30 dicembre 2006

"Il gabbiano Jurij Jakovlevič" o "La caccia alle eredi di Anna Politkovskaja è già aperta"

LETTERA DEL DIRETTORE
al Procuratore generale
della Federazione Russa Čajka[1] Ju.Ja.


Egregio Jurij Jakovlevič!
All’indirizzo della redattrice di una sezione[2] della “Novaja Gazeta” Elena Milašina sono giunte minacce da parte di ignoti. Al riguardo ella testimonia: “Il 22 dicembre 2006 alle 18.50 ora di Mosca (a quell’ora ero giunta dalla Duma di Stato, dove si era fatto il resoconto dei lavori della commissione d’inchiesta sull’atto terroristico di Beslan e mi ero messa a scrivere il pezzo su di esso) al mio telefono cellulare è giunta la chiamata di una persona a me ignota, che parlava con accento caucasico. Questi si è definito un rappresentante dell’organizzazione “Gioventù dell’Ossezia[3]”. Ha detto che alla “Gioventù dell’Ossezia” non piace che noi (io e la redattrice del sito Pravdabeslana.ru[4] Marina Litvinovič) ci esprimiamo negativamente sul lavoro di Toršin[5]. L’uomo al telefono parlava in modo volgare, utilizzando espressioni oscene e offensive. Più volte ha promesso di “farci la festa[6]”. Sono venuta a sapere, che analoghe chiamate nel frattempo erano giunte anche a
М. Litvinovič”.
Tenuto conto dell’aggressione già verificatasi a Beslan in data 16 febbraio 2006 ai danni della nostra corrispondente Elena Milašina durante lo svolgimento del suo lavoro per conto della redazione (un procedimento penale è stato avviato presso il ROVD[7] della provincia Pravoberežnyj[8] sito nella città di Beslan ai sensi dell’articolo 119 del codice penale della Federazione Russa[9], Milašina E.V.[10] è stata riconosciuta parte lesa; il 20 marzo 2006 a Mosca è stata aggredita M. Litvinovič ed è stato avviato un procedimento penale), La preghiamo di verificare i fatti e avviare un procedimento penale sulla base delle minacce giunte alla nostra collaboratrice.

Con stima,
il direttore della “Novaja Gazeta”
Muratov D.A.[11]

“Novaja Gazeta” n. 98
http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/98n/n98n-s04.shtml
25.12.2006[12] (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] In russo Čajka significa “gabbiano”…

[2] Quella dei “progetti speciali” (i reportage scottanti, suppongo).

[3] Gruppo politico giovanile vicino a “Russia Unita” (il partito russo creato allo scopo di sostenere Putin).

[4] www.pravdabeslana.ru, sito in cui, basandosi sui fatti, viene contestata la versione ufficiale sui fatti di Beslan.

[5] Aleksandr Porfir’evič Toršin, capo dell’ormai disciolta commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti di Beslan.

[6] Lo sconosciuto usa il termine uryt’ (letteralmente “tirar fuori scavando”) che in gergo significa “massacrare di botte”.

[7] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale del Ministero degli Interni): in pratica si tratta della sede provinciale della polizia.

[8] “Della riva destra” (sottinteso: del fiume Terek, il principale della Cecenia), la provincia dell’Ossezia di cui Beslan è capoluogo.

[9] Detto articolo riguarda minacce di morte o di grave pregiudizio all’incolumità della persona di cui si ritenga fondatamente possibile l’attuazione.

[10] Elena Valer’evna

[11] Dmitrij Andreevič.

[12] Giorno feriale in Russia (il Natale, conformemente al calendario giuliano della chiesa ortodossa, viene festeggiato il 7 gennaio).

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Siete stufi di sentir parlare di Beslan? Anche la commissione parlamentare d'inchiesta...

