21 febbraio 2010

Dagli scritti di Teofane il Recluso

Quattro catechesi sulla preghiera
del Vescovo Teofane il Recluso


I

In occasione della festività della Presentazione al Tempio della Vergine Santissima trovo opportuno presentarvi quattro catechesi sulla preghiera giacché in essa consiste la nostra attività principale in chiesa. Questa è il luogo della preghiera ed il terreno in cui essa si sviluppa. Perciò, per noi, entrare in chiesa significa avviarci allo spirito della preghiera. Il Signore si è compiaciuto di chiamare suo tempio il cuore dell’uomo. Entrandovi spiritualmente, noi ci presentiamo a Dio e suscitiamo in noi un moto di ascesa verso di Lui, simile al profumo che si leva dall’incenso. Cercheremo di apprendere come ciò si raggiunge. Raccogliendovi in chiesa, naturalmente, voi pregate, sebbene, compiendo in essa le vostre devozioni, certamente non le trascuriate a casa. Perciò potrebbe sembrare superfluo parlarvi del dovere che abbiamo di pregare, visto che voi pregate. Ma la realtà è ben diversa. Penso che non sia inutile indicarvi due o tre regole sul modo di pregare, che vi siano, se non d’insegnamento, almeno di avvertimento.

Quello della preghiera è il primo dovere di un cristiano. Se nella vita quotidiana è valido il principio: “Lo studio dura per tutta la vita”, esso si può applicare a maggior ragione alla preghiera, la cui azione non ammette discontinuità ed i cui gradi non conoscono limiti. Ricordo a questo proposito la saggia usanza degli antichi santi Padri, i quali, in occasione dei loro incontri, salutandosi s’informavano non della loro salute, né di altre cose, ma della preghiera. Si chiedevano a vicenda: “Come va, o, come procede la preghiera?”. L’attività della preghiera era per loro segno della vita spirituale ed essi chiamavano l’orazione respiro dello spirito. C’è il respiro fisico che prova che l’uomo vive, poiché quando viene meno il respiro, viene meno anche la vita. Così avviene anche nella vita spirituale: se c’è la preghiera, vive lo spirito; se questa è assente, non c’è neppure vita spirituale.

Tuttavia non sempre preghiamo quando recitiamo una preghiera o compiamo una devozione. Ad esempio, sostare davanti ad un’immagine sacra ed inginocchiarsi dinanzi ad essa non è ancora una preghiera, ma qualcosa di accessorio ad essa. Recitare a memoria le preghiere o leggerle da un libricino o ascoltarne la lettura fatta da un altro non significa pregare, ma è solo un modo o un mezzo per manifestare o far sorgere la preghiera. Essa, in sé, consiste nello sbocciare continuo nel nostro cuore di sentimenti di devozione a Dio, di sentimenti di umiltà, di dedizione, di gratitudine, di lode, di perdono, di intima adesione, di penitenza, di sottomissione alla volontà di Dio, ecc... Noi dobbiamo preoccuparci insomma che durante le nostre preghiere questi sentimenti, o altri ad essi analoghi, penetrino nella nostra anima, affinché, mentre leggiamo le preghiere o ne ascoltiamo la lettura e compiamo prosternazioni, il cuore non sia vuoto, ma sia informato da qualsiasi sentimento rivolto a Dio. Allorché sono presenti questi sentimenti, la nostra preghiera è veramente tale, mentre quando mancano, la preghiera non sussiste ancora.

Sembrerebbe che non ci sia cosa più semplice e più naturale per noi della preghiera o del volgere a Dio il nostro cuore. Eppure né in tutti né sempre si verifica questa condizione. Dobbiamo farla sorgere in noi e rafforzarla, oppure, il che è lo stesso, dobbiamo educare in noi lo spirito della preghiera. Il primo metodo da seguire consiste nel leggere o ascoltare una preghiera letta da altri. Compi le devozioni in modo conveniente e sicuramente risveglierai e rafforzerai l’elevazione del tuo cuore a Dio, o entrerai nello spirito della preghiera.

I nostri libri di devozione contengono le orazioni dei Santi Padri, Efrem Siro, Macario l’Egiziano, Basilio il Grande, Giovanni Crisostomo e di altri grandi maestri della preghiera. Poiché costoro erano pervasi dallo spirito della preghiera, essi esposero con parole ciò che questo spirito suggeriva loro e l’hanno trasmesso a noi. Dalle loro parole promana una grande forza di preghiera e chi con attenzione ed impegno interiore penetra in esse, per effetto della legge della reciprocità, inevitabilmente diviene partecipe di questa forza nella misura in cui il suo stato d’animo si avvicina al contenuto della preghiera. Per fare delle nostre devozioni uno strumento effettivo dell’educazione alla preghiera, è necessario che sia la mente che il cuore ne accolgano il contenuto. A questo proposito indicherò tre semplicissimi metodi: non iniziare le tue devozioni senza una, sia pur breve, preparazione; non compierle in qualsiasi modo, ma con attenzione e sentimento; infine non passare subito, dopo aver terminato le preghiere, alle occupazioni normali.

