30 dicembre 2007

Superclassifica Show

Ma come siamo messi nelle hit parade per blogger ora che l'anno sta per finire? Il mio blog principale è 4006° su BlogItalia e 2944° su BlogBabel, gli altri miei blog non sono segnalati... E i blog a cui sono linkato?

David Guetta non è segnalato né qua né là...
Cecenia SOS non è segnalato su BlogItalia, su BlogBabel è 2480°.
Roundhouse Kicks non è segnalato su BlogItalia, su BlogBabel è 247°.
Frasi storiche è 2205° su BlogItalia e 2309° su BlogBabel.
Democrazia è Partecipazione non è nelle classifiche.
La pagina in più neanche...
Francesca's corner è 19264° su BlogItalia e assente su BlogBabel.
Io sul palco dell'Ariston è assente dalle classifiche.
Pensieri e sorrisi pure...
Poetando idem...
365 albe 365 tramonti è 166° su BlogItalia e 124° su BlogBabel.
Acme del pensiero è 125° su Blogitalia e 205° su Blogbabel.
Agloco è 419° su BlogItalia e 1580° su BlogBabel.
Antani's game non è classificato.
Con-tatto! è 5393° su BlogItalia e assente su BlogBabel.
Costozero è 5222° su BlogItalia e 4579° su BlogBabel.
E un pacchetto di Lucky Strike è 4931° su BlogItalia e 3013° su BlogBabel.
Etica e Politica... è 569° su BlogItalia e 2546° su BlogBabel.
Il Confine tra il Reale e l'Assurdo è 1446° su BlogItalia e 1287° su BlogBabel.
Killo è 894° su BlogItalia e 4270° su BlogBabel.
La vita leggera è fuori dalle classifiche.
Drake pure...
Madrigopolis è assente su BlogItalia e 2223° su BlogBabel.
Malgari non viene considerato.
Massim. Weblog è 974° su BlogItalia e 1122° su BlogBabel.
Pablog è assente.
Parlo io è 500° su BlogItalia e 239° su BlogBabel.
Pensieri... parole... senza omissioni è 93° su BlogItalia e 1055° su BlogBabel.
Rosadimaggio non rientra nelle statistiche.
Un post al Web è 135° su BlogItalia e 952° su BlogBabel.
Un vicolo contromano è 1694° su BlogItalia e 6382° su BlogBabel.

Come vanno interpretati questi dati? Fate voi. Per me sono pure curiosità...

29 dicembre 2007

El Caganer

Fonte: http://www.ciutatoci.com/festes/images/i06/caganer_r250.jpg

Il Caganer è una figura tipica dei presepi della Catalogna, della Comunità Valenciana e di Andorra. Può apparire sgradevole ai nostri occhi, ma è un pezzo di folklore assai caro al popolo di quelle terre. E la chiesa locale non ha mai avuto nulla da ridire? No, anzi è presente nei presepi di tutte le chiese (in posizione defilata, ma d'altronde per espletare i bisogni corporali è normale defilarsi)... Ma perché c'è una figura del genere nel presepe? Si dice che sia un simbolo della fertilità. O un esempio di umorismo popolare che rappresenta l'atto che mette sullo stesso piano il nobile e il pezzente (un po' come la livella di Totò). Ma forse il Caganer è semplicemente l'Uomo, l'essere umano, intento a compiere un'azione tanto "bassa" quanto indispensabile ("perché cacare soprattutto è cosa umana", canta l'eterodosso - ma non miscredente - mio conterraneo Roberto Benigni) e lì lo coglie la nascita del Figlio dell'Uomo...

Anna Politkovskaja e il Clown

Anja[1] e il Clown

Di cosa si occupavano i sospetti del caso Politkovskaja. Un episodio

Inizialmente il Clown andò con questa storia da uno di quei bei giornali patinati, voleva fare un regalo alla sua bella e intelligente moglie, è una fotomodella, ne ha bisogno. Là lo ascoltarono e gli dissero: “Ganzo! Ora andiamo a fotografare tua moglie. Dicci solo unaltra cosa, chi è Anna Politkovskaja?”. Il Clown concluse che con loro non c’era nulla da fare e lasciò un messaggio alla segreteria telefonica della “Novaja gazeta”.

Il soprannome Clown glielo aveva appiccicato un maggiore dell’FSB[2] che lo aveva costretto a firmare un documento secondo cui acconsentiva a diventare un loro agente. I poliziotti, anche se erano del tutto ottusi, risero molto. Gli sono rimasti ancora dei gonfiori rossi sui polsi – per via delle manette, l’esame l’ha confermato. In realtà si chiama Èduard. Ama scherzare e a volte sembra un po’ strano, ma irradia mitezza. Del maggiore dell’FSB non si può dire che manchi di artistica precisione: è veramente un clown. Lo picchiano in testa con una mazza di gomma e sorride stupidamente. Solo che nel suo caso invece di un bastone da teatro c’era la gamba di una sedia. Dopo due ore quello che chiamavano Serëga, premendogli la testa con il gomito, lo colpiva e proferiva: “Domani ti passerà tutto, ma tra un anno perderai la testa, ora ti colpisco in questo punto”…

Al cinema, secondo le leggi del montaggio, questi potrebbero essere alcuni episodi momentanei. Inizialmente tentano di uccidere l’eroe, poi deve succedere qualcos’altro, poi lo picchiano di nuovo, poi tenta di scappare, lo picchiano, irrompe qualcuno e lo salva. Ma quando semplicemente picchiano tre volte di seguito, non è una trama, è paranoia. Lavorando alla “Novaja gazeta”, di sentire storie del genere capita spesso…

Se il Clown fosse andato con questa storia da Anna Politkovskaja, questa si sarebbe subito gettata nella mischia, senza guardare la mancanza di prospettive. Per Anja questo era qualcosa di istintivo – farsi scudo. Non ce ne sono più così. Questa, forse, è l’ultima cosa in ordine di tempo che, senza neanche sospettarlo, è riuscita a fare: difendere il Clown con la propria morte e ottenere giustizia. Perché adesso, dopo cinque anni, a causa della morte di Anja queste bestie non hanno dove nascondersi.

Alle 11 del mattino del 31 luglio 2002 “una persona dolce, incantevole, pacifica”, come Ponikarov definisce se stesso, si trovava abbastanza casualmente nell’ufficio dell’agenzia turistica “Jumnaji-travel”. E che razza di ufficio c’era là – una stanzetta nel sottosuolo. Ma l’affare gli sembrava interessante e il Clown si guardava intorno, chiedendosi se non valesse la pena di comprarlo. Il proprietario, “con il muso rosso, ma molto creativo”, ci sapeva davvero fare in Africa. Talvolta andavano a bere una vodka da lui dei veri agenti del GRU[3]. Parlavano di Africa, di guerra, di affari, di turismo. Era ganzo e il Clown si era messo a pensare se non avesse potuto entrare in questo progetto.

In generale irradia mitezza a tal punto da sembrare un peluche e immaginarselo in uniforme è impossibile. Non di meno come prima specializzazione era proprio un interprete militare dal finlandese. Ce n’erano pochi, a qualcuno comunque servono, in Finlandia i militati sono due o tre in tutto. Ma una volta il Clown fece da interprete all’incontro del ministro della Difesa finlandese con il nostro ministro della Difesa Pavel Gračëv[4] e poi disse loro che sarebbe stato bene addestrare i nostri ufficiali a fare gli osservatori dell’ONU. Il ministro finlandese colse l’idea al volo e Gračëv non poté sottrarsi. Alcuni ufficiali, e il Clown fra questi, si addestrarono in Finlandia a fare gli osservatori dell’ONU nei punti caldi e in particolare a come comportarsi quando si viene presi prigionieri. Nel 2002 questo venne molto utile, secondo il Clown, anche se a quel tempo aveva già smesso di lavorare in ambito militare e si occupava di altri “progetti”.

Ponikarov cominciò a fare affari con un’impresa di costruzioni congiunta russo-finlandese. Tutto andava ottimamente, ma nell’agosto 1998 la crisi economica colpì e tutti i soldi in cinque banche andarono bruciati. In seguito Ponikarov si occupò di acquisti di maionese dalla Finlandia, ma nel settembre 1999, quando a Mosca furono fatti esplodere due condomini, il GAI[5] fermò i furgoni che trasportavano maionese dalla Finlandia e questa andò a male. Per di più a quel tempo a Èduard e a sua moglie, la fotomodella Olja[6], nacque il primo bambino e subito dopo il secondo. Quando la moglie andava in tournée, il Clown portava a spasso i bambini a Krasnogorsk[7] e faceva piani.

