I big van tutti in paradiso. Gli altri, se c'è posto
di Marco DiaferiaL'argomento è delicato, per scaramanzia se ne parla raramente. Ma le reazioni e le solite banalità susseguite alla scomparsa in questi giorni di uomini di spettacolo, di caratura diversa, ma ben conosciuti da tutti, mi hanno dato spunto per mettere giù a ruota libera alcune riflessioni.
Desidero qui parlare dei cosiddetti Novissimi. Ovvero "morte, giudizio, inferno o paradiso", termini che imparai in quell'ultimo strascico di preconcilio che vissi io come tutti quelli nati alla fine degli anni '50, quando si faceva la Cresima in III elementare una settimana dopo la Prima Comunione e si studiava il Catechismo un po' su quello di S. Pio X e un po' sui primi volumi quadrati e coloratissimi del nuovo corso della Chiesa.
Quei Novissimi si sono piazzati nella mia testa per sempre: in seguito ho avuto occasione di chiarire e approfondire questi concetti, grazie ad incontri e letture. Ho capito soprattutto, diventando adulto e dovendomi confrontare con le mie debolezze e con un mondo dove il bene è tanto difficile da trovare e da vivere, che la Salvezza non potrà mai passare dai miei infimi meriti, ma solo attraverso quelli senza limiti di Cristo Gesù.
D'altronde il Vangelo parla chiaro: la porta è stretta, la possibilità di finire nella Geenna è reale. Insomma, il giudizio particolare, quello finale, l'inferno, il paradiso, ecc. non sono invenzioni della Chiesa e la faccenda va presa molto seriamente, perché è l'unico avvenimento veramente irreversibile della nostra esistenza.
E si parla di eternità, un concetto che a pensarci ci vengono le vertigini. In parole povere, ognuno di noi ha un inizio, ma non ha mai una fine. Solo una piccolissima parte di questa esistenza la si passa sul pianeta Terra in mezzo ad altri nella nostra stessa situazione. Qui, in un tempo più o meno infinitesimale, ci si gioca il dove e il come passeremo il resto di tutta la nostra vita. Una cosa che fa venire i brividi, un mistero.
Davanti a questo, ogni uomo ed ogni donna dovrebbe tentare di fare di tutto per prepararsi un avvenire di gioia. E invece non ci pensiamo e magari allegramente ci facciamo condurre come idioti da chi, il diavolo (anche questo, non è un'invenzione dei preti), si diverte semplicemente a vederci andare "dov'è pianto e stridore di denti" (leggasi a tale proposito le visioni di mistici o veggenti di secoli diversi, sorprendentemente concordanti).
Nei secoli cristiani, intendo dire quelli in cui buoni e cattivi, ricchi e poveri, principi e plebei, suore e cardinali, sani e malati erano tutti accomunati dalla stessa Fede, la paura del Giudizio e di quello che poteva succedere dopo era ben presente in tutti. E le penitenze per lavarsi dai peccati erano severissime - altro che gli Ave-Pater-Gloria di oggi - per tutti, dai re, all'ultimo dei popolani. Tale spirito è riscontrabile in quel capolavoro della letteratura, e non solo, che è la Divina Commedia, dove la Giustizia divina sembra non guardare in faccia a nessuno.
Ed oggi? Siamo in un'epoca che si ritiene presuntuosamente superiore a tutte le altre; eppure, quando affrontiamo tematiche fondamentali come la vita e la morte, dimostriamo una stoltezza ed un infantilismo da far paura. Sul primo aspetto basta vedere il furbo discettare su quando un essere umano "nasce" veramente, dove domina solo l'ideologia e non la razionalità, visto che oggi come non mai proprio la scienza e la tecnologia ci aiutano a capire quanto è già essere umano l'embrione.
Ma anche sulla morte e, soprattutto, sul destino finale dell'uomo, si va dall'assoluto disinteresse alla Veronesi (siamo come animali, quindi si conclude il ciclo biologico e diventiamo ottimo concime) a visioni che sanno più di dottrine orientali che di cristianesimo.
È il campo in cui maggiormente si vede cosa significhi quella "Fede fai da te" di cui tante volte parla il Papa. Questa religione buonista, e pertanto "diabolica", non fa altro che cancellare il senso del peccato e delle responsabilità di chi lo compie davanti a Dio. E con questo si annulla pure il significato della Redenzione: che cosa è venuto a fare Cristo, se tutti noi siamo innocenti, sempre e comunque?