Ammesso pure che per noi la preghiera sia un’attività del tutto abituale, tuttavia ad essa deve precedere una preparazione. Che cosa c’è di più abituale della lettura e della scrittura per coloro che sanno leggere e scrivere? Ciononostante, quando ci sediamo per leggere o per scrivere, non iniziamo immediatamente questo genere di attività, ma indugiamo qualche minuto, per lo meno quanto basta per metterci in una posizione comoda. A maggior ragione è necessaria prima della preghiera una preparazione adatta ad essa, specialmente quando l’attività precedente era di un genere del tutto diverso. Pertanto, accingendoti alla preghiera, sia di mattina che di sera, fa una breve sosta, sedendoti o camminando, e sforzandoti in questo lasso di tempo di allontanare la mente da tutti i pensieri e da tutte le occupazioni di questa terra. Pensa poi chi è Colui al quale stai per rivolgerti con la preghiera e chi sei tu che stai per iniziarla, in modo che la tua anima stia davanti a Dio in uno stato di volontaria umiliazione e di rispettosa paura. In questo atteggiamento rispettoso di fronte a Dio consiste la preparazione; è poca cosa, ma non priva d’importanza. È questo il principio della preghiera ed un buon principio è già metà dell’opera.

Dopo aver assunto questo atteggiamento interiore, mettiti dinanzi ad un’immagine sacra e, dopo esserti inchinato alcune volte di fronte ad essa, comincia la solita preghiera: “Gloria a te, Dio nostro, Gloria a te” – “Re del Cielo, Paraclito, Spirito di verità, vieni e prendi dimora in noi…”, ecc… Non leggere in fretta, penetra in ogni parola e porta al cuore il significato di ogni termine, accompagnando la lettura con inchini. In questo consiste la lettura della preghiera, gradita a Dio ed apportatrice di frutti. Penetra in ogni parola e porta sino al cuore il senso di ogni termine, insomma cerca di comprendere quello che leggi e di sentire quello che comprendi. Non c’è alcun bisogno di altre regole. Questi due criteri – l’intelligenza ed il sentimento –, quando si realizzano nel modo dovuto, rendono la preghiera pienamente degna e le comunicano un effetto fecondo. Se leggi le parole della preghiera: “purificaci da ogni turpitudine”, sforzati di sentire la tua miseria, desidera la purezza e, pieno di speranza, chiedila al Signore. Quando leggi le parole: “E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, perdona nel tuo intimo a tutti e, con il cuore che ha perdonato tutto a tutti, chiedi a Dio perdono per te. Se leggi: “Sia fatta la tua volontà”, nel tuo cuore affida al Signore la tua sorte e manifesta la tua incondizionata prontezza di accettare tutto ciò che al Signore piacerà di mandarti. Se procederai così con ogni frase delle tue preghiere, queste saranno recitate in forma conveniente.

Per compiere le tue devozioni con maggior frutto, eccoti alcuni consigli: 1. Proponiti un determinato numero di preghiere (Traduco così il termine slavo “pravilo”, che significa originariamente regola. Nel linguaggio religioso indica una serie di preghiere, variabile per lunghezza, da recitare durante il giorno oppure come preparazione alla confessione, alla comunione e, per i sacerdoti, alla celebrazione della divina liturgia.), con l’approvazione del tuo padre spirituale, che non sia grande, ma tale che lo possa recitare senza fretta nell’ambito dei tuoi impegni quotidiani; 2. Prima di pregare, nei momenti liberi getta uno sguardo alle tue preghiere giornaliere, afferra con la mente il pieno significato di ogni parola e sforzati di sentirla, in modo da sapere precedentemente ciò che devi avere nell’anima ad ogni parola e sforzati di sentirla, in modo da sapere precedentemente ciò che devi avere nell’anima ad ogni parola. Sarà ancor meglio, se imparerai a memoria le preghiere fissate per ogni giorno. Se farai ciò, ti sarà ancora più facile comprendere e penetrare nel senso delle preghiere. Rimane una difficoltà: il pensiero distratto volerà sempre ad altri argomenti. Perciò è necessario questo terzo consiglio: 3. Dobbiamo sforzarci di mantenere desta l’attenzione, sapendo in precedenza che il pensiero cercherà di sfuggire. Poi quando durante la preghiera esso si distrarrà, richiamalo; sfuggirà di nuovo, di nuovo richiamalo. E così ogni volta. Ma allorché la lettura sarà fatta con distrazione – cioè senza attenzione e sentimento –, non dimenticare di ripeterla.

Finché il tuo pensiero non si sarà concentrato su un passo, rileggilo più volte e così riuscirai a penetrarvi con la mente ed il sentimento. Se supererai una volta questa difficoltà, essa forse non si presenterà successivamente, oppure non si presenterà con tale forza. Così dobbiamo comportarci, quando il pensiero sfugge o si distrae. Ma può verificarsi il caso che una parola talmente influisca sull’anima, che questa non si senta di andare oltre nella preghiera e, sebbene la lingua continui a leggere, il pensiero ritorna a quel passo che ha esercitato un effetto così profondo sull’anima. In questo caso vale questo quarto consiglio: 4. fermati e non leggere oltre; trattieni l’attenzione e il sentimento su quel passo, nutri con esso la tua anima o con quei pensieri che esso farà sorgere in te. E non allontanarti da questo stato; anzi, se ti mancasse il tempo, è meglio lasciare incomplete le preghiere, ma non distruggere questo stato d’animo. Esso ti accompagnerà e proteggerà forse anche per tutto il giorno come l’Angelo Custode! Effetti benefici di questo genere sull’anima durante la preghiera indicano che il suo spirito comincia a mettere radici in noi, per cui la conservazione di questo stato è il mezzo più utile per educare e rafforzare in noi lo spirito della preghiera.