E così alle 11 del mattino sedeva nell’ufficio della “Jumanji-travel”, aspettava il proprietario, quello, evidentemente, stava bevendo da qualche parte, quando irruppero là alcune persone in borghese. Fino a luglio di quest’anno il Clown riteneva che fossero dieci, ma l’inchiesta ha chiarito che erano solo sei.

Fatto sta che, mentre alcuni rovistavano tutto da cima a fondo nella stanzetta sotterranea, altri gli misero le manette e lo picchiarono. Ai corsi per osservatori dell’ONU avevano insegnato al Clown che, se ti fanno prigioniero, bisogna tentare di parlare coi terroristi e cercare un qualche contatto. Ma ora questo era difficile, perché non si capiva cosa volessero, non chiedevano niente e i loro occhi erano inespressivi come quelli dei pesci. Alla fine capì dalle conversazioni che cercavano il passaporto di un azero, questi era una sorta di cliente del proprietario dal muso rosso, ma di dove fosse questo passaporto non aveva idea e anche questi ragazzi, a quanto pareva, avevano già capito che non c’entrava assolutamente niente.

Poiché il Clown non lottava, fece calare la loro vigilanza e questi lo lasciarono andare al bagno in manette. Agendo come gli avevano insegnato ai corsi per osservatori dell’ONU, si lanciò per le scale e irruppe in un vicolo; per attrarre l’attenzione, corse in manette da un poliziotto che era di guardia nei pressi di un’ambasciata. Quelli lo raggiunsero e mostrarono al poliziotto nella guardiola il distintivo dell’UBOP[8]. Lì il Clown capì che non erano banditi. Lo riportarono nel sotterraneo e allora presero a picchiarlo con crudeltà. Infieriva in particolare uno, che gli altri chiamavano Serëga[9]. Picchiava con un’allegra cattiveria sadica così particolare, che il Clown si rattristò del tutto. Ma, evidentemente, sorse loro qualche problema che non erano in grado di risolvere da soli e dopo un po’ di tempo alla “Jumanji-travel” comparvero altri due, che si presentarono come ufficiali dell’FSB. Ricordiamolo. Al sadico Serëga e ai suoi colleghi – poliziotti della Direzione per la lotta con la criminalità organizzata – si aggiunsero due cekisti[10].

Questi erano più intelligenti, presero una qualche decisione, anche se il senso è ancora incomprensibile. Mandarono a prendere una vodka, lo costrinsero a berne metà e a bagnarsi con il resto. Poi gli ordinarono di firmare un documento per la collaborazione con l’FSB con il nome in codice Clown. “Reggi bene, – dissero. – Scherzi e ridi, quando ti picchiano”. Ah-ah-ah. “Bene, – dice – adesso sono dei vostri, toglietemi le manette, non mi picchiate”. Ma nessuno intendeva lasciarlo libero

Probabilmente pensavano comunque che fosse molto ricco e che a casa sua dovessero esserci dei soldi. Dette il numero di telefono e quelli telefonarono per assicurarsi che in casa non ci fosse nessuno. A Krasnogorsk, stretto sul sedile posteriore di una Mercedes coi vetri anneriti, lo portarono Serëga e uno dell’FSB, che tra loro chiamavano Paša[11]. Il guidatore non aveva preso parte a tutto questo, si aveva l’impressione che questo non gli piacesse molto, anche se non era la prima volta. Il Clown pensò di colpire alla schiena il guidatore per causare un incidente davanti alla postazione del GAI all’uscita da Mosca, ma gli bloccarono le braccia dietro la schiena con le manette. Erano già quasi le due quando la macchina si fermò all’ingresso del loro condominio di 14 piani. Paša restò a tenerlo fermo in macchina e Serëga andò a guardare nei cortili che la moglie del Clown non fosse nelle vicinanze, doveva essere in giro da qualche parte con i bambini. Dalla macchina coi vetri anneriti il Clown vide che la moglie con la sorella e i due bambini stava entrando dall’ingresso. Seguendo le istruzioni dell’ONU, aspettò il momento in cui sarebbe riuscito ad attrarre l’attenzione e chiamare aiuto, non si poteva affrettare, bisognava che ci fosse l’occasione.

Gli serrarono di nuovo le manette in avanti e gli gettarono una camicia sulle braccia, entrarono tutti insieme dall’ingresso, salirono e aprirono l’appartamento con le sue chiavi. Là il Clown si mise finalmente a gridare, tentando di avvicinarsi al balcone, anche la moglie, la sorella della moglie e i bambini si misero a gridare. Continuarono a picchiarlo davanti alla moglie e ai figli.

Capì che niente li avrebbe fermati. Ma era comunque nel suo appartamento! Con le ultime forze chiese il mandato di perquisizione della sua abitazione. In risposta con un colpo terribile alla testa gli spaccarono un sopracciglio, il sangue scorse dappertutto, i bambini gridavano, lo trascinarono di nuovo in strada, in macchina. Olja gli corse dietro. Il guidatore accese il motore, la fotomodella Olja si aggrappò alla portiera. “Vai!” – gridò Paša, il guidatore dette gas, Olja fu sbalzata di lato, ma riuscì a ricordare il numero di targa della macchina che aveva portato via suo marito. I vicini già guardavano stupiti dalle finestre.

Adesso il Clown giaceva sotto il sedile posteriore e Serëga lo premeva da sopra, tutta la macchina era piena di sangue e questi scava con un dito nella ferita sanguinosa sopra il sopracciglio, cercando di fare in modo che il Clown perdesse conoscenza per il dolore.

…Presero a correre per le strade, senza capire che fare. Pensavano a come liberarsi di lui, ma per la strada non c’era neanche un bosco dove avrebbero potuto farlo. La macchina si portò fino a Tušino[12], poi in qualche modo tornarono indietro a Krasnogorsk. Serëga disse ad alta voce, che là da lui aveva dei suoi banditi, che lo avrebbero aiutato a risolvere il problema. Alla fine, quando passarono per la terza volta davanti alla postazione del GAI, un ispettore che sospettava qualcosa di brutto fermò la macchina.

Dall’ispettore andò inizialmente il guidatore, ma poiché non tornava, uscì anche Paša, tirando fuori per la strada il distintivo dell’FSB. Poi lo tirarono fuori dalla macchina e lo gettarono insanguinato dietro il vetro della postazione del GAI. La giornata di luglio volgeva a sera, intorno passava un flusso continuo di macchine, ma a causa del vetro nessuno fece attenzione a lui. Il Clown saltò a terra, cosa che chi l’aveva fatto prigioniero non si aspettava e corse a tagliare il flusso di macchine, ma gli erano rimaste poche forze, Serëga lo raggiunse. Paša spiegò qualcosa con calma all’ispettore, il guidatore guardava di lato scuro in volto. Il Clown pensò che adesso era giunta la sua fine. All’improvviso una macchina si avvicinò alla postazione: era arrivato il procuratore da Krasnogorsk.

Il Clown non sa comunque rispondere con certezza alla domanda, quale fosse in realtà la causa delle sue sventure. Con certezza si può dire solo che lo salvò la moglie, che si ricordò il numero di targa della macchina (“Ero felice che fosse stata così coraggiosa e intelligente, è così coraggiosa e bella ”) e, certamente, l’ispettore del GAI, che pensò, senza temere Paša e Serëga, di chiamare il procuratore dalla postazione. Quando ad agosto di quest’anno gli inquirenti sono andati a questa postazione con Ponikarov, là stava di guardia lo stesso ispettore che l’aveva salvato cinque anni fa. Ricordava bene tutta la storia: a memoria sua non gli era mai accaduto nulla di simile.

Su questa parte delle sue deposizioni non abbiamo certezza, perché anche dopo la comparsa del procuratore, la chiamata al pronto soccorso e il trasporto del Clown all’ospedale, dove furono registrate tutte le lesioni fisiche, nessuno pensò di arrestare Paša e Serëga, eppure non sono gli unici del genere nelle “forze dell’ordine”.

E adesso la cosa principale. Il Clown non voleva essere una vittima. Non si sentiva colpevole di nulla. Non voleva perdonare i maltrattamenti subiti. Nel 2002 Èduard Ponikarov fece il giro di tutti: dal plenipotenziario per i diritti umani lo portarono per mano fino alla Procura Generale, su loro richiesta scrisse una denuncia all’FSB e al servizio per la sicurezza personale del ministero degli Interrni della Federazione Russa. Ma nessuno fece nulla: alla fine dell’anno il procedimento penale fu bloccato in riferimento al fatto che là venivano poste in atto delle “misure di ricerca”, e lui, così risultava, c’era semplicemente caduto dentro.

