Nell’anno 2299 si era ottenuta l’immortalità biologica.
Una grande conquista per l’umanità, un passo indispensabile verso nuovi viaggi e nuove scoperte. I viaggi interspaziali cominciavano a richiedere tempi che non potevano essere compressi nel breve corso di una vita umana.
Dal 2299 fu possibile programmare la preparazione degli equipaggi sulla base di centinaia d’anni. Con l’immortalità si rese necessario, per mantenere costante la popolazione terrestre, permettere nuove nascite solo per reintegrare le perdite umane avvenute in modo traumatico. Come ogni legge, anche questa, aveva delle deroghe. Si poteva nascere liberamente solo in due casi eccezionali: in previsione di un nuovo mondo da colonizzare o per motivi di difesa in occasione di aggressioni spaziali.
E’ bene ricordare come la potenza di ogni famiglia dipendesse, a quei tempi, come oggi, da due fattori distinti: classe sociale di appartenenza e numero di persone biologicamente immortali del quale era composta.
La classe sociale, indicata con le lettere dell’alfabeto dalla A alla Z, dava subito l’idea della ricchezza di una famiglia, il numero dopo la lettera indicava, invece, il numero dei componenti della famiglia: esseri immortali che, se numerosi, potevano diventare anche una vera e propria lobby politica.
Per esempio un D48, gruppo familiare decisamente altolocato, doveva guardarsi da un Q742, un membro del quale era presente in ogni iniziativa, commissione, o spedizione militare.
Ogni famiglia cercava di ottenere il maggior numero di deroghe per la nascita di nuovi elementi, e rafforzare così il proprio potere numerico. Bastava un componente della famiglia nel Ministero “Mondi e Colonie” per venire a conoscenza, prima di altri, dei bandi di concorso per nuove nascite e poter inoltrare le relative domande di deroga.
Tutto questo è, però, storia vecchia.
Dal 3115, proprio per evitare qualsiasi tipo di speculazione, tutte le nascite vennero tassativamente vietate in ogni classe sociale, pena la soppressione immediata di pari membri della stessa famiglia.
Le nascite furono utilizzate, così, all’interno di ogni famiglia per eliminare i parenti scomodi…
Del resto nel 3115 la speculazione demografica aveva già raggiunto livelli allarmanti. Tutte le famiglie indicate con le lettere successive alla L contavano oltre diecimila unità e per tutte le altre si era comunque già nell’ordine di varie centinaia.
Dopo aver vinto la morte l’umanità si trovò, così, ad affrontare un problema ancora più grosso: quello della crisi degli alloggi!
La Terra è quello che è: un paio di progetti per allargarla, proposti da architetti di potenti famiglie B, C e D non ebbero seguito perché si calcolò che l’attrito delle sporgenze artificiali avrebbe potuto modificare gli equilibri gravitazionali del Pianeta. Gli studi si concentrarono, allora, su come poter limitare lo spazio abitabile per ogni essere umano e il risultato ultimo a cui approdò una commissione di ingegneri, biologi, psicologi e architetti, fu quello di ridurre l’ingombro dell’abitazione pressochè all’ingombro stesso del corpo umano. Un loculo!
Questo successo fu possibile grazie ai grandi progressi fatti in campo virtuale con esperimenti di ipnotismo mentale.
Si scoprì che la necessità di vita rispetto all’ambiente fosse, prima di tutto, una necessità mentale: la prova di questa scoperta risale alla notte dei tempi, addirittura al ventesimo secolo. Era usanza di quelle popolazioni primitive, chiamare certi periodi dell’anno “ferie” o “vacanze”. Durante questi periodi, pare, cercassero tutti di abbandonare case accoglienti, refrigerate, per andare ad ammassarsi in situazioni imbarazzanti lungo le rive dei continenti. Non era il corpo a godere di questi cambiamenti, bensì la mente. Fatta questa banale osservazione si potè agire virtualmente sui fattori mentali, indipendentemente dal fatto che il corpo rimanesse chiuso in un loculo. Ciò significò molto da un punto di vista urbanistico.
Nelle città si svilupparono i momenti di lavoro, commercio, comunicazione, a scapito delle case private ridotte a semplici loculi dove ci si coricava tranquillamente alla sera, davanti all’immagine virtuale dell’ambiente che si era scelto di visitare. Era sufficiente, infatti, autoipnotizzarsi davanti all’immagine di uno chalet montano, di una costa marina, di una fattoria e per tutta la notte era come se si vivesse realmente in quel posto.
Il trentaduesimo e il trentatreesimo secolo furono epoche veramente felici: un’umanità sdraiata in piccole bare, silenziosa, ipnotizzata, tutta compresa in viaggi virtuali da sogno: galoppate in brughiera, pesca in alto mare, sciate ‘fuori pista’ su cime incontaminate, senza parlare della possibilità di vivere con la mente interni spaziosi, magnifici, pieni di ogni comfort.
