26 novembre 2007

Ravasi e Ferrara

L'altro lato del Figlio. Da Avvenire del 14 novembre 2007

La basilica di San Giovanni gremita ieri sera per la ri­presa del
tradizionale «Dialogo in Cattedrale» con il neo presidente del
Pontificio Consiglio per la Cultura, mon­signor Gianfranco Ravasi, e
Giuliano Ferrara, direttore de «Il Foglio», introdotti dal vicario di
Roma, il cardina­le Camillo Ruini.

Al centro della serata, il volume di Be­nedetto XVI, «Gesù di
Nazareth». «Questo libro – ricor­da Ruini – è anche al centro del
lavoro quotidiano co­stante che la diocesi di Roma sta facendo, tanto
che il pro­gramma pastorale comincia con alcune parole che si
ri­feriscono alla sostanza del libro: 'Gesù è il Signore'».

Il cardinale Ruini evidenzia due nuclei fondamentali del li­bro di
Papa Ratzinger: «Il primo – spiega – riguarda il rap­porto tra la
storia e la fede in concreto. L'intenzione fon­damentale di Benedetto
XVI è mostrare l'identità che esi­ste tra il Gesù della storia e il
Cristo della fede della Chie­sa. Questa unità è pietra angolare del
cattolicesimo e di o­gni cristianesimo che intenda essere
'cristianesimo cre­dente' ».

Del secondo nucleo dice: «È posto un unico e identico Ge­sù Cristo in
una 'storia efficace', quella che i tedeschi chia­mano
'Wirkungsgeschichte', una storia, cioè, che si rea­lizza, che giunge
fino a noi, che ha determinato gli itinera­ri della nostra civiltà e
continua ad essere determinante oggi per il nostro cammino non solo
personale e interiore ma anche comune, storico e pubblico». Da qui
l'invito del cardinale a leggere il libro in posizione di apertura,
quella apertura che Ratzinger ha definito 'ascolto umile' verso il
Signore che parla dentro di noi. «Potremmo aggiunere un terzo aspetto
– conclude Ruini –, e cioè l'intento di intro­durci nell'intimità
personale con Gesù Cristo, o meglio in quella intimità personale che
Gesù ha avuto con Dio Pa­dre ».

L'iniziativa dei 'Dialoghi' è nata nell'ambito della Missio­ne
cittadina voluta da Giovanni Paolo II nel 1996. L'obiet­tivo era
quello di preparare la Chiesa e la città di Roma al­la celebrazione
del Grande Giubileo del 2000. Nel corso de­gli anni, numerose
personalità ecclesiastiche e rappresen­tanti della cultura hanno
dialogato nella cattedrale roma­na; tra questi l'allora cardinale
Ratzinger e Vittorio Pos­senti nell'incontro sul tema poi cruciale nel
pontificato di Benedetto XVI, «Fede e ragione».


Ferrara: io, ateo devoto, credo nella fede del Papa in Gesù
di Giuliano Ferrara

Se il Papa ha scritto un libro su Ge­sù ci deve essere un motivo. La
Chiesa è già un libro vivente su Ge­sù, dipende da Gesù come il corpo
dal­la testa. La Chiesa segue Gesù, testi­monia per lui e in lui
attraverso la fede, le opere, la carità, i sacramenti e so­prattutto
la liturgia.

