31 luglio 2011

Kokoity parla della sua Ossezia del Sud "indipendente"

Eduard Kokoity: l'Ossezia del Sud vuol creare uno stato unito con la Russia

30 luglio 2011, 02.45

L'Ossezia del Sud si vede come un soggetto indipendente di diritto internazionale, ma aspirerà alla creazione di uno stato unito con la Russia, ha dichiarato il presidente della repubblica Eduard Kokoity.

“Stiamo costruendo uno stato indipendente, il cui popolo ricorderà sempre l'inestimabile aiuto fornitoci dalla Federazione Russa e, indubbiamente, aspireremo alla creazione con essa di uno stato unito. La Russia per noi è sempre stata, è e resta un partner e un alleato strategico fondamentale”, – ha sottolineato.

In questo contesto il capo dello stato ha dichiarato che prima dei fatti dell'agosto 2008 la questione dell'unificazione del sud e del nord dell'Ossezia era molto attuale, tuttavia con la propria sconsiderata politica aggressiva Tbilisi ha fatto di tutto perché l'Ossezia del Sud diventasse uno stato indipendente. “La Russia non ha bisogno di territori altrui e la Federazione Russa non ha intenzione di annettere il territorio della nostra repubblica”, – ha constatato Kokoity.

Il presidente ha notato in particolare che la Federazione Russa ha adempiuto pienamente gli impegni presi per fornite aiuto all'Ossezia del Sud, che è stata distrutta “non nei cinque giorni di azioni militari nell'agosto 2008, ma nel corso di tutti i diciotto anni di contrapposizione con la Georgia”.

Inoltre, secondo Kokoity, l'Ossezia del Sud ha tutte le possibilità, il potenziale e le risorse per diventare uno stato autosufficiente. “Essere mantenuti non è nell'animo degli osseti. Noi siamo un popolo lavoratore e vogliamo costruire e edificare”, – ha detto il presidente.

Secondo i presenti accordi internazionali la Russia crea tutte le condizioni perché l'indipendenza dell'Ossezia del Sud si sviluppi e si rafforzi, così trasmette le parole di Eduard Kokoity, pronunciate in un intervista al giornale giapponese “Mainichi”, il sito ufficiale del presidente dell'Ossezia del Sud.

Il capo dell'Ossezia del Sud in precedenza si era espresso a favore dell'ingresso nell'Unione di Russia e Bielorussia. Come ha scritto "Kavkazskij uzel", in merito questi, in particolare, aveva fatto dichiarazioni a fine agosto 2009, precisando al contempo, che non si trattava dell'ingresso nella Federazione Russa . Ma circa un mese prima Kokoity non escludeva l'unione dell'Ossezia del Sud alla Russia.

"Kavkazskij uzel" ha riferito che dopo il conflitto d'agosto del 2008 il presidente della Federazione Russa firmò un decreto sul riconoscimento dell'indipendenza di Ossezia del Sud e Abcasia. Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili caratterizzò la decisione della leadership russa come "un'illegalità" e la Georgia ruppe le relazioni diplomatiche con la Russia.

Nota della : vedi anche le notizie "Gli esperti russi: l'integrazione di Abcasia e Ossezia del Sud nella Russia è poco probabile", "L'Ossezia del Sud è intenzionata a unirsi allo Stato Unito di Federazione Russa e Bielorussia", "Borodin [1]: Abcasia e Ossezia del Sud potrebbero entrare nello Stato Unito di Federazione Russa e Bielorussia".

http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/189968/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


Note

[1] Pavel Pavlovič Borodin, Segretario di Stato dell'Unione di Russia e Bielorussia.

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Una lista che per Putin è morte: la "lista di Cardin"

Putin è nella “lista di Magnitskij”?




E perché il problema nucleare dell'Iran dipende da una funzionaria del fisco


Negli ultimi tempi Vladimir Putin non ha fortuna sull'arena internazionale. Prima i buyer tedeschi, sotto la pressione di Vaclav Havel, sono stati costretti a privare il grande umanista del premio “Quadriga” [1] (a dire il vero, tra i precedenti vincitori del “Quadriga” ci sono stati il leader afghano Hamid Karzai, quello turco Erdoğan e perfino il 49° imam degli Ismailiti Aga Khan IV, cosicché tra questo mucchio il nostro umanista sarebbe sembrato del tutto in armonia); poi uno psicopatico che in Norvegia ha ucciso a colpi d'arma da fuoco quasi 100 persone si è rivelato un grande estimatore di Putin e dei našisty [2]; e poi anche un'americana si è messa a danneggiarlo: Washington ha introdotto limitazioni ai visti nei confronti dei funzionari della “lista di Cardin” [3] – cioè quelli che sono in qualche modo legati alla morte in prigione del giurista del fondo di investimenti Hermitage Capital Management Sergej Magnitskij.

In risposta, come ha notato ironicamente Vladimir Nadein [4], i nostri funzionari hanno minacciato di chiudere la strada ai versamenti del clan Clinton-Obama nella nostra Sberbank [5].

La “lista di Cardin” batte sulla parte più vulnerabile del sistema. L'attuale regime non è dittatoriale, ma ladresco e in questo sta la sua differenza dall'URSS. Questi ragazzi vanno in Europa non su un carro armato, come in una barzelletta di epoca sovietica, ma volano con i propri Bombardier [6]. Comprano immobili a Nizza, mandano i propri figli a Londra, tengono i conti in Svizzera e poi arrivano sul Seliger [7] e la spiegano al gregge che “L'Occidente non ci ama”.

