27 settembre 2012

Il "business dei cadaveri" e la guerra infinita del Caucaso

Esecuzioni extragiudiziali o "giustizia alla russa"

A chi conviene il business dei cadaveri? Ai criminali che operano astutamente con l'ideologia religiosa o a quelli i cui orologi KTO [2] sono puntati sul compenso a ore? Agli uni e agli altri. E quanti più cadaveri, tanto più alto è il guadagno. E cioè non c'è fine a questa guerra.

Dopo una relativa quiete, che si era accompagnata a trattative attive con i guerriglieri che volevano consegnarsi alle autorità, l'Inguscezia si è trovata di nuovo gettata in un caos sanguinoso.

L'attività della clandestinità armata si è aggravata con le minacce del capo della Cecenia sull'"introduzione dell'ordine" sul territorio della repubblica confinante. Kadyrov ha niente meno che accusato Evkurov di "insufficiente decisione nel condurre la lotta ai guerriglieri, passività politica e cecità ideologica".

Per via il leader ceceno ha deciso di stabilire un confine che dai tempi della caduta della Ceceno-Inguscezia erano trasparenti e ha richiesto, sulla base di documenti di archivio non resi pubblici, che gli siano trasmessi due distretti che apparterrebbero da sempre alla Cecenia.

Mosca non si affretta a commentare queste assurdità, ma l'isteria di privatizzazione "alla Kadyrov" si è riversata non solo sulle colonne dei giornali. Qualsiasi successivo passo imprudente dell'ambizioso padrone di Centoroj [3] rischia di sfociare in un conflitto in cui risulterebbero coinvolti due popoli vicinissimi.

E su questo sfondo nel Caucaso del Nord, sotto la sorveglianza personale di Vladimir Putin, sono iniziate le esercitazioni strategiche russe del comando e dello Stato Maggiore "Caucaso-2012", che si accompagnano ai già presenti raid aerei sui massicci boscosi dello stesso distretto Sunženskij [4] su cui avanza pretese Ramzan Kadyrov.

E gli agenti delle strutture armate dalla fine di agosto conducono là azioni speciali per l'identificazione di complici della clandestinità armata nell'ambito delle indagini sull'atto terroristico compiuto dal kamikaze ceceno Chusejn Idilov nel villaggio di Sagopši [5].

Nell'ultimo mese gli agenti delle strutture armate ingusci hanno perduto 15 poliziotti rimasti uccisi e 20 persone sono rimaste ferite. Nelle azioni in risposta nello stesso distretto di Malgobek [6] gli agenti delle strutture armate hanno ucciso quattro persone che, secondo la versione ufficiale dell'UFSB [7], erano complici delle bande clandestine e "sono state eliminate mentre facevano resistenza armata agli agenti delle strutture armate".

Questa formula risuona letteralmente dopo ogni operazione speciale. Le deposizioni dei testimoni e le inchieste che sono state condotte dall'incaricato per i diritti umani in Inguscezia Ozdoev parlano di un ulteriore spirale di esecuzioni extragiudiziali compiute da gente con le mostrine.

Džambulat Ozdoev: Queste persone, quando ci parlo, sapete cosa mi dicono? Capiamo che si verificano degli errori. Capiamo che ci sono persone corrotte, che pensano solo ai soldi, anche nei servizi segreti. Ci sono mascalzoni dappertutto. Ci sono persone oneste. L'unica cosa che vogliamo e che chiediamo è quando accusano un innocente – è la cosa più pesante. Quando ce n'è motivo, allora siamo pronti ad accettare questa punizione. Ma se si è verificato un errore, dicono, abbiate il coraggio di dire: – Sì, è stato compiuto un errore, ha sofferto, è stata uccisa una persona innocente. Che ce lo dicano, non esigiamo di più.

Ascoltate [8] la testimonianza dei genitori dei giovani uccisi e dei testimoni della fucilazione pubblica. Senza commenti.

Tankiev Adam, vicino di Bekbuzarov Musa: Al mattino verso le 5.50 mi svegliai per il rumore di una macchina. Guardando alla finestra, vidi un BTR [9], due macchine Ural [10] e persone armate mascherate. Uscii con mio padre e chiesi: – Ci sono tra voi rappresentanti del potere locale? 

Risposero: – Non ci sono, ci saranno. Ci saranno verso le 9. Hanno lasciato avvicinare mio padre al portone e ha bussato. E' uscito Musa.