COMMISSION IMPOSSIBLE[1]
“Russia Unita[2]” ha chiuso l’indagine su Beslan


Venerdì la commissione parlamentare federale su Beslan ha concluso la propria tormentata esistenza. Al mattino presto ha votato in questo senso il Consiglio della Federazione[3]. Verso le 16.00 hanno fatto lo stesso i membri dei raggruppamenti di “Russia Unita” e dell’LDPR[4] nella camera bassa del parlamento.
La commissione Toršin[5] già più di una volta aveva tentato di uscire dal gioco e chiudere la questione Beslan. L’anno scorso gliel’aveva impedito la commissione parlamentare dell’Ossezia Settentrionale, che aveva sollevato la questione della natura delle prime esplosioni nella palestra e delle circostanze del blitz nella scuola di Beslan. Grande confusione aveva causato anche il processo all’unico terrorista sopravvissuto N. Kulaev: decine di testimoni diretti e indiretti avevano rilasciato deposizioni riguardanti il fuoco rivolto verso la scuola da lanciafiamme e carri armati mentre gli ostaggi erano ancora vivi.
Nell’estate di quest’anno è stato pubblicato il rapporto alternativo di uno dei membri della commissione federale, Ju. Savel’ev[6], nel quale questi dimostrava che le prime esplosioni nella palestra si erano verificate in conseguenza del fuoco di lanciafiamme e lanciagranate.
Il rapporto ufficiale della commissione federale, già pronto, in favore del quale avevano votato 18 membri contro due (i deputati Ju. Savel’ev e Ju. Ivanov[7] non si trovarono d’accordo con il testo del rapporto), dovette essere rinviato. Il capo della commissione Toršin promise di smentire Savel’ev in ogni modo. Ma da settembre in poi la commissione parlamentare federale non tenne neanche una seduta.
Non di meno in questa settimana al Consiglio della Federazione e alla Duma di Stato[8] è stata presentata in gran segreto un’istanza per la conclusione dei lavori della commissione.
Al Consiglio della Federazione Toršin ha letto le tesi di un rapporto vecchio di sei mesi e ha chiesto di sciogliere la commissione. Del fatto che nella stessa commissione esistano divergenze su quasi tutte le questioni principali (il numero dei militanti, le fasi del sequestro, le trattative, le circostanze del blitz, ecc.) Toršin non ha detto una parola.
Alla Duma di Stato Aleksandr Porfir’evič non è andato. Al suo posto ha riferito il membro della commissione federale Aleksandr Moskalec[9]. Venerdì alle 10.26 del mattino alla seduta della Duma dedicata ai resoconti Moskalec ha presentato la proposta di mettere all’ordine del giorno e votare l’istanza per la conclusione delle attività della commissione su Beslan.
In
aula non cerano molti deputati. Non di meno su proposta di Moskalec hanno votato quasi tutti quelli di “Russia Unita” (il KPRF[10], “Patria” e il gruppo di Semigin[11] hanno votato contro, l’LDPR si è astenuto). Durante la votazione mattutina è avvenuto un caso: qualcuno ha utilizzato la tessera di Jurij Savel’ev e ha votato al suo posto mentre questi era assente dall’aula.
Lo stesso Jurij Savel’ev ha saputo che la commissione avrebbe concluso i lavori da un servizio di “Ècho Moskvy[12]”. Questi è giunto subito alla Duma e ha raccontato la notizia all’altro membro della commissione Jurij Ivanov, che pure non sapeva nulla dell’iniziativa di Toršin.
Durante la seduta della Duma si è chiarito che ai deputati veniva proposto di votare in tutta fretta un rapporto che nessuno aveva letto né visto! Inoltre Vladimir Žirinovskij ha avanzato la proposta di votare ancor più rapidamente (senz’alcun dibattito o intervento). I MEMBRI DI “RUSSIA UNITA”
[13] e dell’LDPR hanno votato compatti in favore della proposta di Žirinovskij. Ma una svolta degli eventi così marcatamente truffaldina non ha trovato il favore degli altri gruppi. E nell’aula parlamentare si è levato un rumore assolutamente non parlamentare. Il ben esperto presidente della camera bassa Boris Gryzlov si è orientato rapidamente e ha risolto la situazione. Ha avanzato l’ipotesi che i deputati non avessero capito Žirinovskij con tutta precisione e ha posto nuovamente la questione della votazione. Per la seconda volta i deputati hanno votato compatti contro la proposta di Žirinovskij.
Insomma si è deciso di discutere comunque il rapporto. Nel corso del dibattito quasi tutti gli intervenuti hanno parlato dell’assurdità della situazione e del fatto che provavano vergogna davanti agli abitanti di Beslan.
Non di meno in favore della proposta di chiudere l’indagine parlamentare su Beslan hanno votato 333 deputati[14].
Una coincidenza simbolica: 333 persone è il numero di vittime dell’atto terroristico di Beslan.

P.S. Il resoconto dettagliato della Duma di Stato si potrà leggere nei primi numeri della “Novaja Gazeta” nel 2007.

Elena
MILAŠINA http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/98n/n98n-s03.shtml

25.12.2006 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Il titolo dell’articolo si basa su quello del film con Tom Cruise. Ho usato l’inglese perché in Italia il film è uscito con il titolo originale.

[2] Il partito che ha praticamente l’unico scopo di sostenere la politica di Putin ed è detto perciò anche il “partito del potere”.

[3] La camera alta del parlamento russo, formata da rappresentanti delle varie entità locali della Federazione Russa (repubbliche, regioni, ecc.).

[4] Liberal’no-Demokratičeskaja Partija Rossii (Partito Liberal-Democratico di Russia): a dispetto del nome si tratta di un partito nazionalista e per molti versi reazionario – ad esempio invoca l’annessione delle vecchie repubbliche sovietiche dentro una Grande Russia. Il suo leader incontrastato è il tristemente noto Vladimir Vol’fovič Žirinovskij.

[5] Aleksandr Porfir’evič Toršin, vice presidente del Consiglio della Federazione e capo della commissione federale d’inchiesta su Beslan.

[6] Jurij Petrovič Savel’ev è un fisico specializzato nella tecnica degli esplosivi e un parlamentare del raggruppamento “Patria” (nazionalista moderato e fedele a Putin) e quindi impossibile da accusare di incompetenza o di tendenziosità…

[7] Il deputato comunista Jurij Pavlovič Ivanov.

[8] Anche i parlamenti locali sono chiamati “Duma”.

[9] Aleksandr Petrovič Moskalec, deputato di “Russia Unita”, vice presidente della commissione affari costituzionali.

[10] Kommunističeskaja Partija Rossiskoj Federacii (Partito Comunista della Federazione Russa).

[11] Gennadij Jur’evič Semigin, leader del partito “Patrioti della Russia”, di orientamento nazionalista “di sinistra”.

[12] “L’Eco di Mosca”, stazione radiofonica indipendente di Mosca.

[13] Rilievo grafico dell’autrice.

[14] La Duma di Stato è composta di 450 deputati, quindi il 74% di essi ha votato a favore della chiusura dell’inchiesta.

26 dicembre 2006

Parole sempre attuali

Senza giustizia, che cosa sarebbero in realtà i regni, se non bande di ladroni? E che cosa le bande di ladroni, se non piccoli regni? Anche una banda di ladroni è, infatti, un'associazione di uomini, nella quale c'è un capo che comanda, nella quale è riconosciuto un patto sociale e la divisione del bottino è regolata secondo convenzioni primieramente accordate. Se questa associazione di malfattori cresce fino al punto da occupare un paese e stabilisce in esso la sua propria sede, essa sottomette popoli e città e si arroga apertamente il titolo di regno, titolo che le è assegnato non dalla rinuncia alla cupidigia, ma dalla conquista dell'impunità.
Intelligente e verace fu, perciò, la risposta data ad Alessandro il Grande da un pirata che era caduto in suo potere. Avendogli chiesto il re per quale motivo infestasse il mare, con audace libertà, il pirata rispose: "Per lo stesso motivo per cui tu infesti la terra; ma poiché io lo faccio con un piccolo naviglio sono chiamato pirata, perché tu lo fai con una grande flotta, sei chiamato imperatore".


Sant'Agostino, De civitate Dei, IV, 4; citato da Marco Revelli ne "La politica perduta", Einaudi, Torino 2003

25 dicembre 2006

Si può avere un po' di giustizia anche in Cecenia?