Il Clown dice (dal punto di vista di un osservatore dell’ONU): “Io non avrei protestato neanche contro un simile comportamento nei miei confronti, se fossi un terrorista. Ma io non sono un terrorista. Anche gli sbirri per fregare la gente fanno così: se sei stupido, allora vieni fregato, ma se sei intelligente, lasciano perdere. Ma qui era già tutto chiaro e mi hanno picchiato comunque! Solo contusioni, ma questo è pericoloso. Gli ho detto che presto o tardi anche loro cadranno”.
Sono caduti abbastanza tardi, cinque anni dopo. Cos’altro sono riusciti a combinare in questo tempo, si chiarisce ora…

Nel 2002 il Clown e sua moglie-fotomodella sono andati a vivere più lontano, le cose sono andate bene, si sono trasferiti a Mosca e hanno dato l’appartamento a Krasnogorsk in affitto a dei conoscenti.

A luglio 2007 una nonnina chiamò Èduard da quell’appartamento e disse che il “procuratore generale” lo stava cercando e lasciò un numero di telefono. Il Clown chiamò: lo convocavano davvero alla Procura Generale.

Stavolta le persone che lo interrogavano gli piacquero – erano perfino molto intelligenti e “positive”. Ma per due settimane non riuscì a capire perché improvvisamente si era messo in moto con tale forza un caso vecchio di cinque anni: “Pensavo che fosse semplicemente caduto da un armadio”.

I cognomi di “Serëga” e “Paša” li era già venuti a sapere durante le indagini condotte con la sua collaborazione: Chadžikurbanov del ministero degli Interni e Rjaguzov dell’FSB. In un qualche momento alla fine di agosto erano a casa, guardavano la televisione e là d’un tratto parlano di Chadžikurbanov e Rjaguzov che sono stati arrestati per il caso Politkovskaja e per qualcosa tipo “abuso di potere” e chissà perché. Ma il Clown capì subito perché. Gli aveva proprio detto: comunque cadrete.

Ecco proprio tutto. Il Clown non ama dare giudizi, ma dice che “vorrebbe trarne una conclusione politica”.

Il senso di quello che dice è semplice.

E’ passato per tutte le istanze. E nessuno ha agito di conseguenza! E’ il sistema… Se avessero incarcerato questi due nel 2002, forse Anna Politkovskaja sarebbe viva.

Leonid Nikitinskij
osservatore della “Novaja gazeta”

“Novaja gazeta”, 8/10/2007, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/77/01.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Diminutivo di Anna.

[2] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), i servizi segreti russi.

[3] Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie (Direzione Generale dell’Intelligence).

[4] Pavel Sergeevič Gračëv, ministro della Difesa russo dal 1992 al 1996.

[5] Gosudarstvennaja Avtomobil’naja Inspekcija (Ispettorato Automobilistico Statale), la polizia stradale russa.

[6] Diminutivo di Ol’ga.

[7] Cittadina alla periferia di Mosca.

[8] Upravlenie po Bor’be s Organizovannoj Prestupnost’ju (Direzione per la Lotta con la Criminalità Organizzata).

[9] Diminutivo di Sergej.

[10] Cekisti erano detti i membri della ČK – pronunciata če-ka – (Črezvyčajnaja Komissija po bor’be s kontrrevoljucej i sabotažem – Commissione Straordinaria per la lotta con la controrivoluzione e il sabotaggio), cioè la prima polizia politica sovietica e per estensione sono chiamati così gli agenti segreti.

[11] Diminutivo di Pavel.

[12] Città alla periferia di Mosca.

28 dicembre 2007

Scandicci is burning

Volgare, offensivo, politicamente scorrettissimo... Però esprime molto bene come il giovane scandiccese medio vede la sua città...

26 dicembre 2007

Ma cos'è questa crisi?

Un tempo c'era la censura per davvero e si faceva satira...

C'era la crisi per davvero e ci si rideva su...

Non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio, però...

http://www.youtube.com/watch?v=HGIaJz35rW0

25 dicembre 2007

Chiavi di ricerca di novembre del mio blog-CV

social skills cv: capacità sociali cv

technical skills cv:
capacità tecniche cv

"acquired by working":
acquisito/a/i/e lavorando

"matteo mazzoni:
"sono io (e non sopporto che si aprano virgolette o parentesi senza poi chiuderle

"matteo mazzoni" e-mail:
vedi qui

artistic abilities cv:
abilità artistiche cv

curriculum sono polacca voto good:
sei polacca e voti good?

curriculum vitae level of interaction, in multicultural environments,:
curriculum vitae livello di interazione, in ambienti multiculturali

cv "personal skills":
cv capacità personali

cv additional information:
cv informazione aggiuntiva

cv european:
cv europeo

cv organisational skills:
cv capacità organizzative

diploma maturità linguistica cv english:
cioè?

expertise di modigliani:
vedi qui

fiabe comiche scuola media:
fiabe comiche nella scuola media?

organisational skills:
capacità organizzative

personal skills and competences aquired:
capacità personali e competenze acquisite

skills windows cv:
capacità finestre cv

Sarkozy a S. Giovanni in Laterano

Ricevo da D.N. e pubblico (con le sue sottolineature):


"Avvenire", 21/12/2007

Al capo dell’Eliseo un titolo onorario. Il primo a riceverlo fu Enrico IV nel 1604.

Ora anche Nikolas Sarkozy è canonico onorario della Basilica Lateranense, titolo dei re di Francia dal 1604 e dei presidenti De Gaulle, Giscard d’Estaing e Chirac, mentre Coty e Pompidou lo hanno rifiutato, e Mitterand non lo ha né voluto né rifiutato. Il titolo spetta all’inquilino dell’Eliseo proprio in quanto successore del re di Francia, «figlia maggiore della Chiesa». Il legame tra l’arcibasilica papale, «madre e capo di tutte le Chiese», viene ricordato ogni anno nel giorno di Santa Lucia, con una Messa celebrata dal cardinale vicario, che ha come specifica intenzione «la felicità e prosperità della Francia» («pro felici ac prospero statu Galliae»). Il canonicato onorario è, infatti, un privilegio che risale al re Enrico IV, che aveva ereditato un regno profondamente diviso tra cattolici e protestanti e aveva adottato all’inizio la confessione calvinista, tornando poi definitivamente al cattolicesimo, con l’assoluzione del Papa. Alla conversione di Enrico IV fece seguito nel 1598 l’editto di Nantes, che concedeva ampia libertà religiosa ai protestanti. Per manifestare la propria riconoscenza alla Chiesa cattolica, il cui perdono aveva permesso la pacificazione, il re fece nel 1604 una generosa donazione al Capitolo del Laterano, ponendo come condizione la celebrazione il 13 dicembre, suo compleanno, della Messa per la Francia.

La laicità si coniuga con la fede religiosa

Da Sarkozy manifesto di una nuova visione dello Stato

Pubblichiamo il discorso pronunciato dal presidente francese Sarkozy nella basilica di San Giovanni in Laterano, dove ha ricevuto dal cardinale Ruini il titolo di canonico onorario.

