30 aprile 2009
Heidi, il suo bar e la crisi economica (in Rete è già un classico)
Quando la voce si sparge, i clienti affollano il bar di Heidi. Le vendite esplodono. Approfittando della libertà dei clienti di pagare con comodo, Heidi aumenta il prezzo per vino e birra, le bevande più richieste. I suoi profitti crescono.
Un giovane e dinamico consulente della banca locale si accorge che i debiti degli avventori sono una garanzia per il futuro, e così aumenta il credito di Heidi presso la banca. Non ha ragioni per preoccuparsi, dato che vede i debiti degli alcolisti come garanzia collaterale.
Nella direzione generale della banca, esperti di finanza trasformano gli asset del cliente in Bevibonds, Alcoolbonds e Vomitbonds. I bonds sono poi piazzati sul mercato globale. Nessuno capisce cosa significhino i nomi, o come i bonds siano garantiti. In ogni caso, il prezzo continua a a salire e si vendono alla grande.
Un bel giorno, malgrado il prezzo sia ancora in salita, un manager del rischio alla banca (che viene poi licenziato perché pessimista) decide che è ora di richiedere il pagamento dei debiti contratti dai beoni al bar di Heidi.
Ma loro non possono. Heidi non riesce a ripagare il suo debito bancario e fa bancarotta. I Bevibonds e gli Alcoolbonds crollano del 95%. I Vomitbonds hanno una migliore performance, e si stabilizzano dopo una perdita dell'80%.
I fornitori di Heidi, che le avevano garantito pagamenti posticipati, e avevano investito nei bonds, si trovano davanti ad un disastro. Il fornitore di vino fallisce, e quello della birra viene acquistato da un concorrente. La banca, invece, viene salvata dal governo dopo frenetiche consultazioni dei leader dei vari partiti, e i fondi necessari per l'operazione di salvataggio reperiti grazie ad una nuova tassa pagata dagli astemi.
29 aprile 2009
Shofar
"No matter where you roam; with a shofar you can always phone home"
Potrei tradurre "non importa dove vaghi; con uno shofar puoi sempre telefonare a casa", ma la bellezza e l'arguzia della frase si può notare solo nell'originale...
La scuola che verrà...
"Verso la scuola che verrà"
Le aspettative dei docenti, dei genitori, degli studenti
Conservatorio San Niccolò - Sala del Granaio
Prato, Piazza San Niccolò - Giovedì 7 maggio 2009 ore 21
ore 21,00 Saluti di Marco Romagnoli, Sindaco del Comune di Prato e Giovanni Bensi, Presidente regionale AIMCT
ore 21,30 "Rete scolastica e Sistema regionale dell’istruzione. Il modello toscano"
Gianfranco Simoncini, Assessore all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro Regione Toscana
"La riforma in atto. Cosa cambia nella scuola?"
Giovanni Biondi, Capo Dipartimento Ministero Istruzione, Università e Ricerca
"Riforma della scuola: la parola alle Associazioni"
Luciano Magnanimo, membro della Segreteria AIMC di Prato; Rita Manzani Di Goro, Presidente A.Ge. Toscana
ore 22,15 - Dibattito
ore 23,00 - Conclusioni
PER INFORMAZIONI
Franco Castellani: 334.2450015
m.ciambellotti@scuole.prato.it - agetoscana@age.it
27 aprile 2009
Della Russia e della democrazia
La democrazia e noi |
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La democrazia si sviluppa solo dove la popolazione è incline a lavorare di più e a frodare di meno. Cioè, da noi non si svilupperà, probabilmente...
Noi siamo cupi. Non è un segno etnico, ma di appartenenza nazionale e di comunità storica. I nostri volti sono così espressivi che capita che gli stranieri ci chiedano: “Che fate, vi insultate?” “No, – rispondiamo, – conversiamo con gli amici”. Un polacco in qualche modo mi chiese: “Perché hai gli occhi così tristi? Non sei ebreo?”. Quando uno dei nostri vede davanti a se un microfono e una telecamera parla precisamente come Puškov [1] in televisione: del presidente, che…; delle ginocchia [2], da cui… ; sulla Georgia e l'Ucraina, che… E pure dell'America, che è un gendarme e un incendiario, parla non peggio di Leont'ev [3] e Prochanov [4]. Basta spegnere l'apparecchiatura e il discorso cambia. Le stesse identiche persone cominciano a parlare del paese come di un parente spensierato e bevitore, dalla psiche instabile, di orientamento incomprensibile e con tendenze aggressive. A noi in Russia pare che qualcuno ci inganni sempre. In effetti è così. Le azioni dei raider, gli investitori in campo immobiliari [5], le elezioni, le “piramidi” [6]… Nei negozi frodano sul peso, in farmacia danno farmaci falsi, le assicurazioni non pagano, i bambini vengono rapiti e portati nei “punti caldi” [7]… Il lavoratore froda il datore di lavoro, il datore di lavoro froda il lavoratore. Lo Stato, a sua volta, froda tutti. Promette appartamenti, riforme, sradicamento della corruzione, imbrigliamento dell'inflazione, modernizzazione, nanotecnologie… Nei paesi che non somigliano a noi e che proprio per questo consideriamo civili i rapporti tra le persone sono diversi. Là il venditore e il compratore si sforzano di piacersi a vicenda. Il venditore vuole che una persona venga di nuovo e questa che la servano con attenzione e che a lui, cliente fisso, facciano uno sconto. Il datore di lavoro e il lavoratore, per quanto possibile, si vengono incontro. Dove i legami economici si sviluppano naturalmente, mirano all'ottimizzazione. Le persone sorridono e in questo modo mostrano mutua concordia e fiducia. Questo va da se, in tutta sincerità ed è diventato da tempo una norma che non richiede sforzi speciali. Da noi nell'economia e nei rapporti di produzione c'è poco di naturale, è un vero e proprio bonsai o ikebana. Tagliano i rami sani, li torcono, ci appendono dei piccoli pesi, non nutrono il terreno a sufficienza o lo nutrono con qualcosa di dannoso. “Perché non crescano”, come si esprimono in alto. Degli odiosi burocrati parliamo come se fossero scesi dalla luna. Ma non vengono dalla luna, vengono dal cuore del nostro lodato e stralodato popolo. I burocrati siamo noi e quelli tra noi che si sono infilati tra i dirigenti grandi e piccoli, a cui è toccato un pezzetto di potere. Colui, dal quale dipende qualcosa nella nostra vita, è un burocrate. Anche se di potere gliene è toccata la più piccola quantità, non è già più popolo, mira più in alto. Ha bustarelle, un'automobile straniera, un cottage. Ma quello che schiacciano, quello da cui dipende poco, quello è il popolo, che ha la borsa della spesa. Qui non c'è da sorridere! Ci agitiamo per i deputati, ma se ci trovassimo al loro posto, ci comporteremmo proprio così. Anche se molti di noi sono convinti che si comporterebbero del tutto diversamente. Non lo faremmo. Perché non conosciamo altro modo di raggiungere il benessere. Trovandoci in compagnia di gente educata dal partito comunista, dall'FSB [8] e dallo LDPR [9], ci trasformeremmo nei deputati dell'attuale Duma. Altrimenti ci caccerebbero via. O ci metterebbero in prigione. O ci avvelenerebbero. O ci ucciderebbero a colpi d'arma da fuoco. Se l'onorabilità non è onorata, per la democrazia nel paese non c'è posto e non ci sarà. Dimenticatevene! Per società democratica si intende una società in cui la maggior parte dei cittadini tiene in onore l'onorabilità e l'onestà come condizioni fondamentali della