10 dicembre 2010

Giunge in Russia un libro che andrebbe tradotto anche in italiano...

Notizie dalla Terra piatta




Perché la stampa ricorda sempre più lo scemo del villaggio


Io chiamo il nostro mondo Flatlandia non perché noi stessi lo chiamiamo così, ma solo per il desiderio di rendere la sua natura più comprensibile per voi, miei felici lettori, a cui è toccato l'onore di vivere nello Spazio…
Perfino i solidi muri, che mi separano dalla desiderata libertà, le pagine, su cui scrivo e tutte le pienamente tangibili realtà di Flatlandia mi sembrano, talvolta, frutto di un'immaginazione malata o di quella materia senza carne, di cui sono tessuti i sogni.
(Edwin A. Abbott, “Flatlandia”) [1]


L'autore del libro ha lavorato per più di trent'anni per i principali giornali britannici – “Guardian”, “Sunday Times”, “Observer”… Quando nel 1974 finì l'università, Karl Bernstein e Bob Woodward del “Washington Post” costrinsero il presidente degli USA Nixon a dare le dimissioni. Quello era un lavoro giornalistico! E Nick Davies si gettò a testa bassa nel mondo del giornalismo. Decenni dopo è giunto il tempo di tirare le somme.

“Il compito dei giornalisti è dire la verità” – con queste parole della giornalista della “Novaja gazeta” Anna Politkovskaja, poste in epigrafe, Davies apre il suo libro. Ma perché non lo fanno? Nessuno gli ordina di scrivere falsità? E' facile – i giornalisti stessi spesso non sanno dov'è la verità.

La fabbrica della falsità

Un professionista di ogni sfera, quando legge un articolo di giornale su di essa, nota una grande quantità di errori. E i giornalisti scrivono di tutto. Di conseguenza, tutto ciò che viene stampato nei giornali è in qualche modo inesatto. “Oggi la maggior parte dei giornalisti non sa di cosa parla. Le loro comunicazioni possono essere la verità, possono risultare inesatte – non lo sanno” (p. 28 [2]). “Ma perché la professione di giornalista ha perso la sua funzione fondamentale? – domanda l'autore. – Perché la ricerca della verità si è trasformata in produzione di bugie?” (p. 45).

Qualcuno una volta ha comunicato: “La Terra è piatta”. Oggi alle persone istruite è noto che non è così. Ma finora riceviamo notizie dalla Terra piatta.

Il giornalismo senza verifica è come un organismo umano senza sistema immunitario. E' indispensabile verificare un'informazione – è l'ABC della professione. Ma qualcosa è cambiato e il sistema immunitario è collassato. E' strano, ma i giornalisti hanno smesso di verificare le informazioni che diffondono per tutto il pianeta. Effettivamente, le redazioni da loro neanche se lo aspettano.

L'inevitabile realtà del giornalismo è l'indispensabilità di consegnare il materiale entro il termine e, di conseguenza, la possibilità di analizzare una questione da ogni parte è limitata. Ma eccovi un esempio, in cui i giornalisti hanno avuto alcuni anni per chiarire un problema, ma semplicemente non l'hanno fatto.

Il “Problema-2000 dei computer” è un esempio sistematico di una stupidità diffusa dai mezzi di informazione di massa in tutto il mondo. La storia cominciò una domenica mattina nel maggio del 1993 a Toronto (Canada). Nel “Financial post” cittadino da qualche parte nella 37a pagina era posta una breve nota di un solo paragrafo dal titolo “Il cambio di secolo causa problemi ai computer”. Un certo Peter de Jager avvertiva che a mezzanotte, quando sarebbe cominciato il nuovo secolo, molti computer avrebbero cominciato ad andare in tilt. Inizialmente questa comunicazione passò quasi inosservata. Poi questa piccola storia cominciò pian piano a diffondersi per il pianeta. Nel 1995 raggiunse l'Europa, l'Australia e il Giappone. Verso il 1997 di essa già scrivevano i mezzi di informazione di massa di tutto il mondo. In seguito si verificò una crescita a valanga di articoli con descrizioni degli orrori del millennio.

