o quell'atto terroristico è difficile: anche nello stesso "jama'at" esistono gruppi in competizione per la leadership, che agiscono autonomamente. Ricordo che l'emiro di turno del "jama'at" di Machačkala Siražutdin Gučučaliev fu preso vivo nel corso di un'operazione speciale nell'estate di quest'anno. Qualche tempo dopo fu ucciso suo padre, un avvocato noto nella repubblica. Secondo i dati investigativi, anche il padre dell'emiro prigioniero fu ucciso da "quelli di Machačkala", ma di un gruppo "nemico" di Gučučaliev.
Al giorno d'oggi uno dei leader del "jama'at" è il 25enne Ruslan Kazanbiev. Proprio a lui è strettamente legato anche Dmitrij Sokolov. Secondo le informazioni delle fonti della "Novaja gazeta" nel Ministero degli Interni del Daghestan, già l'anno scorso Sokolov fu dichiarato ricercato a livello federale come membro di un gruppo di banditi di Machačkala (quasi allo stesso tempo lo cercava il reparto di "Liza Alert").

Tuttavia sua moglie Naida Asijalova non era ricercata. Nei suoi confronti, come in quelli di qualsiasi altra moglie, vedova o sorella di un guerrigliero, al centro per la lotta all'estremismo della repubblica era stata avviata il cosiddetto DOU – delo operativnogo učëta [7]. In altre parole, gli investigatori daghestani ascoltavano le telefonate della donna e registravano tutti i suoi spostamenti e "contatti". Le informazioni di questo dossier investigativo sono pure finite in mano ai mezzi di comunicazione di massa qualche ora dopo che su Internet è stata pubblicata la prima pagine del passaporto della presunta kamikaze, trovato sul luogo dell'atto terroristico.

Proprio al passaporto della kamikaze sono legate le due stranezze chiave di questo atto terroristico. Due ore dopo l'atto terroristico sul social network Twitter è stata pubblicata la prima pagina del passaporto a nome del Comitato Antiterroristico Nazionale e in essa Naida Asijalova è vestita con un hijab. Ciò significa automaticamente che il passaporto non è valido – secondo la legislazione russa, è proibito farsi fotografare sui documenti con il hijab. Non di meno inizialmente nessuno l'ha notato: la foto è stata mostrata sul Pervyj Kanal [8] e ristampata da tutti i mezzi di comunicazione di massa ufficiali con l'annotazione "il passaporto della kamikaze è stato trovato sul luogo dell'esplosione". E solo singoli blogger hanno iniziato a indignarsi per l'evidente "falso", a parte il hijab, sulla pagina non c'era alcun segno dell'esplosione sull'autobus.

Il giorno dopo l'atto terroristico il rappresentante ufficiale del Comitato Inquirente Vladimir Markin, facendo rapporto sul corso dell'indagine, in particolare si è sbagliato nel parlare: "E' stato appurato che Asijalova era giunta a Volgograd da Machačkala su un autobus di linea che proseguiva per Mosca". In che modo aveva potuto capitare su un autobus di linea con un passaporto del genere? Ricordo bene che dopo le esplosioni nel metrò di Mosca nel 2010 (entrambe le kamikaze giunsero allora a Mosca su autobus di linea) sugli autobus daghestani di lungo tragitto fu inasprito il controllo dei documenti. Prima dell'inizio del viaggio l'autista o un suo assistente, spesso accompagnati da un agente di polizia, raccolgono i passaporti di tutti i passeggeri per un controllo. Ho telefonato a tre stazioni di autobus a Machačkala, da cui teoricamente avrebbe potuto partire Asijalova. Tutti gli addetti al controllo centralizzato hanno confermato che "prima dei viaggi lunghi i passaporti vengono obbligatoriamente raccolti e controllati accuratamente". Tuttavia un passaporto con una ragazza con il hijab non ha posto domande ad alcuno non solo alla stazione, ma neanche al confine del Daghestan con la Calmucchia e la regione di Volgograd.

E' il primo caso in cui una šachidka [9] si è diretta a farsi saltare in aria avendo con se i documenti che ne attestavano l'identità. "Secondo le nostre informazioni, Asijalova non andava affatto a Volgograd, ma a Mosca, dove già l'aspettavano i membri del "jama'at" di Machačkala con a capo Ruslan Kazanbiev. Secondo informazioni non ufficiali, si è sentita male ed è scesa a Volgograd. Ora si sta formando un gruppo investigativo per andare a Mosca", – hanno riferito al Ministero degli Interni della repubblica.

P.S. Nello spazio informativo è capitata un'altra foto del passaporto della šachidka, più simile a un documento che si trovava sul luogo di un'esplosione. La pagina del passaporto è sgualcita e strappata e nella fotografia Asijalova è già senza hijab, con i capelli sciolti. Evidentemente anche al Comitato Nazionale Antiterroristico hanno notato l'incongruità. Tuttavia perché gli agenti delle strutture armate hanno mostrato un falso sul proprio sito [10]?


Autrice: Irina Gordienko


Indirizzo della pagina: http://www.novayagazeta.ru/inquests/60590.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Il passaporto in Russia è l'unico documento di identità.

[2] Capitale del Daghestan.

[3] In Russia per "wahhabismo" si intende l'estremismo islamico in generale.

[4] Il jama'at è una comunità islamica, ma in Russia è sinonimo di nucleo terroristico.

[5] Città della Siberia centrale.

[6] "Martire" in arabo, da intendersi come kamikaze.

[7] "Procedimento di Registrazione Investigativa". Il corsivo, qui e altrove, è mio.

[8] "Primo Canale" (della TV di Stato).

[9] Sorta di forma femminile russificata di shahid (vedi nota 6).

[10] Entrambi i documenti sono mostrati all'indirizzo della pagina indicato.


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