vita dell'uomo tra le persone. La democrazia si sviluppa solo dove per la maggioranza è essenziale un consapevole rispetto per ogni persona, se non ha causato danni ad alcuno, dove la popolazione è incline a lavorare di più e a frodare di meno. Dove regna la falsità diffusa e l'inganno reciproco, la democrazia non si svilupperà, comunque si ha un juche [10] sovrano. Chi chiama il popolo russo servo ha ragione nella stessa misura di chi dice: no, non è servo. Ce n'è di questi e di quelli. Ma nel paese si è stabilito un ordine in cui alle persone onorate e oneste non è agevole vivere. La maggior parte si è diretta dove è agevole. Le persone onorate su questo sfondo sembrano folli, anormali. Mentre i bugiardi professionisti hanno riconoscimenti e benessere. Quando “costruivamo il comunismo”, la contrapposizione tra URSS e America era spiegabile. Oggi non siamo l'URSS, ma al contrario, costruiamo una società democratica. Le nostre amate guide hanno annunciato di avere alla base delle proprie dichiarazioni politiche proprio i valori occidentali. Non di meno guidano il paese come sotto il comunismo non finito di costruire. In altro modo non possono, non gli riesce. Da noi i valori occidentali sono in voga solo in cose come Internet, computer, automobili, telefoni cellulari, macchine fotografiche, teiere elettriche, lavatrici, evroremont, evroparket, evrootdych [11]. Ma per quanto riguarda il parlamento, le elezioni, la stampa, la giustizia, preferiamo valori turkmeni o azeri [12]. Eleggiamo il presidente di un'unione di artisti come il sindaco della città di Soči, tanto rumore e tanti torbidi, ma il risultato è noto fin dall'inizio. Trionfalmente, sempre e ovunque vince il campione di tutte le specialità, l'invincibile risorsa amministrativa. ...E comunque sarà possibile in un futuro visibile stabilire in Russia rapporti normali e sani nell'economia, nella cultura, nella scienza? Penso che sia possibile! Andate ai magazzini “Ikea” o “Ašan” [13]. I nostri là non si comportano peggio dei parigini o dei berlinesi, ma con gentilezza, con disponibilità. Nessun miracolo, semplicemente là c'è un'atmosfera di un qualche ordine, ragionevolezza e controllo, quello che manca lì intorno. La maggioranza delle persone si sottomette volentieri a un ordine ragionevole e a un controllo onesto, quando non è un'imitazione, ma è vero. Allora non c'è necessità di mentire, rubare e farsi largo. Così è più facile vivere. Quando nel nostro paese ci sarà una stampa libera, il diritto di scelta e una magistratura indipendente, solo allora potremo sentirci liberi, responsabili e coscienziosi cittadini. Per questo non c'è bisogno di molto. E' sufficiente che dieci onesti e competenti governanti vadano a capo del paese. Per cominciare anche solo uno! Ma ecco il guaio! Chi li porterà là? 17.04.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/040/12.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
[1] Aleksej Konstantinovič Puškov, noto politologo televisivo russo.
[2] Allusione ai proclami putiniani sulla Russia che “si è rialzata dalle ginocchia”.
[3] Michail Vladimirovič Leont'ev, giornalista di tendenza nazionalista.
[4] Aleksandr Andreevič Prochanov, giornalista, scrittore e attivista politico di estrema destra.
[5] Si tratta di non pochi russi la cui partecipazione a imprese edili si è rivelato vantaggiosa quanto l'acquisto di bond argentini...
[6] Le imprese che funzionano secondo il truffaldino schema piramidale, basato sul reclutamento continuo di nuovi soci. In Russia ci sono state truffe del genere clamorose.
[7] Le zone dell'ex URSS in stato di guerra o di agitazione (Cecenia, Inguscezia, Georgia...).
[8] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l'erede del KGB.
[9] Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii (Partito Liberal-Democratico di Russia), il partito nazionalista di Žirinovskij.
[10] L'ideologia ufficiale della Corea del Nord, una fusione di stalinismo e confucianesimo.
[11] Evroremont sta per “euro-ristrutturazione”, cioè la ristrutturazione dei brutti appartamenti sovietici secondo un criterio “europeo”, cioè occidentale, in voga in Russia negli anni '90. L'occidentalizzazione dell'epoca ha portato alla nascita dell'Evroparket (“euro-parquet”, essenziale per l'euro-ristrutturazione), ma anche dell'Evrootdych, le “euro-vacanze”.
[12] L'autore dell'articolo è nato a Bakù, capitale dell'Azerbaijan. Credo che non ritenga turkmeni e azeri popoli inferiori, ma che alluda soprattutto ai regimi autoritari del Turkmenistan, per anni in mano a un satrapo megalomane come Nijazov, e dell'Azerbaijan, dominato dalla “dinastia presidenziale” degli Aliev.
[13] Marchio russo della Auchan.
[14] Regista e sceneggiatore.
26 aprile 2009
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25 aprile 2009
24 aprile 2009
24 aprile
Armeni, Hitler e Shoah
Novantaquattro anni fa a Costantinopoli cominciava il genocidio degli Armeni. Cerimonie religiose e civili in tutto il mondo in ricordo delle vittime.
MARCO TOSATTI
Oggi nelle chiese armene di tutto il mondo, sia della Chiesa apostolica che della chiesa Armeno-cattolica si celebrano liturgie in memoria delle vittime del genocidio armeno compiuto dal governo turco dell'epoca e la cui realtà è ancora oggi recisamente negata dal governo di Ankara, nel timore, fra l'altro, di rivendicazioni di carattere economico e territoriale. Nei giorni scorsi l'ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati) ha organizzato nella Casa della Memoria di Roma un convegno-dibattito intitolato: Storie senza Storia: gl Armeni, a cui mi ha chiesto di contribuire con una relazione fra Shoah e Genocidio Armeno. Conscio di compiere un "off topic", ve la offro, nella speranza che possiate trovarvi elementi di interesse.
Casa della Memoria 22 aprile 2009
Hitler, genocidio armeno e Shoah “Chi parla ancora oggi dell’annientamento degli armeni?” (Wer redet noch heute von der Vernichtung der Armenier?). Non è possibile parlare di genocidio armeno e di Shoah senza citare questa famosa frase, attribuita ad Adolf Hitler, trasmessa nel 1939 da Louis Lochner, capo dell’ufficio berlinese dell’Associated Press ad alcuni diplomatici britannici in servizio a Berlino, e contenuta in un rapporto trasmesso a Londra, il 25 agosto del 1939 dall’ambasciatore britannico sir Nevil Henderson. Il documento riassumeva uno o due discorsi pronunciati da Hitler davanti ai comandanti in capo dell’esercito a Obersalzberg, il 22 agosto del 1939, in vista dell’imminente invasione della Polonia. “Siate duri, siate spietati, agite più in fretta e più brutalmente degli altri”, raccomandò Hitler.
Hitler citò Gengis Khan “che ha mandato a morte milioni di donne e bambini, pienamente consapevole e a cuor leggero”, per ridisegnare il mondo secondo la sua volontà. Hitler concludeva con un riferimento esplicito allo sterminio degli Armeni, affermando che era servito a un fine analogo, e il mondo non solo l’ha dimenticato, ma l’ha accettato “perché il mondo crede soltanto al successo”. Di questa frase esistono cinque versioni; naturalmente i negazionisti turchi cercano di scalfirne la credibilità.