Tutto nella Chiesa si fonda sulla paro­la di Gesù annunciata nel
Vangeli, che per la Chiesa sono i primi e definitivi libri in cui Gesù
si trova e, in par­te, enigmaticamente si nasconde. La Chiesa è la
tipografia universa­le di Gesù, cura da sempre l'ortografia del
racconto che lo riguar­da, Gesù è la sua A e la sua Zeta. La Chiesa
legge da due mil­lenni anche i libri più antichi della fe­de ebraica,
l'Antico Testamento, alla lu­ce di quelli più recenti. Nella parola di
Cristo Gesù e dei suoi apostoli, nelle Lettere e negli Atti, la Chiesa
ritrova e ri­conosce come suo anche il patrimonio comune degli ebrei,
il gran libro di Mo­sé, la sua legge, e i salmisti e i profeti e tutto
il resto della Bibbia, tutto il resto di quei libri che diventano
patrimonio comune di ebrei e cristiani. In appa­renza, dunque, i libri
su Gesù sono già stati scritti. Secondo la Chiesa, che spo­sa storia,
teologia, filosofia e profezia, perfino le Sacre Scritture degli
agiogra­fi, che scrivevano secoli prima della na­scita di Gesù di
Nazaret, riguardano il suo avvento. E allora? Perché il Papa ha
scritto un libro su Gesù?

La risposta la dà lui stesso in modo ap­parentemente molto semplice.
Il Papa, che è un teologo e un filosofo e uno sto­rico, ha voluto dare
un contributo per­sonale alla ricostruzione del volto del Si­gnore. E
il suo contributo è di una sem­plicità inaudita: il Papa Benedetto
XVI, che con una doppia firma in quanto au­tore si qualifica anche
come Joseph Rat­zinger, non si limita a credere nel Gesù dei Vangeli,
aggiunge qualcosa alla sua fede, aggiunge che la figura di Gesù
Cri­sto è logica, è storicamente sensata e convincente, solo se
esaminata e per così dire razionalmente argomentata alla luce dei
Vangeli. Senza argomenta­zione razionale, senza ricorrere
critica­mente al metodo storico, Gesù diven­ta un'astrazione
interiore, perde il con­tatto con il tempo, con la storia, con il
creato, con l'umanità e con il suo ethos, con la vita e con il suo
significato, di­venta una figura evanescente separata dalla realtà
dell'essere e dall'essere del­la realtà. Non si capirà mai che cosa
vo­lesse dire quando disse: «Io sono». Ma con il puro metodo storico
si possono formulare solo ipotesi su Gesù, ipotesi che si
contraddicono, che stanno irri­mediabilmente nel passato. (...) A
questo punto potreste obiettarmi: e tu che c'entri con il libro del
Papa, se il libro del Papa è quello che tu dici? Co­me fai a entrare
in un discorso sul Fi­glio del Dio vivente se non credi? E la mia
risposta è questa. La mia ragione mi dice il suo limite. Se non lo
riconosces­si sarei padrone della mia vita e della mia mor­te, sarei
un nichilista. La mia ragione mi dice che sono un credente, seb­bene
non disponga di u­na fede personale e con­fessionale praticamente
vissuta. Credo nel con­cetto matematico e fisi­co di infinito, che
segna il mio limite e lo descri­ve. Credo che mio padre e mia madre
non siano l'origine biologica del mio Dna ma un semplice e irrisolto
miste­ro d'amore. Credo che l'altro, la perso­na umana o anche solo il
suo progetto o anche solo il suo ricordo, sia titolare di diritti che
sono al tempo stesso i miei doveri, e che questo ciclo della
delica­tezza e del rispetto tra le generazioni sia stato messo a
punto, nella sua mas­sima perfezione, dentro la civilizzazio­ne
cristiana del mondo. Credo che non tutto sia negoziabile e relativo.
Ed è già un bel credere, ve lo assicuro.

In più credo nella fede degli altri, la ri­spetto e la amo, in un
certo senso la de­sidero. L'inesistenza della mia fede non mi porta a
considerare la fede, anche e soprattutto la fede dei semplici, dei
pic­coli, come una variante della supersti­zione o del fanatismo. Se
poi la fede de­gli altri mi si presenta con il vigore e la passione
razionale di un magnifico li­bro di teologia, se il sapere della fede
e la fede nel sapere di un Papa mi inse­gnano qualcosa di prezioso che
attra­versa la storia ma non la esaurisce e in essa non si esaurisce,
crescono a di­smisura la mia inquietudine, la mia cu­riosità e la mia
fiducia.


