31 ottobre 2009

Meglio 'e Pelé?


Arthur Friedenreich
è un eroe di un calcio veramente di altri tempi. Non più quello delle battaglie quasi senza regole di fine '800 che oggi troveremmo a dir poco inguardabili, un gioco già con arbitri dotati di fischietto, aree (e calci) di rigore e porte con le reti. Ma ancora maglie impensabili, brache incredibili, scarpe quasi da trekking...

Friedenreich nasce a San Paolo del Brasile nel 1892 da un imprenditore tedesco e da una lavandaia nera, figlia di schiavi liberati (la schiavitù in Brasile viene abolita solo nel 1888). Il padre avvia il figlio al calcio in una squadra di immigrati tedeschi. Di melting pot o di meticciato non c'è da parlare allora e Arthur Friedenreich, considerato "negro", si inserisce con difficoltà nel football brasiliano dei primordi. Come Jessie Owens si troverà poi nell'assurda situazione di essere al contempo l'idolo di una nazione e un uomo privato di alcuni diritti civili. Comunque Arthur fa faville nel campionato paulista fin dal 1910, segnando gol a raffica. Quando nel 1914 le varie federazioni calcistiche brasiliane si mettono d'accordo per creare un'entità nazionale (uno dei paradossi della storia del calcio è il fatto che la federazione calcistica statunitense sia stata fondata un anno prima di quella brasiliana), nasce anche la squadra nazionale, di cui Friedenreich sarà l'elemento di punta. Dopo aver vinto due edizioni della Copa America, verrà incoronato "re del calcio" durante una tournée europea, nel 1925. Nel 1930, quando si gioca il primo campionato mondiale in Uruguay, Friedenreich ha già 38 anni, ma segna ancora quantità incredibili di gol: non vi parteciperà solo perché la Federazione calcistica di Rio de Janeiro si imporrà su quella nazionale e farà lasciare a casa i paulisti...

Friedenreich giocherà fino al 1935 (ma nessuno penserà a convocarlo quarantaduenne per i mondiali del 1934) mettendo insieme secondo alcuni 1239 gol in 1329 partite ufficiali, secondo altri 1329 gol in 1239 partite. Se il secondo dato fosse vero, sarebbe il miglior marcatore di tutti i tempi, superando perfino i 1281 gol di Pelé... Adesso sappiamo perfino qual è il mese nel quale l'Atalanta batte meno calci d'angolo in trasferta nei primi tempi, ma allora le statistiche erano approssimative e non c'è più modo di verificarle.

E il "re del calcio" che nel proprio paese non poteva andare nelle stesse piscine dei bianchi è morto nel 1969, senza aver mai vinto un campionato mondiale (anzi, senza avervi mai partecipato) e senza aver saputo se era stato il miglior goleador della storia...

6 commenti:

Pelè "a palla" (sul viso) ha detto...

Mi viene in mente il grande Mohammed che si rifiutò di partire per il Vietnam... troppo comodo disse, e aveva perfettamente ragione. Anche al giorno d'oggi persistono gli atteggiamenti razzisti ad esclusione dell'ambito sportivo... troppo comodo dico, e ho perfettamente ragione.

Due paroline concise su Pelè:

c'ha scassato.

C'ha scassato l'atteggiamento, c'ha scassato la boria,
c'ha scassato quando finge di essere simpatico.

Indubbio che sia stato il più grande campione "dei suoi tempi", così come codesto tizio costì era il meglio "dei suoi tempi".

Maradona, nonostante avesse un ruolo di gioco diverso da Pelè (uno centrocampista/attaccante, l'altro fantasista) è stato il migliore "dei suoi tempi".

Pelè aveva una notevolissima forza fisica e un eccezionale senso del gol. Maradona aveva una notevolissima intelligenza tattica e un fantasioso senso del gol.
Non si possono fare paragoni tra i due: grandi entrambi.

Ma signori.
Alessandro Magno è morto, l'impero romano è finito e dalla battaglia di Monteaperti sono passati almeno 7 secoli e mezzo.

Che sarà l'ora di andare avanti?

Ma nessuno di noi può affermare con sicurezza che il risultato di Pelè potesse essero lo stesso ai nostri giorni, in cui il "giuoco" stesso è cambiato: esasperato dalla tattica e dalla velocità.

Scendi sulla terra tra noi poveri e mortali peccatori, Pelè.
ti aspettiamo...

(naturalmente quasi tutto quello che ho scritto è opinabile.)