Questi intendono sinceramente il rafforzamento della verticale del potere come l'ampliamento della quantità di grana a loro spettante: e perché rubare se poi non si ha accesso a questa?

Il Cremlino ha lottato contro la “lista di Cardin” come ha potuto. A Washington i più altolocati senatori hanno sentito con stupore da Vladislav Surkov [8] che se avessero approvato la lista per il “reset” [9] sarebbe stata la fine. (Come dire, dove sono la funzionaria del fisco Ol'ga Stepanova e la villa a Dubai intestata a suo marito e dov'è il programma nucleare dell'Iran?)

Temo che queste minacce siano semplicemente un bluff.

La Russia di Putin, a differenza dell'Iran o della Corea del Nord, non è un paese reietto, ma un paese teppista. L'algoritmo del comportamento dei teppisti è semplice: davanti a una dimostrazione di debolezza fanno gli sfacciati, davanti a una dimostrazione di forza si intimidiscono.

La politica del Cremlino nei confronti dei paesi reietti dipende da due fattori. Il primo è la compagnia Gunvor [10] e per il clan dominante è conveniente un aumento dei prezzi del petrolio conseguente a un innalzamento della tensione internazionale e perciò aiuteranno e inciteranno sempre i reietti, anche se questo significa che l'Iran ottenga le armi nucleari, cosa che va contro gli interessi strategici della Russia.

Il secondo fattore è il fatto che il clan dominante non intende andare in proprio aiuto così lontano da trasformarsi da teppisti in reietti, perché ai reietti bloccano i conti. Proprio il carattere ladresco del regime non lo rende pericoloso per nessuno tranne che per i russi stessi e ostacola la trasformazione della Russia in una vera e propria dittatura.

Il caso Magnitskij mostra come lo stesso meccanismo che è posto alla base del sistema lo spinga anche allo sfacelo. Infatti da cosa è cominciato tutto? C'era una volta William Browder [11], che faceva strategia di green mail (la green mail è un ricatto corporativo – nota del redattore) verso le compagnie di stato russe, ma non mirava a queste. Lo tormentarono gli agenti delle strutture armate: e se il fisco avesse semplicemente attaccato Browder, accusandolo di evasione fiscale, uso di compagnie-fantoccio [12], ecc., questa sarebbe stata una storia standard, come in qualsiasi dittatura del terzo mondo.

Ma avvenne un'altra cosa: i documenti istitutivi delle ditte-fantoccio sequestrati dall'inquirente Karpov e dall'agente Kuznecov finirono nelle mani di criminali, dopo di che i nuovi padroni della compagnia con l'approvazione del capo dell'ispettorato del fisco n. 28 Ol'ga Stepanova sottrassero dal budget statale 5,4 miliardi di rubli [13].

Questo è già un eccesso. Qui non avete davanti le Filippine, questa è roba nostra, russa, irripetibile.

E' chiaro che non fu Putin a rubare quegli infelici 5,4 miliardi. Ma quando il caso emerse, allo stato toccò coprire tutti, perché così è organizzato il sistema dominante. Il funzionario ha il diritto di rubare, ma il cittadino non ha diritto di smascherarlo. Se il cittadino smaschera qualcuno, commette un reato.

Il principale problema del regime dominante sta nel fatto che la “lista di Cardin” potrebbe essere ampliata. Sia per altri casi, sia per il caso Magnitskij. Così Browder, alla domanda su chi stesse dietro Stepanova&co., ha risposto brevemente: “Un ministro”. Domanda: chi è mai questo ministro, se la sig.ra Stepanova lavorava al ministero per le Tasse e le Imposte quando lo comandava Serdjukov ed è andata alla Rosoboronpostavka [14] dopo che Serdjukov è diventato ministro della Difesa?

Julija Latynina
osservatrice della "Novaja gazeta"

28.07.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/082/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Destinato a chi si segnala nel campo dell'innovazione tecnica, economica e politica.

[2] Nome derisorio degli appartenenti ai Naši (Nostri), movimento giovanile pro-Putin con inquietanti analogie con la Hitlerjugend. Il corsivo, qui e altrove, è mio,

[3] In Russia viene chiamata “lista di Magnitskij” (vedi in seguito). Il senatore del Maryland Benjamin Louis “Ben” Cardin è stato quello che ha proposto la prescrizione degli appartenenti alla “lista di Magnitskij”.

[4] Giornalista liberale russo.

[5] SBERegatel'nyj BANK (“Cassa di Risparmio”), la principale banca russa.

[6] Aerei di produzione canadese.

[7] Lago della Russia settentrionale, sulle cui sponde si svolgono i campi estivi dei Naši.

[8] Vladislav Jur'evič Surkov, primo vice-capo dell'amministrazione presidenziale russa, “eminenza grigia” e “ideologo” del regime di Putin.

[9] Cioè il riavvio di buone relazioni con Mosca dopo l'avvento di Obama.

[10] Compagnia petrolifera legata al clan di Putin.

[11] Direttore generale della Hermitage Capital Management.

[12] Letteralmente “scimmia”.

[13] Oltre 136,6 milioni di euro.