Ravasi: tra storia e teologia, la lunga «cerca» del vero Cristo
di Gianfranco Ravasi

L'aveva intitolata pro­prio così: «Giovanni 1, 14», rimandando
esplicitamente a quel verset­to del quarto Vangelo in cui si proclama
che il Verbo divino ed eterno si fece carne uma­na, cioè storia ed
esistenza. In quella poesia il famoso scrittore argentino agnostico
Jorge L. Borges metteva in bocca a Cristo questa con­fessione: «Io che
sono l'È, il Fu, il Sarà, / accondiscendo al linguaggio / che è tempo
successivo... / Vissi prigio­niero di un corpo e di un'u­mile
anima...». La Parola si fece dunque parole, l'Eterno tempo, l'Infinito
spazio, Dio divenne anche uomo. Ebbe­ne, è attorno a questo intimo
intreccio che si è snodata da sempre la riflessione teologi­ca e
l'analisi storica su Gesù Cristo.

Il libro di Benedetto XVI ha voluto rimettere al centro proprio
questa unità fon­dante del cristianesimo, ri­proponendone la
compat­tezza contro ogni tentazione di dissociazione. Sì, perché – se
stiamo solo alla ricerca moderna – si è assistito a un processo di
divaricazione o anche di separazione e per­sino di negazione di uno
dei due poli di quell'unità. Tutto è cominciato alla fine del
Set­tecento con quella che gli studiosi definiscono ora, con l'inglese
ormai imperante,

Old Quest, cioè l'antica ricer­ca: soprattutto in ambito te­desco e
illuministico si spo­gliava Gesù di Nazaret del manto di Cristo e di
Figlio di Dio, eliminando dalla sua fi­gura tutto ciò che era
ritenu­to mito o costruzione fidei­stica, a partire dai miracoli e
dalle parole trascendenti in cui appariva un volto divino. Nel primo
Novecento, con un teologo divenuto poi quasi un capofila, Rudolf
Bult­mann, si procedeva ulterior­mente su quella linea ma per ottenere
un esito opposto: al cristiano deve interessare proprio e soltanto il
Cristo, il Figlio di Dio, e non certo la vicenda storica dell'ebreo
Gesù di Nazaret. Anche per questa via – che non era ra­zionalista come
la prima, bensì teologica – si confer­mava la dissociazione in Ge­sù
Cristo tra il Verbo e la car­ne. Ma, attorno agli anni 1950-75 si
consumò una svolta radicale con la New Quest: questa nuova ricerca
affermava invece la conti­nuità tra il Gesù della storia e il Cristo
della fede (o del kerygma o «annunzio» pa­squale della Chiesa, come si
è soliti dire tecnicamente). Si assisteva, così, a una serie di
fervide analisi storiografiche sulle parole e sugli eventi di Gesù di
Nazaret, così da a­verne una rappresentazione compiuta, recuperandone
il rilievo storico, emarginato da Bultmann.

Ma la traiettoria del pendolo dell'analisi critica non si era ancora
esaurita: attorno al 1985 prese il via una Third Quest o «terza
ricerca», la cui caratteristica fondamentale era la collocazione della
fi­gura di Gesù nel suo oriz­zonte storico giudaico (un ambiente
culturale e religio­so a noi ben noto attraverso una vasta
documentazione) così da farne risaltare la conformità ma anche
l'origi­nalità e la discontinuità, con­siderate come criteri per
so­stenere la plausibilità storica di molti dati di Gesù e su Ge­sù
offerti dai Vangeli.

A questo punto ecco lo sno­do dell'opera di Benedetto X­VI che, pur
ricorrendo al me­todo storico-critico seguito dalla New e dalla Third
Que­st, lo riposiziona e lo com­pleta riportando l'attenzione anche
sulla dimensione «cri­stologica », cioè sul Verbo di­vino presente
nella carne di Gesù di Nazaret, attestato dai Vangeli: solo così si
può presentare un Gesù reale, non amputato o sezionato.