Fin dall'inizio gli specialisti capirono che i problemi avrebbero potuto sorgere solo con i computer con orologi interni (ce ne sono in tutti i computer di uso comune, ma non ci sono nella maggior parte di quelli inseriti nei sistemi di controllo delle grandi organizzazioni), peraltro solo se questi orologi avessero utilizzato un calendario e non avessero tenuto conto dell'intervallo tra due date ed esclusivamente se questi orologi avessero utilizzato due cifre nel registro dell'anno e non quattro.

Più ci si avvicinava al 2000, più organizzazioni chiedevano soldi ai governi per rinnovare il proprio parco computer, anche se non correvano rischi neppure per idea. I produttori di computer si lanciarono a vendere quanti più nuovi modelli possibile. I giornalisti li aiutavano con tutte le forze. Perché? Ci sono due risposte: per via della propria ottusità o perché gli conveniva? I governi credettero ai giornalisti (evidentemente là c'erano ancora meno persone istruite che tra i giornalisti). E perfino la NATO intervenne avvertendo che nubi di razzi russi avrebbero coperto l'Occidente nella notte di Capodanno del 2000 (p. 25). Alla fin fine, il problema fu valutato da persone che non capivano nulla di ciò che enunciavano. Ogni sorta di maniaci e di gruppi religiosi profetizzò la venuta dell'apocalisse.

Un altro esempio. La rivista “Economist” pubblicò un rapporto sull'influenza dei lavoratori stranieri sulla vita di Londra. Il rapporto era del tutto positivo. L'afflusso di questi lavoratori ha dato a Londra la più alta crescita dell'economia nel paese, il 67% degli immigrati era di paesi con un alto livello di vita, molti di loro erano più istruiti della maggior parte dei londinesi. Ma ristampato dal “Daily Mail”, si trasformò in una cattiva notizia con la chiara indicazione di un nemico. Il giornale cominciava con due frasi del tutto false, che non erano nel rapporto: “Londra è diventata la capitale dell'immigrazione del mondo, secondo il rapporto. Gli stranieri si insediano a Londra perfino più che a New York o a Los Angeles”. Non c'era nulla di simile nell'“Economist”. In seguito il “Mail” inserì da solo alcuni paragrafi micidiali, senza fondamento. Cosa può scusare un giornalismo del genere?

Tutte queste sono notizie dalla Terra piatta. L'articolo compare per essere veritiero. Viene preso anche dai lettori come verità. Bisogna fare uno sforzo su di se per supporre che ciò che si è letto è falso, perfino se l'articolo è letteralmente riempito di falsità e propaganda.

Le dimensioni della disgrazia

Ma si lamentano della stampa? Alla commissione britannica per le lamentele sulla stampa in dieci anni sono giunte 28227 lamentele. Queste riguardavano non solo gli errori, ma anche le intrusioni nella vita privata, il comportamento non etico, ecc. 25457 lamentele, cioè più del 90%, sono state respinte per motivi di forma senza esaminarne la sostanza. Solo 2770 lamentele (il 9,8%) sono state prese in esame. La maggior parte di esse (2322) sono finite con scuse da parte dei giornali. Ciò conferma le dimensioni degli errori dei giornali.

Il mondo è pieno di gente che si sforza di giustificare i fallimenti dei mezzi di informazione di massa: alcuni politici di professione, un piccolo esercito di studiosi universitari dei mezzi di informazione di massa e i loro studenti e anche una parte di lettori, che capisce che non merita credere a tutto ciò che è messo a disposizione dai giornali.

Stabilire le dimensioni reali delle notizie dalla Terra piatta è abbastanza difficile. Ci si può orientare sullo studio di Philip Meyer, professore di giornalismo dell'università della Carolina del Nord, condotto in questo stato e nello stato dell'Oregon. Nel 2004 questi mostrò che nel 21% degli articoli gli errori sono semplici, tipo l'inesatta trascrizione dei nomi, nel 18% questi contengono errori di cifre e nel 53% i cosiddetti lievi errori, per esempio illazioni invece di dimostrazioni, esagerazioni o citazioni fuori dal contesto. Poiché una cosa non esclude l'altra, questi errori si combinano. In totale le imprecisioni sono contenute nel 59% degli articoli. Altrimenti detto, tre articoli su cinque sono in qualche modo inesatti.

