28 novembre 2010

Un'analisi di una terra tolta ai suoi abitanti: il Caucaso

Caucaso del Nord: dal grumo di contraddizioni nella periferia all'impossessamento del proprio destino

Nov. 19, 2010, 10:32

Nell'articolo dell'autore fisso di articoli e commenti nei servizi interattivi di "Kavkazskij uzel" Valerij Dzucev viene presentata l'analisi della situazione nel Caucaso del Nord e la visione dell'autore sulla crisi della politica delle autorità russe, ma anche sulla strada per risolvere i conflitti esistenti nella regione. Alcune parti di queste riflessioni erano state espresse in una delle conferenze regionali cinque anni fa, ma in modo strabiliante non hanno perso attualità ai nostri giorni. Per lunghi anni Valerij Dzucev ha vissuto e lavorato in Ossezia del Nord, negli ultimi tempi lavora a Washington, USA.

L'assolutizzazione del potere federale porta a un inasprimento nel Caucaso del Nord

La particolarità che distingue la situazione del Caucaso del Nord al giorno d'oggi è la più o meno continua crescita dell'imprevedibilità. Dopo l'attacco dei militanti all'Inguscezia nell'estate del 2004, la presa della scuola di Beslan nell'autunno dello stesso anno, le ondate di terrore in Daghestan e in Inguscezia e l'inatteso inasprimento in Kabardino-Balkaria nell'autunno del 2005, una delle domande principali per la popolazione della regione diventa “dove e cosa succederà la prossima volta?” La Cecenia ha smesso già da tempo di essere l'unica fornitrice di notizie straordinarie e la zona di attesa di queste si è allargata a spese come minimo di tutta la regione del Caucaso del Nord. Questo fenomeno è quanto mai stupefacente, perché negli ultimissimi anni le autorità russe più di una volta hanno annunciato il rafforzamento del potere centrale e dell'ordine.

E' curioso che si possano condurre paralleli diretti tra alcune tesi propagandistiche dell'odierno potere russo e le tesi delle autorità dei tempi dell'URSS. Per esempio, il dogma comunista su come in misura dell'avvicinamento alla costruzione del comunismo la lotta di classe si rafforza riecheggia nell'essenzialmente paradossale postulato attuale del Cremlino su come in misura del rafforzamento della verticale del potere e dell'aumento della manovrabilità delle regioni le minacce esterne aumentano.

Un analogo della sindrome dell'accerchiamento nemico dei tempi del comunismo oggi in Russia è il terrorismo internazionale e le spesso non nominate forze nemiche dell'Occidente. Il “Terrorismo Internazionale” ha sostituito con un certo successo nella Russia odierna le forze dell'“imperialismo internazionale”, tanto più che per terrorismo internazionale i mezzi di informazione di massa russi, che formano la pubblica opinione, spesso intendono non semplicemente gli islamisti radicali, ma anche i servizi segreti occidentali. Se alle mene del terrorismo internazionale qualcuno forse crede a livello di Federazione Russa, nello stesso Caucaso del Nord i nemici per la popolazione locale sono molto più concreti. I disordini di massa in Ossezia del Nord dopo l'atto terroristico del 9 settembre 2010 si sono indirizzati non contro i terroristi internazionali, ma contro i vicini ingusci, a cui in Ossezia si usa legare tutti gli atti terroristici nella repubblica. La disgrazia sta nel fatto che quando le autorità di questi o quelli avvenimenti negativi nel Caucaso del Nord accusano solo misteriosi stranieri nemici con cui non si può far nulla, allora non resta posto per l'interpretazione della situazione nella regione e la soluzione dei problemi esistenti.

In tal modo risulta che gli ideologi dello stato russo attuale finora abbiano pensato poco di nuovo in confronto al recente passato comunista. A mio parere, questo è uno degli indicatori della crisi della costruzione dello stato nella Russia attuale.

Nella misura in cui il potere centrale si rafforza e toglie sempre più poteri alle regioni, la situazione del Caucaso del Nord quasi sincronicamente si destabilizza. E non si tratta del fatto che alcune forze numericamente percepibili nella regione sono orientate in senso anti-russo o vogliono la guerra, ma piuttosto del fatto che il potere in quei posti è privo di un appoggio più o meno ampio perciò perfino un gruppo relativamente piccolo di radicali può compiere con successo azioni estremistiche. I cittadini non sentono responsabilità per la situazione dello stato e non hanno fiducia in esso, anzi in parte smettono di sentirlo qualcosa di loro.