Ma purtroppo per loro un articolo dello storico Winfried Baumgart rivela che otto anni prima, nel giugno del 1931, Hitler in un’intervista al Leipziger Neueste aveva detto, parlando di deportazioni di massa e della rovina delle popolazioni coinvolte: “Ovunque i popoli attendono un nuovo ordine mondiale. Noi abbiamo intenzione d’introdurre una grande politica di ripopolamento…Pensi alle deportazioni bibliche e ai massacri del Medioevo…e si ricordi dello sterminio degli Armeni (erinnern Sie sich an de Ausrottung Armeniens). All’altro capo dell’intervista c’era Richard Breiting, un redattore molto potente, a cui Hitler aveva concesso di prendere appunti scritti (un caso raro, per il dittatore tedesco), La Gestapo di Lipsia fu mobilitata per anni per recuperare quegli appunti; Breiting morì in circostanze misteriose dopo aver incontrato due agenti della Gestapo, che aveva cercato di convincere di aver distrutto gli appunti, che furono invece resi pubblici da sua sorella dopo la fine della guerra.(Ohne Maske, E.Calic, 1968)
Hitler in questo documento sosteneva che sebbene i suoi motivi per distruggere gli ebrei fossero diversi da quelli dei gerarchi turchi per compiere la stessa operazione sugli armeni, le nazioni vittime rispondevano entrambe a un presupposto centrale: quello di essere estremamente indesiderate. Tanto che mise l’accento sulla necessità di “proteggere il sangue tedesco dalla contaminazione, non soltanto del sangue ebreo ma anche di quello armeno”. (Henry Picker, Hitlers Tigespraeche in Fuehrerhauptquartier, Stoccarda 1977). Per Alfred Rosenberg, l’ideologo della razza , Armeni ed Ebrei erano simili, in quanto “popoli di bricconi” (Rosenberg, Der Mythus des zwanzigsten Jahrhuderts).
Opinione peraltro condivisa anche dal Comando Supremo tedesco, che in una sua dichiarazione affermò che “gli armeni sono anche peggiori degli ebrei” (Robert Cecil The Myth of the Master Race, Londra 1972). Secondo molti storici la relativa facilità con cui il genocidio armeno fu compiuto, e l’impunità sostanziale concessa ai suoi autori convinse Hitler e i suoi complici della possibilità di ripetere l’operazione verso la “razza inferiore” che avevano in casa, e nei territori di conquista. Sachar nel suo The emergence of the Middle East scrive: “Il Fuehrer citò il genocidio approvandolo, vent’anni dopo che era stato perpetrato; egli considerava la soluzione armena come un precedente istruttivo”.
Come aveva saputo
Daremo per scontate molte cose, in questo nostro intervento. E’ da ricordare comunque che la Turchia entrò nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Germania del Kaiser, e che all’interno dei confini di quello che allora era l’Impero Ottomano agivano centinaia di ufficiali tedeschi, a tutti i livelli, compreso un numero rilevante inserito nei gangli più segreti e sensibili della macchina militare e politica turca, governata dal “triumvirato” dell’Ittihad, il partito dell’unità, responsabile del progetto di una Turchia per i soli turchi, e dell’eliminazione delle razze “altre” armeni, siriaci, greci. I tedeschi furono testimoni – e non solo testimoni– delle deportazioni e dei massacri; alcuni di loro – come Armin Wegner , e altri – li denunciarono, o tentarono di farlo, a dispetto della censura esercitata dal governo sull’opinione pubblica del loro paese.
Ufficiali e soldati, tornando, certamente raccontarono. Hitler e i suoi sodali certamente sentirono questi racconti. Ma una persona in particolare può aver fornito al futuro dittatore tedesco qualche cosa di più. Vogliamo parlare di Erwin von Schneuber-Richter. Questo ufficiale fu viceconsole a Erzurum – uno dei luoghi in cui si consumò il genocidio – e poi vicecomandante di un corpo di spedizione turco-tedesco. Fu personalmente testimone di massacri di armeni compiuti nella provincia di Bitlis, e li descrisse, in un rapporto inviato al cancelliere Hottwleg (Botschaft Kostantinopel K174.) Schneuber-Richter inviò ai suoi superiori, fra il 30 aprile 1915 e il 5 novembre dello stesso anno, quindici rapporti ai suoi superiori sui dettagli delle deportazioni e dei massacri compiuti. Al cancelliere scriveva: “a eccezione di alcune centinaia di migliaia di sopravvissuti a Costantinopoli e nelle grandi città, gli Armeni di Turchia sono stati, per così dire, completamente sterminati”.
Possiamo aggiungere qui che la pubblicazione recente delle memorie di Talaat Pascià, l’ingegnere del genocidio, contenenti le cifre scritte di suo pugno di cui disponeva sull’andamento del genocidio, confermano pienamente quanto scriveva Richter. Talaat calcolava che il numero degli armeni sterminati, nella prima fase dell’operazione, era di poco inferiore al milione. (Su un totale di circa un milione e trecentomila). Ma Schneuber non si limitò ai dettagli: informò il cancelliere sul progetto dell’Ittihad di rendere omogenea razzialmente la Turchia, e sui metodi per realizzare il progetto: pretesti, scuse e menzogne relative a mettere in atto le deportazioni, tecniche per rassicurare gli armeni e di conseguenza renderli inoffensivi; sull’uso di bande di criminali comuni – liberati dalle prigioni - per massacri e saccheggi, e infine sul coinvolgimento della struttura del partito dell’Ittihad. Insomma, vediamo negli scritti di Schneuber l’intero paesaggio genocidale: motivi, organizzazione, logistica e infine il compimento del genocidio, con l’ultimo fondamentale capitolo, quello della negazione. Che purtroppo vediamo ancora svolgersi sotto i nostri occhi, adesso.
“Die Zeit” (Amburgo, Dossier, 1984) sostiene che Hitler era “senza ombra di dubbio perfettamente al corrente” di tutto ciò; e questo perché “uno dei suoi più stretti collaboratori all’inizio del movimento nazionalsocialista era il dott. Max Erwin von Schneuber-Richter, l’ex console di Germania a Erzurum, di cui sono stati conservati i terribili rapporti sul massacro degli Armeni”. Fu Alfred Rosemberg a presentare Schneuber a Hitler, a Monaco nel 1920. Sappiamo bene chi era Rosemberg, l’ideologo del nazismo. Schneuber e sua moglie aderirono al partito nazista il 22 novembre del 1920. E l’ufficiale scriveva, contro “il complotto giudaico internazionale di dominio mondiale”, invitando a mettere in atto una campagna “spietata e implacabile”contro gli elementi non ariani, per compiere “l’inesorabile purificazione della Germania”.
Schneuber in uno dei suoi rapporti di guerra, aveva definito gli Armeni: “questi Ebrei dell’Oriente, questi scaltri commercianti”. (Turkei 183/39, A 28584). Un’osservazione soppressa nella versione a stampa del Ministero degli esteri tedesco, pubblicata da Lepsius. Schneuber-Richter salì nella gerarchia del partito, e l’amicizia con Hitler (a cui fra l’altro garantì grandi somme di denaro, grazie ai suoi rapporti con gli industriali tedeschi) si intensificò. Nel 1923, durante il fallito putsch di Monaco, Schneuber-Richter marciava fisicamente, non metaforicamente, a braccetto con Hitler nel tentativo di rovesciare il governo bavarese, quando un proiettile della polizia locale pose fine a una promettente carriera di gerarca. Non senza però che nel frattempo egli avesse dato un contributo impressionante alle basi ideologiche, politiche e pratiche del futuro genocidio hitleriano. Norimberga, e la “Norimberga” mancata dopo la Prima Guerra Mondiale .