Infine, quando termini le tue preghiere, non passare subito a qualsiasi altra occupazione, ma, sia pur brevemente, trattieniti e pensa che cosa è avvenuto in te ed a che ti obbliga. Cerca di conservare anche per il tempo successivo, se ti è stato concesso di sentire qualcosa nel tuo animo durante la preghiera. Del resto, se uno ha recitato le sue preghiere con cura, non vorrà egli stesso passare subito ad altre occupazioni. Questa è la caratteristica propria della preghiera! Ciò che i nostri antenati dissero di ritorno da Costantinopoli: “Chi ha gustato il dolce, non vorrà l’amaro”, si verifica anche in quanti hanno bene pregato. Né si deve dimenticare che il gustare la dolcezza della preghiera è il fine della preghiera e che se le orazioni educano lo spirito della preghiera, ciò avviene proprio grazie a questo gusto.

Se metterete in pratica questi brevi consigli, ben presto vedrete il frutto dei vostri sforzi, nella preghiera. E chi ad essi si attiene anche senza seguire questa indicazione, naturalmente già gusta di questo frutto. Ogni preghiera lascia una traccia nell’anima; la sua continuazione ininterrotta nello stesso ordine la radicherà, mentre la sopportazione di questo sforzo produrrà anche lo spirito della preghiera. Che il Signore ce lo conceda per le preghiere della purissima nostra Signora Madre di Dio!

Io vi ho così indicato il primo, ed iniziale, metodo con cui educare lo spirito nella preghiera, cioè il compimento della preghiera conformemente al suo fine, a casa di mattina e di sera e qui in chiesa. Ma non è ancor tutto. C’è un altro metodo ed io, se Dio lo vorrà, ve lo indicherò domani.

21 novembre 1864

II

Ieri vi ho indicato una via per educare in voi lo spirito della preghiera. Essa consiste nell’adempimento delle nostre devozioni conformemente al loro fine. Ma si tratta solo dei primi passi dell’orazione, per cui bisogna procedere oltre. Tenete presente, ad esempio, come si studiano le lingue. Dapprima si apprendono i vocaboli ed i modi di dire sui libri. Ma non ci ferma questo risultato, poiché ci si preoccupa di andare oltre, finché si giunge al punto che da soli, senza alcun manuale, possiamo conversare a lungo nella lingua da noi appresa. Così dobbiamo procedere anche con la preghiera. Noi ci abituiamo a pregare sui libri di preghiera, recitando preghiere belle e pronte, tramandate a noi dal Signore e dai Santi Padri che ebbero una profonda esperienza della preghiera. Ma non dobbiamo limitarci a questo metodo, poiché dopo esserci abituati a rivolgerci a Dio con la mente ed il cuore sia pur grazie ad un aiuto esterno, bisogna cercare di elevarci a Lui, di modo che l’anima nostra con le sue parole inizi, per cosi dire, un dialogo con Dio, elevandosi essa stessa a Lui, aprendosi e confessandogli ciò che vi è in essa e ciò che desidera. Ed è questo che bisogna insegnare all’anima. Vi dimostrerò in breve che cosa è necessario per riuscirvi.

A questo risultato si giunge anche con la consuetudine di pregare sui libri di preghiera con pietà, attenzione e sentimento. Infatti come da un recipiente troppo pieno l’acqua si versa da sé, così dal cuore, che è pieno di santi sentimenti grazie alle preghiere, comincerà a sgorgare da sola la preghiera a Dio. Ma ci sono regole, particolari, destinate esclusivamente a questo fine, ed esse debbono essere praticate da chiunque desideri conseguire un risultato positivo nella preghiera.

Da che dipende, direte, che alle volte si prega per molti anni sui manuali di devozione e non si ha ancora la preghiera nel cuore? Tra le varie ragioni che si possono addurre, a questo proposito penso che ciò derivi in parte dal fatto che ci sforziamo alquanto di elevarci a Dio solo allorché recitiamo le nostre preghiere, mentre nel resto della giornata a Lui neppure pensiamo. Ad esempio, si terminano le preghiere del mattino e si crede di aver soddisfatto ad ogni dovere nei confronti del Signore. Durante tutta la giornata attendiamo ininterrottamente alle nostre occupazioni e neppure un pensiero rivolgiamo a Dio. Forse di sera si pensa che tra poco bisognerà di nuovo pregare. Da ciò deriva che, se anche il Signore ispira al mattino qualche buon sentimento, questo viene soffocato dalla vanità e dalle continue occupazioni della giornata. Perciò anche di sera non si desidera pregare. L’uomo non riesce a dominare se stesso al punto di rendere, sia pure un po’, meno dura la propria anima, per cui la preghiera in genere a fatica giunge a maturazione. È questo l’errore che si commette quasi tutti e che dobbiamo cor­reggere. Insomma dobbiamo fare in modo che l’anima non si rivolga a Dio solo quando preghiamo, ma che anche nel corso di tutta la giornata ininterrottamente, nei limiti del possibile, si elevi a Lui e stia con Lui.

Perciò è necessario in primo luogo invocare spesso dal profondo del cuore il Signore, con brevi parole, a seconda dei bisogni dell’anima e della nostra attività. Cominci a fare qualcosa, ad esempio, e dì: “Benedici, Signore!”. Alla fine di un lavoro dì: “Gloria a te, Signore!”, e non solo con la lingua, ma con il cuore. Cadi in preda ad una passione, invoca: “Salvami, Signore, perisco!”. Se ti coglie la tenebra dei pensieri che ti sconvolgono, invocalo: “Libera dal carcere l’anima mia!”. Se ti trovi di fronte ad azioni ingiuste ed il peccato ti trascina verso di esse, prega: “Dirigi i miei passi nel cammino”, oppure: “Non permettere che i miei passi finiscano nell’errore”. Se poi i peccati ti opprimono e ti portano alla disperazione, invocalo con la preghiera del pubblicano: “Signore, abbi pietà di un peccatore!”. E così nelle varie circostanze della vita. Oppure limitati a ripetere spesso le invocazioni: “Signore abbi pietà di me”; “Nostra Signora, Madre di Dio, abbi pietà di me”; “Angelo di Dio, mio custode, difendimi”, o altre che ti si presentino alla mente. Ripetile spessissimo e cerca ad ogni modo che sgorghino dal cuore, come se fossero spremute da esso. Se così agiremo, spesso la nostra mente si eleverà a Dio, con tutto il cuore, spesso ci rivolgeremo al Signore, spesso pregheremo ed in tal modo la nostra mente si abituerà alla conversazione con Dio.