La pace nel Caucaso: cronaca di guerra

Da sette anni in Cecenia ufficialmente c’è la pace. Ma “Memorial” da sette anni scrive un resoconto non ufficiale (cioè non censurato) di una guerra.
Anna Politkovskaja collaborava attivamente con “Memorial” e utilizzava le sue informazioni per stendere i propri articoli. Adesso che Anja non c’è più abbiamo deciso di aprire una nuova rubrica (iniziata con il n. 93): due volte al mese pubblicheremo estratti della “Cronaca della violenza” della zona del conflitto armato nel Caucaso settentrionale, che viene portata avanti da quelli di “Memorial”.
In
questo numero altre due storie.

UN CASO MAI AVVENUTO NELLA CECENIA DI OGGI: HANNO TORTURATO, MA HANNO ASSOLTO
Gli abitanti della Cecenia tentano di lottare contro l’arbitrio e l’impunità. A volte hanno successo

Di cosa scriveva la Politkovskaja
L’11 dicembre 2006 la Corte Suprema della Repubblica Cecena ha sancito la condanna di Ali Tečiev, anno di nascita 1985, accusato di aver preso parte all’attacco contro Groznyj del 21 agosto 2004 e di omicidio. In quel giorno i militanti avevano preso sotto il loro controllo molte strade e incroci di Groznyj e avevano ucciso uomini delle forze armate.
Il 30 settembre 2005 Ali Tečiev era già stato condannato con la condizionale per aver fatto parte di formazioni armate illegali (secondo l’art. 208 del codice penale). Le prove consistevano fondamentalmente in testimonianze rese sotto tortura, com’era stato confermato da documenti e dimostrato durante il processo (Anna Politkovskaja aveva scritto delle torture che Tečiev aveva subito). Ali fu nuovamente sequestrato[1] il 29 novembre 2005 e portato all’ORB-2[2]. Dopo pestaggi, torture e una finta fucilazione[3], “confessò” e il 30 novembre fu dichiarato in arresto.
Durante il processo apparve evidente, che il “procedimento” era basato su falsificazioni, torture e false testimonianze.
Durante l’udienza del 19 settembre fu resa nota la deposizione scritta di Chamid Arsabiev, ma questi in precedenza aveva dichiarato che gli agenti dell’ORB-2 l’avevano costretto a testimoniare il falso contro Tečiev, promettendogli che al processo avrebbe reso la sua deposizione sotto pseudonimo da dietro uno schermo protettivo.
Il 3 ottobre comparve al processo Chasanbek Achmadov, che era stato sequestrato e torturato insieme ad Ali. Nonostante la costrizione, Achmadov rifiutò di testimoniare il falso contro Tečiev. Ben presto Chasanbek fu “invitato” a comparire al comando. Evidentemente, a causa dei presentimenti riguardanti le “conversazioni” con gli uomini delle forze armate il 33enne Achmadov morì il 23 ottobre per un attacco cardiaco.
Il
17 ottobre comparve Ruslan Očerchadžiev. Questi raccontò di due giorni di torture (che erano confermate da documenti!), con cui lo avevano costretto non solo ad accusare Ali, ma anche a “confessare” egli stesso di aver preso parte all’attacco contro Groznyj, nonostante avesse un alibi.
Il 30 ottobre l’accusa presentò un testimone, la cui identità fu tenuta segreta, che parlò sotto pseudonimo da dietro uno schermo protettivo. Questi disse che aveva “casualmente” incontrato un agente dell’ORB-2 in un cafè, dove “si ricordò improvvisamente” di aver visto Tečiev il 21 agosto.
Divenne evidente che invece di cercare i veri colpevoli gli inquirenti avevano montato un’accusa contro un ex militante.
L’11 dicembre il tribunale emise un verdetto assolutorio – un caso mai avvenuto nella Cecenia di oggi. Ali
Tečiev uscì libero dallaula del tribunale.

La procura si è insediata in casa d’altri
Il 5 ottobre 2006 presso il tribunale interprovinciale di Urus-Martan ha avuto luogo l’udienza per dirimere la causa intentata da Muchadi Gazimagomaev nei confronti della procura della provincia di Urus-Martan, in cui questi richiedeva l’espulsione della procura dall’abitazione a lui appartenente.
Nel 1944 la famiglia Gazimagomaev fu deportata in Kazakistan[4]. Al loro ritorno nel 1957 questi non poterono rientrare nella propria casa in via Kalančakskaja. La casa era stata occupata da una biblioteca e da una sala per giochi infantili fatti costruire dalla polizia[5]. La famiglia del 25enne Muchadi non poté trovar casa in Cecenia e si trasferì a Mosca.
Negli anni ’90 la casa finì con l’essere rovinata dal tempo, la biblioteca e la sala per i giochi infantili furono trasferite. Dopo aver ricevuto gli atti per la restituzione delle proprietà delle vittime delle repressioni gli ex padroni di casa decisero di ristabilire i propri diritti. Nel 1992 il sessantenne Muchadi Gazimagomaev ottenne un verdetto favorevole dal tribunale, ristrutturò da cima a fondo le rovine della casa e si stabilì là con sua moglie.
Dopo l’inizio della guerra, nel 1994 ripararono a Mosca. Nel 1999 la casa aveva nuovamente bisogno di riparazioni. Gazimagomaev
assunse degli operai. All’inizio del 2000 giunsero nella casa gli uomini della procura e cacciarono gli operai. Muchadi tentò di farsi restituire la sua proprietà, ma senza successo: per entrare nel cortile della propria casa avrebbe avuto bisogno di un permesso che non sempre veniva dato. Gazimagomaev presentò una querela al tribunale della città di Urus-Martan. La querela non fu accolta. Questi si rivolse al tribunale di Mosca – là decisero che della vicenda avrebbe dovuto occuparsi il tribunale interprovinciale di Urus-Martan, che ricevette i documenti nel marzo 2006. Il 5 ottobre ebbe luogo la prima udienza.
Gli avvocati del querelante acclusero alla querela leggi e decreti che non lasciavano spazio a dubbi sul diritto di Muchadi sulla casa. L’arringa dell’avvocato della procura fu stupefacente: questi non pronunciò una sola volta la parola “legge” – disse che tutti gli atti del parlamento della Repubblica Cecena negli anni 1992-1995 “non hanno alcun valore” e che Gazimagomaev “non è l’unica persona, a cui non è stato restituito qualcosa”.
Il giudice propose di portare prove del fatto che Muchadi avesse investito risorse nella ristrutturazione. Gazimagomaev non poté presentare conti, ma la difesa invitò a comparire gli operai che avevano ristrutturato la casa; questi raccontarono dei lavori e confermarono che Muchadi aveva pagato le loro prestazioni.
Il giudice ha preso una decisione: obbligare la procura a liberare l’edificio occupato illegalmente. La procura è intenzionata a presentare un esposto alla Corte Suprema.