[14] Nome non ufficiale della Federal'noe Agentstvo po postavkam vooruženija, voennoj, special'noj techniki i material'nich sredstv (Agenzia Federale per le consegne di armamenti, apparecchiature militari e speciali e mezzi materiali).

22 luglio 2011

Il "meglio" delle chiavi di ricerca di giugno 2011

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Un russo su tre vuole uno stato confessionale?

O Dio, salva lo stato




Lo stato assolve tanto orribilmente i propri obblighi che buona parte della società vorrebbe che fosse sostenuto, magari dalla chiesa


Si è compiuto. Un cittadino della Russia su tre è intervenuto contro la sua Legge Fondamentale. Ciò è avvenuto nel corso di una ricerca sociologica a livello nazionale condotta in questa primavera dal servizio di ricerca Sreda [1] insieme alla fondazione “Obščestvennoe mnenie” [2] (FOM) e resa pubblica alla fine della scorsa settimana.

Si tratta dell'articolo 14 della Costituzione, secondo cui “La Federazione Russa è uno stato laico. Nessuna religione si può stabilire in qualità di statale o obbligatoria”. Ecco che il 30% dei russi è categoricamente in disaccordo con ciò.

Questi sono convinti che la religione, concretamente – la vera e propria [3] versione ortodossa del cristianesimo – debba aver nel nostro paese uno status statale. Tre anni fa, nel corso di un analoga ricerca, i sostenitori di questa idea assommavano solo al 25%. Cosicché il rafforzamento degli umori clericali nella società si può considerare un fatto stabilito scientificamente.

A onore dell'articolo 14, il numero dei suoi sostenitori, cioè della separazione della chiesa dallo stato, è comunque ancora abbastanza grande. Anche se questa maggioranza non è già più assoluta, come qualche anno fa, ma relativa – 48%. Inoltre per ancora circa un quarto della popolazione (23%) la domanda se la Russia debba restare laica o trasformarsi in una sinfonia amministrativo-teocratica di funzionari, deputati e sacerdoti lascia semplicemente interdetti. E comunque I risultati della ricerca di Sreda e della FOM mostrano evidentemente che nella vita spirituale della società avviene qualcosa. La domanda è solo: cosa esattamente?

Le spiegazioni dell'interprete ufficiale della posizione del Patriarcato di Mosca, il protoierej [4] Vsevolod Čaplin non possono soddisfare la sana ragione, in quanto si sono rivelate ben troppo ambigue. Da una parte il capo della sezione sinodale per le relazioni tra la chiesa e la società ha rigettato categoricamente le supposizioni che la sua organizzazione religiosa anche solo per un istante pensi a uno status statale.

Tuttavia la cosa non è così semplice, in quanto Čaplin comunque interpreta i risultati della ricerca come “opinione di buona parte del nostro popolo” sul fatto che “la chiesa deve avere uno status giuridico più alto”: “Vedremo come questa (l'opinione del popolo – nota dell'autore) influenzerà in futuro queste o quelle costruzioni giuridiche politiche”.

Tradotto dalla lingua della diplomazia ecclesiastico-amministrativa ciò significa che la Chiesa Ortodossa Russa vuole conservare il proprio status relativamente indipendente dallo stato, ma tra l'altro esercitare un'influenza maggiore di adesso sulla politica dello stato. Merita ricordare che a febbraio di quest'anno il Concilio Episcopale ha già permesso agli uomini della gerarchia e ai semplici sacerdoti di presentare le proprie candidature alle elezioni degli organi di potere rappresentativo. A dire il vero, solo in casi esclusivi, quando ciò “è richiesto dall'indispensabilità di contrapporsi alle forze che aspirano a usare il potere elettorale per lottare con la chiesa ortodossa”.

Come a farlo apposta, il caso esclusivo si è verificato immediatamente. Quando a giugno, al congresso di “Causa di Destra” [5] l'economista Vladislav Inozemcev ha dichiarato che “per i pope non c'è posto nelle scuole, nell'esercito, nelle istituzioni statali” e che “la derisione delle convinzioni degli atei non è meno disgustosa dell'offesa ai sentimenti dei credenti”, questo nella Chiesa Ortodossa Russa fu preso come un attacco diretto ad essa. Finora la chiesa, per bocca del capo della sua sezione per l'informazione Vladimir Legojda si è limitata ad ammonire che “non ha futuro un leader politico che non sia pronto al dialogo con serie forze sociali”. Tuttavia, tenendo conto dell'energia con cui Michail Prochorov cerca di fare entrare il suo partito alla Duma, a settembre non è affatto esclusa la comparsa in risposta di candidati al posto di deputato con croci su petto e tonache lunghe fino al pavimento. E non c'è più alcun dubbio che gli sarà data luce verde. Non è un caso che tra quelli che insistono per il conferimento di uno status statale alla chiesa ci siano soprattutto sostenitori di “Russia Unita”.

Tra l'altro, più di tutti vogliono rendere statale la chiesa non solo i semplici “orsi” [6], ma anche ai russi che si occupano delle faccende di casa, ai cittadini poco tutelati e agli abitanti di città da 50 a 250 mila abitanti. Cioè la parte fondamentale dei rispondenti favorevoli all'abolizione dell'articolo 14 della Costituzione è costituita dagli strati sociali più diseredati dell'attuale società. In questo, soprattutto, sta anche una chiave più semplice e precisa per la comprensione della sensazionale ricerca che nel diplomatico ecclesiastico Čaplin.