Signori cardinali, signore e signori, cari amici, consentitemi di rivolgere le prime parole al cardinale Ruini, per ringraziarlo molto calorosamente della cerimonia che ha appena presieduto. Mi hanno toccato le preghiere che ha voluto offrire per la Francia e la felicità del suo popolo. Voglio ringraziarlo anche per l’accoglienza che mi ha riservato in questa cattedrale di Roma, in mezzo al suo capitolo.
Le sarei parimenti riconoscente, Eminenza, di voler trasmettere a Sua Santità Benedetto XVI i miei sinceri ringraziamenti per l’apertura del suo palazzo pontificio che ci permette di ritrovarci questa sera. L’udienza che il Santo Padre mi ha concesso stamani è stata per me un momento emozionante e di grande interesse. Rinnovo al Santo Padre il mio attaccamento al progetto di un suo viaggio in Francia nel secondo semestre del 2008. In quanto presidente di tutti i francesi, mi faccio portatore delle speranze che tale prospettiva suscita nei miei concittadini cattolici e in numerose diocesi. Qualunque siano le tappe del suo viaggio, Benedetto XVI sarà il benvenuto in Francia.
Nel recarmi stasera in San Giovanni in Laterano, accettando il titolo di canonico onorario di questa basilica, che fu conferito per la prima volta a Enrico IV e che da allora è stato trasmesso a quasi tutti i capi di Stato francesi, assumo pienamente su di me il passato della Francia e il legame particolare che ha unito così a lungo la nostra nazione alla Chiesa.
Con il battesimo di Clodoveo la Francia è diventata Figlia maggiore della chiesa. È un fatto. Facendo di Clodoveo il primo sovrano cristiano, quell’evento ha avuto conseguenze importanti sul destino della Francia e sulla cristianizzazione dell’Europa. In seguito, a più riprese, nel corso della storia, i sovrani francesi hanno avuto l’occasione di manifestare quanto fosse profondo l’attaccamento che li legava alla Chiesa e ai successori di Pietro. (...) Al di là dei fatti storici, è soprattutto perché la fede cristiana è penetrata in profondità nella società francese, nella sua cultura, nei suoi paesaggi, nel suo modo di vivere, nella sua architettura, nella sua letteratura, che la Francia ha con la sede apostolica una relazione così particolare. Le radici della Francia sono essenzialmente cristiane. E la Francia ha dato all’irradiamento del cristianesimo un contributo eccezionale. Contributo spirituale e morale tramite un’abbondanza di santi e di sante di portata universale: san Bernardo di Chiaravalle, san Luigi, san Vincenzo de’ Paoli, santa Bernadette di Lourdes, santa Teresa di Lisieux, san Jean-Marie Vianney, Frédéric Ozanam, Charles de Foucauld... Contributo letterario e artistico: da Couperin a Péguy, da Claudel a Bernanos, Vierne, Poulenc, Duruflé, Mauriac o ancora Messiaen. Contributo intellettuale, tanto caro a Benedetto XVI, che si tratti di Blaise Pascal, Jacques Bénigne Bossuet, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, Henri de Lubac, Yves Congar, René Girard... Mi sia consentito citare anche l’apporto determinante della Francia all’archeologia biblica ed ecclesiale, qui a Roma, ma anche in Terra Santa, così come all’esegesi biblica, in particolare con la Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme.
Voglio inoltre rievocare tra voi questa sera la figura del cardinale Jean-Marie Lustiger che ci ha lasciati la scorsa estate. Il suo irraggiamento e la sua influenza hanno anch’essi di gran lunga oltrepassato le frontiere della Francia. Ho tenuto a partecipare alle sue esequie, perché nessun francese è rimasto indifferente alla testimonianza della sua vita, alla forza dei suoi scritti, al mistero della sua conversione. Per tutti i cattolici la sua scomparsa ha rappresentato un grande dolore. (...) Quanto profondamente il cristianesimo sia iscritto nella nostra storia e nella nostra cultura è visibile qui a Roma nella presenza mai interrotta di francesi all’interno della Curia, con le più alte responsabilità. Voglio salutare stasera il cardinale Etchegaray, il cardinale Poupard, il cardinale Tauran, monsignor Mamberti, il cui operato onora la Francia.
Le
radici cristiane della Francia sono visibili anche in simboli quali i Pii Istituti, la messa annuale di Santa Lucia e quella della cappella di Santa Petronilla. E poi c’è ovviamente la tradizione che fa del presidente della Repubblica francese il canonico onorario di San Giovanni in Laterano. San Giovanni in Laterano, niente di meno. È la cattedrale del Papa, è la 'testa e la madre di tutte le chiese di Roma e del mondo', è una chiesa cara al cuore dei romani. Che la Francia sia legata alla Chiesa cattolica da questo titolo simbolico è la traccia di una storia comune in cui il cristianesimo ha contato molto per la Francia e la Francia ha contato molto per il cristianesimo. È dunque con la massima naturalezza, come il Generale de Gaulle, come Valéry Giscard d’Estaing, e più recentemente come il presidente Chirac, che sono venuto a iscrivermi in questa tradizione.
Come il battesimo di Clodoveo, anche la laicità è un fatto nel nostro Paese. Conosco le sofferenze che la sua applicazione ha provocato in Francia nei cattolici, nei sacerdoti, nelle congregazioni, prima e dopo il 1905. So che l’interpretazione della legge del 1905 come un testo di libertà, di tolleranza, di neutralità è in parte una ricostruzione retrospettiva del passato. È soprattutto attraverso il loro sacrificio nelle trincee della Grande guerra, attraverso la condivisione delle sofferenze dei loro concittadini, che i sacerdoti e i religiosi di Francia hanno disarmato l’anticlericalismo; ed è la loro comune intelligenza che ha consentito alla Francia e alla Santa Sede di superare i loro dissidi e ristabilire le relazioni.
Tuttavia nessuno più contesta che il regime francese della laicità sia oggi una libertà: libertà di credere o non credere, libertà di praticare una religione e libertà di cambiarla, libertà di non venire offesi nella propria sensibilità da pratiche ostentatrici, libertà per i genitori di far impartire ai figli un’educazione conforme alle loro convinzioni, libertà di non essere discriminati dall’amministrazione in funzione del proprio credo.
Il nostro Paese è cambiato molto. I cittadini francesi hanno convinzioni più varie di un tempo. Perciò la laicità si afferma come necessità e opportunità. È diventata una condizione della pace civile. Ed è per questo che il popolo francese è stato tanto pronto a difendere la libertà scolastica quanto a voler vietare i segni di ostentazione nella scuola.
Stando così le cose, la laicità non potrebbe essere negazione del passato. Non ha il potere di tagliare alla Francia le sue radici cristiane. Ha cercato di farlo. Non avrebbe dovuto. Come Benedetto XVI, ritengo che una nazione che ignori l’eredità etica, spirituale, religiosa della propria storia commetta un crimine contro la propria cultura, contro quel miscuglio di storia, di patrimonio, d’arte e di tradizioni popolari che impregna profondamente il nostro modo di vivere e di pensare. Strappare le radici vuol dire perdere il significato, vuol dire indebolire il cemento dell’identità nazionale e inaridire ulteriormente i rapporti sociali che tanto hanno bisogno di simboli di memoria.
Per questo dobbiamo tenere insieme i due capi della corda: accettare le radici cristiane della Francia, e anche valorizzarle, continuando a difendere la laicità giunta a maturità. Ecco il senso del passo che ho voluto compiere stasera in San Giovanni in Laterano.
È giunto il momento che, in uno stesso spirito, le religioni, in particolare la religione cattolica che è la nostra religione maggioritaria, e tutte le forze vive della nazione guardino insieme alla posta in gioco del futuro e non più solo alle ferite del passato.
Condivido l’opinione di Benedetto XVI quando ritiene, nella sua ultima enciclica, che la speranza sia una delle questioni più importanti del nostro tempo. Dal secolo dei Lumi, l’Europa ha sperimentato molte ideologie. Di volta in volta ha riposto le speranze nell’emancipazione degli individui, nella democrazia, nel progresso tecnico, nel miglioramento delle condizioni economiche e sociali, nella morale laica. Ha deragliato nel comunismo e nel nazismo. Nessuna di quelle diverse prospettive – che chiaramente non metto sullo stesso piano – è stata in grado di rispondere al bisogno profondo degli uomini e delle donne di trovare un senso all’esistenza.
Certo, fondare una famiglia, contribuire alla ricerca scientifica o alle scienze umane e sociali, insegnare, lottare per le proprie idee, in particolare quelle della dignità umana, guidare un Paese, possono dare senso a una vita. Sono queste piccole e grandi speranze 'che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino' per riprendere le parole dell’enciclica del Santo Padre. Non rispondono però alle domande fondamentali dell’essere umano sul senso della vita, sul mistero della morte. Non sanno spiegare cosa accada prima della vita e dopo la morte.
Tali domande appartengono a tutte le civiltà e a tutte le epoche. Non hanno perso nulla della loro pertinenza. Al contrario. Gli agi materiali sempre maggiori nei Paesi sviluppati, la frenesia del consumo, l’accumulo di beni sottolineano ogni giorno di più la profonda aspirazione degli uomini e delle donne a una dimensione che li superi, perché la soddisfano meno che mai.
