09 marzo 2010

Un altro 8 marzo: la deportazione dei Balcari

Un popolo che vuole vivere è impossibile da uccidere. 66 anni fa fu deportato il popolo della Balcaria


Ingushetia.Org, 08.03.2010 19:27


Volevano farci sentire la nostra piccolezza, privandoci della Patria in un giorno, ma siamo rimasti saldi. Un popolo che non vuole morire è impossibile da uccidere”. K. Mečiev [1]



L'8 marzo 1944 l'attività repressiva del regime statale nei confronti del popolo balcaro raggiunge l'apogeo – il popolo è privato della propria statualità e del proprio territorio, è sottoposto a un totale trasferimento forzato nelle repubbliche dell'Asia Centrale e nel Kazakistan. La base ufficiale della risoluzione della questione dell'esilio del popolo balcaro è la delazione calunniosa indirizzata a L.P. Berija, firmata dalla leadership della KBASSR [2] nelle persone di Kumechov, Bziav e Filatov con la richiesta di esiliare il popolo balcaro per il banditismo di massa che avrebbe avuto luogo. La questione dell'esilio del popolo balcaro fu definitivamente risolta nel febbraio 1944 nella città di Ordžonikidze (oggi Vladikavkaz [3]) durante l'incontro di L. Berija con il primo segretario del comitato regionale del VKP(b) [4] della Kabardino-Balcaria Kumechov (cabardo). L'unico balcaro che accompagnava Kumechov in questa viaggio, il giovane istruttore del comitato regionale del VKP(b) K. Ujanaev non fu fatto entrare presso L. Berija. E la più alta carica di quel periodo tra i balcari – il presidente del Presidium del Soviet Supremo della KBASSR, il 30enne I.L. Ul'bašev al momento giusto fu mandato in trasferta nella città di Mosca. In tal modo a prendere posizione in difesa degli interessi del popolo balcaro di fatto non c'era nessuno.

Tutto questo caos avvenne in un momento in cui 16300 rappresentanti del poco numeroso (circa 53000 persone nel 1941) popolo balcaro combatteva eroicamente contro gli occupanti hitleriani sui fronti della Grande Guerra Patriottica [5]. In questa chiamata al fronte con un incremento di varie volte delle norme di mobilitazione si cela uno dei motivi principali per cui i balcari, nonostante la quantità, netta ed evidente per tutti, di famiglie numerose, nel 1959 erano l'unico dei popoli repressi a non aver raggiunto il proprio numero d'anteguerra, del 1939. Nessuno fece attenzione al fatto che sui fronti della Grande Guerra Patriottica si trovasse circa il 30% di tutta la popolazione balcara della KBASSR.



Nel corso di un giorno tutto il popolo (circa 38000 persone) fu caricato su treni merci “da bestiame” ed esiliato totalmente in Kazakistan e in Asia Centrale. Fra l'altro, a parte 20 kg di bagagli che ad ogni famiglia fu permesso portare con se, tutti i beni mobili e immobili dei balcari restarono nella KBASSR, che con lo stesso decreto fu rinominata ASSR [6] di Cabardia con il passaggio ad essa del 90% dei territori della Balcaria. Parte del distretto dell'Elbrus e di quello Montano furono dati alla Georgia con la formazione del distretto dell'Alto Svaneti [7]. E' notevole che il Decreto del Presidium del Soviet Supremo dell'URSS sull'esilio dei balcari dalla KBASSR fu approvato l'8 aprile 1944, un mese dopo il compimento dello stesso atto di genocidio.

L'esilio sorvegliato, sotto un duro regime di comando, durò 13 lunghi anni, nel corso dei quali di fame, tifo e lavori forzati morì metà del popolo balcaro.

Il 9 gennaio 1957 il Presidium del Soviet Supremo dell'URSS approvò il decreto sulla totale abolizione delle limitazioni per i balcari, per il loto ritorno in patria e il cambio di nome dell'ASSR di Cabardia in ASSR di Kabardino-Balcaria. Il popolo in forma ordinata, a scaglioni prese a tornare in Patria. Il ritorno in massa avvenne negli anni 1957-1958.

Il ritorno dei balcari nella patria storica negli anni 1957-59 non fu accompagnato dal ristabilimento dei diritti conculcati. Il “ristabilimento della statualità del popolo balcaro” si rivelò una finzione.