Basta parlare col collega di lavoro, col vicino di casa, ma spesso pure con i propri cari per capire che più del Catechismo della Chiesa Cattolica, oggi ci misuriamo con quello che dice la Corte Costituzionale o il Di Pietro di turno.
Tolta l'evasione fiscale, l'omicidio, specie se mafioso, il furto accompagnato a violenza, qualche atto illecito nel campo sessuale (praticamente solo la pedofilia), tutto il resto va bene e quindi, visto che sono pochi i "cattivi" che compiono questi atti, tutti gli altri sono giusti e buoni. Per di più, anche i cristiani stessi ci mettono del loro, spargendo il luogo comune "che chi recita il Rosario e va a Messa è spesso peggio di chi non crede". Assurdità, visto che oggi per trovare il tempo per fare queste cose ci vuole comunque coraggio e non penso che ciò dispiaccia al Signore e alla Madonna, anche se il tizio ha magari un caratteraccio ed è pieno di difetti.
Con questo metro di giudizio a manica larghissima, possiamo metterci l'animo in pace e pensare ad un Paradiso di tipo islamico o egizio o etrusco o chissà cosa, una propaggine della nostra vita odierna, dove potremo fare i nostri porci comodi, per di più senza malattie o nuove morti. Poi c'è chi crede pure nella reincarnazione, una specie di esame di riparazione, qualora non ci fossimo comportati poi così bene.
Il pensiero corrente sul peccato si rende evidente anche in piccoli particolari. Pensiamo al significato che aveva una volta il vestito bianco per la sposa. La purezza con cui la ragazza si donava al suo sposo. Oggi, al di là di quello che vediamo sui rotocalchi, partecipiamo a matrimoni di coppie che sono anni che convivono o che hanno già il frugoletto in prima fila, con la sposa in immancabile vestito bianco, meglio se firmato e scollato.
Ma anche nel terribile momento della morte, l'uso della bara bianca era riservata solamente ai bimbi, che la Chiesa ci ha insegnato a immaginare come angioletti accanto a Gesù e Maria. Oggi anche questo segno sta per diventare inflazionato.
Intanto, a dispetto di quello che gli psicologi moderni ci dicono sulle preadolescenze anticipate e sulla presunta maggiore maturità e abilità dei giovani d'oggi rispetto a quelli del passato, vediamo in certi funerali pubblici conseguenti a terribili fatti di cronaca, che l'infanzia, con i suoi simboli di purezza, può arrivare fino ai 16-17 anni, se non oltre. Eppure ognuno di noi ha vissuto quell'età balorda che va dagli 11 ai 20 anni circa e se ci facciamo l'esame di coscienza, tenendo in una mano la Bibbia e nell'altra gli insegnamenti della Chiesa, non so chi potrebbe considerarsi tanto "angelico"… E siccome alla superficialità di questo mondo d'oggi non c'è limite, oggi vediamo scegliere anche per degli adulti quest'ultima dimora immacolata. Manco i Papi hanno avuto tanta presunzione: per i Vicari di Cristo, povere bare in legno grezzo.
Ed eccoci giunti al tema che ho anticipato nel titolo, ovvero quella sorta di santificazione mediatica, a prescindere da tutto, di qualsiasi essere umano famoso lasci questo mondo. I cosiddetti "big", i grandi della terra, che nel Vangelo non vengono giudicati molto bene, oggi sono sempre decantati come benefattori dell'umanità, rappresentanti illustri di tutti gli abitanti di una nazione, esempi di virtù umane e spirituali e via farneticando.
Chi ha ricevuto già tantissimo su questa terra in termini di ricchezze materiali ed onori (magari per aver rappresentato l'Unicef o la Croce Rossa o per aver partecipato a galà di beneficenza o cantato in concerti per scopi umanitari, ecc. ecc. ), chi se l'è goduta come non mai, facendo e disfacendo famiglie, interpretando o girando film di dubbio valore morale o cantando canzoni dai messaggi o vacui o dannosi, chi ha calcato i palchi televisivi o teatrali, chi ha fatto rotolare una palla in rete o in qualsiasi altro luogo, chi ha guidato imprese o aziende senza scrupoli, chi ha digiunato veramente o per finta per cause sbagliate, chi ha dominato stati, approvando leggi inique, chi semplicemente non ha fatto nulla, se non finire sui giornali scandalistici… ebbene, tutti costoro diventano un minuto dopo essere spirati divinità nel firmamento, star, appunto, per l'eternità.