'Quando le speranze si realizzano, prosegue Benedetto XVI, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere [...] Se non possiamo sperare più di quanto è effettivamente raggiungibile, né più di quanto si possa sperare dalle autorità politiche ed economiche, la nostra vita si riduce a essere privata di speranza'. O ancora, come scrisse Eraclito: 'Se non si spera l’insperabile, non lo si riconoscerà mai'. La mia profonda convinzione, che ho espresso in particolare nel libro di interviste che ho pubblicato sulla Repubblica, le religioni e la speranza, è che la frontiera tra fede e non-credenza non passi tra quanti credono e quanti non credono, ma attraversi ciascuno di noi. Anche chi sostiene di non credere non può dire di non interrogarsi sull’essenzialità. Il fatto spirituale è la tendenza naturale di tutti gli uomini a cercare una trascendenza. Il fatto religioso è la risposta delle religioni a tale aspirazione fondamentale.
Per tanto tempo la Repubblica laica ha sottostimato l’importanza dell’aspirazione spirituale. Perfino dopo il restauro delle relazioni diplomatiche tra la Francia e la Santa Sede, essa si è mostrata più diffidente che benevola di fronte ai culti. Ogni volta che ha fatto un passo verso le religioni, che si tratti del riconoscimento delle associazioni diocesane o della questione scolastica o delle congregazioni, ha dato l’impressione che agiva perché non poteva fare altrimenti. È solo nel 2002 che ha accettato il principio di un dialogo istituzionale regolare con la Chiesa cattolica. Mi sia permesso ugualmente di ricordare le virulenti critiche di cui sono stato oggetto al momento della creazione del Consiglio francese per il culto musulmano. Ancora oggi, la Repubblica mantiene le congregazioni sotto una forma di tutela, rifiuta di riconoscere un carattere di culto all’azione caritativa o ai mezzi di comunicazione delle Chiese, le ripugna riconoscere il valore dei diplomi rilasciati dalle istituzioni di istruzione superiore cattolica mentre la Convenzione di Bologna lo prevede, non accorda nessun valore ai diplomi di teologia, considera che non deve interessarsi alla formazione dei ministri del culto.
Penso che questa situazione sia dannosa per il nostro Paese. Certamente, coloro che non credono devono essere protetti da ogni forma di intolleranza e di proselitismo. Ma un uomo che crede è un uomo che spera. E l’interesse della Repubblica è che ci siano molti uomini e donne che nutrono speranza. La disaffezione progressiva delle parrocchie rurali, il deserto spirituale delle periferie, la scomparsa dei patronati e la penuria dei sacerdoti non hanno reso i francesi più felici. Questa è un’evidenza.
Vorrei anche dire che, se esiste incontestabilmente una morale umana indipendente dalla morale religiosa, la Repubblica ha interesse a che esista anche una riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose. Anzitutto perché la morale laica rischia sempre di esaurirsi o di trasformarsi in fanatismo quando non è appoggiata a una speranza che colma l’aspirazione all’infinito. Poi e soprattutto perché una morale sprovvista di legami con il trascendente è maggiormente esposta alle contingenze storiche e in definitiva all’arrendevolezza. Come scriveva Joseph Ratzinger nella sua opera sull’Europa nella crisi delle culture, 'il principio riconosciuto oggi è che la capacità dell’uomo sia la misura della sua azione. Ciò che sappiamo fare, possiamo anche farlo'. A un certo punto, il pericolo è che il criterio dell’etica non sia più quello di cercare di fare ciò che dobbiamo fare, ma di fare ciò che possiamo fare.
Nella Repubblica laica, l’uomo politico che io sono non deve decidere in funzione di considerazioni religiose. Ma importa che la sua riflessione e la sua coscienza siano illuminate specialmente dai pareri che fanno referenza a norme e convinzioni libere dalle contingenze immediate. Tutte le intelligenze, tutte le spiritualità che esistono nel nostro Paese devono farne parte. Noi saremo più saggi se coniughiamo la ricchezza delle nostre differenti tradizioni. È per questo che mi auguro profondamente l’avvento di una laicità positiva, cioè una laicità che, pur vegliando alla libertà di pensare, a quella di credere o non credere, non considera che le religioni sono un pericolo, ma piuttosto un punto a favore. Non si tratta di modificare i grandi equilibri della legge del 1905. I francesi non lo auspicano e le religioni non lo chiedono. Si tratta, in compenso, di cercare il dialogo con le grandi religioni di Francia e di avere come principio quello di agevolare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che di cercare di complicarla a loro.
(...) Vorrei rivolgermi a coloro che tra voi sono impegnati nelle congregazioni, presso la Curia, nel sacerdozio e l’episcopato e a coloro che in questo momento si stanno formando da seminaristi.
(...) Mi rendo conto dei sacrifici che rappresenta una vita intera consacrata a Dio e agli altri. So che il vostro quotidiano è e sarà attraversato talvolta dallo scoraggiamento, dalla solitudine, e certamente anche dal dubbio. So anche che la qualità della vostra formazione, il sostegno delle vostre comunità, la fedeltà ai sacramenti, la lettura della Bibbia e la preghiera, vi permettono di superare queste prove.
Sappiate che abbiamo almeno una cosa in comune: quella di avere una vocazione. Non si è prete a metà, lo si è in tutte le dimensioni della propria vita. Credetemi che non si è neanche presidente a metà. Capisco che vi siete sentiti chiamati da una forza incontenibile che veniva da dentro, perché io stesso non mi sono mai seduto per chiedermi se avrei fatto politica, l’ho fatto. Capisco i sacrifici che fate per rispondere alla vostra vocazione perché anch’io conosco quelli che ho fatto per realizzare la mia.
(...) È grande il vostro contributo all’azione caritativa, alla difesa dei diritti dell’uomo e della dignità umana, al dialogo interreligioso, alla formazione delle menti e dei cuori, alla riflessione etica e filosofica. Lo vediamo radicato nella profondità della società francese, con una varietà di modi spesso insospettata, così come si dispiega attraverso il mondo. (...) Offrendo in Francia e nel mondo la testimonianza di una vita donata agli altri e riempita dall’esperienza di Dio, voi create speranza e sviluppate sentimenti nobili. È un’opportunità per il nostro Paese e da Presidente la considero con molta attenzione. Nella trasmissione dei valori e nell’apprendimento graduale della differenza tra bene e male, l’insegnante non potrà mai rimpiazzare il parroco o il pastore, anche se è importante che egli si accosti ad essi, perché gli mancherà sempre la radicalità del sacrificio della propria vita e il carisma di un impegno sostenuto dalla speranza.
Voglio inoltre evocare con voi la memoria dei monaci di Tibhérine e di monsignor Pierre Claverie, il cui sacrificio porterà un giorno frutti di pace: ne sono convinto. L’Europa ha troppo girato le spalle al Mediterraneo, anche se una parte delle sue radici vi affondano e se i Paesi rivieraschi di questo mare sono all’incrocio di un gran numero di sfide del mondo contemporaneo. Ho voluto che la Francia prenda l’iniziativa di un’Unione del Mediterraneo. La sua collocazione geografica, così come il suo passato e la sua cultura ve la conducono naturalmente. In questa parte del mondo in cui le religioni e le tradizioni culturali esasperano spesso le passioni, in cui lo scontro delle civiltà può rimanere allo stato di fantasma o rovesciarsi nella realtà, noi dobbiamo coniugare i nostri sforzi per raggiungere una coesistenza pacifica, rispettosa di ciascuno, senza rinnegare le nostre convinzioni profonde, in una zona di pace e di prosperità. Questa prospettiva incontra, mi sembra, l’interesse della Santa Sede.
Ma ciò che mi sta a cuore dirvi è che in questo mondo paradossale, ossessionato dal benessere materiale, ma sempre più in cerca di senso e di identità, la Francia ha bisogno di cattolici convinti che non temano di affermare ciò che sono e ciò in cui credono. (...) Come ha scritto Henri de Lubac, grande amico di Benedetto XVI, 'la vita attira, come la gioia'. E’ per questo che la Francia ha bisogno di cattolici felici che testimonino la loro speranza.
Da sempre la Francia è nota nel mondo per generosità e intelligenza. E’ per questo che essa ha bisogno di cattolici pienamente cristiani e di cristiani pienamente attivi.
La Francia ha bisogno di credere di nuovo che non deve subire l’avvenire, ma costruirlo. E’ per questo che ha bisogno della testimonianza di quanti, condotti da una speranza che li sorpassa, ogni giorno si rimettono per strada per costruire un mondo più giusto e più generoso. Stamattina ho donato al Santo Padre due edizioni originali di Bernanos. Permettetemi di concludere con lui: 'L’avvenire è qualcosa che si domina. Non si subisce l’avvenire, lo si fa (…) L’ottimismo è una falsa speranza ad uso dei vili (…). La speranza è una virtù, una determinazione eroica dell’anima. La forma più alta di speranza è la disperazione dominata'.
Ovunque agirete, nelle periferie, nelle istituzioni, accanto ai giovani, nel dialogo interreligioso, nelle università, io vi sosterrò. La Francia ha bisogno della vostra generosità, del vostro coraggio, della vostra speranza.
( Traduzione redazionale)