Se, come è stato detto anche di recente da un parlamentare israeliano, che sente molto profondamente il problema del riconoscimento internazionale del genocidio armeno, al di là della violenta opera di negazionismo messa in atto dal governo di Ankara, con la complicità e l’acquiescenza di alcuni governi suoi alleati, un genocidio non punito genera altri genocidi, è interessante chiedersi se un atteggiamento più deciso da parte dei vincitori del primo conflitto mondiale avrebbe potuto evitare, o almeno ridurre l’entità della tragedia avvenuta decenni più tardi. Vahakn Dadrian, grande specialista della materia, pone la questione in due domande distinte: 1) l’impunità concessa agli esecutori del genocidio armeno era di natura tale da influenza le tendenze e la mentalità dei nazisti, soprattutto di Adolf Hitler, e di facilitare quindi l’adozione di un piano genocidario simile a quello che era stato adottato contro gli Armeni? 2) In quale misura l’istituzione del tribunale di Norimberga da parte degli Alleati subito dopo la seconda guerra mondiale fu il risultato anche della netta percezione che forse esisteva un legame fra il genocidio armeno e l’olocausto ebraico e che, di conseguenza bisogna punire assolutamente i responsabili di un genocidio per impedire che questo crimine sia commesso nuovamente?
Io credo che gli indizi che abbiamo presentato, e che certamente non esauriscono la materia tendono a fare rispondere di sì, sia in un caso che nell’altro. E lo studio che non si più arrestato sui meccanismi genocidali, questo frutto avvelenato e tremendo della modernità (e dell’uso distorto in campo sociologico di teorie scientifiche, quali il concetto di evoluzione) contribuisce, a mio modesto parere, a confermare l’assunto secondo cui è la speranza dell’impunità uno degli elementi fondamentali dell’orrore. Un mese dopo l’inizio del genocidio, il 24 maggio del 1915 gli Alleati in una dichiarazione congiunta mettevano al corrente la Sublime Porta “che essi riterranno personalmente responsabili tutti i membri del governo turco e i funzionari che avranno partecipato a questi massacri”, e parlavano di “crimine contro l’umanità e la civiltà”. Penso che si possa leggere in queste righe, oltre all’introduzione del concetto di crimine contro l’umanità, anche la base giuridica fondamentale di Norimberga. Purtroppo alla fine della Prima Guerra Mondiale i vincitori non ebbero la forza di essere nei fatti all’altezza delle loro dichiarazioni. Come si diventa possibili vittime Le cronache dell’orrore sono sempre diverse, e sempre eguali. Volutamente in questa esposizione ho voluto toccare il meno possibile le corde dell’emotività, anche se dalle testimonianze stesse degli ufficiali e dei soldati tedeschi (ottocento ufficiali, e dodicimila soldati) durante la prima guerra mondiale si ha un campionario di crudeltà difficile da eguagliare, dalla perversione di un ufficiale turco il “maniscalco” che faceva applicare ferri da cavallo ai piedi degli armeni, all’uccisione di bambini, a centinaia, schiacciati fra due tavole di legno e poi bruciati vivi.
Ci interessa più di questo esaminare, sia pure brevemente, le vie che conducono al genocidio. Esistono similarità impressionanti fra genocidio armeno e Shoah anche nella fase che precedette l’attuazione pratica. Uno degli elementi comuni era lo status di inferiorità a cui erano assoggettati per lungo tempo sia l’uno che l’altro popolo; che ha conseguenze pratiche - per esempio la proibizione all’accesso a certi uffici di potere, o la possibilità di armarsi - ma causa anche una forma di indebolimento della psiche collettiva della popolazione oggetto della discriminazione. Essere trattati come un diverso, e inferiore, fa sì che uno si senta diverso e inferiore. La proibizione a compiere certe carriere ha indirizzato Armeni ed Ebrei di successo verso commercio e industria; il che li rendeva ancora una volta”diversi” , invidiati e vulnerabili. Poi c’è la componente delle circostanze.
Non è un caso che sia l’uno che l’altro genocidio sia avvenuto nel corso di un conflitto di proporzioni gigantesche. E’ quella che si chiama la “struttura circostanziale” ideale per un gruppo dirigente spietato per portare a termine un’operazione criminale. L’esecutivo può disporre di poteri straordinari, e sotto l’ombrello dell’emergenza compiere atti impossibili in tempi normali. Veramente non voglio abusare della vostra pazienza, ma le coincidenze nei vari passaggi sono troppo stringenti per non colpire l’attenzione di chi osserva da vicino il modo in cui milioni di persone innocenti furono mandate a morti atroci. Il primo passo, sia in un caso che nell’altro, avviene con la sospensione o l’esautorazione del Parlamento, in modo che sia possibile promulgare leggi “ad hoc” per colpire una categoria di persone. Si apre la strada alla seconda fase (e anche questo si è verificato sia in Turchia che in Germania) e cioè alla promulgazione di leggi temporanee, che danno una parvenza di legittimità all’operazione. La terza fase consiste nell’indebolimento della possibile resistenza delle vittime. Si comincia con una serie di arresti tesi a decapitare le comunità dei loro leader, e che spesso finiscono con l’uccisione delle persone interessate. Infine, previa la separazione degli uomini dalle donne e dai bambini, per rendere più fragile la capacità di resistenza, si mette in opera il progetto finale, mascherandolo in genere con termini rassicuranti: spostamento in altre zone per ragioni di sicurezza, e deportazione verso un luogo che in realtà non esiste, o esiste solo come buco nero finale.
Una misura collaterale è l’esproprio, in qualche forma dei beni delle popolazioni colpite. Veramente un esame, anche nei dettagli, come i campi di concentramento, nel Calvario dei due popoli porterebbe via molto tempo. Esiste ormai anche nel nostro paese, per fortuna, una letteratura che si va facendo sempre più ampia, e più documentata, e che rende di giorno in giorno più debole la posizione dei negazionisti.
Non si può, non si deve tacere
E a questo punto, al termine di questo piccolo lavoro, mi sento di dover fare un modesto, sommesso appello. Credo che sia necessario davvero che da questa casa della Memoria, che è memoria soprattutto delle sofferenze di un popolo, si levi una parola ferma e chiara contro ogni negazionismo. E’ una testimonianza che dobbiamo alle vittime innocenti, di ogni genocidio. Chi tace, per qualsiasi ragione lo faccia – e si trovano sempre ottime ragioni per tacere – è complice degli assassini, di ieri e di oggi.