Secondo studi condotti dall'università di Cardiff, il 60% degli articoli consiste in ristampe o in materiali messi a disposizione dalle agenzie di PR. Un altro 20% contiene evidenti elementi di PR. L'8% è basato su fonti dubbie, che è impossibile verificare. Solo il 12% dei materiali della stampa è creato dagli stessi giornalisti (p. 52).

Comunque restano ancora giornalisti che cercano da soli il materiale, lo scrivono e lo verificano da soli per dire la verità. Tuttavia la conclusione dello studio di Cardiff è categorica: per la pratica quotidiana del giornalismo questa è un'eccezione, piuttosto che una regola.

Adesso valutiamo le dimensioni dell'attività dei servizi di PR. A metà degli anni '70 gli addetti alle PR si incontravano abbastanza raramente. Adesso ogni organizzazione o individuo interessati al fatto che la stampa scriva di loro assume specialisti di PR. Negli anni '80 i giornalisti che perdevano il lavoro passavano il “ponte” e andavano alle PR. Oggi in Gran Bretagna, per esempio, ce ne sono perfino più che giornalisti. Il materiale può essere veritiero, ma senza PR non ha quasi chance di pubblicazione. Senza appoggi di PR il materiale non capiterà mai tra le notizie. “Non voglio dire che tutte le PR sono bugie. Non è così. Ma la vera preoccupazione è causata dal fatto che buona parte del flusso di notizie viene alla luce del tutto senza giornalisti, che potrebbero determinare dov'è la verità e dov'è la bugia” (p. 89).

Quasi tutte le interviste non sono affatto create da giornalisti che cercano risposte a domande attuali, ma da consiglieri di PR, che fanno le notizie per vendere politica o un prodotto. Il PR crea pseudo-fatti. Il PR fabbrica pseudo-prove. Il PR produce pseudo-esperti. Il PR crea pseudo-istituti, in cui lavorano due-tre persone e i loro capi intervengono dagli schermi con titoli pseudo-accademici come “direttore delle ricerche”, ecc. Il PR crea perfino pseudo-malattie tipo la malattia degli interventi pubblici o la sindrome della fame notturna, le comunicazioni sulle quali sono prodotte da agenzie di PR che lavorano per le compagnie farmaceutiche (p. 166—177).

Il PR fa appello all'irrazionale. La persona che più di altre ha fatto per i PR è Edvard L. Bernays, nipote di Sigmund Freud. Questi studiò i lavori dello zio cercando di applicare i metodi di aiuto a singole persone per influenzare intere comunità. Di fatto si sforzò di imparare a dirigerle. E gli riuscì. Già viviamo in uno pseudo-mondo. Viviamo su una Terra piatta.

E così si origina il quadro seguente. I giornalisti, che non hanno tempo di cercare e trovare i propri soggetti, si occupano di elaborazione di materiali preparati per loro dalle agenzie di PR. Come minimo, questo li coinvolge nella diffusione di materiali sotto un determinato angolo visivo, che riflette gli interessi politici o commerciali di qualcuno. Nel peggiore dei casi questo li costringe a diffondere false comunicazione. Le fabbriche di notizie scelgono i materiali, i fatti e gli scorci secondo le proprie regole, per cui l'importanza e la veridicità delle notizie non sono la cosa principale. L'industria delle PR porta in questo la sua parte di irrazionalità, dando la prevalenza a fatti e idee che siano privi di pericoli, soprattutto a quelli che provengono da fonti ufficiali. Le fabbriche di notizie si sforzano di riprodurre lo sguardo su questo mondo immaginario.