24 dicembre 2007

Chiavi di ricerca di novembre dell'altro mio blog

ciancimino gas gazprom: vedi qui

fsb force speciale russe
: l'FSB è l'erede del KGB...

massimo ciancimino gas:
vedi ciancimino gas gazprom

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: vedi ciancimino gas gazprom

romano tronci
: vedi ciancimino gas gazprom

"chiesa di cristo salvatore" mosca
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"maksim ševčenko"
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aquila bicipite bmp:
l'aquila bicipite è il simbolo della Russia, quanto alla BMP, vedi qui

aresti montenegro mafia 2002:
non so nulla di arresti di mafiosi in Montenegro...

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a quanto so, Gianni Lapis è sotto indagine, ma non è stato arrestato...

articoli sulla russia e i russi:
ne ho tradotti tanti...

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non ne conosco...

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credo che si vedano solo con la parabola...

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: che può testimoniare un cecchino sulla Russia?

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ciancimino gas:
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ciancimino gas naturale
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ciancimino gazprom
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corpi speciali russi
: ne ho già parlato...

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non ne ho...

dove si trova gazprom:
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21 dicembre 2007

Contro gli abusi sessuali sui minori


Aderisco anch'io alla campagna di DanieleMD contro un crimine tra i più mostruosi: l'abuso sessuale sui minori. Fermiamo l'orrore!

Ancora sulla "Bussola d'oro"

Riflessioni per i genitori su “La bussola d’oro”

Intervista a Pete Vere e Sandra Miesel

INDIANAPOLIS (Indiana), mercoledì, 19 novembre 2007 (ZENIT.org).- Il film “La bussola d’oro” non è semplicemente una favola magica, ma è una storia che sfrutta l’immaginario delle opere di Lewis e Tolkien, distorcendolo, per minare la fede dei giovani in Dio e nella Chiesa, afferma Pete Vere, scrittore cattolico.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, Vere e Sandra Miesel parlano dell’adattamento dei romanzi scritti da Philip Pullman. Il film, il cui cast comprende Nicole Kidman e Daniel Craig è uscito nei cinema a dicembre.

Vere e Miesel sono co-autori del libro “Pied Piper of Atheism: Philip Pullman and Children’s Fantasy”, pubblicato da Ignatius Press a dicembre sul tema del film “La bussola d’oro”.

E' uscito recentemente nei cinema il primo film della trilogia de “La bussola d’oro”. Per coloro che non conoscono la serie, di che tipo di libri si tratta e a chi sono destinati?

Vere: Innanzitutto, i libri sono scritti per i ragazzi tra i 9 e i 12 anni, come il resto della letteratura fantasy per i giovani che si rifà alla tradizione di J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis, e J.K. Rowling. “Se sei un fan del “Signore degli anelli”, di “Narnia” o di “Harry Potter”, affermano i critici, “ti piacerà Pullman”.

Personalmente non riesco proprio a immaginarmi un ragazzo che sceglie da solo questi libri per leggerli. Li vedo più come libri che gli adulti danno da leggere ai ragazzi.

Detto questo, “La bussola d’oro” (1995) è il primo libro della trilogia di Pullman. Il secondo è intitolato “La lama sottile” (1997) ed è seguito da “Il cannocchiale d’ambra” (2000).

La trilogia nel suo insieme è nota come “Queste oscure materie”, dalla frase di “Paradiso perduto” di John Milton. È un titolo a mio avviso molto appropriato, considerato che ciascun libro diventa progressivamente sempre più oscuro, sia nell’intensità con cui Pullman attacca la Chiesa cattolica e il concetto giudaico-cristiano di Dio, sia nel modo in cui promuove l’ateismo.

Per esempio, uno dei personaggi principali, la dottoressa Mary Malone, è un’ex suora cattolica che ha abbandonato la vocazione per dedicarsi al sesso e alla scienza. Il lettore non la incontra se non nel secondo libro, ovvero in una fase di pieno coinvolgimento nella lettura. Arrivati al terzo libro, la dottoressa Malone appare coinvolta in pratiche di occultismo al fine di indurre i due protagonisti, un ragazzo e una ragazza di 12 anni, a dormire nello stesso letto e a baciarsi - come minimo - in modo passionale. Questo sarebbe il modo in cui essi rinnovano gli universi paralleli creati da Pullman.

Un altro esempio è il ritratto del Dio giudaico-cristiano. Pullman parla di un’entità che chiama “l’Autorità”, chiarendo in numerosi passaggi che si riferisce al Dio della Bibbia. L’Autorità è menzognero ed un semplice angelo; nel terzo libro lo scopriamo anche con caratteristiche senili. Egli sarebbe stato intrappolato in una sorta di gioiello e tenuto prigioniero dal patriarca Enoch, che viene chiamato Metatron, e che governa nel nome dell’Autorità. Quando i giovani protagonisti scoprono il gioiello e casualmente liberano l’Autorità, questa si sfascia e muore.

Inoltre, Pullman usa l’immaginario delle “Cronache di Narnia” di C.S. Lewis. Le sue “oscure materie” si aprono infatti con la giovane protagonista intrappolata in un guardaroba, appartenente ad un giovane professore, mentre parla ad un animale e scopre mondi paralleli. Quindi il giovane lettore viene coinvolto da subito in questa atmosfera familiare di Lewis.

Tuttavia, l’opera di Pullman non si limita ad usare la magia delle favole per raccontare una storia, ma promuove apertamente l’ateismo, distorcendo l’immaginario proprio dei libri di Lewis e Tolkien per minare la fede dei giovani in Dio e nella Chiesa.

Molti cattolici, tra cui William Donohue della Catholic League, si sono pronunciati contro questo film. Cosa dovrebbero sapere i genitori prima di dare il permesso ai figli di vederlo?

Vere: Non raccomando a nessun genitore di consentire ai propri figli di andare a vedere il film. Sebbene si affermi che il film sarebbe stato ripulito dei suoi elementi più anticristiani e antireligiosi, esso sicuramente sollecita la curiosità dei giovani nei confronti dei libri da cui è stato tratto. Io stesso sono un genitore; i miei figli mi riterrebbero un ipocrita se gli dessi il permesso di vedere il film ma non di leggere i libri. E avrebbero ragione.

Non va bene per i ragazzi – impressionabili come sono – leggere storie la cui trama ruota attorno ad una grande affermazione blasfema, ovvero che Dio è un mentitore e un mortale. Non è opportuno che i giovani leggano libri in cui l’eroe è un adultero e un omicida; in cui i preti agiscono come dei killer professionisti, che torturano e autorizzano sperimentazioni occulte sui giovani; in cui una ex suora si dà alle pratiche di occultismo e a comportamenti promiscui, e ne parla apertamente con dei dodicenni; in cui gli angeli che si ribellano a Dio sono buoni, mentre quelli che lottano accanto a Dio sono malvagi. Questo è sbagliato. E sebbene tutto ciò sia stato edulcorato nel film – o almeno questo è ciò che apprendiamo da Hollywood – nei libri è rimasto intonso.

Miesel: Inoltre, i libri sono piuttosto cruenti e sanguinolenti. Non solo battaglie, ma assassini, sadismo, mutilazioni, suicidi, eutanasia e persino cannibalismo. Vi sono anche passaggi di forte sensualità e di angeli omosessuali dipinti come “amanti platonici”.

Concordo con Pete. Bisogna evitare sia il film che i libri. Sarebbe meglio che la gente non facesse manifestazioni o non sollevasse polveroni sul tema, perché sarebbe solo come fargli pubblicità gratuita. Se il film si rivelerà un flop, gli altri libri non saranno trasferti su pellicola.

L’autore, Philip Pullman, è un ateo dichiarato. Questo elemento emerge nei libri e nel film più come secolarismo o come anticattolicesimo?

Vere: Entrambe le forme coesistono. Ciò che inizia come una ribellione contro la Chiesa si tramuta in una ribellione contro Dio. Questo poi porta all’idea che Dio - e il Cristianesimo - siano un’invenzione.

