21 ottobre 2006

Un applauso a Vanessa Ferrari, prima italiana campionessa del mondo di ginnastica artistica. E un commento non banale


La prima ginnasta italiana sul tetto del mondo

Vanessa, la farfalla dei nostri sogni

Gli atleti come lei realizzano nell’esercizio sportivo il nostro umano sogno di leggerezza, di spiritualità fisica, in senso letterale

Roberto Mussapi

Vanessa è il nome di una farfalla, la farfalla è un essere lieve e volante, anzi, un simbolo della levità, della consustanzialità con l'aria: Vanessa è il nome della nuova campionessa del mondo di ginnastica artistica, il cui cognome, Ferrari, come è già stato facilmente, ma inevitabilmente, notato, suona come sinonimo di italico trionfo, velocità, sintonia col motore, energia in controllata ebbrezza. Se nomen est omen, cioè il nome è un destino, o nomina sunt conseguentia rerum, i nomi sono conseguenza delle cose, Vanessa Ferrari parte bene. È la prima donna italiana a vincere i mondiali di quella specialità al confine con la danza, al limite col sogno di volare, al cospetto degli angeli, tra terra e cielo, pur se conflittuale con ciò che agli angeli è per natura sottratto, il duro peso gravitazionale, il pondus, il peso della carne, che è anche però il segno della nostra presenza su questa terra. Gli atleti come lei, sulla scia del grandissimo Yuri Chechi, si confrontano con la legge di gravità, realizzano nell'esercizio sportivo il nostro umano sogno di leggerezza, di spiritualità fisica, in senso letterale.
Naturale che tale sport non susciti passioni di massa, analogamente a quanto accade per la scherma, o per il tuffo, esercizi individuali, di assoluta concentrazione in se stessi. Il contrario degli sport collettivi.Il calciatore, ad esempio, fa parte di una squadra, e ogni squadra discende metaforicamente dalla nave, dalla ciurma, dall'equipaggio: quando vinciamo i mondiali sventola la bandiera tricolore perché la nostra squadra, il nostro equipaggio, la nostra collettività ha vinto. Il ginnasta è solo come lo schermidore, ma più solo: non combatte con un avversario direttamente, colpo su colpo, ma con un'altra rappresentazione di arte nello spazio. È simile al tuffatore, che in realtà compete con se stesso, con un 'idea platonica di perfezione da elaborare e perseguire. Per questo, mentre esplodiamo di gioia al trionfo mondiale dei nostri calciatori, e facciamo benissimo, perché il senso di appartenenza a una comunità (vale per tutti, anche per le comunità di chi abbiamo appena sconfitto) è più forte di ogni scandalo, non dimentichiamo il trionfo solitario dei Di Biasi, delle Trillini e Vezzali, dei Chechi e della volante Vanessa, atleti che manifestano sulla scena dell'agone sportivo l'esercizio individuale fatto disciplina e arte, l'agonismo del silenzio. Vanessa ha combattuto una gara tesa, con un momento di crisi, perdita di equilibrio sull'asse, recuperando nel corpo libero, potente sogno di volo, di altezza. «Corpo libero», la specialità che ha sancito il suo trionfo, la più prossima alla danza, sottolinea nel suo nome l'anelito alla liberazione del corpo dai suoi gravami e limiti, nella piena accettazione umana del peso e dei limiti: la quintessenza originaria di ogni disciplina sportiva, quasi un esercizio in prospettiva di altre sfide e altri voli.

Fonte: Avvenire on line http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2006_10_21/articolo_692615.html

Foto: Repubblica on line http://www.repubblica.it/2006/10/sezioni/sport/ginastica-ferrari-doro/ginastica-ferrari-doro/ginastica-ferrari-doro.html

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