"Novaja Gazeta" n. 97,
http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/97n/n97n-s11.shtml
21.12.2006 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Traduco alla lettera. Dire “arrestato illegalmente” non mi sembrerebbe del tutto corretto.

[2] Operativno-Rozysknoe Bjuro, “Ufficio Operativo di Ricerca”.

[3] La storia si ripete? Nel 1849 i membri del circolo socialista di Michail Vasil’evič Petraševskij-Butasevič (i cosiddetti petraševcy, tra cui spiccava lo scrittore Dostoevskij), furono processati, condannati a morte e condotti alla fucilazione, ma quando il plotone d’esecuzione stava per sparare, fu letto un proclama dello zar, che faceva loro grazia della vita e li inviava al confino. Uno dei condannati, sconvolto da questa ignobile farsa, impazzì. In “Arcipelago GULag” Solženicyn racconta che ai danni del generale Konstantin Konstantinovič Rokossovskij (rinchiuso in un lager e poi liberato perché contribuisse alla vittoria sovietica sui nazisti) fu inscenata più di una falsa fucilazione.

[4] Nel 1944 Stalin fece deportare praticamente l’intera popolazione della Cecenia, accusata (fra l’altro in modo del tutto infondato) di aver collaborato con gli invasori nazifascisti. I ceceni sopravvissuti poterono tornare in patria solo nel 1957, dopo che il famoso rapporto segreto di Nikita Serheevič Chruščëv rivelò i crimini di Stalin e avviò la destalinizzazione.

[5] Ad uso dei poliziotti e dei loro figli, suppongo.

23 dicembre 2006

Auguri presi in prestito (ma comunque sentiti)

S.Natale 2006 Anno 2007

Caro amico,

"Coloro che affermano che il mondo sarà sempre così come è andato finora contribuiscono a far sì che l'oggetto della loro predizione si avveri." (Immanuel Kant)

Siamo tutti un pò portati al pessimismo, al pensare più al nostro interesse che al bene comune, a vedere il famoso bicchiere più mezzo vuoto che mezzo pieno,ad impegnarci , a volte, più per le cose dalle quali riteniamo di poter trarre un qualche vantaggio, che per tutelare gli interessi degli altri, dei più deboli, degli emarginati, in un clima di conflittualità reciproca che ogni giorno si fa sempre più evidente.

Auguro a me stesso per primo ed a tutti che questo Natale sia una occasione di profonda riflessione personale sul valore della nostra vita, sul valore della pace, anche interiore, sul valore del servizio e quindi di un amore disinteressato per gli altri, in un contesto di Speranza che non possiamo che trovare nell'Amore di Gesù di Nazaret.

Auguri affettuosi a te ed ai tuoi Cari!


Ringrazio M.B. per questo contributo

Gli intrighi di corte vanno avanti

RULLI COMPRESSORI AL CREMLINO
L’inasprimento della lotta all’interno del clan. Chi schiaccia chi sulla strada verso il potere