Bel post, ma non posso evitare di regalare una piccola critica.

Ma chissenefrega se ("ai loro tempi) avevano i calzettoni a rigone, la maglia a pois e i calzoncini zebrati!
L'abito non fa il monaco.

Che sarà l'ora di andare avanti?

Matteo Mazzoni ha detto...

@Pelé "a palla" (sul viso): sono d'accordo con te... Non si possono fare paragoni tra epoche così diverse... Se ho parlato dell'equipaggiamento dell'epoca di Friedenreich non è per dire che era brutto, ma per dire che era scomodo... E avrei potuto dire anche che il pallone era fatto di cuoio non trattato che sotto la pioggia si inzuppava d'acqua e arrivava a pesare anche 600-700 grammi e inoltre aveva cuciture a vista che spellavano le fronti dei colpitori di testa e le mani dei portieri che allora non portavano guanti...

Pelé "a pelle di palla di pollo" ha detto...

Ho capito, parli da (ex?) giocatore.

Pardon.

Avevo frainteso solo perché conosco l'importanza che ha l'estetica per te.

Matteo Mazzoni ha detto...

@Pelé "a pelle di palla di pollo": io ho giocato quasi esclusivamente nei cortili o nei campetti con gli amici... E' veramente troppo definirmi un ex giocatore...

Anonima Ascoltatrice Suo Malgrado ha detto...

Ho capito, non eri "un Pelé".
Che sia stato nei cortili o nelle piazze, hai (avrai) comunque giocato visto che illustri molto chiaramente certi inconvenienti.
Portiere?
Mai provata un po' di Nivea sulle mani dopo la partita?

Quando non ho altri impegni pranzo a casa dei miei e se capita non disdegno una leggera pennica di una buona mezz’oretta. Nell’appartamento sotto abitano da poco degli studenti e, precisamente sotto la mia stanza, usano tenere lo stereo piuttosto alto. Dopo una settimanata filata di Max Pezzali ero pronta al peggio e mi aspettavo Paola e Chiara da un momento all’altro. Invece sorpresa. Dopo un primo momento di smarrimento in cui non riuscivo a riconoscere il brano (sentivo principalmente il ripetersi del basso) ho riconosciuto la bohemian rapsody.
Ho lasciato un messaggio sotto la loro porta ringranziandoli per l’ottima scelta e firmandomi come "l’Anonima Ascoltatrice Invonlontaria Suo Malgrado".
L’ho fatto più che altro per studiare la loro reazione.
Che succederà domani alla stessa ora? Jovanotti? Mina? Silenzio?
Se tutto questo fosse successo quando avevo 14 anni non mi sarei mai azzardata a fare una simil cosa. Se ne avessi avuti 25 e mi avessero disturbato (Max Pezzali? ma stiamo scherzando?) sarei scesa, avrei suonato e fatto un putiferio. Ma perché scrivo questo? Perché prima di pranzo, rileggendo alcune vecchie conversazioni la prima cosa che ho notato è stata la maniera che avevo di pormi e rispondere di qualche anno fa. E non mi sono riconosciuta per niente.
Un cambio sostanziale nel mio modo di essere c’è stato dai 30 anni in poi e bilanciando pregi e difetti ne sono piuttosto soddisfatta. Prima o poi quello che sei veramente esce allo scoperto ma mi sono dispiaciuta per quelle persone che, da allora, hanno perso la voglia di giocare e che sono totalmente diverse oggi.
Così ho sentito dentro di me crescere “un muro”, una presa di posizione distaccata, fredda, analitica.
Non per una forma di difesa interiore, quanto per una totale accettazione della realtà dei fatti. Ognuno ha la propria vita che porta avanti ogni giorno, doveri da assolvere e piaceri da scegliere.
Il blog.
Potevo scriverlo sul mio blog tutto questo ma vedi... esso, per me, è limitato e limitante. In un certo senso riduce la mia libertà (ad esempio il dover postare regolarmente e solo cose interessanti). Una libertà che invece amo esprimere con il “vagabondaggio” (finché mi sarà concesso e sempre che sia gradito).
Di “gusci” non ne voglio più.

Intanto il ragno prepara la tela... meglio, così mi riposo.

ciao e grazie della pazienza.

Matteo Mazzoni ha detto...

@Anonima Ascoltatrice Suo Malgrado: posso aggiungere poco a ciò che dici... Se non che io mi sento libero proprio facendo il contrario di ciò che dici tu, cioè postando continuamente... Ognuno è fatto a modo suo :-)