Non si tratta del fatto che per la chiesa sia così indispensabile diventare statale, ma del fatto che lo stato assolve tanto orribilmente i propri obblighi che buona parte della società vorrebbe che fosse sostenuto, magari dalla chiesa. Un istituto, con tutti i suoi difetti, comunque meno corrotto e immorale.

Georgij Il'ičëv

21.07.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/079/06.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Ambiente”, “àmbito”.

[2] “Pubblica Opinione”.

[3] Qui l'autore dell'articolo fa un gioco di parole tra ortodoksal'nyj (“ortodosso” in senso generale) e pravoslavnyj (“ortodosso” in senso religioso).

[4] Equivalente di un arciprete o un vicario cattolico.

[5] Partito conservatore extraparlamentare.

[6] L'orso è simbolo di “Russia Unita”.

21 luglio 2011

Anche gli Status Quo nascono incendiari e muoiono pompieri?



Questa è la versione 2010 di "In the army now" (cover di Bolland&Bolland), grande successo degli Status Quo del 1986, i cui proventi andranno in beneficenza ad alcune associazioni che si occupano dei reduci britannici. Il pezzo originale era chiaramente antimilitarista e i Quo non si sono fatti problemi a modificare i versi più "critici" e ad accompagnarlo con un video, a mio parere, talmente grottesco da non poter piacere neanche ai più convinti guerrafondai... Un'operazione che mi lascia perplesso.

Riporto il testo tradotto con i versi cambiati tra parentesi.

Nell'esercito adesso
Una vacanza in una terra straniera (Sei sulla tua strada per una terra straniera)
Lo zio Sam fa il meglio che può (Adesso è il momento per fare ciò che puoi)
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Ora ricordi cosa disse il disegnatore tecnico
Niente da fare tutto il giorno tranne stare a letto
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Sarai l'eroe del vicinato
Nessuno sa che te ne sei andato per sempre (Verrà il giorno che tornerai per sempre)
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Facce sorridenti mentre aspetti di atterrare
Ma una volta che sei arivato là a nessuno importa un accidente (Fianco a fianco, ogni donna e uomo)
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Granate a mano volano sopra la tua testa
Missili volano sopra la tua testa
Se vuoi sopravvivere vieni fuori dal letto
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Gli spari ti circondano nel pieno della notte
Il sergente chiama: alzarsi e combattere
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Hai i tuoi ordini, meglio sparare a vista (Hai i tuoi ordini, meglio mettere le cose a posto)
Il tuo dito è sul grilletto, ma non sembra giusto (Il tuo dito è sul grilletto, adesso è il momento di combattere)
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

La notte sta cadendo e non puoi proprio vedere
Questa è illusione o realtà?
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso
Sei nell'esercito adesso
Oh, oh, sei nell'esercito adesso

Oh, oh, sei nell'esercito adesso

20 luglio 2011

Il caos delle "operazioni antiterroristiche" nel Caucaso russo

Le termocamere non hanno distinto i nostri e i loro




Gli agenti delle strutture armate in Daghestan stanno così stretti che il “fuoco amico” diventa più pericoloso dei militanti


In tre repubbliche caucasiche vanno avanti operazioni antiterroristiche massicce e senza limiti di tempo. Buona parte del territorio di Cecenia, Inguscezia e Kabardino-Balkaria si è di fatto trasformata in accampamenti militari. Gli abitanti di quei luoghi lo sanno: adesso le loro vite sono regolamentate da un regime di diritto che giustifica qualsiasi azione di persone con armi automatiche.

E' interessante che un tale regime non sia stato instaurato in Daghestan, che vive semplicemente in stato di guerra. Non passa giorno senza atti terroristici, sparatorie, omicidi.

Gli “uomini dei boschi” cambiano tattica. Se prima i bersagli fondamentali erano i soldati semplici del DPS [1], tanto spaventati che fuori dai confini di Machačkala [2] preferivano spostarsi su macchine senza segni di riconoscimento e rafforzavano i propri posti di blocco come fortezze medievali, adesso questi possono respirare più liberamente. Gli “uomini dei boschi” passano sempre più al terrore individuale, uccidendo a colpi d'arma da fuoco in modo mirato agenti dello FSB [3], della procura e dei corpi speciali, funzionari e imam che intervengono contro il wahhabismo [4].

Con cosa rispondono gli agenti delle strutture armate? Le numerose operazioni speciali e la liquidazione sistematica di amiry [5] e semplici membri delle organizzazioni clandestine, su cui ogni giorno fa rapporto il NAK*, influiscono poco sull'attività degli “uomini dei boschi”. Il che è stupefacente, considerando la quantità di enti armati e la loro entità numerica. Solo nel ministero degli Interni della repubblica oggi si contano circa 17 mila persone e nonostante la riforma della polizia nessuno si accinge a ridurli “a causa della difficile situazione operativa”. Per di più il Daghestan sprofonda sempre più nella confusione dentro gli enti, dove di fatto nessuno è responsabile di nulla.

Accanto alle forze, abituali per qualsiasi repubblica caucasica, del ministero degli Interni locale, con i suoi OMON [7], SOG, OMSN** e altri corpi speciali, reparti di truppe interne del ministero della Difesa e forze dello FSB locale, che conducono l'attività antiterroristica, in Daghestan lavorano altri due unità particolari. Il Centr Special'nogo Naznačenija [10] dello FSB (CSN) e il cosiddetto “Reparto-800”.