Ma perché l’anima si abitui a queste invocazioni, è necessario costringerla precedentemente ad attribuire a gloria di Dio, ogni nostra azione, qualsiasi ne sia l’importanza. Ed è questo il secondo modo per insegnare all’anima di rivolgersi a Dio più spesso durante il giorno. Infatti se ci proponiamo come fine il comandamento degli Apostoli di compiere tutto a gloria di Dio, anche “se mangiamo e beviamo”, ne conseguirà inevitabilmente che in ogni nostra azione ci ricorderemo del Signore, e il nostro non sarà un semplice ricordo, ma sarà accompagnato dal timore di non comportarci correttamente e di offendere Dio con il nostro atteggiamento. In tal modo saremo costretti a rivolgerci a Dio con timore e chiederne nelle preghiere l’aiuto ed il consiglio. Poiché la nostra attività è quasi incessante, quasi senza tregua ci rivolgeremo con la preghiera a Dio, per cui anche quasi incessantemente percorreremo il cammino che ci insegna l’elevazione dell’anima a Dio tramite l’orazione.

Ma perché l’anima attribuisca debitamente ogni azione a gloria di Dio, è necessario predisporla a ciò dal primo mattino, proprio dall’inizio della giornata, prima che l’uomo esca per dedicarsi alle sue attività fino a sera. Questa disposizione si realizza con il pensiero di Dio. È questo il terzo modo per insegnare all’anima di rivolgersi spesso a Dio. Il pensiero di Dio consiste nella meditazione, fatta con devozione sulla qualità e sulle operazioni divine e sugli obblighi che a noi derivano dalla loro conoscenza e dal loro rapporto nei nostri confronti. Si tratta di meditare sulla bontà di Dio, sulla sua giustizia, sulla sua saggezza, sulla sua onnipotenza, onnipresenza, onniscienza, sulla creazione e sulla provvidenza, sulla redenzione compiuta da Gesù Cristo, sulla Grazia e la parola di Dio, sui sacramenti e sul Regno dei Cieli. Su qualsiasi di questi argomenti ti soffermerai, questa meditazione riempirà necessariamente il tuo animo di un sentimento di devozione verso Dio. Se, ad esempio, rivolgerai la mente alla bontà divina, vedrai che sei circondato dalla misericordia di Dio sia spiritualmente che fisicamente e saresti un pezzo di pietra se non cadessi davanti a lui effondendo la tua umile gratitudine. Se mediterai sulla onnipresenza divina, ti renderai conto che dappertutto sei al cospetto di Dio e che Egli è davanti a te, per cui non potrai non sentirti in preda ad un senso di devozione e di timore. Se mediterai sull’onniscienza divina, comprenderai che nulla di quanto accade in te, è nascosto a Dio e inevitabilmente deciderai di fare attenzione ai moti del cuore e della mente, per non offendere Dio onnisciente.

Se considererai le giustizia divina, ti convincerai che nessuna azione cattiva rimane impunita e non potrai fare a meno di purificarti da ogni peccato grazie alla contrizione ed alla penitenza sincera davanti a Dio. E così, qualsiasi qualità o operazione divina tu consideri, la tua anima si riempirà di sentimenti e disposizioni devote verso Dio. Così la meditazione rivolge a Dio tutta la natura dell’uomo e perciò è il mezzo più adatto per insegnare all’anima di elevarsi a Dio. Il momento della giornata più conveniente per essa è il mattino, quando l’anima non è ancora oppressa da numerose sensazioni e dalle preoccupazioni del lavoro, e precisamente subito dopo la preghiera mattutina. Al termine di questa, siediti e con la mente santificata dalla preghiera comincia a meditare oggi su una qualità o operazione divina, domani su un’altra, cosicché lo stato della tua anima corrisponda ad essa. “Và – diceva San Demetrio di Rostòv – và, santo pensiero di Dio, immergiamoci nella meditazione sulle grandi opere di Dio”, e meditava o sulla creazione o sulla provvidenza o sui miracoli del Salvatore o sulla Sue sofferenze o su altri argomenti ed in tal modo commuoveva il suo cuore e cominciava ad effondere la sua anima nella preghiera. Così può fare chiunque. Non costa molta fatica e, finché ci sia il desiderio e la decisione, i frutti ti saranno copiosi.