Sembrava che l’umanità avesse finalmente risolto il problema dell’habitat… Pareva una soluzione definitiva, sino a quando cominciarono ad accorgersi che le immagini fotografiche, riprodotte all’infinito per secoli, cominciavano a mostrare i primi segni di deterioramento. D’altro canto non era possibile rifotografare quei luoghi, dal momento che tutta la superficie terrestre era stata ormai occupata da un’immensa distesa di loculi uguali.
In tutti quei secoli l’umanità non si era più curata della realtà, occupata com’era a rifugiarsi in sogni meravigliosi.
Adesso i negativi delle fotografie risultavano quasi inservibili, producevano immagini sempre meno nitide. Le foto esistenti del vecchio mondo non potevano durare in eterno. L’autoipnosi, di fronte ad un’immagine ingiallita, sbiadita, strappata, funzionava egualmente, ma l’interessato si ritrovava proiettato in un sogno giallo, lacerato da squarci giganteschi, sfuocato… in pratica un incubo.
Dopo i primi risvegli con trauma psichico fu resa obbligatoria una visita periodica statale alle fotografie che ogni famiglia si tramandava di padre in figlio. Ne furono stracciate milioni considerate impraticabili. Alcuni cominciarono a nasconderle per usi clandestini senza il visto sanitario. Altri ne fecero commercio illegale. Alla borsa nera raggiunsero cifre che solo le famiglie più facoltose potevano permettersi: negli altri strati sociali ci si arrangiava con turni, rotazioni, affitti. Una foto di una casa al mare, in certi periodi dell’anno, poteva costare più di un castello scozzese.
Sorsero le fototeche, loculi in serie adibiti a dormitori pubblici dove i meno abbienti trascorrevano, quando potevano, qualche ora di sogno.
Lo Stato intervenne severamente contro la speculazione, confiscando loculi abusivi e foto irregolari, alla fine divenne lui stesso gestore dei sogni dei suoi cittadini più bisognosi.
Questa fase viene ricordata come la campagna dei “ Sogni Popolari” varata nel 3333. Una discreta scelta di ambienti, virtualmente confortevoli, venne messa a disposizione di quanti si dichiaravano, sotto loro responsabilità, nullatenenti, fotograficamente parlando.
Le domande di assistenza si accatastarono e, per aver assegnato un loculo con una fotografia decente bisognava attendere anche degli anni. Tutti rivendicavano il diritto umano di poter sognare un appartamento dignitoso.
Se da un lato la gestione statale regolamentò l’uso delle fotografie conservandole nel modo migliore, d’altra parte non poteva evitare che il numero di queste immagini si assottigliasse di anno in anno. Con la diminuzione delle possibilità di autoipnosi sicure e soddisfacenti aumentava la cura quasi religiosa con cui venivano maneggiate le foto superstiti e cresceva, contemporaneamente, lo scontento popolare di chi non riusciva ad abbandonare, neppure virtualmente, la fredda realtà dei loculi.
Vennero occupati dei sogni: alcuni poveracci si rifiutarono di abbandonare l’ipnosi e occuparono il sogno non volendo più tornare mentalmente nel loculo.
Le foto, ormai, erano limitatissime. Molti avevano perso il ricordo dell’ultima ipnosi e da anni giacevano, occhi sbarrati, tra le quattro pareti del loro box, uno spazio-corpo che gli era stato venduto con la promessa che la mente sarebbe stata altrove. Una prigione eterna, data l’immortalità conquistata in precedenza dall’uomo.
Delle fotografie si sentì parlare sempre più di rado e in maniera sempre più mitica. Sembrava che le poche foto superstiti avessero acquistato un carattere sacro e venissero maneggiate come reliquie da una strettissima cerchia di alti funzionari statali che avevano, però, fatto voto di castità ipnotica. Si impegnavano cioè a conservarle intatte negandosene l’uso, nel timore di consumare anche quell’ultimo tenue filo che collegava l’intera umanità a quei paesaggi e a quelle atmosfere che avevano caratterizzato i primi millenni del suo sviluppo.
La Terra, ridotta ad una sfera di loculi scuri nei quali è possibile intravvedere bagliori umidi di occhi disperati, gira trionfante in moto perpetuo vendicandosi, così, di una stirpe umana che ha creduto di poter trovare al di fuori di essa motivo di vita.
Terra: pianeta del Sistema Solare abitato da cadaveri immortali (definizione dall’Atlante Intergalattico del 5580, irradiato da Mor, stella per l’informazione ai naviganti).
Maurizio Nichetti (http://www.nichetti.it/)
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