Di tutti i centri abitati balcari fu ristabilita appena la metà e dei 6 centri abitati della comunità di Chulam neanche uno. Nonostante tutte le attuali dichiarazioni della leadership della Repubblica di Kabardino-Balcaria su “conservazione e passaggio ai balcari delle loro case” praticamente tutti i villaggi balcari erano distrutti e fondamentalmente erano deserti. Inoltre è noto a tutti che la distruzione dei villaggi balcari (dallo smantellamento degli edifici all'annientamento delle lapidi tombali) fu compiuta per ordine diretto del comitato regionale del partito e del Soviet dei Commissari del Popolo dell'ASSR di Cabardia, sulla base della loro comune delibera del 15 aprile 1944 n. 241, approvata subito dopo la deportazione dei balcari. Al popolo toccò organizzarsi di nuovo. Ancora oggi 76 villaggi balcari sono in rovina. In conseguenza di manipolazioni della divisione amministrativo-territoriale della repubblica non fu ristabilito nei confini precedenti nessuno dei quattro distretti della Balcaria esistenti al momento del trasferimento forzato.

Il centro federale stanziò risorse notevoli per il riassetto del popolo balcaro tornato dall'esilio. Tuttavia il comitato regionale e il Consiglio dei Ministri della repubblica li utilizzarono a propria discrezione. Come testimoniano i documenti le risorse furono sminuzzate a bella posta e furono apertamente rubate. I materiali della commissione dei deputati del Soviet Supremo della KBASSR organizzata nel 1991 testimoniano che di tutte queste risorse solo il 13% fu utilizzato appropriatamente, cioè per le necessità del popolo balcaro. Enormi risorse furono in buona parte indirizzate alla costruzione di strutture nei centri abitati cabardi. La maggior parte degli edifici amministrativi, dei centri produttivi e delle scuole in essi fu costruita proprio negli anni in cui dai fondi pubblici venivano indirizzate risorse per il ristabilimento delle infrastrutture dei centri abitati balcari e la costruzione di abitazioni per coloro che tornavano. Lo stesso si è ripetuto anche negli anni '90 – in Balcaria non fu costruita alcuna delle 200 strutture programmate, ad esclusione del 2° ospedale cittadino nel villaggio di Chasan'ja [8]. E' notevole che nel dicembre 1989 il Soviet Supremo dell'URSS e in seguito anche il Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa avessero condannato duramente le repressioni da parte dello stato nei confronti dei popoli trasferiti forzatamente negli anni 1942-1944 dai luoghi nativi in Siberia e nelle repubbliche dell'Asia Centrale e del Kazakistan. Il 26 aprile 1991 il Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa approvò la legge “Sulla riabilitazione dei popoli repressi” [9], secondo la quale i diritti dei popoli repressi dovrebbero essere pienamente ristabiliti, il che, purtroppo, finora non si è verificato.



Nel marzo 1994, alla vigilia del cinquantenario dell'esilio del popolo balcaro in Asia Centrale e in Kazakistan, il presidente della Federazione Russa B.N. El'cin si scusò ufficialmente a nome dello stato davanti al popolo balcaro per la repressione e il genocidio degli anni dal 1944 al 1957. Allo stesso tempo lo stato russo fece capire a tutti e a ciascuno che denigrare il popolo balcaro, appendergli un qualche tipo di etichetta non è permesso ed è criminale. Alla Totale e Forzata Deportazione repressiva furono sottoposti:

CARACHI [10] – 2 novembre 1943;

CECENI – 23 febbraio 1944;

INGUSCI – 23 febbraio 1944;

BALCARI – 8 marzo 1944;

GRECI DEL PONTO dal Caucaso – 27 giugno 1944, dalla Crimea – giugno 1949, dalla Georgia [11];

TURCHI DELLA MOSCHIA [12] – 14 novembre 1944;

TATARI DI CRIMEA – 18 maggio 1944;

HAMSHENI [13] – novembre 1944;

e altri Popoli Sovietici, a cominciare dal 1919.