Il CSN è l'unità più chiusa sul territorio della repubblica, ha una sua propria base magnificamente organizzata presso Machačkala. La sua unità è un'élite, la cui parte fondamentale è costituita da ex combattenti dei gruppi “Al'fa” e “Vympel” [11]. Il numero solito è di circa 200 persone, queste sono inviate in Daghestan per due-tre mesi (negli ultimi tempi nel suo organico hanno preso a entrare anche quadri locali, ma non ce ne sono molti) e si preparano in modo speciale per la lotta alle organizzazioni clandestine. Oggi la forza d'urto delle operazioni speciali fondamentali è costituita proprio da combattenti del CSN, sempre mascherati, su Ural [12] e Hammer blindati. Sono direttamente sottoposti al Comitato Antiterroristico Nazionale, tutte le azioni e gli spostamenti dei combattenti del Centro sono tenuti nel segreto più assoluto.

Questa vol'nica [13], naturalmente, ha suscitato l'invidia dei locali agenti delle strutture armate. E circa un anno fa le autorità del Daghestan intrapresero il tentativo di creare un'unità dallo status analogo sottoposto al comando locale. Inizialmente si programmò di legalizzare la guardia personale sui generis del presidente del Daghestan con il nome “Reparto-800” (secondo il numero dei combattenti). Mosca rigettò di corsa tale idea. E allora il reparto, creato comunque con poliziotti locali, fu chiamato “reparto mobile del ministero degli Interni della Federazione Russa”. Anche se restò in uso il nome primitivo… Comunque l'attività del “Reparto-800” non portò il risultato desiderato. In 10 mesi di esistenza non fu neanche pienamente completato ed è sottoposto al comandante in capo delle truppe interne del ministero degli Interni della Federazione Russa Nikolaj Rogožkin, tuttavia lo status dell'unità non è stato chiarito a fondo e le sue funzioni sono nebulose. Invece sono chiare le spese per il mantenimento: il fondo annuale per il pagamento del servizio dei soldati a contratto è di circa 300 milioni di rubli [14] più un appartamento per ogni combattente.

Per il Daghestan la questione principale non è neanche la quantità di enti, ma la delimitazione delle loro funzioni e competenze. L'evidente girandola di ruoli porta a tristi risultati. Di questo testimonia la recente operazione speciale nel distretto di Kizljar [15], di cui parla ancora tutta la repubblica.

All'alba del 21 giugno nei dintorni del villaggio di Kuznecovka fu scoperto un gruppo di militanti. La foresta fu accerchiata, fu introdotto il regime di operazione antiterroristica a livello locale. Secondo le informazioni del ministero degli Interni daghestano, nel bosco si trovava l'ossatura del “jama'at [16] di Kizljar” – 10-14 persone. Tuttavia questo non aveva riferito che là c'erano anche 6 militanti, trasferitisi temporaneamente dal distretto di Vedeno [17] in Cecenia, dove in quei giorni veniva condotta un'operazione speciale.

All'operazione presero parte oltre 2 mila agenti delle strutture armate. Oltre agli agenti del SOG delle divisioni dei distretti Nogajskij, di Babajurt, di Tarumovka [18] e di Kizljar, sul luogo dell'operazione antiterroristica furono portate unità delle truppe interne, tra cui anche da Chankala [19], parti del “Reparto-800”, combattenti del CSN dello FSB russo. Il luogo dell'operazione speciale fu preso in alcuni anelli di accerchiamento. Per due giorni di fila la foresta fu bombardata dall'aviazione e dall'artiglieria. Di notte tutto il perimetro era coperto dalle termocamere – apparecchi che reagiscono al calore del corpo umano. Il jama'at fu circondato da tutti i lati. Dopo tre giorni l'operazione si concluse con un totale fallimento.

Dopo aver perso due persone rimaste uccise, i militanti sono usciti dall'accerchiamento. Gli agenti delle strutture armate hanno avuto come minimo 5 uomini dei corpi speciali uccisi e 16 feriti, molti dei quali sono stati portati agli ospedali in gravi condizioni. Non si possono precisare più dettagliatamente le notizie sulle perdite; nessuno degli enti armati desidera commentarle. E' noto solo che due degli uomini dei corpi speciali uccisi erano combattenti del CSN dello FSB. I loro corpi sono stati subito inviati nella “Grande Terra” con un aereo speciale, I funerali dei due “al'fovcy” [20] si sono svolti a Mosca. Altri tre combattenti del CSN sono rimasti gravemente feriti. Per un'unità superprofessionale sono perdite significative.

Ci sono notizie che alcuni uomini dei corpi speciali morti siano caduti sotto fuoco “amico”. Chi si prenderà la responsabilità per la morte dei soldati e per i milioni spesi invano per questa operazione speciale non è noto.