Il discorso diventa, dunque, complesso. Vorremmo solo far notare due
dati. Il primo è di ordine storiografico: non tutto il reale è
«storico». Quanti detti e atti effettiva­mente compiuti dall'uma­nità
nei secoli non possono essere documentati storica­mente! Lo storico,
che ha bi­sogno sempre di avere come base dati documentati, non ha in
mano tutta la realtà di una persona, anzi ad essa si avvicina solo in
minima par­te e spesso in via ipotetica. Ed è per questo che sempre
più ai nostri giorni si ricorre al­l'ausilio di altre discipline, come
la psicologia, la socio­logia, l'antropologia e – per­ché no? – la
mistica e la teo­logia.

Il secondo dato è di indole teologica: oggetto e fonda­mento della
fede non è di per sé il solo Gesù storico; eppu­re il Gesù storico è
compo­nente fondamentale della fe­de cristiana perché essa ha al
centro la persona di Gesù Cristo che è quell'unità di u­manità e
divinità da cui sia­mo partiti. E allora anche la ricerca storica su
Gesù dev'essere integrata nella stessa teologia in un incrocio
delicato ma necessario.



Ringrazio A.N. per questo contributo

6 commenti:

Anonimo ha detto...

No scusa. Sarebbe molto carino che tu mi spiegassi una frase che proprio non ho capito.
Dipenderà dal fatto che non sono laureata?
"Credo che mio padre e mia madre
non siano l'origine biologica del
mio Dna ma un semplice e irrisolto
miste­ro d'amore".
Eh?
Ma cosa crede questo che siamo tutti "ripresi dalla piena"?
Cioè sto tizio crede di essere nato dal nulla, come un un fungo, senza un perchè, così per caso.

Ma che ci piglia per i fondelli?

E meno male che si ritiene razionale!
Proprio per questo motivo è impossibile essere atei!
Ma cosa perde tempo a ragionare? Sui quattrini del sale?

Puoi essere un professorone umanista, un campione di Sudoku, un virtuoso delle espressioni algebriche, un mito degli anagrammi o dei cruciverba.

Ma se sei ateo hai dei grossi problemi per quello che riguarda la comprensione della vita stessa.
Incredibile.

E poi ci si stupisce che il mondo vada alla rovescia...

:)

Matteo Mazzoni ha detto...

@vaiavaia: sarò sincero, neanch'io capisco bene la posizione di Ferrara... Pare dire "credo che il Cristianesimo sia vero, però non ci credo"...

Anonimo ha detto...

Matteo!
O qualunque sia il tuo vero nome!

Mi sa che ci siamo!!!!

Vuoi vedere che è la volta buona?

Il giudizio universale!

Un po prestino... credevo un po più tardi!

Spero non sia "un falso allarme".

:))

Ora c'ho da organizzarmi un attimo e poi darò mie notizie!!!

:))

Ah dimenticavo: OT!

Matteo Mazzoni ha detto...

@emozionatissima!: non ci crederai, ma mi chiamo davvero Matteo... Sono contento che ci siamo... Fammi sapere...

Anonimo ha detto...

Certo.
Il mio tostapane è da buttare e sono molto delusa.
Oggi giorno c'è la cultura del "buttar via" e costa di più riparare che ricomprare. Mica per il costo del tostapane, ma all'ambiente non ci pensa nessuno?
Cosa lasceremo ai nostri figli?
Una montagna di tostapani rotti?

Ah ma non mi arrendo, non ci penso neanche! Adesso lo apro e guardo! Sarà la resistenza... cosa vuoi che sia?

Scusami se ogni tanto parto in quarta e "spammo" (esiste? si dice?) ma quando lo devo dire lo dico!

:)

Matteo Mazzoni ha detto...

@combattivissima: se si volesse parlare di consumismo e dintorni, ci si potrebbe stare una vita... Pensa solo alle batterie sigillate che stanno nelle automobili: se si guastano, non si riparano, si buttano e si cambiano...