Non tocchiamo qui le operazioni dei servizi segreti con l'utilizzo di mezzi di informazione di massa, pure descritte nel libro, o i metodi di deformazione del quadro del mondo applicati dai militari. E' sufficiente un solo esempio, quando gli aerei della NATO bombardarono una colonna di civili in Serbia. Le spiegazioni furono le seguente: in primo luogo, quest'incidente non c'era stato; in secondo luogo, il fatto era accaduto, ma gli aerei della NATO non ne erano responsabili; in terzo luogo, avrebbero potuto essere aerei della NATO, ma nella colonna c'era un carro armato serbo; in quarto luogo, era la NATO, ma i serbi avevano agito ben peggio in altri casi; e finalmente che la NATO esprimeva profondo rammarico per le vite perdute (p. 243).

Il “giornalismo-centrifuga”

Negli anni '60 il teorico dei mezzi di informazione di massa Marshall McLuhan, vedendo lo sviluppo delle comunicazioni di massa nel mondo, avanzò la tesi del “villaggio globale”. Sarebbe bene, certamente, vedere i mezzi di informazione di massa in questo villaggio come maestri di scuola, che istruiscono il mondo nell'ambito della politica e della cultura, dello sport e delle idee. Ma i mezzi di informazione di massa oggi risultano piuttosto lo scemo del villaggio, che crede a tutti e corre dove gli indicano (c. 5). Per esso Davies introduce un termine speciale - “ciurnalismo” (churnalism [3]), “giornalismo-centrifuga”, che significa giornalismo che ha perso la capacità di raccontare ai propri lettori, cos'avviene in realtà nel mondo intorno ad esso. In esso lavorano persone che non cercano più notizie, ma vanno solo a caccia su Internet in cerca di materiali, da cui, come in una centrifuga, condensano i propri articoli, siano importanti o banali, veri o falsi (p. 59). L'essenza del giornalismo moderno è la rielaborazione di materiali di seconda mano non verificati, la maggior parte dei quali sono press-release dettati dagli interessi politici o commerciali di qualcuno. Ecco perché abbiamo così tante notizie dalla Terra piatta. Peraltro adesso sono diventate globali.

Il problema del “giornalismo-centrifuga” è complicato dalla comparsa di nuovi siti, appoggiati da giornalisti professionisti. Per questi la possibilità di pubblicazione dei loro materiali diventa immediatamente un imperativo: passare meno tempo al lavoro, non perdere tempo con verifiche.

Cinque minuti – ecco la norma moderna per i titoli delle notizie. Ciò significa che nel giro di cinque minuti dovete inventarle e fornirle di un breve testo di quattro paragrafi. Merita dire che i secondi economizzati semplicemente non lasciano tempo per una verifica o per la consultazione di uno specialista (p. 70)?

Il danno per il giornalismo non si limita alla perdita dello scopo fondamentale – raccontare la verità alla gente. Di fatto questa funzione è passata dai giornalisti a mani esterne. Il vecchio modello, in cui giornalisti e redattori determinavano da soli cosa raccontare al lettore e da quale punto di vista, è quasi morta (infatti solo nel 12% delle testate i giornalisti si sono conservati). L'invisibile giornalista “neutrale” della fabbrica delle notizie seleziona le comunicazioni per la pubblicazione secondo la linea indicata. La scelta si produce secondo le regole del “giornalismo-centrifuga” – un proprio tipo di controllo qualità del sistema, che rifiuta qualsiasi materiale che vada contro le richieste stabilite.

Il grande blockbuster dei miti del giornalismo moderno.

L'idea che un buon giornale o un buon canale semplicemente cerchi e riproduca la verità oggettiva è la classica fiaba della Terra piatta. Questo non è mai stato e non sarà mai, perché non può essere. La realtà esiste oggettivamente, ma qualsiasi tentativo di registrare la verità su di essa include sempre e ovunque una scelta: cosa dire, cosa tacere. In questo senso tutte le notizie sono artificiali.