Chi ha detto che in Russia non ci sono blocchi politici né lotta politica? A mio modo di vedere, questa lotta c’è. Solo che non bisogna guardare la Duma, ma altri posti.
Ecco, per esempio c’è il blocco dell’FSB[1] e il blocco dell’FSO[2]. La loro principale divergenza politica riguarda la questione delle dogane. A dirla rozzamente, la posizione dell’FSB consiste nell’idea che delle dogane non debba impossessarsi qualsiasi corruttore, mentre la posizione dell’FSO consiste nell’idea che delle dogane non debba impossessarsi qualsiasi corruttore, ma poiché come figure concrete di corruttori si intendono persone del tutto diverse, le posizioni vengono ad essere assolutamente inconciliabili.
Uso la parola “blocco” invece della parola “partito” perché si tratta di coalizioni particolarmente ampie. Per esempio, tra quelli che appoggiano il giusto operato[3] dell’FSB, secondo gli esperti, si trovano persone come il ministro della Giustizia Ustinov[4] e il primo vicedirettore dell’amministrazione presidenziale Igor’ Sečin[5] e i loro avversari, secondo alcune voci, includono il capo del “Gosnarkokontrol’”[6] Viktor Čerkesov, che, secondo alcune voci, ha fatto anche rapporto al presidente.
Tracce delle battaglie le abbiamo viste tutti: arresti, dimissioni, interventi dell’OMON[7], la rimozione di Ustinov e un grande repulisti nell’ambito delle dogane. Bisogna dire che al momento presente il blocco che viene associato al nome di Sečin è chiaramente vincitore. Questo è evidente perché gli avversari di questo blocco, una volta rimossi dai loro posti, ne sono stati effettivamente privati (come, per esempio, il vice capo del ministero degli Interni Novikov[8]), mentre alcuni funzionari dell’FSB, rimossi con decreto presidenziale nel corso del conflitto, occupano in silenzio i loro uffici come prima.
Ma
se il sig. Ustinov riuscisse a distaccare dalla procura, dal ministero degli Interni e dall’FSB la Commissione Investigativa, che concentra tutte le indagini nelle proprie mani, questa non sarebbe più soltanto una vittoria. Sarebbe, per così dire, la presa di Berlino[9].
Ci sono anche altri due blocchi, che potremmo chiamare il “partito dell’erede” e il “partito del terzo mandato[10]”, - il partito di Medvedev[11] e quello di Sečin. Questi non sono del tutto identici ai due blocchi della guerra delle dogane, ma non sono neanche del tutto diversi. Il motivo del conflitto tra blocchi sta nel fatto che in caso di addio del presidente molti al Cremlino perderebbero la posizione che hanno adesso e fra l’altro i rappresentanti di un blocco hanno motivo di pensare che saranno piazzati più in alto e i rappresentanti di un altro che saranno piazzati più in basso. E se in precedenza, ai tempi del Rinascimento, tali divergenze tra sostenitori di diverse piattaforme ideali erano decise con l’aiuto del veleno e del pugnale, adesso i costumi si sono notevolmente ingentiliti – e la lotta invisibile al mondo si accompagna a un meschino agitarsi di procedimenti penali. Come quelli che sono stati avviati nei confronti degli ex compagni del ministro Zurabov[12].
All’interno di “Russia Unita[13]” ci sono profondi e tragici dissensi tra la sig.ra Sliska[14] e il sig. Volodin[15]; là si tratta sia della proprietà del 19% delle azioni della fabbrica “Transmaš[16]” sia di quella sull’appartenenza del parlamento di Saratov[17]. Nella “Gazprom” ci sono non meno di quattro partiti e quanto al governo, è terribile solo pensarci – si possono contare almeno tre blocchi, fra l’altro con un programma politico perfettamente identico: “Di questo casino non sono colpevole io, ma tu!”.
Oppure prendiamo l’incendio nella casa del sacerdote Andrej Nikolaev[18] nel villaggio di Prjamuchino nella regione di Tver’[19]. Davanti ai nostri occhi questo orribile incendio è diventato oggetto del contendere di due partiti.
Uno si potrebbe chiamare convenzionalmente il “partito dei PR” – ad esso serve qualsiasi notizia da usare come pretesto per coprire il caso Litvinenko. E non erano ancora riusciti a rimuovere i resti carbonizzati che dagli schermi televisivi comunicano: Incendio doloso! Minacce
! Tre bambini! La piccola madre[20] incinta bruciata viva! Il sangue si gela nelle vene in un paese in cui i trafficanti di vodka di contrabbando bruciano vivo un sacerdote coi tre figli piccoli e la moglie incinta solo perché impediva alla gente di bere, anche il polonio-210 passa in secondo piano.
Ma qui all’improvviso entrano in gioco gli interessi dell’altro partito, che si potrebbe chiamare il “partito degli sbirri”. Ma che volete dire, chiedono minacciosamente, che il casino nel paese è giunto a un tale punto, che davanti a tutto il villaggio i distillatori di vodka casereccia bruciano vivo un prete coi figli perché non impedisca loro di guadagnare e tutto il villaggio lo sa? Ed ecco che da parte del secondo partito già si insinua: essi stessi hanno appiccato il fuoco[21]. Cosa
? Minacce? Non c’è stata alcuna minaccia. Cosa, avevano già dato fuoco alla casa? Ma che dite!
Vi invito a fare attenzione al fatto che tutto questo avviene ancor prima del termine di qualsiasi indagine, che lo sfortunato padre Andrej è rimasto bruciato in modo tale che di lui sono rimasti solo la croce e il teschio, insomma tutte queste dichiarazioni in generale non hanno a che fare con la realtà, ma hanno a che fare solo con la necessità di sfruttare queste notizie da parte dell’uno o dell’altro clan.
E al fatto che i blocchi sono assolutamente inconciliabili, perché qui non si tratta di qualche manifesto o statuto, ma di denaro e di posti importanti. E qui sta la faccenda: un manifesto si può correggere, si può giurare fedeltà a due padroni in una volta, ma se si tratta di rubli, è difficile far finta che li abbia Ivan Ivanovič, se li ha Pëtr Petrovič.

Julia LATYNINA[22], articolo speciale per la “Novaja Gazeta”,
http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/94n/n94n-s00.shtml


11.12.2006 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), il servizio segreto russo principale, erede del KGB.

[2] Federal’naja Služba Ochrany (Servizio Federale di Protezione), altro servizio segreto russo, incaricato di proteggere gli alti funzionari e le proprietà dello Stato.

[3] Qui si ironizza, ovviamente.

[4] Vladimir Vasil’evič Ustinov, che a suo tempo, come magistrato, si è occupato degli attentati del 1999 che hanno dato il via alla “seconda guerra cecena”, del magnate dell’informazione Gusinskij, del sottomarino “Kursk”, di Chodorkovskij…

[5] Igor’ Ivanovič Sečin, presidente del consiglio dei direttori del colosso petrolifero “Rosneft’”, che molto si è giovato della dissoluzione del colosso JUKOS di Chodorkovskij.

[6] Abbreviazione che sta per “controllo statale dei narcotici”, nome non ufficiale del “Servizio Federale della Federazione Russa per il Controllo sul traffico di Narcotici”.

[7] Otrjad Milicii Osobogo Naznačenija (Reparto di Polizia con Compiti Speciali), analogo russo della nostra Celere, che non di rado si segnala per la propria brutalità.

[8] Andrej Novikov, che nel 2001 dal posto di comandante di una stazione di polizia di San Pietroburgo ascese direttamente alla dirigenza del ministero degli Interni.

[9] La presa di Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale garantì ai sovietici il controllo su mezza Europa per oltre quarant’anni…

[10] Per avere un terzo mandato presidenziale Putin dovrebbe cambiare la costituzione russa, che prevede al massimo due mandati presidenziali consecutivi.

[11] Dmitrij Anatol’evič Medvedev, primo vice premier, è considerato il possibile erede di Putin.

[12] Michail Jur’evič Zurabov, ministro della Sanità, assai contestato a causa della riforma che ha sostituito le agevolazioni di cui godevano i pensionati con indennizzi in denaro assolutamente insufficienti.

[13] Il partito nato per sostenere Putin, detto anche “partito del potere”.

[14] Ljubov’ (in russo significa “amore”…) Konstantinovna Sliska, primo vice presidente della Duma, la camera bassa russa.

[15] Vjačeslav Viktorovič Volodin, uno dei vice presidenti della Duma.

[16] Fabbrica di materiale ferroviario, di cui Sliska possiede il 19% delle azioni.

[17] L’equivalente di un consiglio regionale, che presiede alla regione di Saratov, a sud di Mosca, e che protesta contro la Duma a causa di uno stabilimento per lo smaltimento di armi chimiche presente sul proprio territorio.