Tutte le mie fonti negli enti armati affermano a una voce che “un simile risultato è normale”. Nella repubblica ci sono troppe unità e c'è poco coordinamento, ogni ente lavora autonomamente. L'UFSB [21] non si fida del ministero degli Interni, il NAK non si fida neanche dell'UFSB locale, il ministero della Difesa con molte parti dei soldati a contratto porta avanti la propria politica. Una concorrenza non necessaria genera intrighi. Spesso capita che si sparino a vicenda. Nell'abitato di Krasnyj Voschod i combattenti dell'OMON e del SOG (Gruppo di Fuoco Speciale) di Kizljar per mezz'ora si sono sparati a vicenda prima di capire le cose. Di casi simili ce ne sono decine.

Rašid Nurgaliev [22] è al corrente di questo problema. Nell'ultima riunione operativa a Machačkala ha dichiarato che “in ogni operazione speciale dev'esserci un sistema di obbiettivi costruito con precisione, ognuno dev'essere unico. Perché da noi non succeda che tutti vengono raggiunti, ma non c'è un sistema”. Peraltro proprio a motivo della vergognosa operazione di Kizljar il ministro è giunto espressamente in Daghestan.

Tuttavia, dopo essersi lamentato dei problemi, il ministro ha subito riferito della creazione di un altro distinto gruppo militare. Questo sarà costituito da 7 mila persone. In questo gruppo, secondo Rašid Gumarovič, entreranno 5497 agenti del ministero degli Interni della Repubblica del Daghestan, 150 agenti dell'OMON e dell'OMSN, 878 militari delle truppe interne del ministero degli Interni della Federazione Russa, tra cui 500 persone provenienti dall'organico dei corpi speciali. Il gruppo sarà sottoposto al quartier generale del NAK in Daghestan. Negli enti della repubblica si guarda molto scetticamente a questa dichiarazione. “Una simile decisione confonde ancor di più una situazione già difficile. Ci mettono in condizioni in cui bisogna prima vedercela tra noi e poi con i militanti”.

*Nacional'nyj Antiterrorističeskij Komitet [6].

**OMSN - Otrjad Milicii Special'nogo Naznačenija [8], SOG – Special'naja Ognevaja Gruppa [9].

Irina Gordienko

19.07.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/078/10.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Dorožno-Patrul'naja Služba (Servizio di Pattuglia Stradale).

[2] Capitale del Daghestan.

[3] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza).

[4] Leggasi “fondamentalismo islamico”.

[5] Capi militari (il corsivo è mio).

[6] Comitato Antiterroristico Nazionale.

[7] Otrjad Milicii Osobogo Naznačenija (Reparto di Polizia con Compiti Particolari), sorta di Celere estremamente dura.

[8] Reparto di Polizia con Compiti Speciali.

[9] Gruppo di Fuoco Speciale.

[10] Centro con Compiti Speciali (il corsivo è mio).

[11] “Alfa” e “Stendardo”, i migliori gruppi scelti russi.

[12] Mezzi pesanti di fabbricazione russa.

[13] Insediamento cosacco, libero dai tradizionali obblighi militari (da vol'nyj, “libero”).

[14] Circa 7,57 milioni di euro.

[15] Città del Daghestan centro-settentrionale.

[16] Comunità islamica, da intendersi qui come “gruppo terroristico” (il corsivo è mio).

[17] Villaggio della Cecenia sud-orientale.

[18] Il distretto Nogajskij e quello di Babajurt sono nell'estremo nord, quello di Tarumovka nell'estremo sud del Daghestan.

[19] Sobborgo di Groznyj e base principale delle truppe federali in Cecenia.

[20] Uomini del gruppo speciale “Al'fa”.

[21] Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio Federale di Sicurezza), in pratica l'amministrazione locale dello FSB.

[22] Rašid Gumarovič Nurgaliev, ministro degli Interni della Federazione Russa.

19 luglio 2011

What shall we do with the (russian) drunken sailor?

Se questa interpretazione "celtic punk" (inoltre opera di un grupppo ungherese) di "What shall we do with a drunken sailor?" poteva sembrare sorprendente, che dire di questa rilettura del gruppo russo Akvarium ad opera del suo leader Boris Borisovič Grebenščikov?



Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Signore, salvaci!

Nel centro della Terra, decrepito e antico
C'è un serpente duro come silicio,
Siamo andati a vederlo con tutto il villaggio,
Ohi, non fare un lamento.

Giace, da se respira appena,
L'occhio chiuso, comunque emette calore,
Ma chi può dirlo, sentirà tutto.
Signore, salvaci!

Sette navi vanno per il mare,
Tutte si affrettano a lenire il suo dolore
E gli portano diversi medicamenti,
Ohi, non fare un lamento.

Un marinaio ha preso a barcollare,
Ha tenuto duro, ma non ha retto
Ed è caduto sottocoperta con questo medicamento.
Signore, salvaci!

Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Che possiamo fare con il marinaio ubriaco?
Signore, salvaci!

Così ecco che possiamo fare con il marinaio ubriaco,
Assicurarlo con un cavo da ancora
E vestirlo Hugo Boss,
Ohi, non fare un lamento.

E se la cordicella si attorcerà,
Sappi che l'anima si stancherà di tormentarsi,
Egli si solleverà e si trasfigurerà.
Signore, salvaci!

Così ecco che possiamo fare con il marinaio ubriaco,
Ecco che possiamo fare con il marinaio ubriaco,
Ecco che possiamo fare con il marinaio ubriaco.
Signore, salvaci!

18 luglio 2011

Nella Russia neo-sovietica di Putin per i comunisti non c'è posto neanche sui cartelloni...

Non appendere [1] i comunisti!