Il "meglio" delle chiavi di ricerca di marzo 2009
"cinzia amico": vedi qui
"patto della camilluccia: vedi qui
24 novembre 1956 che guevara scrive alla mamma: vedi qui
associazione che aiuta i bambini del caucaso: vedi qui
battute spiritose su caffè juventino: strano che un "viola" come me non ne conosca...
cavalli da chiedere a babbo natale: addirittura cavalli?
cerco troia x scopare subito e gratis a modica o ragusa: hai sbagliato blog
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23 aprile 2009
22 aprile 2009
Haiku? (XII)
è a Samarra e nessuno
ritarda mai
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"Io ti ho amata"
lo ha scritto quel russo
che mi ha tradotto
Vedi: Haiku?, Haiku? (II), Haiku? (III), Haiku? (IV), Haiku? (V), Haiku? (VI), Haiku? (VII), Haiku? (VIII), Haiku? (IX), Haiku? (X), Haiku? (XI)
21 aprile 2009
20 aprile 2009
Medvedev intervistato dalla "Novaja gazeta"
La dichiarazione di Medvedev. Anno 2009 |
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Nell'intervista alla “Novaja gazeta” il presidente russo ha parlato di sazietà e di libertà, delle elezioni a Soči, del “caso JUKOS”, della propria non appartenenza a un partito, di censura a Internet e di “riabilitazione della democrazia”
Il presidente russo Dmitrij Medvedev ha risposto alle domande della “Novaja gazeta” il 13 aprile nella residenza di Gorki [1]. Questi ha fatto notare che “questa è la sua prima intervista ad un organo di stampa russo, ma la pratica proseguirà anche con altri giornali”. Su Soči “Novaja gazeta” (Muratov [2]): Vorrei cominciare con domande più generali, ma ce ne sono di urgenti. Forse sarebbe meglio cancellare le elezioni a Soči che farne un'imitazione? Un'imitazione è più cinica di una cancellazione. Il candidato Lebedev è stato di nuovo tolto di mezzo dal tribunale, al candidato Nemcov non permettono di portare avanti la campagna elettorale. D. Medvedev: Finora non so chi e come sia stato tolto di mezzo, ma in ogni caso a Soči va avanti una valida battaglia politica. Ed è bene che ad essa partecipino diverse forze politiche. A mio modo di vedere, molte elezioni municipali peccano di uniformità, la gente non ha chi scegliere, non le interessa. E' vero che i cittadini quasi sempre scelgono i politici che capiscono e non le famose star, ma più fatti netti del genere ci sono, tanto meglio per il sistema elettorale, per la democrazia nel paese. Ma per quanto riguarda le circostanze concrete, alle elezioni ci saranno sempre candidati che perdono, candidati che vengono tolti di mezzo, è così in tutto il mondo. Ma in generale penso: per la democrazia campagne così nette sono un bene. Il patto sociale. Di nuovo a proposito di salame e di libertà “Novaja gazeta”: Il 15 aprile lei terrà il Consiglio presidenziale per la società civile e i diritti umani. Sono stato contento quando ho visto nella lista di questo consiglio persone intelligenti e a modo. Auzan [3], Simonov [4], Svetlana Sorokina [5], Panfilova Elena [6], Jurgens [7], Irina Jasina [8] e non li ho detti ancora tutti. Ho capito bene che la società civile oggi è per Lei più importante della società della “gente in borghese”? D. Medvedev: Sa, la società civile è per la Russia una categoria che non abbiamo ancora imparato fino in fondo a recepire correttamente. La società civile in tutto il mondo è l'altra faccia dello stato. Lo stato non è solo una macchina politica, è quella forma di organizzazione della vita che è fondata sul potere statale e basata sulla legge. Ma la società civile è la misura umana di qualsiasi stato. Essa opera sì in ambito legale, ma secondo leggi proprie, umane, che non sempre, fra l'altro, hanno forma giuridica. Ancora non molto tempo fa molti non capivano affatto, quando gli si diceva “società civile”. “Stato” è più o meno comprensibile. Ma cos'è la società civile? La società dei cittadini? Ma noi siamo comunque in qualche modo cittadini del nostro paese. Ma ora c'è già il concetto che la società civile è l'istituto sociale inalienabile di qualsiasi stato. L'istituto dell'altra faccia. Le organizzazioni di persone che si trovano fuori dai posti di comando, ma partecipano attivamente alla vita del paese. E gli incontri, il contatto tra il presidente di un paese e i rappresentanti della società civile sono assolutamente necessari. Faccio notare: questi contatti non sono mai facili per alcun potere. Perché la società civile, i rappresentanti delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno sempre un enorme quantità di rimostranze da fare allo stato e alla leadership. Hanno moltissime domande da fare. Ma alle domande non sempre si ha voglia di rispondere. Ma proprio per questo tali contatti devono avere un carattere sistematico. Fra l'altro anche nell'ambito del Consiglio da Lei ricordato. Io conto sul fatto che sarà una conversazione interessante. Dura, evidentemente. Ma proprio in questo sta il suo valore. “Novaja gazeta”: Tra stato e società (più precisamente, la maggior parte di essa) per alcuni anni c'è stato un tacito accordo: lo stato garantisce un certo livello di sazietà e di comfort e la società in cambio della sazietà garantisce lealtà allo stato. D. Medvedev: Lei intende lo schema “democrazia in cambio di sussistenza” o, diciamo, “salame in cambio di libertà”? “Novaja gazeta”: Sì. Ma ora, in mancanza della sussistenza di un tempo, quale può essere il patto secondo Lei? La parola “disgelo” non la pronuncio neanche, ma uno “scongelamento”1 della società – sia pure. Con la crisi né la società, né lo stato possono farcela da soli, bisogna parlare in qualche modo. D. Medvedev: Il contratto sociale, certamente, è una delle più luminose idee umane, che, senza dubbio, ha giocato un ruolo significativo nello stabilimento degli istituti democratici nel mondo. Le fonti dell'idea di Rousseau sono note, ma se si parla della lettura moderna del contratto sociale, allora direi che questa costruzione è alla base della nostra Costituzione. Anche la Costituzione è un accordo speciale tra lo stato da una parte e i cittadini di questo stato dall'altra. “Novaja gazeta”: Un accordo su cosa? D. Medvedev: Sul modo di esercitare il potere sul territorio del nostro stato, del nostro paese. In questo contesto il contratto sociale significa la trasmissione allo stato di una parte dei poteri che in forza del diritto naturale appartengono alla persona. Perché questo le garantisca sussistenza, vita e libertà. Ma mi pare che in nessun caso si possa contrapporre una vita stabile e buona all'insieme dei diritti e delle libertà politiche. Non si può contrapporre la democrazia alla sazietà. D'altra parte è certo chiaro che i diritti e le libertà inalienabili dell'uomo e del cittadino possono essere minacciati, se la società non è stabile. Se in essa non viene garantita la sussistenza elementare. Se le persone non si sentono difese, se non ricevono gli stipendi, se non possono comprare le provviste fondamentali, se la loro vita è minacciata. Perciò nella Sua domanda per me non c'è contraddizione. Per me è evidente che le radici del contratto sociale non sono solo nelle note teorie del XVII-XVIII secolo, ma anche nella nostra Costituzione. “Novaja gazeta”: Sostiene la coesistenza in Russia di libertà e sussistenza? D. Medvedev: Sì. Il funzionario. I suoi redditi, i suoi compiti, sua moglie, i suoi diritti “Novaja gazeta”: La principale funzione della società al giorno d'oggi è certamente il controllo sulla burocrazia. Su quei compiti, quei servizi, che la burocrazia fornisce a questa società. Come si può, secondo Lei, esercitare questo controllo? Tutto il paese ha letto