I dodicenni protagonisti - Lyra e Bill - scoprono che l’anima non è immortale che non esistono il paradiso e l’inferno. Tutto ciò che ci aspetterebbe nell’aldilà è un tetro oltretomba in cui l’anima attende di essere completamente dissolta. Pullman quindi usa l’anticattolicesimo come terreno per promuovere l’ateismo.

Questa trilogia viene paragonata a “Harry Potter” e al “Signore degli anelli”. Esistono similitudini fra loro?

Vere: Da un punto di vista superficiale, sì. Ci sono maghi, eroi, creature strane, mondi diversi, ecc., anche se per i motivi già citati, il riferimento maggiore - sebbene in un contesto invertito - si ha con le “Cronache di Narnia” di C.S. Lewis. Pullman, che ha definito il “Signore degli anelli” come un’opera “infantile”, ha un disprezzo particolare per Lewis e “Narnia”. E questo emerge anche dal fatto che egli prende gli elementi letterari di Lewis per capovolgerli e usarli per attaccare il Cristianesimo e promuovere l’ateismo.

Come ha detto lo stesso Pullman in un articolo pubblicato nel 1998 sul Guardian: “A Lewis non piacevano le donne in generale, né gli piaceva la sessualità, per lo meno nella fase della sua vita in cui ha scritto i libri su Narnia. Era spaventato e inorridito dall’idea di voler crescere. Susan, che invece voleva crescere e che avrebbe potuto essere il personaggio più interessante dell’intera collana, è una Cenerentola in una storia in cui le sorellastre hanno la meglio”.

Miesel: Questa frase è palesemente infondata su entrambi i punti. Lewis iniziò a scriversi con la sua futura moglie nel 1950, l’anno in cui uscì il primo libro della serie di Narnia e si sposò nel 1956, l’anno in cui uscì l’ultimo della stessa serie. Il problema di Susan non è di “crescere”, ma di evitare di diventare sciocchina e presuntuosa. Ne “L’ultima battaglia” Susan non appare neanche, e tanto meno viene mandata all’inferno.

Vere: Pertanto, ciò che abbiamo qui è più un contrasto e una distorsione che una similitudine. Inoltre, le opere di Tolkien, Lewis e Rowling sono promosse principalmente dagli stessi lettori che comprano i libri, li leggono e li rendono celebri.

Per contro, il lavoro di Pullman sembra trovare spazio grazie alle critiche. Le uniche persone che conosco che raccomandano i libri di Pullman sono laureati in lettere e professori universitari. Non conosco un singolo elettricista, parrucchiere o ragioniere che raccomandi i lavori di Pullman. I suoi libri quindi non hanno avuto quella diffusione tra la gente comune come è avvenuto per il “Signore degli anelli”, “Narnia” e “Harry Potter”.

Nicole Kidman, che recita nel film e dice di essere cattolica, ha affermato che non avrebbe mai accettato la parte se avesse ritenuto che fosse un film anticattolico. Cosa pensa di questa affermazione?

Vere: Cristo ha domandato espressamente nei Vangeli: può un albero buono dare frutti cattivi? Il film è frutto dei libri e dell’opera di Pullman e questi sono profondamente ateistici. Come è possibile eliminare questo dal film senza estromettere del tutto lo stesso Pullman dalla sua storia?

Durante un’intervista, diversi mesi fa, ho chiesto alla sceneggiatrice di Hollywood, Barbara Nicolosi, se fosse possibile rendere innocui gli elementi anticristiani nel girare il film. Nicolosi è presidente di Act One, un’organizzazione cristiana che offre aiuto e guida agli esordienti di Hollywood.

La questione l’aveva già affrontata, perché qualche anno fa una sua amica - una cristiana evangelica - aveva ricevuto la richiesta di scrivere la sceneggiatura cinematografica della “Bussola d’oro”.

“Abbiamo letto [il libro], ma non vi era proprio modo di poter fare qualcosa”, mi ha detto Nicolosi. “L’universo fantastico di Pullman è nichilista e strutturato sul caso. Non è possibile aggiustare questo in una sceneggiatura senza cambiare la storia che Pullman cerca di raccontare, che è una storia ateistica, gonfia d'astio e talvolta polemica”.

Allora perché promuovere un film che nella migliore delle ipotesi rischia di generare nei ragazzi, giovani e spesso impressionabili, solo un maggiore interesse per quei libri?

Per i genitori cristiani, il film non può che essere considerato come un veleno spirituale per i figli, perché esso è frutto del libro da cui è tratto.

20 dicembre 2007

Feliz Navidad?

Il Natale si avvicina... Ma cosa si festeggia? Arriva Babbo Natale o qualcun altro? Qui si parla della Spagna, ma non solo: http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiUno-Asuaimmagine^17^47082,00.
html

18 dicembre 2007

Influenza

Cliccalavoro mi ricorda che anche l'influenza è al lavoro:

Le feste si avvicinano, hai programmato ogni dettaglio e l’agenda sembra già esplodere di impegni. Cena con i colleghi, shopping natalizio, brindisi di fine anno…

Ma se con le feste arriva anche l’influenza? Dove trovare utili informazioni e un valido aiuto per conoscerla e preparasi ad affrontarla nel migliore dei modi?

Sul sito www.passalinfluenza.it troverai tutto quello che ti serve sapere per prevenirla e trattarla in modo adeguato.

Con un semplice click potrai conoscere tutti i dettagli sulla natura del virus, le modalità di contagio, i sintomi e le possibili complicanze. Potrai scaricare un utile opuscolo informativo, giocare con un divertente puzzle e accedere a contenuti multimediali.

Sul sito troverai ad accoglierti il simpatico DOTTOR I, che risponderà alle tue domande e ti aiuterà con i suoi consigli a prevenire e combattere l’influenza stagionale.

VAI A VISITARE WWW.PASSALINFLUENZA.IT


Si può andare a vedere "Vero o falso?" e capire quanto ne sappiamo dell'influenza. Io l'ho presa varie volte, ma ho imparato poco e ho dato 6 risposte esatte su 10. Miei cari lettori, provate a rispondere: non è un meme, ma può essere interessante...


13 dicembre 2007

Liberi di vivere

“LIBERI DI VIVERE”
Appello al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano

La malattia, la sofferenza e la morte sono inevitabilmente parte della vita di ogni essere umano.

Poiché nessuna condizione di salute toglie dignità alla vita umana, in una società davvero libera, solidale e democratica, malattia e sofferenza non possono e non devono diventare motivo di solitudine, abbandono, emarginazione e discriminazione sociale del malato e della sua famiglia, come è indicato negli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione e in molte altre Dichiarazioni e Convenzioni internazionali, ultima delle quali la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, promulgata dall’assemblea generale dell’ONU il 13 dicembre 2006 e firmata dall’Italia il 30 marzo 2007.

Pur nei limiti imposti dalla loro condizione, i malati e loro famiglie vogliono poter continuare la loro vita con dignità e in libertà. Essi non sono un peso per la società, ma sono per tutti un esempio di coraggio e di capacità di vivere, che le istituzioni a ogni livello, nazionale e locale, devono sostenere e promuovere.

Per questo motivo, chiediamo al Presidente della Repubblica di esercitare l’autorevolezza che gli deriva dall’essere il Capo dello Stato e il garante di tutti i cittadini affinché le istituzioni tutte, a ogni livello:

1. Pratichino un riconoscimento concreto, tramite investimenti di tipo economico e di promozione culturale, della dignità dell'esistenza di ogni malato, con particolare attenzione ai malati di sclerosi laterale amiotrofica.

2. Intervengano con adeguate misure legislative e regolamentative per dare ogni cura e sostegno adeguato per combattere il dolore e garantire che ognuno possa ricevere ogni cura sostegno adeguati.

3. Sostengano le associazioni di malati e più in generale le organizzazioni che si impegnano nello stare accanto ai malati e alle loro famiglie.

In questi ultimi anni il dibattito pubblico e la richiesta alle istituzioni si è incentrata sulla richiesta della libertà di poter morire. Ciò che noi chiediamo alle istituzioni è che i malati e le loro famiglie siano finalmente messi nelle condizioni di essere liberi di vivere.


http://www.liberidivivere.it/

Uhm...

SIGNIS sconsiglia di far vedere ai bambini "La bussola
dorata"

Anche
se il film camuffa molte delle allusioni alla Chiesa contenute nel libro

MADRID, lunedì, 10 dicembre 2007 (ZENIT.org).-
L'associazione cattolica per la comunicazione in Spagna, SIGNIS, ritiene
sensato che i genitori cattolici preferiscano che i loro figli non vedano il
film "La bussola dorata".