I cartelloni del KPRF [2] contro il capitalismo sono stati tolti in favore di un concorso di imprenditori moscoviti


Le autorità di Mosca hanno smontato sei cartelloni pubblicitari del KPRF con l'immagine di Gennadij Zjuganov [3] e lo slogan: “Come vi va la vita, moscoviti, sotto il capitalismo?” Questi erano stati sistemati ai primi di luglio soprattutto nel circondario amministrativo meridionale della capitale. La motivazione ufficiale, come affermano i comunisti, è la decisione di porre proprio in questi posti una pubblicità sociale che è prioritaria.

Il primo segretario del comitato cittadino moscovita del KPRF Valerij Raškin il 14 luglio ha commentato così l'ordinanza della Direzione della pubblicità cittadina del dipartimento per i mezzi di informazione di massa: “E' una situazione vergognosa, legata all'impedimento dell'attività del KPRF. Ci tolgono il nostro sovrano diritto a svolgere un lavoro politico”.

Secondo l'ordinanza, al posto dei materiali pubblicitari dei comunisti staranno appese notizie sullo svolgimento del concorso cittadino per imprenditori “Qualità Moscovita” e sulla trasmissione del canale televisivo “TV-Centr” [4] “Sobytija” [5].

Al dipartimento moscovita per i mezzi di informazione di massa e la pubblicità alla “Novaja gazeta” non hanno detto la motivazione ufficiale dello smontaggio. Il capo dell'ufficio stampa Vladimir Jakovlev ha consigliato di telefonare al Servizio Antitrust Federale e all'operatore che ha sistemato i cartelloni.

– I comunisti dicono che l'ordinanza sullo smontaggio sia firmata dal capo della vostra Direzione della pubblicità.

– I comunisti per 70 anni ci hanno detto molte cose, – ha detto il rappresentante del dipartimento.

Valerij Raškin ha dichiarato che il partito farà appello contro questa decisione.

Ricordiamo che il KPRF anche in precedenza si era scontrato con una simile pratica di smontaggio di cartelloni a causa dell'installazione di pubblicità sociale nei luoghi da essi presi in affitto. Nell'autunno 2009 con tale motivazione tolsero 70 cartelloni pubblicitari del giornale “Pravda”, organo del partito, con lo slogan “Vivi in questa città o sopravvivi? Guarda la verità [6] negli occhi!”. Nella pubblicità non c'era l'emblema del KPRF, che portava avanti la propria campagna elettorale per la Duma cittadina di Mosca con lo stesso slogan. E a maggio di quest'anno fu tolto il cartellone pubblicitario con il ritratto di Iosif Stalin presso il centro televisivo di Ostankino [7] – subito, appena appeso.

Nikita Girin

17.07.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/077/05.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Vešat' può significare anche “impiccare”...

[2] Kommunističeskaja Partija Rossijskoj Federacii (Partito Comunista della Federazione Russa).

[3] Gennadij Andreevič Zjuganov, leader del KPRF.

[4] “Tv-Centro”, canale televisivo appartenente al comune di Mosca.

[5] “Avvenimenti”.

[6] Pravda significa “verità”.

[7] Località della periferia settentrionale di Mosca.

17 luglio 2011

Un film per non dimenticare Natal'ja Ėstemirova

Gli attivisti per i diritti umani: bisogna mostrare il film “Chi ha ucciso Nataša?” a un pubblico più ampio possibile

17 luglio 2011, 02.07

La presentazione del film girato dalla giornalista francese Mylène Sauloy, che ha avuto luogo il 15 luglio nei nuovi locali del Centro per la difesa dei diritti umani "Memorial" all'incrocio delle vie Sadovoe Kol'co e Karetnyj rjad [1], ha dato agli spettatori una forte impressione. Secondo gli attivisti per i diritti umani la pellicola da una risposta alla domanda sui veri colpevoli dell'omicidio di Natalia Ėstemirova.

Alëna Zaks, membro della direzione dell'associazione Memorial, ritiene indispensabile portare il film “Chi ha ucciso Nataša?”, dedicato alla notevole persona e coraggiosa donna Natal'ja Ėstemirova, a conoscenza del grande pubblico per diffondere la sua filosofia e la sua capacità di sintesi.

A un simile punto di vista si attiene anche Arsenij Roginskij, presidente della direzione dell'associazione internazionale Memorial. “Ho visto tutto il film senza staccarmene e, secondo me, quello che possiamo fare è far sì che quante più persone possibile vedano questo film”, – è convinto.

Arsenij Roginskij, a suo dire, temeva che nel film ci fosse “un'infinita eroizzazione e deformazione”. Ma a vedere il film non si ha la percezione che Nataša fosse una “superpersona”, dice Arsenij Roginskij. “Nataša era una persona notevole. In questo sta la forza di questo film”, – nota.

Bisogna parlare di un insolito eroismo, mostrando l'esempio dell'insolito coraggio di una donna. E' necessario raccontare com'era Nataša – di persone del genere da noi ce ne sono ben poche. Che gli uomini che hanno paura di dire la verità, temendo per le proprie posizioni, tremino”, – dice la scrittrice e attivista per i diritti umani Elena Sannikova.