le dichiarazioni dei redditi e delle proprietà dei Suoi sottoposti e di quelli del primo ministro. D. Medvedev: A tutti, probabilmente, è piaciuto leggere questo? “Novaja gazeta”: Sì, è piaciuto. A dire il vero, non si capisce chi controllerà l'autenticità delle dichiarazioni. Nel nostro paese da qualche giorno è sorta una potente comunità di “miseri” mariti di mogli facoltose… D. Medvedev: Sa, il compito di controllare la burocrazia, i funzionari è uno dei compiti fondamentali di qualsiasi stato. Lo stato deve controllare la classe dei propri funzionari, che, propriamente, serve questo stato. E certamente si tratta delle più diverse procedure di controllo. Di questo abbiamo cominciato ad occuparci già abbastanza presto e non posso dire che abbiamo ottenuto grandi successi. Ma se si parla, diciamo, della situazione degli anni '90 e della situazione attuale, io ritengo comunque che questa sia migliore. Gli schemi di controllo come minimo hanno già le loro procedure giuridiche e come uomo con un pensiero giuridico posso dire che le procedure hanno un significato molto importante. E da quanto si applicano dipende l'ordine legale nella società nel suo complesso, dipende la conoscenza giuridica, dipende il livello dello stesso nichilismo giuridico di cui ho parlato più di una volta. Perciò ora da noi c'è una sufficiente quantità di procedure. Qualche tempo fa abbiamo cambiato la legislazione sul servizio statale. Io, fra l'altro, ho cominciato ad occuparmi di questo quando ancora lavoravo nell'amministrazione presidenziale. Abbiamo approvato una legge moderna assolutamente eccellente sui fondamenti del servizio statale, abbiamo approvato leggi su diversi tipi di servizio statale e questo lavoro continua, là ci sono molte novità. Non molto tempo fa abbiamo approvato un intero pacchetto di leggi anticorruzione e di emendamenti alla legislazione sul servizio statale, tra cui quelli che presuppongono la dichiarazione dei redditi e una serie di altre cose serie e utili. A mio modo di vedere, il problema principale ora consiste non nell'assenza di atti normativi sul controllo, ma nella loro inderogabile applicazione. Questo, certamente, è la cosa più difficile. Perché quando la burocrazia si propone di controllare se stessa, questo certamente non soddisfa, lo capisco. Ma bisogna fare in modo che queste procedure siano comunque osservate, anche se a nessuno piace controllare se stesso, a nessuno piace costringere se stesso entro margini ristretti. Ma una società civilizzata si distingue anche in questo da una poco civilizzata, per il fatto che comunque ha imparato a farlo. Per quel che riguarda le dichiarazioni, questo è solo uno degli istituti di controllo. E' importante, ma non è tutto, certamente. Non è affatto male, che per la prima volta in tutta la storia dello stato russo (questo non c'è mai stato – né sotto lo zar, né sotto il potere sovietico, né nella storia più recente) tutte le più alte cariche abbiano non semplicemente scritto per il fisco, per esempio – quali siano i loro redditi e quelli dei loro parenti più stretti, ma l'abbiano presentato al popolo. Ecco un'abitudine che deve formarsi e che non deve dare allergia. Certamente mi potrebbero chiedere: la pubblicazione delle dichiarazioni significa che abbiamo posto sotto controllo tutte le alte cariche e gli altri funzionari? Certamente no! Ma come minimo il primo passo nella direzione assolutamente giusta è stato fatto. E se una persona di anno in anno dichiara i redditi, e per le alte cariche questa non è semplicemente una dichiarazione, ma, ripeto, anche una pubblicazione di documenti – come minimo questa persona deve pensare qual è la natura della proprietà che acquisisce e con quali mezzi questo acquisto viene fatto. Fra l'altro noi, certamente, non dobbiamo permettere cose umilianti per la persona. Io ritengo che i nostri funzionari sono cittadini russi come tutti, che adempiono una missione molto utile. “Novaja gazeta”: Cittadini russi come tutti? D. Medvedev: Assolutamente come tutti gli altri. “Novaja gazeta”: Solo che hanno le sirene. D. Medvedev: Beh, non tutti davvero. Questa è comunque una certa, diffusa opinione erronea. Da noi ci sono milioni di persone che ricoprono cariche, di servitori dello stato, ma tra questi ha diritto a particolarità di spostamento di questo tipo solo un numero insignificante. Così sia la dichiarazione, sia altre forme di controllo creano una catena di avvenimenti, che alla fine deve formare la storia della persona. “Novaja gazeta”: La storia creditizia del burocrate? D. Medvedev: E perché no? E' assolutamente la stessa persona. Ecco, Lei ha parlato, per esempio, delle mogli. In primo luogo, ritengo che ogni persona possa determinare a modo proprio come organizzare la vita nella propria famiglia. E non c'è niente di particolare nel fatto che le mogli dei funzionari si occupino di affari, no. La questione è un'altra: quanto è trasparente questo? E certamente nel fatto se non ci sia qui un conflitto di interessi. Se, mettiamo, un'alta carica si occupa della regolamentazione dei processi di questo o quel settore e suo marito o sua moglie lavorano per una grande compagnia di quel settore, questo non è etico. Ma se si tratta di qualche altro business – non c'è niente di terribile. E' così in tutto il mondo. Non c'è alcun tabù sul fatto che i coniugi delle alte cariche si occupino di affari, non esiste. E' una questione di misura e di cultura interna. E le azioni per la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi delle principali alte cariche e dei loro parenti prossimi devono creare questa cultura. Forse non di punto in bianco. Ma ripeto ancora una volta, si crea già una certa storia. La storia della singola persona come leader e la storia della sua famiglia. Questo, fra l'altro, potrebbe essere spiacevole, perché non sempre si vorrebbe, che qualcuno giudicasse i redditi di tuo marito o di tua moglie. Ma questo è parte dell'immagine pubblica del funzionario. Ma ogni persona ha una scelta! Si può restare nel mondo degli affari e in modo assolutamente legale, ma allo stesso tempo fare soldi alla chetichella senza pubblicare alcun resoconto. Il segreto bancario in Russia dev'essere garantito come in ogni altro paese. Ma si può scegliere un altro percorso. Si può entrare a far parte dei servitori dello stato, diventare funzionari, ma in questo caso una persona, che in particolare “pensa al futuro”, che struttura in modo corretto la propria carriera deve capire che in qualche momento tocca rivelare parte della propria vita privata. Questa è una scelta consapevole, ma chi la compie deve capire che è inevitabile. E questo può procurare fastidi alla sua famiglia. “Novaja gazeta”: Ma Lei personalmente ha percepito una reazione negativa dei funzionari? O nei confronti della Sua decisione – pubblicare le dichiarazioni – sono stati comprensivi? D. Medvedev: Beh, sa, il ruolo di presidente libera dal dover ascoltare la reazione negativa dei funzionari. Ho preso una decisione e tutti devono eseguirla. Sui tribunali e sull'“affare Chodorkovskij-Lebedev” “Novaja gazeta”: Dmitrij Anatol'evič, dal “tribunale del popolo”, quando si pubblicano, si espongono le dichiarazioni e appare la “storia creditizia” dei funzionari, si vorrebbe passare al Suo tema preferito: ai tribunali e alla loro indipendenza. Vorrei fare domande sul “secondo caso JUKOS”. Prevediamo al Suo posto la conclusione di questo caso? La conclusione del primo caso per la maggior parte delle persone che se ne sono interessate è stata, ahimè, chiara. Ma prevediamo la conclusione adesso? Mi è