[18] Fatto di cronaca che ha fatto molto parlare: nella notte del 2 dicembre il pope Andrej Nikolaev, la moglie incinta e i loro tre figli sono morti nell’incendio appiccato alla loro casa.

[19] Città a nord di Mosca.

[20] Matuška, diminutivo di mat’, “madre”, appellativo della moglie del pope.

[21] In effetti c’è chi cerca di sostenere l’assurda versione del pope impazzito che da fuoco alla propria casa bruciando vivo anche se stesso…

[22] Julija Leonidovna Latynina, giornalista economica e scrittrice di libri gialli e fantasy.

19 dicembre 2006

Da loro USA far così?

Il mio amico M.B., che tanto contribuisce a questo blog, mi invita a leggere questo articolo: http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/esteri/iraq-103/michael-moss/michael-moss.html. Citando un'altra persona che stimo, potrei dire "se questa America è il faro dell’occidente (come un tempo si diceva), è molto meglio stare al buio" (vedi http://www.comune.empoli.fi.it/penamorte/Testi/intervento_diego_cremona.htm)

18 dicembre 2006

Esco dall'anonimato...

Come avete visto, ho scritto il mio nome per intero nel profilo. Quello di nascondere il cognome era più che altro un vezzo. A chi mi conosce ho sempre detto chiaramente che questo è il mio blog (e non è più neanche l'unico). Per ora, però, non scriverò i fatti miei nel profilo e non ci metterò la foto. Non ci perdete nulla a non vederla. Chi mi conosce personalmente, lo sa :-)

17 dicembre 2006

Desaparecidos del Caucaso

«Persone che spariscono».
Prosecuzione delle indagini di Anna POLITKOVSKAJA
SEQUESTRI: IL PIANO DEL PRESIDENTE NON E’ STATO REALIZZATO
Tre anni fa Putin promise agli abitanti della provincia di Urus-Martan di “trovare gli scomparsi e portare alla luce i colpevoli”. Non ha trovato e non ha portato alla luce nessuno

Dal 2000 il centro per la difesa dei diritti umano “Memorial”[1] porta avanti la “Cronaca della violenza” nella zone del conflitto armato nel Caucaso settentrionale: raccoglie le testimonianze delle vittime, riportano fatti riguardanti sequestri e omicidi, seguono il corso delle indagini degli inquirenti su questi fatti – insomma scrive un resoconto non ufficiale (leggi – non censurato) della guerra.
I membri di “Memorial” ritengono che uscire dal circolo vizioso della violenza, della contrapposizione armata diventerà possibile solo quando trionferà la legge: uno per tutti. Quando i colpevoli dei delitti sconteranno le loro responsabilità e gli innocenti potranno tornare alla vita pacifica indipendentemente dal fatto che siano dei “nostri” o degli “altri”.
Ma finché tutto andrà in un altro modo, “Memorial” continuerà a scrivere il suo resoconto.
Anna Politkovskaja collaborava attivamente con “Memorial” e utilizzava le loro informazioni per preparare i propri articoli. Adesso che Anja[2] non c’è più, abbiamo deciso di aprire una nuova rubrica: due volte al mese pubblicheremo estratti della “Cronaca della violenza”, portata avanti da “Memorial”.
In questo numero sarà la volta di tre storie avvenute a novembre di quest’anno.


La pace nel Caucaso: cronaca di guerra

3 NOVEMBRE 2006
“E’ stato dentro[3] per poco”

Nel villaggio di Samaški nella provincia di Ačchoj-Martan (Cecenia) Murad Vachidovič Magomadov, anno di nascita 1982, fu portato via da agenti di una struttura armata non precisata.
Verso le due di notte nella casa in v. Ambulatornaja[4] fece irruzione un gruppo di uomini armati mascherati. Senza essersi qualificati e senza spiegare i motivi del loro operato questi, sotto la minaccia delle armi, fecero stendere tutti a terra, dopo di che presero Murad dalla sua stanza e lo portarono con loro. Non gli permisero neanche di vestirsi: lo portarono via in canottiera e slip.
Dopo che i sequestratori se ne furono andati, il padre di Murad, Vachid, si diresse alla sezione territoriale di polizia (TOM[5]), che si trova a due isolati di distanza. I poliziotti raccontarono che nel villaggio erano entrate tre automobili. Alla richiesta di fermarsi le persone sedute all’interno gridarono: “I nostri” – e proseguirono. Ben presto le tre macchine ripassarono in senso contrario, lampeggiando e aggirando i poliziotti del posto di blocco. Nell’abitacolo di una delle macchine gli agenti della
ТОМ videro il capo della polizia criminale della provincia di Ačchoj-Martan, il colonnello Vjačeslav Nikolaevič Kulikov.
Alla ROVD[6] di Ačchoj-Martan dichiararono che Murad Magomadov non era da loro. Ciononostante il padre del sequestrato ottenne di potersi incontrare con Vjačeslav Kulikov e questi fu costretto a confermare la notizia dell’arresto di Magomadov: a suo dire, questi era stato portato all’FSB[7], da cui presto l’avrebbero mandato indietro, alla ROVD di Ačchoj-Martan. Alla domanda: “Perché l’hanno preso?” – Kulikov rispose: “E’ stato dentro per poco!”.
In precedenza, nell’estate del 2006, Murad Magomadov fu condannato a un anno e mezzo di detenzione per partecipazione a una NVF[8]. Il 27 settembre il tribunale provinciale di Naur acconsentì alla richiesta di libertà condizionata per Magomadov, in quanto “il condannato aveva scontato in carcere più di un terzo della pena prevista. In questo periodo da parte sua non vi erano state violazioni del regime carcerario, ha ricevuto un incentivo per il suo coscienzioso atteggiamento verso il lavoro. E’ pentito di ciò che ha commesso…”.
Il 3 novembre giunsero di nuovo in casa Magomadov gli agenti di una qualche forza armata, che effettuarono la perquisizione della casa e degli edifici annessi e scavarono anche in qualche parte dell’orto. Nel far questo rifiutarono di qualificarsi, non mostrarono i documenti necessari per effettuare una perquisizione e accompagnarono le loro azioni con insulti e minacce. Non avendo trovato niente di loro interesse, gli uomini armati se ne andarono.
Il 6 novembre Vachid Magomadov si rivolse alla procura provinciale per denunciare l’operato illegale dei poliziotti. L’impiegato della procura Kadyrov[9] espunse dalla denuncia di Magomadov le parole che descrivevano il fatto che suo figlio era stato sequestrato alle due di notte e che i sequestratori erano mascherati. Poi, secondo Vachid Magomadov, Kadyrov dichiarò che suo figlio sarebbe stato accusato di “omicidio” o di “detenzione illegale di armi”. Ritenendo che l’omicidio fosse una cosa più grave, il padre convinse il figlio a confessare la detenzione di armi. In tal modo la procura, invece che degli addetti alla sorveglianza dei detenuti in libertà condizionata, si servì essenzialmente dell’ignoranza della legge da parte del padre dell’arrestato.