Julija Klimov, addetto stampa di Memorial, ha notato che vede il film “Chi ha ucciso Nataša?” già per la terza volta, ma non per questo diventa per lei meno interessante. “Mylène era amica di Nataša e dopo la sua morte ha ritenuto indispensabile parlare di chi ha ucciso Nataša. Il film è sincero e sarà sempre interessante”, – ritiene Julija Klimova.

Lidija Grafova, redattrice della rivista “Migracija XXI vek” [2], capo del movimento sociale “Forum delle organizzazioni dei migranti”, era conoscente di Natal'ja Ėstemirova. “Conoscevo Nataša, il coraggio in lei era impensabile e la leggerezza insolita”, – dice. Lidija Grafova è stata più volte in Cecenia e spesso nei viaggi per la repubblica l'accompagnava Nataša. Molti articoli di Grafova nella “Literaturnaja gazeta” [3] sono stati scritti grazie a Natal'ja Ėstemirova, ammette l'autrice delle pubblicazioni.

Il film è bello, non sdolcinato, – continua Grafova. – Kadyrov non ricorrerà in giudizio contro la giornalista francese. Sauloy con il suo film ha parlato direttamente come Oleg Orlov [4]. In questo sta la forza dell'arte”.

Il film è notevole, è molto veritiero, ritiene Irena Podol'skaja del movimento “Collaborazione civica”. “Mi è piaciuto il giusto parallelo con Politkovskaja – tutto è stato fatto molto organicamente. L'episodio di Litvinenko mostra molto distintamente che il potere sovietico [5] ha le mani lunghe”, – ha dichiarato.

Viktor Kučerenenko, membro di Memorial, dice che non conosceva personalmente Natal'ja Ėstemirova, ma il film “Chi ha ucciso Nataša?” gli ha fatto un'enorme impressione. L'attivista per i diritti umani ritiene che il film aiuterà a far sì che sia fatto il nome del vero assassino di Natal'ja.

Federica Bea, collaboratrice dell'organizzazione internazionale “Amnesty international” definisce il film molto interessante e aiuterà a far sì che le informazioni in esso contenute si diffondano in vari paesi del mondo, “perché la gente sappia cos'è accaduto, che persona era Natal'ja Ėstemirova”.

Ho conosciuto Nataša, per me è stata una di quelle persone che mi hanno dato la motivazione per lavorare qui, – ha raccontato Federica al corrispondente di “Kavkazskij uzel”. – Penso che se non ci fosse stata Nataša, me ne sarei andata da tempo dalla Russia”.

Alla presentazione del film erano presenti attivisti per i diritti umani provenienti dall'Italia, che trascorrono le ferie a Mosca. “Hanno detto che vogliono mostrare il film da loro per attirare l'attenzione degli italiani sulle violazioni dei diritti umani nel Caucaso del Nord”, – dice Federica Bea.

Ricordiamo che la proiezione del film si è svolta anche il 14 luglio a San Pietroburgo.

La collaboratrice del Centro per la Difesa dei Diritti Umani Memorial Natal'ja Ėstemirova fu sequestrata a Groznyj il 15 luglio 2009. In seguito il suo corpo con ferite d'arma da fuoco fu trovato nel distretto di Nazran [6] in Inguscezia.

Secondo i dati delle indagini, Ėstemirova fu uccisa da abitanti della Cecenia – i fratelli Bašaev per vendetta personale, perché avrebbe scoperto il loro legame con i militanti. Questa versione il 15 luglio dalla Commissione Inquirente russa. Le indagini sul caso dell'omicidio dell'attivista per i diritti umani sono state prorogate fino al 15 novembre.

Nel Rapporto preparato dalla Federazione Internazionale per i Diritti dell'Uomo (FIDH [7]), dalla “Novaja gazeta” e dal Centro per la Difesa dei Diritti Umani pubblicato il 13 luglio, si nota che le indagini seguono una falsa pista, cosicché “non c'è alcun fondamento serio per affermare la complicità di Alchazur Bašaev nel sequestro e nell'omicidio di Natal'ja Ėstemirova. Al contrario, la “base di prove” contenuta nei materiali del procedimento penale da fondamento per sospettare la premeditata costruzione di prove allo scopo di rendere fondamentale la versione sulla complicità di Bašaev”.

Nota della redazione: vedi anche le notizie "Igor' Kaljapin: "La Commissione Inquirente sabota le inchieste in Cecenia"", "Karimov: Kadyrov non ha aperto nuove istanze nei confronti del capo del Centro per la Difesa dei Diritti Umani Memorial", "I partecipanti alla conferenza sulla libertà dei mezzi di informazione di massa sono intervenuti per la garanzia della sicurezza dei giornalisti nel Caucaso".

Autrice: Elena Chrustalëva; fonte: corrispondente del “Kavkazskij uzel”

Kavkazskij uzel”, http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/189154/


Note

[1] Nel centro di Mosca

[2] “Migrazione nel XXI secolo”.

[3] “Giornale Letterario”, la più importante rivista letteraria russa.

[4] Oleg Petrovič Orlov, presidente del consiglio direttivo di Memorial, attaccò Kadyrov dopo l'uccisione di Natal'ja Chusainovna Ėstemirova. Citato in tribunale, è stato assolto.

[5] Sic.

[6] Ex capitale dell'Inguscezia.

[7] La sigla è francese, Fédération Internationale des Droits Humains.

16 luglio 2011

Il "meglio" delle chiavi di ricerca di maggio 2011 del mio blog-CV

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