Ecco tre modi, all’infuori delle nostre orazioni quotidiane, per elevare l’anima a Dio pregando: dedicare al mattino un po’ di tempo al pensiero di Dio; attribuire a gloria di Dio ogni nostra azione e rivolgersi spesso a lui con brevi invocazioni. Se di mattina sarà fatta bene la meditazione essa lascerà in noi una disposizione profonda a pensare a Dio. II pensiero di Dio costringerà l’anima a compiere con attenzione ogni azione, sia esterna che interna e ad attribuirla a gloria di Dio. Entrambe queste vie porranno l’anima in condizione d’invocare spesso e spontaneamente il Signore. Questi tre mezzi, il pensiero di Dio, il compiere ogni azione a sua gloria e le soventi invocazioni sono gli strumenti più efficaci della preghiera mentale e del cuore. Ognuno di essi eleva l’anima a Dio. Chi si è proposto di esercitarsi in essi presto acquisterà l’abitudine di elevare a Dio il suo cuore. La fatica che costa questo sforzo, assomiglia a quella della salita su una montagna. Quanto più uno sale su un monte, tanto più liberamente e facilmente respira. E così nel caso nostro, quanto più uno si abitua all’esercizio che ho indicato, tanto più eleva l’anima, e quanto più questa ultima sale, tanto più liberamente opererà in essa la preghiera. L’anima nostra è fatta per vivere nel mondo superiore, divino. Là essa dovrebbe trovarsi incessantemente con il pensiero e con il cuore, ma il peso dei pensieri terreni e delle passioni la trascina in basso. I metodi indicati la strappano a poco a poco dalla terra e l’allontaneranno definitivamente. Quando sarà del tutto lontana, l’anima entrerà nel suo ambiente e vivrà con gioia lassù. Quaggiù vive la realtà celeste con il cuore e con il pensiero, ma successivamente con tutta la sua natura si renderà degna di stare davanti a Dio tra i cori degli Angeli e dei Santi.

E di ciò vi renda degni il Signore con la sua grazia. Amìn.

22 novembre 1864

III

Io vi ho spiegato brevemente due aspetti o due gradi della preghiera: quella letta, che consiste nel pregare con parole altrui, e quella individuale o mentale, allorché ci eleviamo al Signore con la mente attraverso il pensiero di Dio, consacrando tutto a lui ed invocandolo spesso con tutto il cuore. Esiste però un terzo aspetto o grado della preghiera ed è proprio in esso che consiste la preghiera autentica ed a cui i due precedenti servono solo come preparazione. Essa è il rivolgersi incessantemente a Dio della mente e del cuore con calore interiore o ardore di spirito. È questo un traguardo a cui deve giungere la preghiera ed un fine che deve proporsi chiunque ad essa si dedichi, affinché i suoi sforzi non siano inutili.

Tenete presente ciò che della preghiera si legge nella scrittura: “Vegliate e pregate”, dice il Signore; “Siate sobri e vegliate”, insegna l’apostolo Pietro; “siate assidui nella preghiera e che essa vi mantenga vigilanti”; “Pregate incessantemente”, “Vivete nella preghiera e nelle orazioni, pregate in ogni momento nello Spirito”. È questa la raccomandazione dell’apostolo Paolo, il quale in altri passi ci spiega anche la ragione per cui così è e deve essere: infatti “la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio” e “lo Spirito di Dio vive in noi” … “per cui noi invochiamo: Abba Padre”. Da tutte queste indicazioni e raccomandazioni è evidente che la preghiera non si compie una volta sola e s’interrompe, ma è uno stato dello spirito, continuo ed ininterrotto, analogo al respiro ed al battito del cuore, che sono continui ed incessanti.

Voglio spiegarvi tutto ciò con un esempio. Il sole sta al centro ed attorno ad esso si muovono i pianeti attratti verso di lui e rivolti a lui con una qualsiasi loro parte. Ciò che nel mondo materiale è il sole, in quello spirituale è Dio, il sole dello spirito. Trasferite il vostro pensiero al Cielo, che cosa vedrete? Gli Angeli, i quali, secondo le parole del Signore, vedono sempre il volto del loro Padre celeste. Tutti gli spiriti incorporei e tutti i Santi in Cielo sono rivolti verso Dio, a lui volgono gli sguardi del loro spirito e non vogliono allontanarli da lui a causa dell’indicibile beatitudine che deriva loro dalla contemplazione di Dio. Ma ciò che gli Angeli ed i Santi fanno in Cielo, a noi spetta imparare a compiere sulla terra, abituarci cioè a stare, come gli angeli, incessantemente in preghiera dinanzi a Dio nel nostro cuore. Soltanto chi riuscirà in ciò, sarà veramente dedito alla preghiera. Come ci si rende degni di una così grande grazia? Risponderò in breve a questa domanda: dobbiamo instancabilmente impegnarci nella preghiera, sforzandoci con zelo e con l’animo pieno di speranza, di raggiungere, come la terra promessa, l’ardore dello spirito nell’attenzione continua rivolta a Dio. Impegnati nella preghiera e, pur chiedendo nella preghiera tutto, chiedi particolarmente di raggiungere questo grado supremo della preghiera – l’ardore dello spirito – e certamente otterrai ciò che chiedi. Ci assicura di ciò San Macario l’Egiziano, che sopportò concretamente la fatica della preghiera, ma ne raccolse anche i frutti. “Se non hai il dono della preghiera – egli dice – sforzati nella preghiera ed il Signore, vedendo il tuo impegno e giudicando, in base alla tua sofferenza, quanto ardentemente desideri questo bene, ti concederà la preghiera”. Lo sforzo, s’intende, solo sino a questo limite. Quando la fiamma si accenderà – e di essa parla il Signore: “Sono venuto sulla terra a portare il fuoco e vorrei che esso ardesse quanto prima”, – verrà meno la fatica e comincerà una preghiera facile, libera e fonte di conforto.

Non dovete pensare che si tratti di una condizione di spirito molto elevata, irraggiungibile per gli uomini di questo mondo. È in realtà una condizione elevata, che tutti però possono raggiungere. Infatti ognuno di noi alle volte sente durante la preghiera affluire nel cuore calore e zelo, quando l’anima, staccatasi da tutto, entra profondamente in se stessa e prega con ardore. Questa discesa temporanea, se così possiamo dire, dello spirito della preghiera, deve trasformarsi in una condizione costante e cosi si raggiungerà il traguardo della preghiera.