Un balcaro su quattro si trovava tra le fila dell'Armata Rossa combattente. Di questi uno su due morì difendendo la Patria dagli invasori tedeschi fascisti. I combattenti balcari incontrarono tra i primi il nemico sulla frontiera occidentale dell'URSS, furono partecipi dell'eroica difesa della fortezza di Brest. I figli della Balcaria difesero Mosca e Leningrado, presero parte a tutte le grandi operazioni della Grande Guerra Patriottica, parteciparono al movimento partigiano in Ucraina e in Bielorussia, alla resistenza antifascista in Europa, alla liberazione finale dei popoli d'Europa dal giogo hitleriano. Molti balcari giunsero a Berlino, prendendo parte all'assalto alle tane del fascismo germanico. Il valoroso aviatore balcaro Alim Bajsultanov fu il primo Eroe dell'Unione Sovietica proveniente dal Caucaso del Nord.



Tra gli esiliati balcari il 52 percento erano bambini, il 30 percento donne, il 18 percento vecchi e invalidi. In tal modo vittime della deportazione risultarono bambini, donne e vecchi.



In 9 mesi del 1944 nacquero in tutto 56 bambini e morirono 1592 persone. A cominciare dal 1 aprile 1944 al settembre 1946 in Kazakistan e in Kirghizistan morirono 4849 balcari, cioè un esiliato su otto. Il popolo praticamente morì in esilio.



Tutto crolla. Tutto cade nell'oscurità

Sotto il nero uragano dell'esilio.

Oh, dai Allah, al mio popolo

In questo tempo terribile pazienza...

Ho vissuto, ho visto non poche disgrazie,

Ma cosa sono a paragone con ciò che avviene adesso?

Sono un esule. Ed ecco che negli anni verso la vecchiaia

Con il popolo nativo sto in terra straniera.

Già si oscura la luce nei miei occhi,

Ma attraverso tutte le sofferenze e i dubbi

Solo una cosa ti prego, Allah:

Al popolo mio manda pazienza.

Declina l'udito e la voce in me,

Si mette a ululare il mio cane, sentendo l'angoscia,

E la gente il cavallo di legno

Mi appronta per l'ultimo viaggio.

Ma sono vivo finora, finché posso respirare

Sotto la dura oppressione di fatti dolorosi,

Non mi stancherò ai fratelli di ripetere:

Odio nel cuore non accumulate!

Al trotto si prova il destriero.

Passa per il vituperio e per la maledizione.

Per il dolore, come per la vile colpa,

Non impazzite – vi richiamo, fratelli!

Il popolo nostro non fu viziato dal destino,

La fame ci raggiunse e le invasioni.

Ma non ci tolsero dal retto sentiero

E, voglia Allah, non ci toglieranno giammai.

Le teste nostre volarono nella polvere,

Quando col nemico ci scontrammo,

E la fiamma si spense nei nostri focolari,

Ma sempre un popolo restammo.

Conoscemmo gli attacchi della peste,

Conoscemmo alluvioni e valanghe,

Ma l'onore montanaro non abbandonammo.

Sono testimoni monti e valli.

Il nostro paese nativo, com'è lontano!

E il pane dell'esilio nella nostra gola si appalla.

Sì, sopportare questo non è facile.

Non sopportarlo è coprirsi di vergogna.

Prendi la parola di Kjazim, fratello, prendila

E stai saldo nella vita sotto la folle oppressione.

Finché avremo forza di essere persone,

Sulla terra resteremo un popolo.

KJAZIM MEČIEV



Ingushetia.Org, http://www.ingushetia.org/news/21682.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Kjazim Bekkievič Mečiev, poeta balcaro.


[2] Kabardino-Balkarskaja Avtonomnaja Sovetskaja Socialističeskaja Respublika (Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Kabardino-Balcaria), entità che riuniva i Cabardi, popolo caucasico autoctono e i Balcari, popolo turco.


[3] Capitale dell'Ossezia del Nord.


[4] Vsesojuznaja Kommunističeskaja Partija (bol'ševikov) cioè Partito Comunista dell'Unione (dei bolscevichi).


[5] Così viene chiamata la guerra contro la Germania nazista.


[6] Avtonomnaja Sovetskaja Socialističeskaja Respublika (Repubblica Socialista Sovietica Autonoma).


[7] Regione montana della Georgia settentrionale.


[8] Villaggio della Kabardino-Balcaria centrale.


[9] Le leggi russe sono indicate con il titolo.


[10] Popolo caucasico turco.


[11] Manca la data.


[12] Regione della Georgia sud-occidentale.


[13] Gruppo etnico armeno.

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