Nel Caucaso del Nord questo si manifesta più chiaramente. Per i caucasici in generale molto spesso è stato caratteristico l'atteggiamento verso lo stato come qualcosa di estraneo, portato da fuori. Questa tesi è stata ben analizzata e sentita nel Caucaso del Sud, quando si è manifestata nella costruzione dello stato nel periodo post-sovietico. Ma questa tesi, con qualche riserva, la applicheremo anche al Nord del Caucaso.

Al giorno d'oggi tutte le repubbliche del Caucaso del Nord sono tra le regioni della Russia altamente sovvenzionate, con un livello di sovvenzione dal 60% a oltre il 90%. Questa dipendenza di bilancio e finanziaria con il tempo aumenta soltanto. La politica fiscale federale è tale (la maggior parte delle tasse va a Mosca) che le elite locali non sono semplicemente interessate a far crescere il potenziale economico della propria regione – è molto più semplice fare lavoro di lobby per lo stanziamento di ulteriori fondi del bilancio e organizzare la loro distribuzione tra le persone “bisognose”. Anche se bisogna ammettere che neanche il clima per gli investimenti non statali nella regione è favorevole.

La struttura basata sui clan e una certa quasi innata tendenza all'autoritarismo del Caucaso del Nord sono già diventati un cliché ricorrente nelle valutazioni dei politologi di Mosca. Tuttavia, se si studia attentamente la situazione, diventa chiaro che per molti aspetti questi fenomeni nella regione volontariamente o involontariamente sono appoggiati da Mosca. Tutti i regimi esistenti nel Caucaso del Nord oggi si trovano al potere non tanto grazie all'espressione della volontà popolare (al contrario, spesso lo sono perfino malgrado questa), quanto grazie al diretto appoggio di Mosca. Molti di essi, se non tutti, verrebbero immediatamente sostituiti nel caso che nelle repubbliche si tenessero elezioni più o meno rappresentative.

Nelle condizioni in cui un popolo è ufficialmente privato di fatto del diritto di eleggersi i leader (le elezioni dei capi delle regioni russe sono state abolite per iniziativa del presidente V. Putin nel 2004 con il pretesto di migliorare la lotta con il terrorismo internazionale stesso) resta molto poco spazio per la partecipazione del popolo al proprio destino. Oggi dal comune elettore non solo non dipende nulla nella scelta del capo della repubblica, il comune elettore è praticamente scomparso dalla carta politica. Quella debole parvenza di democrazia, che poco e male, ma esisteva, è stata tolta alla gente senza che le fosse chiesto nulla. Quelle risorse che in precedenza si spendevano per ottenere la fiducia degli elettori oggi concorrono tra loro già nella quiete degli uffici, i cittadini reali sono esclusi da questo processo. Questo può portare e già porta alla crescita del nichilismo sociale e alla conseguente divisione e decadenza della società. In modo evidente questo è stato dimostrato subito dopo la tragedia di Beslan nel settembre del 2004. Nello stesso momento in cui nella lontana Italia alla manifestazione in appoggio alla gente di Beslan andarono allora 100 mila persone, in Ossezia del Nord se ne radunarono non più di 2 mila.

Conflitti e politicizzazione della società

Dopo l'abolizione delle elezioni Mosca è divenuta in modo determinato ed evidente un fattore frenante dello sviluppo politico delle regioni, in particolare della maggior parte delle repubbliche a base etnica della Federazione Russa. Ma se anche il Cremlino avesse successo nel far sì che la politica autentica esca dalla vita della maggior parte delle regioni, nel Caucaso del Nord essa resta ancora del tutto una realtà. Per di più sussistono alcuni segni e presupposti oggettivi per un'ulteriore politicizzazione delle società nella regione del Caucaso del Nord. Uno degli esempi più netti si può considerare il rapporto tra Ossezia del Nord e Inguscezia.

L'Ossezia del Nord ha al giorno d'oggi due grandi dilemmi con i vicini: con l'Inguscezia e con la Georgia. Lo stato odierno delle relazioni osseto-ingusce non può non causare angoscia. I legami tra le due repubbliche nell'ambito della Federazione Russa dopo i fatti di Beslan si sono bruscamente interrotti e i rapporti sono peggiorati, cosicché l'opinione popolare diffusa in Ossezia del Nord ha dato la colpa di questa malefatta a tutti gli ingusci e non, mettiamo, ai ceceni. L'atto terroristico del 9 settembre 2010 ha acuito al limite le frizioni osseto-ingusce e ha mostrato che la pacifica coesistenza tra osseti e ingusci finora sia in uno stato molto fragile.