giunta una lettera del genere: forse Medvedev per la prima volta telefonerà ai giudici, fra gli altri al giudice del “caso JUKOS” e dire: tu sei indipendente, tu sei indipendente, ti ricordo, tu sei indipendente, tu sei indipendente, tu sei indipendente! Ecco un comando manuale per il ristabilimento della cultura giuridica… D. Medvedev: Posso dirLe che ogni comando manuale ha in se perdite molto grandi. Non parlo neanche del processo. Semplicemente è necessario aspirare al fatto che la macchina dello stato funzioni in regime di ragionevole automatismo. Adesso per quanto riguarda i tribunali e il processo concreto. Io qui rispondo abbastanza brevemente. Forse per qualcuno prevedo la conclusione di questo o quel caso. E' questa libertà la felicità della persona che non è investita di obblighi di stato, ma è, mettiamo, un analista libero e dice: io penso che andrà così! E poi dice: ecco che è andata così! Oppure – pardon, mi sono sbagliato. Ma per un servitore dello stato, e tanto più per il presidente, non può esserci alcuna libertà del genere nel fare commenti. La previsione di un verdetto, di una condanna da parte del presidente è contraria al diritto. E' il segno di un'infrazione della legge. Ma per tutti gli altri commentatori liberi è una faccenda personale. Per i servitori dello stato e per il presidente non dev'esserci alcuna previsione su alcun processo. “Novaja gazeta”: Lei ora ha quasi ripetuto l'eccellente frase del XVIII secolo dell'imperatore Federico (cito una lezione di M. Mamardašvili [9]). Quando Federico volle togliere un mulino a un mugnaio, il mugnaio gli disse : “Signor Imperatore, oltre a Voi nel vostro paese ci sono anche i giudici…”. E Federico, dopo aver lasciato il mugnaio in pace, ordinò di scrivere sulla sua residenza: “Signor Imperatore, oltre a Voi nel vostro paese ci sono anche i giudici…”. Buon per il mugnaio. Oltre all'imperatore aveva i giudici. D. Medvedev: Ci sono anche altre sentenze su questo tema. Per esempio: “Tutto il sistema politico esiste solo perché i giudici possano espletare la loro funzione in modo indipendente”. Così disse Hume. “Novaja gazeta”: Ed è un pensiero splendido… Una tessera di partito per il presidente “Novaja gazeta”: Prima di passare a questioni di beneficenza, vorrei farle una domanda. Ci sono giunte voci. Lei non intende diventare membro di un partito? Forse anche di quelli al governo? D. Medvedev: Ma io non molto tempo fa ho parlato su questo tema, quando mi sono incontrato con “Russia Unita” [10]. E ho detto che nel nostro paese ora esiste la tradizione del “presidente senza partito”. E in un determinato periodo storico, io ritenevo e ritengo così, questo è giusto. Se volete – per via dello scarso sviluppo del nostro sistema politico. Questo deve svilupparsi, deve diventare più maturo. Ciò non significa che si possa mettere la croce su un presidente di partito e dire che questo è impossibile per il nostro paese. In altri paesi diventano presidenti persone che sono sia membri di partiti, sia leader di movimenti politici. Da noi finora non è così. La domanda è: quando saremo pronti per questo? E' una questione di pratica politica. E' una questione di vita politica. “Novaja gazeta”: Cioè bisognerà fare tra qualche tempo anche riforme del sistema elettorale perché sia garantita una reale concorrenza tra i partiti? D. Medvedev: Io ritengo che sia la legislazione elettorale, sia la legislazione sul modo di svolgere le elezioni, sia la legislazione sui partiti, sia la legislazione sulle formazioni sociali siano abbastanza mobili. A mio parere si possono e si devono cambiare periodicamente. Come in altri paesi è avvenuto ed avviene. E nel nostro paese questo è un processo del tutto normale. Io sarei molto più prudente, diciamo, nel cambiare la legislazione civile, che determina la situazione patrimoniale dei nostri cittadini, il diritto di proprietà nel paese, gli istituti di arbitrato, gli istituti di successione, perché queste sono cose fondamentali. Il Codice di Napoleone è stato approvato 200 anni fa. E niente, funziona, nonostante che in esso vi siano molti anacronismi. Ma nessun cambiamento deve porre in dubbio le basi fondamentali dell'ordine costituzionale. Sulla beneficenza e la misericordia “Novaja gazeta”: Giorni fa (Lei probabilmente l'ha visto nei blog) si sono giustamente agitate le “Madri di Beslan”. Ai tutori e ai genitori rimasti vivi è stato richiesto il pagamento delle tasse per la vita e l'istruzione dei loro figli nel liceo “Koralovo”2. Lo stato non spende soldi per esso, ma esige il pagamento delle tasse. E questo non è un caso particolare. Quando io come privato cittadino verso soldi per la cura di un bambino malato, so che ai genitori richiederanno un imposta del 13 per cento, come da un reddito! Chi riceve questi soldi, appena li ha raggranellati per la cura del bambino (ci sono molti esempi in questo senso), deve piangere, ma andare e pagare. Forse ha senso cambiare la legislazione sulla beneficenza? D. Medvedev: La legislazione sull'attività benefica ha bisogno di perfezionamenti. Il problema, come al solito, è nei dettagli. Ci sono casi del tutto evidenti, quando si parla di attività benefica e si presta aiuto a bambini malati e agli anziani. E ci sono cose meno evidenti, quando sorge la tentazione di indirizzare per quel tipo di canale soldi per il raggiungimento di scopi commerciali. Bisogna imparare (con l'aiuto della legge) a distinguere i soldi diretti alla beneficenza da quelli diretti al raggiungimento di scopi commerciali. “Novaja gazeta”: E bisogna rendere più facile alla gente compiere buone azioni. Mettiamo: hai visto in un giornale la foto di un bambino malato, sotto di essa c'era il numero di un operatore di telefonia cellulare, l'hai chiamato e ti hanno detratto soldi dal tuo conto. L'accessibilità di una buona azione è assoluta. Ma le compagnie telefoniche prendono percentuali impensabili su questo servizio e tutto perde senso. D. Medvedev: Buona idea. Tutto dev'essere fatto molto rapidamente e fra l'altro l'accessibilità alle buone azioni dovrà essere la stessa per i ricchi e per i poveri. La beneficenza è importante su larga scala (per stimolarla abbiamo approvato una legge per la creazione di fondi a questo scopo) e nel piccolo. Questa, peraltro, non ha minor valore. Ho sempre fatto questo esempio: perché per qualche motivo ci vergogniamo a tirar fuori di tasca 100 rubli [11] e inviarli a un fondo per il sostegno ai bambini malati o per il sostegno alla propria università, in cui si è studiato. Perché? Perché abbiamo dei dubbi. Beh, cosa 100 rubli? Penseranno che li prendi in giro. Ma per qualche motivo in altri paesi non ci vergogniamo a mandare un dollaro, anche uno solo, alla propria università o alla municipalità della propria città, perché la gente pensa che agire così sia perfettamente normale… E bisogna aiutare in qualche modo importanti iniziative sociali. Mi sembra che questo sia molto giusto – far del bene indipendentemente dallo status, con qualsiasi somma. E' opportuno dire che una pratica del genere c'è. La Sberbank [12] ha fatto un'azione interessante. Hanno cominciato ad emettere carte di credito particolari. Se prendi una carta del genere, sottoscrivi anticipatamente che di qualsiasi tua spesa qualcosa, una piccola percentuale dell'acquisto, andrà in beneficenza3. “Novaja gazeta”: Le trovate in campo sociale sono cose importanti e spesso non richiedono spese serie. Noi insieme al Comitato delle madri dei soldati di Valentina Mel'nikova e ad alcuni distretti militari abbiamo condotto un esperimento – abbiamo dato telefoni