Il mezzo per conseguire questo fine è, come ho già detto, l’impegno nella preghiera. Quando si sfregano fra loro due pezzi di legno, si riscaldano e provocano il fuoco. Così, se si sfrega l’anima nell’orazione, essa sprigionerà infine lo spirito della preghiera. La fatica della preghiera costituisce il giusto completamento delle due precedenti forme di preghiera, di cui ho già parlato, cioè dell’adempimento devoto, accompagnato da attenzione e sentimento, delle nostre orazioni e dell’insegnare all’anima di elevarsi spesso a Dio rivolgendo a lui il nostro pensiero, attribuendo tutto a gloria di Dio ed invocandolo dal profondo del cuore. Anche se noi preghiamo la mattina e la sera, la distanza di tempo rimane sempre grande. Se soltanto in questi momenti della giornata ci rivolgiamo a Dio, per quanto intense siano le nostre preghiere, nel corso della giornata e della notte il vantaggio ricavatone si disperde e quando nuovamente ci accingiamo a pregare, l’anima è fredda e vuota, come prima. Anche se di nuovo preghiamo con fervore, tuttavia, raffreddandoci e distraendoci, che vantaggio ne ricaviamo? È la stessa cosa che costruire e distruggere; fatica e solo fatica. Se ci proponiamo di recitare con attenzione e sentimento le nostre orazioni non solo mattina e sera, ma, inoltre, ci esercitiamo ogni giorno nel pensiero di Dio ed attribuiamo a sua gloria ogni nostra azione e lo invochiamo spesso dall’intimo del cuore con brevi giaculatorie, noi riempiremo il lungo intervallo, che divide la preghiera mattutina da quella serale e viceversa, rivolgendoci spesso a Dio. Non sarà ancora la preghiera incessante, ma una preghiera spesso ripetuta e quanto più spesso si ripeterà, tanto più vicina sarà all’orazione ininterrotta. Questa fatica segna il passaggio a quest’ultima, come un gradino necessario.

Supponiamo infatti che voi adempiate a questo impegno ogni giorno, senza mai ometterlo, infaticabilmente, che cosa accadrà nell’anima vostra? Il pensiero di Dio genera il timore di Dio. Infatti quest’ultimo consiste nel raggiungere con pensiero riverente e nell’accogliere nel profondo del cuore le infinite perfezioni ed operazioni divine. Con l’attribuire ogni nostra azione a gloria di Dio, sorge in noi il ricordo del Signore, il che significa camminare davanti a Lui. Ciò non è altro che ricordare, qualsiasi cosa noi si faccia, che ci troviamo davanti a Dio. Infine, le soventi invocazioni del nome di Dio, o comunque i sentimenti di devozione verso Dio che sgorgano dal nostro cuore, si trasformano in continua, muta, affettuosa, calda implorazione del nome di Dio. Quando l’anima è santificata dal timore di Dio, dal ricordo del Signore o ha l’abitudine di camminare davanti a Dio ed accarezzare affettuosamente nel cuore il dolcissimo nome di Dio, allora necessariamente nel cuore s’accende anche quel fuoco spirituale, di cui ho parlato all’inizio, che sarà all’origine di una profonda pace, di un incessante equilibrio, e di viva ed attiva vigilanza. L’uomo partecipa allora di quello stato, oltre al quale sulla terra non possono andare i suoi desideri: esso è l’autentico preannuncio di quella condizione beata che ci attende nel futuro. Si realizza in questo caso ciò di cui parla l’apostolo: “La nostra vita è nascosta con il Cristo in Dio”.

Cercate di raggiungere questi tre obiettivi con la fatica della preghiera. Essi da soli sono il compenso della fatica e nello stesso tempo la chiave del tempio nascosto del Regno dei Cieli. Aprendo con essi la porta, vi si entra e si giunge ai gradini del Trono di Dio e ci rendiamo degni di ascoltare una parola di approvazione dal Padre Celeste, del suo contatto e del suo abbraccio, grazie al quale tutte le ossa diranno: “Signore, Signore, chi è simile a te?”. Chiedete questo nella fatica della preghiera e ciascuno sospiri: “Quando giungerò e mi presenterò dinanzi al tuo volto, Signore? Il mio volto t’ha cercato, cercherò, o Signore, il tuo volto”.

Risponderò in breve a quanti desiderano sapere come perfezionarsi nel timor di Dio, nel ricordo di Dio e nell’affettuosa e continua invocazione del nome del Signore. Cominciate a cercare e questo sforzo v’insegnerà come trovare. Soltanto è necessario attenersi ad un principio: allontanare tutto ciò che in questa ricerca sia d’impedimento, attenersi invece con impegno a quanto possa esserle di giovamento. La pratica insegnerà questa distinzione. A questa indicazione aggiungerò solo il seguente consiglio. Quando incomincerete a provare nel cuore un tepore simile a quello che sente il corpo quando è avvolto dal calore, o quando comincerete a comportarvi di fronte a Dio così come davanti ad un personaggio importante, con timore ed attenzione, per non offenderlo in alcun modo, senza tenere in alcun conto il permesso di camminare e di agire liberamente, o allorché vi accorgerete che la vostra anima prova davanti al Signore ciò che la fanciulla davanti al fidanzato ch’essa ama, sappiate allora che è vicino, alle porte il Visitatore nascosto delle anime nostre, che entrerà e cenerà con voi in casa vostra.