E' bene che in questo momento il potere federale si senta relativamente forte e perciò, per molti versi, da una parte in grado di controllare la situazione della regione e dall'altra non interessato a scatenare queste contraddizioni. Ma nel caso in cui il potere centrale vacillasse, la regione nel giro di poche settimane o perfino giorni potrebbe tornare a un bagno di sangue come nel 1992, quando centinaia di persone furono uccise, migliaia di case bruciate e migliaia di persone furono costrette a fuggire. Nel caso in cui ci fosse un reale pericolo di disintegrazione della Russia, le autorità federali, indubbiamente, potrebbero di nuovo ricorrere al principio “divide et impera”, un po' come fecero nel 1992, d'altra parte anche gli estremisti locali potrebbero godere di nuova terra libera. Con il famigerato “problema 2012” (anno delle elezioni presidenziali in Russia) nessuno sviluppo degli eventi si può pienamente escludere.

Non di meno, nelle relazioni osseto-ingusce ci sono molti episodi positivi e la loro regolarizzazione è andata più avanti che in altre regioni del Caucaso. In particolare, molti profughi ingusci sono tornati nei precedenti luoghi di residenza in Ossezia del Nord, fino al settembre 2004 si sono sviluppati in modo relativamente intenso i legami a vario livello tra le due repubbliche. C'è un'esperienza positiva che si può di nuovo utilizzare. Certo, tutto questo ha potuto realizzarsi per molti aspetti grazie al fatto che entrambe le repubbliche si trovano nell'ambito della Federazione Russa e che Mosca ha fornito grandi risorse materiali alla causa della regolarizzazione delle relazioni osseto-ingusce.

Ma la componente non materiale è in gran parte rimasta indietro, nella regione hanno lavorato insufficientemente anche le ONG. In sostanza, in Russia non ci sono neanche tecnologie per la risoluzione non violenta dei conflitti. E questo è l'ambito in cui l'Occidente potrebbe fornire un grande contributo positivo. Mi pare che per i paesi occidentali sarebbe indispensabile proporre più insistentemente alla Russia dei progammi indirizzati in modo speciale al Caucaso del Nord. Al momento presente la regione è praticamente isolata dal mondo grazie ai conflitti, ma anche grazie a determinati timori da parte di Mosca. E' evidente una determinata inclinazione del centro federale all'isolamento del Caucaso del Nord, a non consentirgli legami con l'estero.

Tra l'altro la regione ha fortemente bisogno di questi legami, qui bisogna creare spazio per il dialogo politico, sviluppare i mezzi di informazione di massa e gli altri istituti della società civile. Il Caucaso del Nord, malgrado l'opinione corrente, aspira al progresso e perfino le sue parti più tradizionaliste hanno una sensibile aspirazione al nuovo. E' indispensabile spoliticizzare la partecipazione dell'Occidente alla regolarizzazione della situazione del Caucaso del Nord, mettere tra parentesi la politica e concentrarsi sulla soluzione dei numerosi problemi delle comunità, aiutarle nella modernizzazione, perché smettano di dare al mondo nuovi Basaev, ma portino più Gergiev
[1], Chetagurov [2] e altre grandi personalità della cultura, dell'arte, della scienza, ecc.

La modernizzazione compiuta con le forze degli stessi caucasici

A suo tempo, qualche anno prima dell'agosto 2008, mi è toccato scontrarmi con una strana situazione in Ossezia del Sud. Se si prende la maggior parte degli altri conflitti del Caucaso, si può vedere che spesso sono accompagnati da una netta inimicizia tra l'una e l'altra delle parti in lotta. Ma in questo conflitto – tra georgiani e osseti – ciò si è incontrato molto raramente. A livello di vita quotidiana non c'era alcuna recriminazione reciproca tra osseti e georgiani. Perciò in questo concreto conflitto si può dire con certezze che le contraddizioni per molti aspetti sono state create artificialmente dai politici