Nessun realismo, nessun rispetto della morte come momento decisivo e drammatico per ogni essere umano. Nessun appello alla misericordia di Dio, l'unica che può salvare chiunque anche all'ultimo istante.
No, chi è stato grande in vita (grande secondo il metro del mondo), lo sarà anche nell'eternità. Dio ha bisogno, infatti, di cantanti, attori, attrici, comici, calciatori, giornalisti, scrittori, registi, dongiovanni, politici, re, regine e principesse nel suo Regno, se no che razza di vita sarebbe quella di lassù!
Vero è che la Chiesa stessa a volte è costretta a celebrare le loro esequie in grandi cattedrali, scomodando vescovi e cardinali, anche se magari il defunto non vedeva una chiesa da anni, mentre per noi anonimi fedeli – dicono – un giorno potrebbero esserci funerali senza sacerdote. Ma è pur sempre una Santa Messa non "in onore" (come dicono sempre, sbagliando, i mass-media), ma "in suffragio" del defunto, di qualunque stato sociale sia, e qualunque sia stato il suo passato.
Il nostro stato di ignoranza e di allegra stoltezza è ormai ad una grado così drammatico, che perfino il Cielo stesso da decenni si è mobilitato per richiamarci alla realtà. Tutte le apparizioni della Madonna e di suo Figlio, dall'800 in poi, non fanno altro che parlarci dei Novissimi e dei pericoli che corriamo se non ci convertiamo e non ricorriamo alla misericordia di Dio, attraverso l'amore per Gesù Crocefisso. Quasi tutti i veggenti hanno veduto l'inferno, il paradiso e perfino quel purgatorio che molti hanno dimenticato. E chi ha avuto queste visioni ha trovato tutti questi luoghi pieni di anime.
L'atteggiamento cristiano verso la morte, che dovremmo di nuovo diffondere nella società, è quello della speranza e della preghiera di suffragio. Più di questo non possiamo fare. Solo per un numero infinitesimale di uomini e donne, in proporzione a tutte le persone morte da Adamo in poi, possiamo avere la certezza che sono in Paradiso. E sono i Santi e i Beati proclamati dalla Chiesa, dopo anni (decenni, a volte secoli!) di indagini rigorose e di fatti straordinari avvenuti per loro intercessione. Del destino di tutti gli altri morti, in realtà non sappiamo nulla, anche se nei nostri cuori possiamo immaginare e sperare che i nostri cari siano già nella luce di Dio. Ma la buona abitudine di celebrare Messe o recitare rosari per le anime del Purgatorio sussiste anche oggi: mentre sto scrivendo, da ogni angolo della Terra si eleva incessantemente una preghiera cristiana per i trapassati che sono nel purgatorio, per quelli conosciuti e per coloro che, per ragioni temporali, nessuno può più ricordare. Ciò significa che la Chiesa sa bene che la via verso il Paradiso è ardua e lastricata di atti d'amore e di umiltà ed di tanta tanta preghiera. E la Chiesa sa anche che alcuni vanno all'inferno. Quanti, come e perché, lo sa solo Lui.
Consiglio a tutti di tenersi sul comodino il Diario della Divina Misericordia di Suor Faustina Kowalska. In quel libro c'è tutta la drammaticità dell'esistenza umana nel momento del giudizio e anche il grande desiderio di Cristo di salvare i peccatori. Quella suora ha consumato la sua giovinezza e la sua salute per fare in modo che più anime possibile non finissero dannate.
Finché c'è vita c'è speranza, si usa dire, ed è verissimo.
Fino all'ultimo, anche chi ha vissuto una vita in ricerca o lontano da Dio, può ritrovarlo.
Ma ci deve essere questo atto di umiltà, di affidamento alla misericordia del Signore.
Nulla ci è dovuto per nostri meriti particolari, siamo servi inutili e a volte anche dannosi., ma nulla ci viene donato a dispetto della nostra libertà.
Ringrazio A.N. per questo contributo. Ringrazio anche Gianluca Grignani per avermi dato l'idea del titolo del post.
2 commenti:
By Drake
ce l'ho fatta! a pezzi, ma l'ho letto tutto.
Bè, se dovessi rispondere finirei per scrivere un articolo altrettanto lungo... però non riesco a capire se su alcune cose si fa ironia o se vengono dette seriamente
@anonimo: io penso che, in qualunque cosa si creda o non si creda, almeno dell'eternità si dovrebbe evitare di parlare con faciloneria...
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