Credo che queste poche indicazioni siano sufficienti come guida per coloro che cercano con zelo. Tutto ciò è stato detto con il solo scopo che quanti tra voi hanno a cuore la preghiera, ne conoscano il punto culminante, di modo che, affaticandosi poco e conseguendo un risultato modesto, non credano d’aver raggiunto il fine ultimo ed in questa illusione non vengano meno nelle fatiche e, di conseguenza, non pongano limiti all’ulteriore ascesa attraverso i vari gradi della preghiera. Come sulle vie maestre si pongono colonne, perché quanti le percorrono, sappiano quanta strada hanno percorso e quanta rimane loro ancora, così nella nostra vita spirituale ci sono indicazioni particolari che determinano i gradi di perfezione della vita. Esse sono fissate perché quanti aspirano alla perfezione, rendendosi conto del punto a cui sono giunti e del cammino che resta loro da percorrere, non si fermino a mezza strada, privandosi così del frutto delle loro fatiche, che forse è ormai vicino, purché facciano ancora due o tre passi.

Concludo queste mie parole con la preghiera, che sgorga dal mio cuore, che il Signore vi conceda di comprendere tutto ciò che ho detto, affinché tutti costituiate quell’uomo perfetto nella forza e nell’età, che realizza la pienezza del Cristo.

29 novembre 1864.

IV

V’ho parlato tre volte della preghiera. Ho considerato la preghiera letta con attenzione, quella che consiste nell’elevarci a Dio con la mente e con il cuore ed infine la preghiera che consiste nello stare di fronte a Dio in ardore di spirito. Il Signore ci ha insegnato i vari gradi e generi della preghiera, affinché ciascuno, secondo le sue forze, possa partecipare dei suoi vantaggi. Infatti quella della preghiera è un’opera veramente grande. Essa, come ho detto, è testimonianza della vita spirituale e nello stesso tempo ne è il nutrimen­to. Perciò è assolutamente necessario cercare di perfezionarla. In parte vi ho ricordato come si possa riuscire nei vari generi di preghiera. Ora vi voglio far presente, per mettervi in guardia, quali siano le difficoltà che s’incontrano, poiché difficilmente potremo riuscire nella preghiera se nello stesso tempo non ci cureremo delle altre virtù.

Se paragoniamo la preghiera ad una sostanza aromatica e l’anima al recipiente fatto per contenerla, sarà evidente che, come in un recipiente forato non può essere contenuta la sostanza aromatica, così anche la preghiera non può resistere nell’anima se questa non è perfetta per mancanza di qualche virtù. Se paragoniamo colui che prega all’insieme del corpo umano, ne seguirà che, come uno privo di una gamba non può camminare, sebbene le altre parti del corpo siano integre, così non può avvicinarsi a Dio o giungere ad Esso con la preghiera colui che non sia dotato di effettive virtù. Penetrate con la mente l’insegnamento degli Apostoli e vedrete che la preghiera per loro non è mai sola, ma è sempre accompagnata da un’intera schiera di virtù. L’Apostolo Paolo prepara il cristiano alla lotta spirituale e lo riveste di tutte le armi di Dio. Osservate quali esse sono: la verità come cintura, la giustizia come corazza, i calzari dell’Evangelo della pace, lo scudo della fede, l’elmo della speranza, la spada della parola di Dio. Ecco i mezzi! E solo dopo averli esposti tutti, san Paolo pone il suo soldato in una fortezza – nella preghiera – dicendo: “pregando con ogni genere di preghiera e di suppliche in ogni tempo con lo spirito”. Certo che con la sola preghiera si possono superare tutti i nemici, ma per essere forti nella preghiera bisogna consolidare la fede, la speranza, la conoscenza della verità, la giustizia e tutte le altre virtù. In un altro passo l’Apostolo, rivestendo di abiti nuziali l’anima, in quanto è la fidanzata di Cristo, dice: “Rivestitevi di viscere di misericordia, di bontà, d’umiltà, di mitezza, di sopportazione, del perdono delle offese, di amore, di pace, istruitevi nella saggezza della parola del Signore”. E poi, quale corona della bellezza, pone sul capo la preghiera: “Cantate salmi, inni e canti spirituali, nella grazia celebrate nei vostri cuori il Signore”. Anche in altri passi della Scrittura la preghiera è considerata in indissolubile rapporto con tutte le virtù, come la loro regina; esse si muovono al suo seguito ed essa le trascina dietro a sé, oppure, immagine ancor più bella, è considerata il loro fiore odoroso. Come crescono prima le radici, poi il tronco ed i rami, quindi le foglie ed infine il fiore che sboccia ed attira a sé gli sguardi, così anche la preghiera, perché possa fiorire nell’anima, deve esser preceduta ed accompagnata da buone disposizioni spirituali e da una serie di impegni, che sono la fede, la quale corrisponde alle radici, l’amore attivo a cui possono paragonarsi il tronco ed i rami ed infine l’ascesi fisica e spirituale, a cui nella pianta corrispondono le foglie. Quando nell’anima è stato piantato un albero così santo, sboccerà in esso, di mattina o di sera o durante la giornata, secondo le sue caratteristiche, il fiore della preghiera riempirà di profumo tutto il nostro regno interiore.

Richiamo alla vostra mente questi pensieri, perché qualcuno di voi non pensi che basta impegnarsi nella preghiera. No, è necessario prendersi cura di tutto, cioè pregare e progredire in ogni virtù. È perfettamente vero che non si può progredire nelle virtù senza la preghiera, ma dobbiamo impegnarci nelle virtù anche durante la preghiera, perché questa possa offrirci in qualche modo il suo aiuto. Ed anche per progredire nella preghiera dobbiamo pregare, ma dobbiamo impegnarci in quest’ultima, così come nell’ambito della virtù.