La situazione dell'Ossezia del Sud riguarda immediatamente l'Ossezia del Nord. Oltre alla diretta vicinanza etnica, bisogna guardare anche alla grande influenza della lobby dell'Ossezia del Sud in Ossezia del Nord. I profughi dell'Ossezia del Sud sono fuggiti in Ossezia del Nord tre volte: negli anni '20, all'inizio degli anni '90 e nel 2008. Gli osseti di entrambi i lati della Grande Catena Montuosa del Caucaso sono così fortemente legati gli uni agli altri che, naturalmente, non vogliono che tra loro ci siano ostacoli di alcun tipo. D'altra parte, considerando il grande volume finanziario del sostegno alla principale via che lega entrambe le Ossezie – l'autostrada di alta montagna Transcaucasica – è evidente che per il suo mantenimento e sviluppo (e per il normale, sicuro funzionamento di un'autostrada, indubbiamente bisogna svilupparla), sono necessari enormi fondi. Questa strada potrà giustificare finanziariamente se stessa solo a una condizione – se Tskhinvali e Vladikavkaz
[3] non saranno i suoi punti finali. In tal modo risulta che entrambe le parti dell'Ossezia potranno fiorire solo, come minimo, a una condizione indispensabile, se legheranno e non disuniranno il Nord e il Sud del Caucaso.

Con le tendenze esistenti questi piani non si realizzeranno molto facilmente, ma mi pare che le nuove iniziative della Georgia per abolire i visti per gli abitanti del Caucaso del Nord, la strategia per condurre i popoli del Caucaso a un dialogo e anche l'aspirazione all'ampliamento della presenza internazionale nella regione possano portare un progresso essenziale al processo di trattative. La Russia, certo, può conservare l'attuale abbastanza fragile situazione di equilibrio quasi all'infinito, – il che può avere anche il suo valore, – ma evidentemente, al momento non è capace di proporre una soluzione duratura ai problemi del Caucaso. E' sufficiente guardare la situazione del Caucaso del Nord, là dove Mosca ha un potere non limitato da alcuno e vedere che, perfino in tali condizioni “da serra”, Mosca non può realizzare le riforme indispensabili e ha difficoltà a stabilire compiti concreti.

Sono convinto che anche la società civile debba dire la sua. Prima di tutto si deve spoliticizzare al massimo il problema e portarlo al suo anello finale – la persona reale. Cosa le serve per sentirsi bene? A volte i rappresentanti delle organizzazioni non governative danno l'impressione di essere sezioni dei rispettivi governi, ma in tal caso non riusciranno mai a svolgere la loro funzione: la formulazione e l'articolazione degli interessi della persona reale.

Mi sembra che, nonostante vari ordini del giorno in varie parti del Caucaso, la creazione di uno spazio pancaucasico per la valutazione dei problemi urgenti, – prima di tutto dei conflitti e ancora meglio dello sviluppo dei legami, – sarebbe un passo molto positivo e richiesto. Questo potrebbe essere uno spazio di esperti con la partecipazione di membri di vario genere, che con il tempo avrebbe la chance di crescere in un Istituto del Caucaso con la rappresentanza di tutte le sue regioni. Forse si dovrebbe cercare di legare insieme le strutture statali di paesi e regioni, il che sarebbe anche molto utile. Anche se il trend attuale, perlomeno nella Federazione Russa, è indirizzato alla contrazione della partecipazione dei poteri locali nella vita politica di tutto il paese e delle sue regioni (perfino nelle autonomie), la necessità di un dialogo nel Caucaso negli ultimi tempi non è calata, ma è piuttosto aumentata. Di questo parlano anche gli atti terroristici degli ultimi anni di cui non si è sentito e la tensione e l'indeterminatezza che si mantengono in molte regioni del Caucaso. Questo spazio potrebbe diventare il luogo in cui si valuterebbero e forse in qualche grado perfino si elaborerebbero le “regole del gioco” della regione. A questo spazio potrebbe essere molto interessato il Caucaso del Nord, che al giorno d'oggi si presenta come la parte più isolata del Caucaso. Bisogna superare questo isolamento, spostare gli ambiti della regione e aiutare la popolazione locale ad acquisire il diritto di influenzare il proprio destino.

18 novembre 2010

Autore: Valerij Dzucev


Kavkazskij uzel”, http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/177235/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


Note

[1] Valerij Abisalovič Gergiev, direttore d'orchestra di origine osseta.

[2] Tra gli Chetagurov sono noti il letterato del XIX-XX secolo Kosta Levanovič, il coreografo del XX Vladimir Michajlovič e il generale Georgij Ivanovič, eroe della II guerra mondiale.

[3] Capitali delle due Ossezie.

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