“Certo, sapevo che di tanto in tanto facciamo errori seri, – scrive Davies. – Ma finché non ho cominciato a lavorare sul libro non ho avuto chiara idea di quanto siamo diventati deboli, quanto adesso non possiamo dire la verità. Non parlo di giornalisti che fanno errori. Gli errori possono essere onesti. Non parlo di personalità che screditano la nostra professione. In essa sono rimaste ancora persone buone, coraggiose, oneste. Parlo del fatto che quasi tutti i giornalisti del mondo sviluppato lavorano in una loro sorta di zona professionale, che distrugge e mina il loro spirito. Parlo del fatto che, alla fin fine, mi hanno costretto ad ammettere che svolgo una professione corrotta” (pp. 2-3).

La verità si vende per preferenze politiche o per convenienza commerciale. Se con l'onestà si valuta il valore del giornalismo, allora la professione si può qualificare precisamente come del tutto svalutata. E se oltre a questo si considera l'influenza della pubblicità e delle PR…

I nuovi proprietari dei mezzi di informazione di massa hanno spostato le loro proprietà dalla propaganda al commercio. Davies rivolge l'attenzione alla tendenza alla chiusura dei giornali che appoggiavano i propri reporter senza paura nella ricerca della verità. Qui fondamentalmente il giornalismo si scontra con il problema irrisolto che convenzionalmente chiamiamo “stampa libera”: come bisogna valutare il successo commerciale di un giornale libero con gli interessi del mondo degli affari che dominano sempre sulla libertà? (p. 60).

Oggi andiamo tutti sempre più profondamente in una nuova era di falsità, in cui le primitive contraddizioni della ricerca della verità sono diventate il fondamento dell'industria che oggi è profondamente colpita (p. 23).

E' un mondo immaginario. E' la Terra piatta.

* * *

In ciò che ho raccontato c'è un qualche pericolo di esagerazione. Prima di tutto non c'è mai stata un'“età dell'oro”, quando tutti i giornalisti erano liberi e dicevano la verità. Questi hanno sempre dovuto muoversi contro corrente e hanno sempre sperimentato tentativi di ingerenza nel loro lavoro. In secondo luogo, neanche oggi si è trasformato tutto in “giornalismo-centrifuga”. Sono rimasti ancora reporter a cui tocca lavorare in condizioni molto difficili e dimostrare vero coraggio per trovare e dire la verità alla gente. Ma la maggior parte dei giornali pur stimati contiene materiali di seconda mano, non verificati, offerti da persona che nel migliore dei casi sono inaffidabili e nel peggiore si occupano di manipolazione intenzionale.

Molti giornalisti diranno che non gli accade nulla di simile. Che il loro lavoro è la ricerca di informazioni. Che lo stato non determinare cosa bisogna o non bisogna pubblicare. Che è semplicemente il lavoro della stampa libera. La maggior parte di essi dirà che lavora nell'interesse della società (p. 265).

“Temo che nel tentativo di indicare le malattie dei mezzi di informazione di massa abbia fatto la fotografia di un tumore maligno. Non è escluso che questa aiuterà a esaminare meglio l'infermità. Ma sospetto che stiamo vedendo lo stadio finale della malattia”, – constata l'autore (p. 397).

Tale è il mondo delle notizie. Tutto ciò che appare in esse è il risultato dell'azione di forze che stritolano la realtà fino a un piccolo blocco di comunicazioni, spesso non verificate, di solito create dalle agenzie di PR. Questa immagine del mondo immaginario viene presentata ogni giorno al pubblico. Questo è già accaduto. Davanti a noi c'è l'idiota del villaggio globale.

A tutti quelli che ancora comprano almeno un giornale o accendono, anche di rado, il televisore merita leggere questo libro.

P.S. E tutti, se verificate, vi convincerete che la Terra non è piatta.

Come si fa

Le regole del “giornalismo-centrifuga”
(Nick Davies, pp. 114-154)

1. Scegli materiali semplici
La regola richiede di scegliere materiali che: а) sia facile mettere in copertina e b) non sia pericoloso pubblicare. Questa rinnega le ricerche raffinate a vantaggio di notizie molto facili da ottenere. Una storia semplice va automaticamente tra i titoli delle notizie.

