22 luglio 2011

Un russo su tre vuole uno stato confessionale?

O Dio, salva lo stato




Lo stato assolve tanto orribilmente i propri obblighi che buona parte della società vorrebbe che fosse sostenuto, magari dalla chiesa


Si è compiuto. Un cittadino della Russia su tre è intervenuto contro la sua Legge Fondamentale. Ciò è avvenuto nel corso di una ricerca sociologica a livello nazionale condotta in questa primavera dal servizio di ricerca Sreda [1] insieme alla fondazione “Obščestvennoe mnenie” [2] (FOM) e resa pubblica alla fine della scorsa settimana.

Si tratta dell'articolo 14 della Costituzione, secondo cui “La Federazione Russa è uno stato laico. Nessuna religione si può stabilire in qualità di statale o obbligatoria”. Ecco che il 30% dei russi è categoricamente in disaccordo con ciò.

Questi sono convinti che la religione, concretamente – la vera e propria [3] versione ortodossa del cristianesimo – debba aver nel nostro paese uno status statale. Tre anni fa, nel corso di un analoga ricerca, i sostenitori di questa idea assommavano solo al 25%. Cosicché il rafforzamento degli umori clericali nella società si può considerare un fatto stabilito scientificamente.

A onore dell'articolo 14, il numero dei suoi sostenitori, cioè della separazione della chiesa dallo stato, è comunque ancora abbastanza grande. Anche se questa maggioranza non è già più assoluta, come qualche anno fa, ma relativa – 48%. Inoltre per ancora circa un quarto della popolazione (23%) la domanda se la Russia debba restare laica o trasformarsi in una sinfonia amministrativo-teocratica di funzionari, deputati e sacerdoti lascia semplicemente interdetti. E comunque I risultati della ricerca di Sreda e della FOM mostrano evidentemente che nella vita spirituale della società avviene qualcosa. La domanda è solo: cosa esattamente?

Le spiegazioni dell'interprete ufficiale della posizione del Patriarcato di Mosca, il protoierej [4] Vsevolod Čaplin non possono soddisfare la sana ragione, in quanto si sono rivelate ben troppo ambigue. Da una parte il capo della sezione sinodale per le relazioni tra la chiesa e la società ha rigettato categoricamente le supposizioni che la sua organizzazione religiosa anche solo per un istante pensi a uno status statale.

Tuttavia la cosa non è così semplice, in quanto Čaplin comunque interpreta i risultati della ricerca come “opinione di buona parte del nostro popolo” sul fatto che “la chiesa deve avere uno status giuridico più alto”: “Vedremo come questa (l'opinione del popolo – nota dell'autore) influenzerà in futuro queste o quelle costruzioni giuridiche politiche”.

Tradotto dalla lingua della diplomazia ecclesiastico-amministrativa ciò significa che la Chiesa Ortodossa Russa vuole conservare il proprio status relativamente indipendente dallo stato, ma tra l'altro esercitare un'influenza maggiore di adesso sulla politica dello stato. Merita ricordare che a febbraio di quest'anno il Concilio Episcopale ha già permesso agli uomini della gerarchia e ai semplici sacerdoti di presentare le proprie candidature alle elezioni degli organi di potere rappresentativo. A dire il vero, solo in casi esclusivi, quando ciò “è richiesto dall'indispensabilità di contrapporsi alle forze che aspirano a usare il potere elettorale per lottare con la chiesa ortodossa”.

Come a farlo apposta, il caso esclusivo si è verificato immediatamente. Quando a giugno, al congresso di “Causa di Destra” [5] l'economista Vladislav Inozemcev ha dichiarato che “per i pope non c'è posto nelle scuole, nell'esercito, nelle istituzioni statali” e che “la derisione delle convinzioni degli atei non è meno disgustosa dell'offesa ai sentimenti dei credenti”, questo nella Chiesa Ortodossa Russa fu preso come un attacco diretto ad essa. Finora la chiesa, per bocca del capo della sua sezione per l'informazione Vladimir Legojda si è limitata ad ammonire che “non ha futuro un leader politico che non sia pronto al dialogo con serie forze sociali”. Tuttavia, tenendo conto dell'energia con cui Michail Prochorov cerca di fare entrare il suo partito alla Duma, a settembre non è affatto esclusa la comparsa in risposta di candidati al posto di deputato con croci su petto e tonache lunghe fino al pavimento. E non c'è più alcun dubbio che gli sarà data luce verde. Non è un caso che tra quelli che insistono per il conferimento di uno status statale alla chiesa ci siano soprattutto sostenitori di “Russia Unita”.

Tra l'altro, più di tutti vogliono rendere statale la chiesa non solo i semplici “orsi” [6], ma anche ai russi che si occupano delle faccende di casa, ai cittadini poco tutelati e agli abitanti di città da 50 a 250 mila abitanti. Cioè la parte fondamentale dei rispondenti favorevoli all'abolizione dell'articolo 14 della Costituzione è costituita dagli strati sociali più diseredati dell'attuale società. In questo, soprattutto, sta anche una chiave più semplice e precisa per la comprensione della sensazionale ricerca che nel diplomatico ecclesiastico Čaplin.

Non si tratta del fatto che per la chiesa sia così indispensabile diventare statale, ma del fatto che lo stato assolve tanto orribilmente i propri obblighi che buona parte della società vorrebbe che fosse sostenuto, magari dalla chiesa. Un istituto, con tutti i suoi difetti, comunque meno corrotto e immorale.

Georgij Il'ičëv

21.07.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/079/06.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Ambiente”, “àmbito”.

[2] “Pubblica Opinione”.

[3] Qui l'autore dell'articolo fa un gioco di parole tra ortodoksal'nyj (“ortodosso” in senso generale) e pravoslavnyj (“ortodosso” in senso religioso).

[4] Equivalente di un arciprete o un vicario cattolico.

[5] Partito conservatore extraparlamentare.

[6] L'orso è simbolo di “Russia Unita”.

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