Musa Bekbuzarov (padre dell'ucciso Bekbuzarov Ibragim): Dissero: – Abbiamo da controllare i passaporti [11]. Può farmi vedere il passaporto?

– Sì.

– C'è qualcun altro da voi?

– Sì. In questo cortile c'è mio figlio maggiore.

Tankiev Adam: Poi portarono fuori tutti i bambini e le donne e li portarono a una Priora [12] a controllare i documenti. Dopo il controllo di tutti i documenti li fotografarono, poi i militari entrarono in casa insieme a Musa.

Musa Bekbuzarov: "Andrai ai nostri ordini". Mi chiesero di prendere una mini-telecamera a forma di pallina e di girare in compagni di un militare tutti gli spazi – casa, cortile, cortile posteriore, garage, orto. Così feci. Seguirono il filmato per strada su un monitor. Poi chiesero a mio figlio Ibragim di passare in casa ancora una volta con i militari per la perquisizione.

Tankiev Adam: Poi i militari tornarono con Ibragim, si sono avvicinarono di più al portone, lo misero contro il muro della casa, lo ispezionarono – per vedere se avesse armi e lo portarono in casa con le mani dietro la testa. Qualche minuto dopo sentimmo alcuni spari – prima 5-6 di fila, poi ci furono altri due spari.

Musa Bekbuzarov: L'omicidio avvenne in quella stanza dove durante la nostra "video-ispezione" avevano detto che era "un buon posto". Sul suo corpo c'erano molte ferite da pallottole e sul volto una ferita da pallottola che testimonia che mio figlio fu finito.

Tankiev Adam: Poi giunsero gli esperti. Uno si avvicinò a noi con dei militari e ci chiesero di fare da testimoni. Chiedemmo cos'era successo là e questi riferì "il ragazzo è morto". Poi i militari si dettero il cambio – si avvicinarono altri due Ural con dei militari. Quelli se ne andarono e misero lì questi. Lasciarono andare il padre e i familiari del ragazzo ucciso. Le donne scoprirono che erano scomparsi tutti i soldi che c'erano in casa e che era stato rubato l'oro.

* * * * *

Come fu fucilato Ardachman Kurskiev lo raccontano suo padre e suo zio.

Il padre di Ardachman Kurskiev: Alle 6.30 del mattino sentii bussare e uscii. Mi gridarono: – La vostra casa è minata. Portate fuori tutti quelli che sono in casa. Chiesi il mandato di perquisizione e perché non ci fosse un ispettore distrettuale. Risposero che avevano i poteri e chiesero di portare tutti fuori di casa.

Divisero noi tre – me, mio figlio e mia figlia e mio figlio minore, che uccisero, l'avevano già spogliato. Stava in piedi nudo. I due ufficiali di grado più altro, uno dei quali era magro, erano senza maschere, tutti gli altri erano mascherati. Quelli che si avvicinarono a noi erano russi.

Portarono mio figlio nel cortile e sentii una breve scarica di mitra e dopo questa scarica gli spararono il colpo di grazia alla tempia. Qui stavano un Ural e un BTR, un po' più lontano una Priora con i vetri oscurati.

Dopo le undici da questa Priora uscì un uomo non alto e robusto e parlò nella nostra lingua (in inguscio – nota del redattore). In mano aveva una radio e disse alla radio: – La cosa è fatta. Riunitevi. 

Verso le undici giunsero degli agenti di polizia dal Ministero degli Interni locale e dissero che dovevamo andare con loro al posto di polizia. Ci tennero là fino alle due. Quando tornai qui, avevano già portati mio figlio all'obitorio.

Lo zio di Adrachman Kurskiev: Là ci fu anche un colpo di grazia. Il ragazzo era fortemente deturpato. Noi stessi lo portammo via dall'obitorio. Tutti gli altri avevano colpi di grazia alla testa.

Il padre di Adrachman Kurskiev: Perfino quando gli dissero che ci sarebbe stato un controllo dei passaporti, rispose: – Non ho niente da temere, sono pulito nell'anima.

* * * * *

Letteralmente dieci giorni prima della propria morte Ilez Meržoev aveva corso in macchina da Nazran' [13] a Malgobek con un chirurgo per salvare la vita del poliziotto Ilez Korigov su cui avevano sparato e che era sua vicino, con cui era andato a scuola ed era in amicizia.