Lo si apprende da un
comunicato emesso dalla Giunta direttiva dell'istituzione dopo aver consultato
i Vescovi della Commissione per i Mezzi di Comunicazione della Conferenza
Episcopale Spagnola, secondo quanto ha comunicato il suo presidente, Juan
Orellana.

Di fronte alle reazioni
suscitate dal film in vari ambiti per il suo presunto
"anticattolicesimo", SIGNIS Spagna ha compiuto un'analisi centrata
esclusivamente sul film e non sul romanzo originale di Philip Pullman, noto per
la sua promozione militante dell'ateismo.

Secondo i comunicatori
cattolici, "l'elemento più importante che può essere interpretato come
un'allusione alla Chiesa cattolica è il 'Magisterium', un'istituzione tirannica
che esercita il potere da secoli, soprattuto sui bambini - anime innocenti - e
contro i progressi scientifici".

"Ci sono altri elementi
la cui interpretazione simbolica anticattolica è chiaramente possibile, anche
se sicuramente - senza essere ingenui - possono non essere letti in questa
chiave", prosegue SIGNIS.

Il comunicato si
riferisce, ad esempio, "all'abbigliamento dei membri del Magisterium con
alcuni attributi che sembrano episcopali; al fatto che uno dei cattivi si
chiami Fra, come se si trattasse dell'appellativo che precede il nome di molti
religiosi; a un paio di dipinti che appaiono negli edifici del Magisterium e
che evocano rappresentazioni iconografiche cristiane o al palazzo del
Magisterium che si potrebbe vedere come allegoria del Vaticano".

Secondo SIGNIS,
"anche se nessuno dubita della militanza antireligiosa di certi romanzi di
Philip Pullman, nel film quasi tutte queste allusioni camuffate alla Chiesa
passeranno inosservate alla maggior parte del pubblico ignaro della polemica
che ha preceduto la proiezione del film".

"Come filosofia di
fondo - spiega -, il film propone un mondo in cui niente e nessuno ha autorità
- anche se nel film si parla a volte della 'verità' -, un mondo in cui l'ultima
parola cosmologica sembra averla il materialismo".

Per questo motivo, ai
comunicatori cattolici "sembra molto sensato che i genitori cattolici
preferiscano che i loro figli non vedano questo film, per le ragioni
menzionate".

"Crediamo anche -
riconoscono - che il camuffamento delle analogie anticattoliche faccia sì che
la sua presunta efficacia sia sufficientemente diminuita e irriconoscibile da
parte del pubblico giovane".

SIGNIS si rivolge ai
genitori di fronte alla constatazione che il film può invitare alla lettura dei
romanzi di Pullman.


Ringrazio A.N. per questo contributo

12 dicembre 2007

Che spettacolo!


Come già aveva anticipato qui, Gabriele mi ha inviato il volantino dello spettacolo del 6 gennaio. Lo pubblico ben volentieri e non solo perché è una cosa che mi coinvolge in prima persona... Invito tutti i miei lettori ad assistere a questo spettacolo e a tentare di indovinare: quale di questi brutti tipi effigiati sopra è Gabriele?

11 dicembre 2007

UFO

COMUNICATO STAMPA

Una buona parte degli avvistamenti ufologici è causata da fenomeni naturali non ben individuati o non conosciuti dai testimoni. La rimanente parte della casistica, diciamo un buon 10%, è costituita da ciò che viene definito “l’osso duro”, in quanto al di fuori da qualsiasi schema interpretativo.

La seria disciplina ufologica si occupa in particolar modo di questa piccola percentuale di fenomeni, cercando di acquisire tutti i dati testimoniali, effettuare una trascrizione casistica temporale e classificatrice, cercare di confrontare casi simili e, dove possibile, dare un’ulteriore risposta interpretativa.

La S.U.F., Sezione Ufologica Fiorentina, nata nel 1966 quale gruppo di studio del Movimento Culturale Umanistico di Firenze, è riuscita a documentarsi su una grande quantità di fenomeni ufologici, avvenuti nel territorio italiano dall’inizio del XX secolo fino ai nostri giorni e contenuti in un vasto Archivio formato da circa 11.000 casi.

L’andamento della casistica ufologica italiana, dal 1947 fino ai nostri giorni, mostra alcuni picchi che vengono definiti “ondate”, ossia dei periodi in cui il numero degli avvistamenti è notevolmente superiore alla media. Una di queste ondate, per la precisione la maggiore in senso assoluto, allunga il suo vertice verso la fine del 1978.

Il gruppo di studio della S.U.F. ha estratto dal proprio Archivio una selezione di ben 272 casi segnalati nel periodo che va dal 1977 al 1980 riportando dati, disegni e fotografie in un volume di 464 pagine dal titolo “Ufo in Italia 1977-1980. La grande ondata”, stampato dalla Corrado Tedeschi Editore in Firenze e in vendita dal 1 dicembre 2007 presso le edicole (o direttamente presso la Casa Editrice, tel. 055-495213).

Gli anni presi in considerazione dal presente volume furono pieni di grandi cambiamenti per il fenomeno ufologico: dalle aperture delle Istituzioni come la nascita in Francia del Gepan (Gruppo per lo Studio di Fenomeni Aerospaziali Non identificati), i contatti tra lo Stato Maggiore italiano dell’Aeronautica ed il CUN (Centro Ufologico Nazionale), fino al tentativo di disciplinare la materia in seno all’ONU. Notevole poi è stata l’importanza dei singoli eventi ufologici in Italia come gli avvistamenti del 1977 in Sardegna, il caso del metronotte genovese Zanfretta, l’”ondata dell’Adriatico” sempre del 1978 e l’incontro ravvicinato del barbiere di Torrita di Siena; questi per citare solo alcuni fra i principali casi avvenuti in un periodo in cui la filmografia rilanciava un notevole eco mediatico in tutto il mondo (pensiamo al famoso film Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg).

Il libro “Ufo in Italia 1977-1980 La grande ondata” di Solas Boncompagni, Franco Mari, Mauro Panzera, Franco Marcucci, Lucio Artori ed Enrico Baccarini, con la prefazione dello studioso di fama internazionale Roberto Pinotti (presidente del Centro Ufologico Nazionale) oltre a descrivere la principale casistica del periodo si occupa di alcune importanti tematiche.

Un capitolo prende in esame i principali progetti governativi o scientifici sugli UFO successivi al Rapporto Condon negli USA del 1969; pensiamo alla Francia con la nascita del Gepan all’interno del CNES (Centro Nazionale di Studi Spaziali) e agli USA con i lavori della Commissione Sturrock nel 1997. In entrambi i casi si pongono le basi per l’avvio di un’ufologia “di Stato” (in Francia) o di un approccio scientifico indipendente (negli USA).

Viene poi fatta un’analisi della casistica ufologica in relazione alle vicende politiche di quegli anni, senza trascurare considerazioni di taglio “militare” (come la tesi del giornalista fiorentino Marcello Coppetti sui Velivoli Pilotati a Distanza sovietici) o sociologico, tenendo conto di fatti di risonanza mondiale come la stagione terroristica del 1977 e la tragedia di Ustica del 1980.

Un capitolo descrive l’evidenza fisica del fenomeno UFO, la quale si manifesta nelle sue diverse caratteristiche (come forma, dimensioni, movimento, effetti sull’ambiente o sui testimoni) e, pur prendendo atto che l’ufologia non è riconducibile a parametri uniformi, fa sì che risulti difficilmente sostenibile una tesi che neghi l’evidenza dei suoi fenomeni.

All’interno del volume si prende accuratamente in esame il problema degli UFO-Solar, sorta di palloni in polietilene inventati negli Anni Settanta al fine di avvicinare i ragazzi ad un esperimento di fisica. Gli UFO Solar potrebbero aver costituito una soluzione al famoso avvistamento aereo del 1979 (protagonista un Sottufficiale dell’Aeronautica Militare italiana) e ad uno scampato disastro aereo (il volo Zurigo-Atene del 1985), per poi venire ritirati dal commercio nello stesso anno.

Viene poi esaminato il fenomeno abductions (i presunti rapimenti alieni) secondo un’analisi antropologica e descrivendo anche i “retroscena mitologici”, attraverso una sequenza temporale che passa attraverso lo studio della Bibbia, dell’Età Antica, degli incubi e dei succubi del Medio Evo, e dell’Età Moderna, fino alla teoria parafisica dello scienziato-ufologo franco-americano Jacques Vallèe.


Ringrazio P.C. per questo contributo