21 NOVEMBRE 2006
La procura “raddoppia il PIL[10]

Alla sede del PC[11] “Memorial” della città di Urus-Martan (Cecenia) si è rivolta un’abitante di questa città, Zura Chasueva. Questa ha raccontato che dopo il sequestro da parte di agenti delle forze armate di suo figlio Abu Chasueva, compiuto cinque anni fa, nell’agosto 2001, e la sua seguente scomparsa sono stati avviati due procedimenti penali condotti da due inquirenti della stessa procura provinciale che non sapevano di indagare sulla stesso crimine.
Dal colloquio con Zura Chasueva:
“Il 20 novembre i vicini mi trasmisero una comunicazione della procura della provincia. In essa si diceva che avrei dovuto comparire davanti all’inquirente Madaev.
Il 21 novembre sono stata alla procura della provincia di Urus-Martan. Madaev mi ha detto che ero stata convocata in relazione al procedimento penale numero 25140. L’inquirente mi domandò se mi fosse scomparso un figlio, Chasuev Abu, nell’agosto 2001. Risposi
di sì. Dissi che ero stata dall’inquirente Aslan Kataev, che poteva confermare che ero stata in procura di recente. Madaev gridò qualcosa verso l’ufficio vicino.
Da lì venne fuori l’inquirente Kataev e disse che stava conducendo un procedimento penale, avviato per via della scomparsa di mio figlio, Chasuev Abu. Solo che il numero di questo procedimento era 25170. Entrambi gli inquirenti si stupirono. Poi gli inquirenti si consultarono tra loro e andarono dal procuratore con due cartelle.
10-15 minuti dopo tornarono e mi dissero che adesso avrebbero riunito i due procedimenti in uno.
In tal modo venni a sapere che fino al 21 novembre 2006 nella procura della provincia di Urus-Martan c’erano due procedimenti penali avviati per via del sequestro di mio figlio. Fra l’altro gli inquirenti non sapevano neanche di condurre parallelamente un’“indagine” sulla stessa vicenda”.
Vale la pena dire che entrambe le indagini finora non hanno dato risultati?


27 NOVEMBRE 2006
Il prezzo della consegna di se stessi alle autorità

Alla sede del PC “Memorial” di Nazran’[12] si è rivolto per iscritto un abitante del villaggio[13] di Ordžonikidzevskaja[14] (Inguscezia) Umar Alaudinovič Chajcharoev.
Il 27 luglio 2006 questi, i suoi fratelli e i suoi parenti – in tutto 15 persone – si sono rivolti agli uffici della ROVD del ministero degli Interni della Repubblica Cecena di Ačchoj-Martan per consegnarsi alle autorità in cambio di garanzie concesse dello stato. Avendo creduto alla promessa fatta dal direttore dell’FSB della Federazione Russa N. Patrušev, decisero di tutelarsi da eventuali arresti. A quanto dissero, nel periodo da ottobre a dicembre 1999 avevano fatto parte di formazioni armate della Repubblica Cecenia di Ičkerija[15].
Prima di dichiarare ufficialmente che si sarebbero consegnati alle autorità, questi condussero trattative con i rappresentanti delle forze dell’ordine e ottennero la garanzia che sarebbero stata concessa loro l’amnistia. In particolare ricevettero tali garanzie dal comandante di divisione della PPS[16] della provincia di Ačchoj-Martan Ibragim Dadaev e del capo del VOGO[17] e del PMVD[18] della Federazione Russa nel Caucaso settentrionale, il generale di corpo d’armata[19] Oleg Valentinovič Chotin. Solo in seguito a ciò durante una riunione di famiglia dei Chajcharoev fu presa la decisione di consegnarsi spontaneamente alle autorità. Per 10 giorni furono interrogati tutti e fu verificata la loro posizione in diverse banche dati[20], dopo di che fu disposto di non dar luogo a procedere contro di loro e furono rimessi in libertà.
Tre mesi dopo, il 24 ottobre 2006, nella città di Karabulak (Inguscezia) gli agenti mascherati di un’imprecisata forza armata hanno portato via dall’appartamento della madre di Umar Chajcharoev due degli amnistiati: Mochdan Alaudinovič Èl’gakaev e Mochdan Isaevič Aslambekov. Due giorni dopo un uomo telefonò da Vladikavkaz ai parenti dei sequestrati, presentandosi come l’avvocato di Mochdan Èl’gakaev e comunicò che questi era rinchiuso nel carcere per la detenzione preventiva e che era accusato di aver preso parte a un attacco terroristico in Inguscezia nella notte del 22 luglio 2004. In seguitò si riuscì a chiarire che il secondo sequestrato, Mochdan Aslambekov, si trovava nella ROVD della provincia di Ačchoj-Martan nella Repubblica Cecena.
Al momento l’istruttoria nei confronti di Èl’gakaev è stata chiusa e gli atti sono stati trasmessi al tribunale. Questi si trova nell’infermeria del carcere. Secondo quanto ha dichiarato Umar Chajcharoev, durante le indagini Èl’gakaev è stato picchiato per ottenerne una deposizione favorevole[21]. Umar Chajcharoev scrive che i suoi parenti sono accusati di crimini che non hanno commesso.