cellulari alle reclute. Beh, perché in caso di necessità telefonassero alla procura, alla mamma o alla ragazza. I casi di nonnismo, come ci hanno comunicato, si sono decisamente ridotti. A questa tariffa, mettiamo: “da soldato”… E verso la fine del servizio – “da congedato”… D. Medvedev: Buona idea. I crimini compiuti nell'esercito sono pericolosi prima di tutto per la loro latenza, perché al procuratore militare, all'inquirente militare ne giunge solo una percentuale molto insignificante, per non parlare della prospettiva di un processo. Ma i mezzi di comunicazione moderna certamente aiutano. Le nonne salveranno la Russia “Novaja gazeta”: Non molto tempo fa abbiamo pubblicato un articolo dalla città di Majskij. Forse Lei ha sentito questa storia, è legata a Lei. Nella città di Majskij in Kabardino-Balkarija [15] è corsa voce che presto sarebbe arrivato Medvedev, in quanto Medvedev ha una nonna che vive là da quelle parti. E che fanno le autorità, non potendo trovare la nonna? In ogni caso a Majskij hanno allungato le strade dappertutto. Hanno portato via tonnellate di spazzatura, hanno pavimentato la piazza cittadina, hanno messo una fontana. La gente è contenta. Penso che se spandessero voci sulle nonne di Medvedev, di Surkov [16], di membri del governo in varie città, forse le autorità locali si risveglierebbero per la paura. D. Medvedev: Non è una cattiva tecnica… Capisco di cosa si parla. Un tempo in Kabardino-Balkarija e proprio nella provincia di Majskij, se ben ricordo, lavorava mio nonno come segretario del comitato provinciale del partito. A dire il vero, è stato molto tempo fa, è stato più di 60 anni fa, comunque. Forse da questo è venuta fuori la notizia… Internet e televisione. Gradi di libertà “Novaja gazeta”: Internet è uno dei pochi spazi pubblici di discussione. Lei pensa che i funzionari cerchino continuamente di mettere la Rete sotto controllo? D. Medvedev: Penso che non sia così. Internet non è semplicemente uno dei pochi, ma, a mio modo di vedere, il migliore spazio di discussione e non solo nel nostro paese, ma anche in generale, perché non c'è niente che sia stato inventato di più socialmente rilevante, niente che entri più attivamente in ogni casa e che allo stesso tempo crei la possibilità di creare comunicazione diretta, di Internet. Nei confronti di Internet ho espresso più di una volta la mia posizione e posso dire ancora una volta – dobbiamo creare da noi condizioni normali per lo sviluppo di Internet. Come persona abbastanza profondamente immersa in Internet e che la usa ogni giorno abbastanza intensamente, ritengo che dobbiamo avere una normale base giuridica per il suo sviluppo nel nostro paese – giuridica e organizzativa. Perché senza una base organizzativa, ne ho parlato poco tempo fa, Internet nel nostro paese non si svilupperà. Non molto tempo fa ho presenziato al lancio della tecnologia WiMAX4 in Armenia e ho semplicemente invidiato i nostri amici armeni, perché sono una piccola repubblica e hanno subito coperto tutto – tutto, in generale. Si può andare per il loro territorio e guardare la televisione in macchina: con l'aiuto di Internet il segnale giunge a grande velocità. Da noi c'è un'altra situazione, abbiamo un paese enorme e perfino per far comparire Internet nelle scuole servono molti soldi, grandi risorse organizzative, l'interesse dello stato. Mi sono occupato personalmente di questo. E' molto bene che comunque abbiamo portato Internet in tutte le scuole e che con questo ha cominciato a svilupparsi anche nei piccoli centri abitati, lontani dal centro del paese. Quanto alla regolamentazione giuridica di Internet – questa deve essere ragionevole. Non dobbiamo correre avanti a tutto il pianeta, dobbiamo pensare in che modo creare l'involucro giuridico che da una parte permetta a Internet di svilupparsi, dall'altra blocchi i crimini che si possono compiere con l'uso di tecnologie Internet. Ma in nessun caso si può guardare a Internet come a un qualche potenziale ambiente criminale più pericoloso di altri. Internet non è il male assoluto. “Novaja gazeta”: Nel nostro giornale abbiamo riportato le parole del grande analista e scrittore Dmitrij Oreškin – in URSS non si poteva creare un computer, in quanto persino le fotocopiatrice erano sotto il controllo del KGB. E di avere un proprio calcolatore elettronico non l'avrebbero permesso a nessuno. Ma per la modernizzazione c'è bisogno di uno spazio particolare, libero. E Lei oggi ha parlato di elezioni, di controllo sulla burocrazia, di Internet. Ciò significa che il presidente Medvedev intendeva riabilitare la democrazia in Russia? D. Medvedev: Sa, io penso che la democrazia di per se non abbia bisogno di alcuna riabilitazione. La democrazia è una categoria storica e allo stesso tempo pienamente nazionale. Perciò da nessuna parte la democrazia richiede una riabilitazione. La questione è un'altra: per molti nostri cittadini i difficilissimi processi politici e soprattutto economici degli anni '90 in un qualche momento si sono fusi con l'avvento dei principali istituti democratici nel nostro paese e per loro questo è stato un tempo molto difficile. Che ha marchiato anche la recezione del termine stesso. Ma questo riguarda più l'esperienza personale che il rapporto con l'istituzione nel suo complesso. Perciò non penso che abbiamo bisogno di riabilitare la democrazia. La democrazia c'era, c'è e ci sarà. “Novaja gazeta”: Giorni fa ho visto il film di Andrej Chržanovskij su Brodskij, lì c'era una frase notevole: “La disumanità nel nostro paese è sempre stata più facile da organizzare di qualsiasi altra cosa”. La disumanità, in effetti, è sempre più facile, ma la giustizia e la libertà sono sempre più difficili. Le auguro di aver successo per la strada difficile. D. Medvedev: Grazie. Non posso non essere d'accordo, è davvero più difficile… 1 Termine usato da A. Auzan. 2 Il liceo è stato creato da M. Chodorkovskij per gli orfani e per i bambini , i cui genitori (o essi stessi) abbiano sofferto a causa di atti terroristici o per aver vissuto in punti caldi. Nel liceo lavorano i suoi genitori. 3 La Sberbank insieme al fondo di Čulpan Chamatova [13] “Podari Žizn'” [14]. 4WiMAX è una tecnologia di telecomunicazioni per molti apparecchi, dai computer ai telefoni cellulari. Accesso alla Rete ad alta velocità, standard IEEE 802.16. 15.04.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/039/01.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
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[1] Località nei pressi di Mosca.
[2] Dmitrij Andreevič Muratov, direttore della “Novaja gazeta”.
[3] Aleksandr Aleksandrovič Auzan, economista ed esponente della società civile.
[4] Aleksej Kirillovič Simonov, regista, scrittore e attivista per i diritti umani.
[5] Svetlana Innokent'evna Sorokina, giornalista non particolarmente allineata.
[6] Elena Anatol'evna Panfilova, giornalista, membro dell'associazione “Transparency International” per la libertà di informazione.
[7] Igor' Jur'evič Jurgens, imprenditore molto attivo sul fronte della libertà di informazione.
[8] Irina Evgen'evna Jasina, giornalista.
[9] Merab Konstantinovič Mamardašvili, filosofo georgiano (1930-1990).
[10] Il “partito del potere”, che porta semplicemente avanti la politica di Putin.
[11] Circa 3 euro.
[12] Abbreviazione di SBERegatel'nyj BANK (Cassa di Risparmio), la principale cassa di risparmio russa.
[13] Čulpan Nailevna Chamatova, attrice russa di etnia tatara.
[14] “Regala vita”.
[15] “Repubblica autonoma” caucasica.
[16] Vladislav Jur'evič Surkov, capo dell'amministrazione presidenziale.