04 ottobre 2010

La destituzione di Lužkov e un paese che non cambia

Lužkov e il vuoto




Il sistema di potere statale in Russia è rapido a regolare i conti con chi per qualche motivo è decaduto. Agevolazioni e privilegi sono liquidati immediatamente e se la destituzione è provocata anche da motivi politici, l'ex potente funzionario diviene un vero reietto – lo rinnegano i compagni di lotta, intorno alla sua figura si crea un vuoto, il numero di “amici” si riduce al minimo.

Perfino Jurij Lužkov, quando non era ancora stato destituito, comparve alla seduta plenaria del forum di Jaroslavl' – appena prima dell'intervento del presidente – nei primi minuti intorno a lui si formò un profondo vuoto. Tra i partecipanti al forum c'erano molti alti funzionari e non proprio tutti erano pronti a sacrificare la carriera per dare la mano a un leone quasi caduto. E solo quando la stampa ha circondato il sindaco di Mosca con un fitto cordone è cominciato il movimento anche nelle masse dell'apparato: nella folla non era così terribile salutare un capo sotto cui la poltrona vacillava, ma non era ancora caduta.

Nel sistema politico russo la destituzione di una grande figura è una catastrofe. Sia politica, sia di apparato, sia personale, a volte anche per la vita quotidiana. Dai tempi di Stalin non è cambiato niente, se non si considerano “minuzie” come i processi pubblici, le fucilazione o in singoli casi una pallottola o una piccozza. In tempi più vegetariani queste sfumature sono state sostituite da una pensione ingloriosa o un “passaggio a un altro lavoro”. Peraltro con gli anni i nuovi incarichi divengono sempre più umilianti. Il “vicino a lui” Dmitrij Šepilov dal 1957 fu direttore e vice-direttore dell'Istituto di Economia della Repubblica Socialista Sovietica del Kirgizistan (!) e poi fu solo un semplice archivista. Aleksandr Šelepin dal 1967, dopo la sconfitta nello scontro di apparato con Leonid Brežnev, fu presidente del VCSPS [1] e poi vice-presidente del Comitato Statale per l'istruzione tecnico-professionale. Dal KGB all'Istituto Tecnico-Professionale la distanza è comunque enorme… Georgij Malenkov dopo la degradazione fu direttore della centrale idroelettrica di Ust'-Kamsk [2]. Vjačeslav Molotov fu ambasciatore in Mongolia. Degli altri non c'è niente da dire: “E il compagno Berija perse la fiducia” [3]. Le formule passano testualmente da častuški [4] vecchie di mezzo secolo ai decreti presidenziali della nuova era.

Neanche nelle cerimonie della nomenklatura cambia niente. Con il decreto di destituzione di Lužkov è giunto un messo poco notevole, senza volto. Ha semplicemente portato un pacchettino. Nel “Nuovo incarico” di Aleksandr Bek [5] tutti questi rituali della burocrazia sono descritti dettagliatamente: “Onisimov ricevette il pacchetto lungamente atteso. Aperta la busta con le forbici, lesse la carta. Sì, come supponeva, la richiesta con cui egli, ingegnere laminatore, si era rivolto al Comitato Centrale, – la richiesta che gli venisse offerto un qualsiasi lavoro secondo la sua specializzazione, – non era stata accolta. Da quel momento si metteva a disposizione del Ministero degli Esteri”.

In una società senza valori, in un ambito in cui le preferenze politiche sembrano un'assurda stramberia, sia la classe dei funzionari, sia la leadership politica sono senza valori e senza opinioni. Tra il potere centrale e Lužkov non c'è un conflitto di valori e neanche un conflitto di competenze. Più precisamente di tutti l'ha detto Boris Gryzlov [6], uno dei più vicini compagni di battaglia del sindaco di Mosca nella costruzione della verticale di cemento armato del partito al potere: Lužkov “ha dimenticato” il proprio posto nel sistema di potere statale.

Non ci si può porre al di sopra del sistema, questo non lo sopporta. E allora gli ex compagni e collaboratori ti rinnegano, il tuo partito fa finta di non conoscerti affatto e un ex sottoposto nella costruzione del blocco elettorale di altri tempi mormora qualcosa sui tuoi “errori”.

Fra l'altro, Lužkov avrebbe potuto difficilmente aspettarsi altro. Questi è carne della carne di questo sistema. E sa non meno degli altri da dove viene questo profondo vuoto, in cui si perde senza traccia anche l'automobile blindata di servizio con un debole faretto.

Andrej Kolesnikov
osservatore della "Novaja gazeta"


03.10.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/110/13.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Vsesojuznyj Central'nyj Sovet Professional'nych Sojuzov (Consiglio Centrale Pansovietico delle Unioni Professionali), l'organizzazione sindacale centrale.

[2] Località della Russia centrale.

[3] Nell'originale c'è una rima: tovarišč Berija vyšel iz doverija.

[4] Sorta di stornelli.

[5] Aleksandr Al'fredovič Bek, scrittore sovietico, la cui opera principale è il romanzo “Il nuovo incarico”.

[6] Boris Vjačeslavovič Gryzlov, presidente della Duma.

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