07 maggio 2011

Homo semper sovieticus?

Il tandem in verità




L'uomo sovietico continua a riprodursi nella coscienza delle nuove generazioni. Ciò si manifesta prima di tutto nei confronti di Vladimir Ul'janov (Lenin) e Iosif Džugašvili (Stalin)


Secondo i dati del Fond obščestvennoe mnenie (FOM) [1], oggi tra i cittadini domina il punto di vista, secondo cui i 36 anni di governo delle guide, trasformatisi nelle più terribili perdite umane in tutto il tempo in cui è esistito lo stato russo, gli abbiano recato comunque più bene che male. Il fatto sensazionale è stato che più giovani erano i partecipanti all'indagine, più spesso erano d'accordo con esso.

Il sondaggio standard condotto a fine aprile dal FOM (100 centri abitati, 43 soggetti della Federazione, 1500 intervistati) ha mostrato che nel paese della democrazia non finita di costruire “nonno Il'ič” [2] come prima è sotto tutti i rapporti più popolare del “padre dei popoli” [3]. Del fatto che il leader della rivoluzione e della guerra civile, il creatore del terrore rosso e del programma di ateizzazione totale della nazione le abbia portato a conti fatti più vantaggio che danno è convinto il 40% dei russi. All'industrializzatore e generalissimo un voto così alto l'ha dato “in tutto solo” il 32% degli interpellati. Cioè un terzo. Ma esclusivamente in colore nero vede l'operato di Lenin e Stalin solo il 18 e il 23% dei cittadini rispettivamente. Il resto o aveva difficoltà a rispondere (come un quinto di essi) o era d'accordo con l'affermazione conciliante che nell'operato di entrambe le guide rosse il bene e il male erano in pari grado.

Le differenze dei rapporti della società attuale con gli idoli sovietici si sono manifestate ancor più fortemente nelle risposte alle domande sulle loro qualità umane. “Buono” è stato definito Lenin dal 45% degli intervistati, “cattivo” dal 15%. Ma nelle valutazioni della personalità di Stalin le emozioni negative hanno preso il sopravvento. A dire il vero, non troppo fortemente: il 31% di “meno” contro il 25% di “più”. Tra l'altro in entrambi i casi una parte molto significativa di cittadini (40–44%) si è rifiutata del tutto di rendere pubblici i propri giudizi.

Ciò non significa che tra la gente non ci siano affatto. Semplicemente la questione è troppo dolorosa. E che questo continua a dividere il paese è del tutto evidente. Ma come può essere altrimenti, se un terzo dei russi che vivono adesso ritiene che gli storici, i politici e i mezzi di informazione di massa contemporanei diffamino intenzionalmente l'operato di Stalin. E per quanto riguarda Lenin i sostenitori della teoria della diffamazione sono ancora di più – il 38%.

Ma i sociologi hanno messo in luce la cosa più curiosa negli umori sociali quando hanno disposto le risposte ricevute per gruppi di età generazionali. In tutto al FOM li suddividono in nove generazioni convenzionali di cittadini a seconda del momento del loro ingresso nella vita adulta, cioè la fine della scuola: da quello staliniano (fino al 1953) a quello medvedeviano (2008-2010). C'era da aspettarsi che più attaccati a Lenin e Stalin fossero quelli, la cui maturazione fosse avvenuta negli anni di smascheramento di entrambe le guide durante la perestrojka. E al contrario, più vecchie sono le persone, più simpatie provano per gli idoli della loro gioventù.

Tuttavia il diavolo, come suole, si è nascosto nei dettagli. Per entrambe le personalità sovietiche si è trovato un gruppo di sostegno del tutto nuovo – i giovani russi, che non hanno ancora compiuto 20 anni. Tra loro si sono trovati più adoratori del genio di Ul'janov e Džugašvili che in media nel paese (43 e 34% rispettivamente). Tra l'altro i diplomati di ieri valutano l'operato di Lenin meglio dei rappresentanti della generazione di Suslov [4] (anni di fine scuola 1978–1985) e quasi come i rappresentanti della coorte di Brežnev (1970–1977). Ma per grado di atteggiamento positivo nei confronti di Stalin gli attuali 20enni hanno superato la generazione di Gagarin (1962–1969).

In altre parole, per caso o non del tutto, nella parte di società più giovane e, parrebbe, per definizione più libera dalle idee sovietiche si verifica un processo del tutto opposto al rumoreggiato piano per la liberazione del paese dall'eredità totalitaria proposto dal Consiglio presidenziale per i diritti umani. Anche se pure ad esso era stata incollata l'etichetta “destalinizzazione”, è evidente che si trattasse di un'idea molto più ampia, perché senza la rivoluzione del 1917 con a capo Lenin nella nostra storia non ci sarebbe stata neanche l'idea di uno Stalin. Ma il piano per ora resta sulla carta e in realtà succede tutta un'altra storia.

Come parziale consolazione per democratici e antistalinisti può servire solo il fatto che nonno Lenin per ora abbia ben più supporto dalla gioventù del suo baffuto successore. Anche se è evidente che qui il fatto sta solo nell'ignoranza, condizionata dalla qualità dei programmi scolastici.

Allo stesso tempo la tendenza registrata dai sociologi del FOM è stata confermata dai loro colleghi del Levada Center [5], che pure nell'aprile di quest'anno hanno interrogato i cittadini su Lenin.

– Negli ultimi quindici anni la figura della guida del proletariato mondiale è diventata meno importante, ma l'atteggiamento nei suoi confronti è diventato più positivo. Questo processo di ripensamento del ruolo di Lenin, evidentemente, continuerà, – ritiene il capo dell'ufficio stampa del Levada Center Oleg Savel'ev.

E porta le cifre corrispondenti: se tra i russi 25-40enni la quantità di valutazioni negative dell'operato di Lenin predomina sul numero di quelle positive (30 a 24%), tra i giovani fino a 25 anni si nota il rapporto opposto: 21% “pro” a 18% “contro”.

A dire il vero, lo stesso Levada Center nel dicembre dello scorso anno ottenne una cifra distruttiva del 51% di russi che valutano il ruolo di Stalin nella vita del paese come indubbiamente o piuttosto positivo. Di antistalinisti se ne raccolse allora in tutto il 30%. Come vediamo, dopo quasi sei mesi la misurazione del Fond obščestvennoe mnenie ha mostrato una differenza più clemente (32 contro 23%). Ma questo è lo stesso che la temperatura media di un ospedale, cioè nel paese intero senza tener conto delle differenze di età. Ma se se ne tiene conto, l'ultimo sondaggio del FOM appare molto più angosciante.

Georgij Il'ičëv

05.05.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/048/14.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Fondo opinione pubblica”, istituto demoscopico. Il corsivo è mio.

[2] Lenin chiamato per patronimico, secondo le usanze della Russia contadina.

[3] Stalin.

[4] Michail Andreevič Suslov, “eminenza grigia” dell'URSS di Brežnev.

[5] Centro di studi intitolato al sociologo russo Jurij Aleksandrovič Levada.

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