Sulle indagini sui sequestri nella provincia di Urus-Martan: 2000—2006

Il 18 dicembre 2003, durante una “linea diretta” di Vladimir Putin[22] alcune abitanti della provincia di Urus-Martan dissero che nella provincia sono state sequestrate 203 persone e hanno chiesto al presidente di parlare delle misure prese per prevenire i sequestri di persona e indagare tutti i casi simili. Il presidente rispose che al momento era impossibile stabilire chi ci fosse dietro a questi crimini, ma promise: “Continueremo il lavoro di ricerca delle persone scomparse e di ricerca dei colpevoli… Sapete che sono state già avviate decine di procedimenti penali…”. Il presidente ha dato un ordine e un anno e mezzo dopo la sua volontà è arrivata in Cecenia.
Nel luglio 2004 la procura ha chiesto all’ufficio di “Memorial” a Urus-Martan dove quelle donne siano venute a conoscenza di questo numero - 203 scomparsi.
Nell’agosto 2004 “Memorial” indirizzò alla procura una lettera, a cui erano allegate le liste di 240 abitanti della provincia di Urus-Martan nella Repubblica Cecena, scomparsi senza lasciare traccia o trovati uccisi dopo essere stati arrestati o sequestrati, con una descrizione dettagliata delle circostanze e chiese a sua volta che venisse comunicato l’andamento delle indagini legate ai procedimenti penali avviati a seguito di questi casi. Né a questa né a una successiva richiesta è stata data risposta.
Nel giugno 2005 un’analoga richiesta fu indirizzata a Èlla Pamfilova[23], a questa furono allegate le liste di 246 “scomparsi” o uccisi dopo i sequestri negli anni 2000–2003.
Il 27 giugno 2005 la procura della Repubblica Cecena ha risposto. E’ risultato che per nessuno di questi crimini è stata formulata un’accusa o sono stati trasmessi atti a un tribunale.
Procedimenti riguardanti il sequestro di quattro persone sono stati avviati in altre province.
Un procedimento è stato trasformato passando dall’articolo 126 del codice penale della Federazione Russa (“sequestro di persona”) all’articolo 127 (“detenzione illegale”) e poi è stato bloccato “a causa del fatto che non è stato stabilito chi siano le persone da convocare in qualità di imputati”.
Riguardo a 172 persone (il 70% della lista) è stato comunicato che è stato avviato un procedimento penale e sono state avviate le ricerche, ma le persone da convocare in qualità di imputati non sono state trovate e che vanno avanti le misure operative di ricerca…
Le operazioni di ricerca devono essere avviate dalla polizia per quel che riguarda le persone scomparse senza lasciare traccia, il cui destino non è stato chiarito, ma in risposta ci è stato comunicato anche l’avvio delle ricerche di 31 sequestrati, i cui corpi sono stati ritrovati molto tempo fa.
Riguardo a 69 persone è stato comunicato che “denunce e comunicazioni riguardanti sequestri non sono giunte alla procura o alla sezione del ministero degli Interni della provincia di Urus-Martan nella Repubblica Cecena”, anche se, perlomeno per quel che riguarda parte di questi casi, la procura non poteva non sapere dei sequestri o dei susseguenti omicidi – i parenti avevano sporto denunce, in alcuni casi erano stati avviati procedimenti penali…
Dalla dichiarazione del presidente sono passati tre anni.

“Novaja Gazeta” n. 93 http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/93n/n93n-s10.shtml

07.12.2006 (traduzione e note di Matteo M.)



[1] Associazione nata ufficialmente nel 1992 per mantenere viva la memoria delle vittime del potere sovietico, ma che si occupa anche di diritti umani.

[2] Diminutivo di Anna.

[3] Letteralmente “è stato seduto”, poiché in russo dei detenuti si dice che “siedono in prigione”.

[4] “Dell’Ambulatorio”.

[5] Territorial’nyj Otdel Milicii, “Sezione Territoriale di Polizia”.

[6] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del, “Sezione Provinciale del Ministero degli Interni”; in Russia i posti di polizia si chiamano sezioni del ministero degli Interni…

[7] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), i servizi segreti russi.

[8] Nezakonnaja Vooružënnaja Formacija (Formazione Armata Illegale): nel linguaggio giuridico italiano si tratterebbe di “partecipazione a banda armata”.

[9] Sic.

[10] L’economia russa cresce a ritmi tali che si parla di raddoppiare il PIL dell’epoca della sua entrata nell’economia di mercato. Qui lo slogan è usato ironicamente, perché si è raddoppiato altro…

[11] Pravozaščitnyj Centr, “Centro per la Difesa dei Diritti Umani”.

[12] Città dell’Inguscezia, repubblica caucasica della Federazione Russa confinante con la Cecenia (fino agli anni ’90 formavano un’unica entità, la repubblica di Cecenia e Inguscezia).

[13] Stanica sta “per villaggio cosacco”. Con questo termine vanno intesi i villaggi fondati dai russi.

[14] Villaggio intitolato a Grigorij Konstantinovič Ordžonikidze, collaboratore di Stalin.

[15] Nome di origine turca dato alla Cecenia dagli indipendentisti, in cui pare che non tutti i ceceni si riconoscano.

[16] Postovaja Patrul’naja Služba, “Servizio di Pattuglia dei Posti di Blocco”.

[17] Vertolëtnyj Otrjad Graždanskoj Oborony, “Reparto Elicotteri della Difesa Civile”.

[18] Struttura del ministero degli Interni su cui non trovo informazioni.

[19] Uso per chiarezza la terminologia italiana. Si tratta del generale di grado maggiore.

[20] Dell’amnistia possono godere coloro che si consegnano alle autorità purché a loro carico non via sia altra accusa che la partecipazione a banda armata.

[21] Favorevole allo scopo di condannarlo.

[22] Cioè uno di quei programmi della televisione di Stato russa durante i quali Putin risponde in diretta alle domande (debitamente filtrate, suppongo) dei telespettatori.

[23] Èlla Aleksandrovna Pamfilova, presidente del “consiglio per la collaborazione allo sviluppo delle istituzioni della società civile e dei diritti umani presso il presidente della Federazione Russa” (secondo la pomposa definizione ufficiale).