2. Scegli fatti privi di pericoli
La regola orienta i giornalisti su affermazioni di fatti che siano del tutto prive di pericoli, soprattutto su quelle che provengono da fonti ufficiali. In particolare, se le autorità accusano una persona di un reato penale, la stampa non può mettere questo in dubbio. Se invece una persona accusa le autorità di aver commesso un reato, alla stampa non merita citare il fatto.

3. Fuggi l'elettroshock
La regola sviluppa la precedente nel caso di organizzazioni e/o individui che hanno potere, prevenendo dal causar loro danno. (I contadini di solito circondano il campo di cavi scoperti con la corrente e le mucche non superano la linea pericolosa.)

4. Scegli idee prive di pericoli
Questa regola estende la regola 2 al mondo delle idee e richiede di attenersi ai valori politici e morali accettati. Notiamo che tali valori raramente sono formulati in modo chiaro nei materiali pubblicati, ma di solito sono nascosti nel contenuto. Bisogna saperli trovare.

5. Tieniti in equilibrio
Un'altra regola di sicurezza. Significa che, se pubblicate un materiale che non è del tutto privo di pericoli secondo le regole 2 e 4, è indispensabile riportare un paio di citazioni del punto di vista opposto. L'equilibrio non è una richiesta di scuse, in quanto, essenzialmente, non avete detto niente. La regola è buona per l'esposizione dei fatti, ma è più complessa per quanto riguarda i fatti e significa che con questa i giornalisti si liberano dalla propria funzione fondamentale – dire la verità.

6. Dagli quello che vogliono
La regola è più nota fuori dal mondo giornalistico. Questa richiede che gli articoli facciano aumentare il pubblico di lettori. Se possiamo vendere qualcosa, racconteremo di questo. Come disse nel suo libro “L'immagine” Daniel Boorstin, storico americano: “La libertà di parola e di stampa include la libertà di creare pseudo-fatti”.

7. Le priorità contro la verità
La regola amplia l'imperativo commerciale della regola 6 oltre i limiti della scelta dei materiali per la pubblicazione e stabilisce le condizioni preliminari, a cui deve corrispondere il modo di esposizione. Così l'interesse per il tema vale più della sostanza della questione, il concreto è meglio dell'astratto, il fatto è meglio del processo, il moderno è meglio dello storico, la semplicità è meglio della difficoltà, la determinatezza è meglio del dubbio indipendentemente dal fatto che porti alla verità o no.

8. Dagli ciò in cui vogliono credere
La regola stabilisce i limiti della regola 6. Il lettore ha sempre ragione. Non vendere al lettore ciò in cui non crede.

9. Utilizza il panico morale
La regola si applica solo in tempi di crisi e consiste nel tentativo di vendere al pubblico il suo stato psicologico.

10. La sindrome delle Tartarughe Ninja
Il nome è legato al problema dei genitori, che cercavano di difendere I propri figli da alcune serie televisive popolari negli anni '90 come “Le Tartarughe Ninja”, da cui gli adolescenti venivano a sapere che Leonardo e Raffaello non sono artisti dell'epoca del Rinascimento, ma rettili armati fino ai denti. Alla fin fine, essi stessi presero a dubitare della propria politica, quando scoprirono che i loro figli, andando a scuola, dove si parlava solo delle tartarughe, cominciavano a sentirsi isolati, non essendo al corrente delle ultime avventure dei mutanti.
La regola richiede ai mezzi di informazione di massa di raccontare ciò che è già ampiamente pubblicato ovunque, anche se questi materiali non hanno alcun senso. E' una regola potente, che gioca un ruolo decisivo nella diffusione di notizie dalla Terra piatta.

Jurij Baturin [4]

08.12.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/138/24.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Traduco dalla traduzione russa.

[2] Le pagine sono quelle dell'edizione russa del libro di Nick Davies “Flat Earth News” (Notizie dalla Terra piatta).

[3] Va detto che il gioco di parole tra churn (centrifuga) e journalism (giornalismo) funziona solo in inglese.

[4] Jurij Michajlovič Baturin, astronauta, politologo e giurista.

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