Testimonianza di Aminat Meržoeva, madre di Ilez Meržoev: Alle 5.30 del mattino risuonarono colpi al portone come se tremasse la terra. Erano 40-50 persone.

– Vi do due minuti, carogne, uscite. Se non uscite tra due minuti, inizieremo a sparare. Portate i passaporti con voi. Ci sono armi?

– No, nient'altro che passaporti. Ora portiamo i passaporti. Non sparate! Usciamo! Ci siamo appena alzati, non vi aspettavamo. Aspettate…

Non erano passati neanche i due minuti che ci avevano dato quando uscimmo insieme dal cortile in strada. Ci misero contro il cancello e ci ispezionarono completamente. Non c'era neanche bisogno di perquisirci, eravamo in camicia da notte, quasi nudi, anche se è vergognoso dirlo. Ci circondarono dieci soldati e stavamo tra loro.

– Ma tu ci servi come testimone, – dissero e portarono mio figlio Ilez nel cortile.

– Non portate via il ragazzo, portate via me, – dissi, – sono sua madre. Vi mostrerò tutto, vi spiegherò tutto quello che volete sapere, che vi serve da noi. Portate via me, – dico, – e questi di nuovo con queste parole – tu, cagna, stai ferma finché non ti spariamo.

Portarono il ragazzo in casa e là lo torturarono con un coltello da cucina, gli tagliarono le vene delle mani. Non so cosa lo costrinsero a dire, ma non poteva dire quello che non aveva commesso. Dopo avergli tagliato le mani con il coltello, gli coprirono il volto con un cuscino di piume e lo uccisero con tre colpi di una pistola con il silenziatore.

Dopo il capo uscì dal portone e gli chiesi: – Capo, almeno rispondi, dov'è mio figlio? Perché non esce? Perché non sento la sua voce? Cos'avete fatto a mio figlio?

Non mi guardò neanche, si voltò, si avvicino alla macchina ferma, prese da là una paletta e un pacchetto nero. Gridai da far tremare la terra : – Non prendere il pacchetto, non prendere la paletta, non uccidere mio figlio. Ho sentito che fate questo. Avete visto, per tre ore avete perquisito tutta la mia casa, tutto il mio cortile. Non avete trovato niente là. Adesso cercate questo motivo. Adesso in questo modo cercate di eliminare il mio unico figlio. Poi fecero esplodere una granata che avevano portato. Uccisero mio figlio. Ecco cos'è avvenuto in questo cortile.

* * * * *

Nel gennaio 2009 a Salangirej Evloev fu ucciso il figlio maggiore, l'ispettore del servizio di pattuglia e posti di blocco Ruslan Evloev. Lo uccisero a colpi d'arma da fuoco i guerriglieri. Al padre conferirono l'"Ordine del Coraggio", a cui dopo la morte fu iscritto suo figlio. Due anni e sette mesi dopo fu già ucciso dagli agenti delle strutture armate il secondo figlio nello stesso distretto di Malgobek.

Testimonianza di Salangirej Evloev, padre dell'ucciso Abubakar Evloev: Sono il padre di Abubakar Evloev. Quando passarono qui come cani rabbiosi, urlarono per tutta la strada "Allāh Akbar" e spararono in alto e nel cancello. Io stavo nell'altro cortile. Mi dissero "indietro", mi allontanai. Ma mi brucia l'anima. Perché uccidono mio figlio?

Mi misi di nuovo a scappare. Spararono di nuovo verso di me. Spararono in lato, per avvertimento. La terza volta non ressi, mi uccidessero pure. Sono disarmato, a mani nude. Gli dissi: – Ragazzi, non sparatemi, sono un generale cosacco.

Un ragazzo intelligente parlava in puro russo, disse: – Avvicinati. Se Lei è un generale delle truppe cosacche, perché Suo figlio spara, è un bandito?

Dico: – Non è un bandito. Ha servito a Čeljabinsk [14] e un anno a Sverdlovsk [15]. E' giunto e ha lavorato. Se avesse tenuto un'arma in mano, io stesso l'avrei arrestato e portato al posto di polizia e l'avrei consegnato, se avessi avuto il minimo sospetto.

Mi guardai indietro – sparano di nuovo. In borghese un loro lavoratore gira come una trottola. E' in maglietta, senza copricapo e grida "Allāhu Akbar". E spara in alto. Come se fosse mio figlio, perché i vicini dicessero: – Sì, sparava, gridava "Allāhu Akbar".

