29 dicembre 2008

Il Caucaso e una guerra senza vincitori

Caucaso: la guerra è finita, e poi?

Michail Stepovik [1], 27.12.2008 20:13


La stampa settimanale dedica articoli all’analisi della situazione del Caucaso dopo la guerra, complicata dal problema delle ambizioni personali di alcuni politici.

"Der Spiegel" scrive:

Nella città di Tskhinvali sono state ricostruite dieci scuole, parchi giochi e ospedali. Tuttavia le finestre di molte case sono ancora coperte di compensato o di lenzuola. Dove spariscano il vetro e gli altri materiali da costruzione inviati nella repubblica, nessuno lo sa.

Ciò riguarda anche buona parte delle risorse – equivalenti a circa 350 milioni di euro – stanziate da Mosca per la ricostruzione. Per la Russia la situazione dell’Ossezia del Sud potrebbe avere conseguenze fatali: se in Georgia i profughi, grazie all’aiuto degli USA e dell’UE hanno potuto avere un tetto sopra la testa, la ricostruzione dell’Ossezia del Sud potrebbe fallire vergognosamente.

In conseguenza agli occhi dei popoli del Caucaso la Russia potrebbe perdere la reputazione di grande potenza, capace di portare ordine. Se l’Ossezia del Sud sprofonderà nel caos, la Russia potrà avere a che fare con l’instabilità di tutta la regione. Per esempio, in Inguscezia e in Daghestan già ora praticamente ogni giorno avvengono scontri con reparti di insorti armati.

Il presidente Kokoity amministra la propria patria come un boss di un clan mafioso. Quelli che osano fare delle critiche vengono costretti dai servizi segreti a lasciare i luoghi nativi. E i membri della sua famiglie e i compagni d’armi più vicini vengono destinati a posti importanti. Suo fratello Robert è diventato ambasciatore dell’Ossezia del Sud nella soleggiata Abcasia sulle rive del Mar Nero.

Certo, gli osseti sono grati alla Russia perché in agosto le truppe inviate da Mosca hanno fermato l’avanzata dell’esercito del presidente Mikhail Saakashvili e con ciò hanno impedito la riunificazione della provincia con la Georgia. Tuttavia la popolazione guarda al regime di Kokoity con sfiducia crescente.

"Die Zeit" analizza così le conseguenze della guerra russo-georgiana:

Vladimir Putin e Mikhail Saakashvili hanno un tratto comune: l’odio reciproco e l’incapacità di scendere a compromessi e accordarsi con i separatisti. Fanno continuamente minacce e talvolta inviano le truppe.

In tal modo ha agito Putin in Cecenia e nella stessa trappola si è trovato Saakashvili in Ossezia del Sud. Il conflitto si è acuito anche perché le ambizioni di potere di entrambi i politici sono molto simili. Non si trattava di salvare degli innocenti, non si trattava di petrolio o di gas. In questo caso si è manifestato l’odio reciproco, le cui dimensioni hanno superato ogni limite.

A dire il vero, Putin avrebbe potuto uscire dalla guerra come il vincitore morale, che aveva difeso l’Ossezia del Sud dall’aggressiva Georgia. Tuttavia si è lasciato sfuggire questa chance, inviando truppe sul territorio della Georgia, dove si sono fermate per qualche settimana. L’incursione in un paese sovrano ha scioccato il mondo intero e Saakashvili si è trovato nel ruolo della vittima innocente. In tal modo Putin ha dato dimensioni internazionali a un conflitto regionale del Caucaso.

In conseguenza della guerra hanno perso tutti. Gli Stati Uniti – perché avevano puntato su Saakashvili, che si è rivelato un cattivo stratega. La Russia – perché questa, trovandosi in crisi economica, è costretta a prendersi a carico una provincia in miseria. E la Georgia – perché non solo ha perso due province, ma si è privata delle chance di entrare a far parte della NATO in un prossimo futuro.

http://www.ingushetia.org/news/17375.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Giornalista russo che lavora per l’agenzia di informazioni tedesca “Deutsche Welle” (Onda Tedesca).

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