Dobbiamo preoccuparci di tutto ed in tutto essere precisi. A questo riguardo si può fare un paragone con l’orologio. Quando quest’ultimo funziona con precisione ed indica il tempo esatto? Allorché in esso ogni ruota ed ogni altra parte è intatta e sta al suo posto ed è in connessione con le altre parti. Lo stesso si può ripetere del meccanismo interiore, dell’anima. Lo spirito, come una lancetta, è in direzione esatta, cioè è rivolto direttamente a Dio, quando tutte le altre parti dell’anima sono intatte ed in ordine e, per cosi dire, sono dotate della virtù, che è loro propria.

Di quali virtù sia necessario circondare la preghiera, cioè quale vita di preghiera e virtù debba istaurare in sé il Cristiano, vi dimostrerò non con le mie parole, ma con quelle di San Demetrio di Rostóv, che ne tratta in breve nella seguente catechesi.

Vi prego di seguire con attenzione:
1. Appena ti svegli, il tuo primo pensiero sia rivolto a Dio, la prima parola sia la preghiera al Signore, che ti ha creato e ti conserva in vita, che può sempre dare la morte e la vita, distruggere e guarire, salvare e rovinare.
2. Prostrati davanti a Dio e ringrazialo che ti ha svegliato dal sonno e non ti ha portato alla rovina a causa dei tuoi peccati, ma aspetta con pazienza la tua conversione.
3. Inizia una vita migliore dicendo con il salmista: “Ed è cosi che dico: io comincio con gli anni, con i giorni dell’Altissimo”. Nessuno percorre bene il cammino verso il cielo se non colui che comincia bene ogni giorno.
4. A cominciare dal mattino, sii nella preghiera un Serafino, nelle tue opere un Cherubino, nel modo di comportarti un Angelo.
5. Non perdere inutilmente il tuo tempo, ma dedicalo alle opere buone necessarie.
6. In tutte le azioni, parole e pensieri tieni rivolta la mente a Dio; non segnare nella tua mente altro che il Cristo e che nessuna immagine venga a contatto con il cuore puro all’infuori di quella purissima di Cristo Dio e Salvatore.
7. Risveglia in te con ogni mezzo l’amore per il Signore, nei limiti che puoi, ripetendo particolarmente nel tuo intimo queste parole del Salmista: “Mentre medito si accende in me un fuoco”.
8. Rivolgi sempre il tuo sguardo interiore alla presenza di Dio, che tu hai deciso di amare incessantemente, per cui tieniti lontano da ogni cattiva azione, parola o pensiero. Perciò agisci, parla e pensa sempre onestamente, umilmente e con timore filiale.
9. Siano sempre unite la mansuetudine con la lode e l’umiltà con l’onestà.
10. La tua parola sia sempre calma, umile, onesta ed utile: che il silenzio giudichi le parole che hai da pronunciare. Che non esca mai dalla tua bocca una parola vuota e corrotta.
11. Se ti capita di ridere, limitati al sorriso e per di più non spesso.
12. Guardati dall’ira, dallo sdegno e dagli alterchi; frenati nell’ira.
13. Sii sempre moderato nel mangiare e nel bere.
14. Sii sempre accondiscendente e Dio ti renderà beato, come pure gli uomini ti loderanno.
15. La morte è la fine di tutto e prega sempre per essa.

Vedete quale splendida vita viene additata ad un Cristiano dedito alla preghiera! È vero che queste norme vertono in gran parte sulla preghiera, cioè sulla conversazione con Dio per mezzo dello spirito e del cuore, ma vi sono indicate anche varie virtù ed esse sono tali che, senza di loro, non può sussistere la preghiera. Tutto ciò ognuno prova ed apprende concretamente, purché si eserciti nella preghiera in modo conveniente. Come puoi pregare, quando sei oppresso dall’incontinenza oppure sei sconvolto dall’ira e dal dispetto, o non sei in pace con qualcuno, o infine sei in preda a preoccupazione o alla distrazione? Se non ci troviamo soggetti a questi difetti, necessariamente siamo in quella opposta, cioè nella virtù. Perciò San Giovanni Climaco afferma cha la preghiera è madre e figlia della virtù.

A queste parole qualcuno penserà: “Si esige troppo! È un peso oppressivo! Dove troveremo le forze ed il tempo per questo sforzo?”. Ma abbiate coraggio, fratelli, poiché c’è bisogno di poco e anzi basta una sola cosa: lo zelo per il Signore e per la salvezza dell’anima in Lui. L’anima, per natura sua, ha molti pregi, che però sono guastati da ogni genere di difetti. Appena nell’anima sorge il desiderio di salvarsi e di compiacere a Dio, quanto di positivo c’è in essa si raccoglie attorno a questo desiderio ed in essa subito si manifesta non poco bene. Poi lo zelo, rafforzato dalla grazia di Dio, con l’aiuto di questo bene iniziale, comincerà ad acquistare ogni altro bene ed arricchirsene e tutto comincerà a crescere a poco a poco. Lo zelo ha già in sé anche il virgulto della preghiera. Dapprima essa si nutre della bontà naturale, ma poi comincerà a nutrirsi della bontà conquistata con la fatica, prenderà a svilupparsi ed a consolidarsi, crescerà e comincerà a cantare ed a celebrare nel cuore il Signore con una preghiera armoniosa e complessa.

Che il Signore vi aiuti a riuscire in quest’opera. Amìn.

20 dicembre 1864


Da “Quaderni dell’Ortodossia”, Roma 1974, 26-46

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