Questo è falso. Mio figlio non aveva niente. Dormiva nel suo letto con il solo costume da bagno addosso. E lo sparo fu diretto alla schiena. Il foro d'entrata e il piccolo foro d'uscita sono così – pezzi di carne, costole, gli hanno trapassato la cassa toracica. L'hanno ucciso. Senza motivo.

* * * * *

Il capo dell'Inguscezia Junus-Bek Evkurov, che non si stanca di parlare della necessità del dialogo con i guerriglieri e li invita a cambiare idea e a tornare alla vita civile, all'improvviso, da un momento all'altro, dopo la critica di Kadyrov sulla "cecità ideologica", ha invitato la popolazione della repubblica a "non ascoltare i familiari dei guerriglieri uccisi e arrestati che parlano della non complicità dei loro figli in un crimine".

Evkurov ritiene che gli agenti delle strutture armate abbiano agito nell'ambito della legge, cioè hanno ucciso secondo la legge agendo segretamente tra chi ha rapporti con quelli noti tra il popolo come "squadroni della morte".

A partire dall'atto terroristico di agosto a Sagopši, ho cercato di trovare i genitori dei poliziotti morti. Genitori sfortunati come quelli che abbiamo sentito, con la sola differenza che i primi sono sentiti sia da attivisti per i diritti umani, sia da giornalisti.

I miei tentativi di raccontare dei ragazzi morti realmente per mano dei banditi hanno incontrato la mancata volontà perfino da parte degli agenti loro colleghi di parlare dei compagni di servizio.

Uno dei capi del Ministero degli Interni inguscio, un certo Aleksandr Vladimirovič, sospettò perfino che fossi un agente che avrebbe potuto consegnare gli indirizzi dei familiari dei morti. I familiari degli agenti restano così con il proprio dolore, che lo stato valuta qualche milione di rubli russi [16] e qualche regalo occasionale ai figli orfani alle feste professionali dei poliziotti.

Ma gli uni e gli altri genitori, le mogli rimate vedove degli agenti delle strutture armate e dei presunti guerriglieri, i figli rimasti orfani sono un solo popolo e una sola tragedia, che è pianificata oltre la loro volontà.

Inizialmente li hanno divisi per poi uccidere gli uni e gli altri. Nessun rappresentante degli agenti della struttura armate dell'Inguscezia ha potuto rispondere alla mia domanda: perché bisognava uccidere, quando i "presunti o sospetti" si potevano prendere vivi?

"Ferma, Roza", – mi dicevano – "Non lo sappiamo. Fanno entrate i nostri "là" solo quando tutto è già finito".

A chi conviene il business dei cadaveri? Ai criminali che operano astutamente con l'ideologia religiosa o a quelli i cui orologi KTO [2] sono puntati sul compenso a ore? Agli uni e agli altri. E quanti più cadaveri, tanto più alto è il guadagno. E cioè non c'è fine a questa guerra.

Roza Mal'sagova, RFI [17], 24 settembre 2012, http://www.russian.rfi.fr/kavkaz/20120924-bessudnye-kazni-ili-pravosudie-po-rossiiski (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

Note
[1] Roza Sultanovna Mal'sagova, artista teatrale e giornalista inguscia.

[2] KontrTerrorističeskaja Operacija (Operazione AntiTerroristica).

[3] Villaggio nativo, base e sorta di feudo personale di Kadyrov.

[4] Distretto che comprende tutta l'Inguscezia centrale e parte di quella nord-orientale e meridionale.

[5] Villaggio dell'Inguscezia nord-occidentale.

[6] Città dell'Inguscezia nord-occidentale.

[7] Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio Federale di Sicurezza).

[8] L'articolo è la trascrizione di un reportage radiofonico.

[9] Mezzo blindato russo.

[10] Marca di mezzi pesanti russa.

[11] In Russia il passaporto è l'unico documento di identità.

[12] Modello della Lada.

[13] Ex capitale dell'Inguscezia.

[14] Città della Russia asiatica ai piedi degli Urali.

[15] Oggi tornata ad essere Ekaterinburg, città della Russia europea ai piedi degli Urali.

[16] Un milione di rubli russi sono oltre 24900 euro.

[17] Radio France Internationale.

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