Un progetto comune di Memorial e della “Novaja Gazeta” Continuiamo a pubblicare estratti della “Cronaca della violenza”, portata avanti dai collaboratori di “Memorial” nella zona del conflitto armato nel Caucaso settentrionale. In questo numero – due storie di gennaio.
Una madre ottiene la messa in stato di accusa[1] degli uomini delle strutture armate[2] che hanno rapito e ucciso suo figlio – finora se la spassano in libertà, anche se sono sospettati di omicidio.
Hanno tentato di sequestrare due giovani, ma non gli è riuscito – uno è fuggito e ha organizzato le ricerche dell’altro. Il ragazzo è stato trovato in un posto di polizia – picchiato e accusato di detenzione illegale di armi.
In Cecenia ufficialmente c’è la pace. La pace nel Caucaso: cronaca di guerra 9 gennaio 2007. Una madre è stata picchiata dagli assassini del figlio Nella città di Argun[3] è stata compiuta un’aggressione ai danni della 76enne Sumaja Jakubovna Abzueva. Mentre andava al mercato, una macchina si è fermata accanto a lei. Dalla macchina sono usciti dei giovani, suoi vicini, che l’hanno fatta cadere a terra e l’hanno colpita alcune volte – in particolare alla testa. I medici hanno constatato un grave shock nervoso, un’alta pressione arteriosa e un danno all’attività cardiaca e degli enormi ematomi ai fianchi.
Un possibile motivo dell’aggressione: Sumaja ha ottenuto che si indagasse sull’omicidio di suo figlio, avvenuto il 29 novembre 2005. Dell’omicidio sono sospettati ex agenti dell’ATC (“antiterrorističeskij centr”[4] – una struttura armata non prevista dalla legge, che si trova sotto il controllo di Ramzan Kadyrov[5]; nel 2006 gli ATC sono stati trasformati nei battaglioni delle truppe interne “Sever”[6] e “Jug”[7]) di Argun.
La donna era già stata minacciata più di una volta da quelli che avevano portato via da casa suo figlio prima che venisse ucciso. In effetti il 26 settembre 2006 il suo vicino Sultan Buluev le chiese insistentemente di venire a sedersi nella sua macchina. Il giorno dopo, mentre stava andando a fare acquisti, altri due vicini – Arbi Mamaev e Anzor Bataev – si misero a girarle attorno con la macchina, finché i rimproveri dei passanti non li fecero desistere. Abzueva afferma che Bataev, Buluev e Mamaev in qualità di agenti dell’ATC di Argun abbiano sequestrato e ucciso suo figlio Abdulbek Abzueva. Secondo le conclusioni dell’esame clinico, questi fu picchiato e poi soffocato.
La procura di Argun ha avviato un procedimento penale sull’omicidio, ma nel corso delle indagini non si è tenuto conto della versione riguardante la partecipazione al crimine di agenti dell’ATC. Solo dopo che Abzueva si rivolse al procuratore della Repubblica Cecena Kuznecov nella primavera del 2006 il procedimento fu trasmesso alla procura della repubblica. Per molto tempo fu messo sotto inchiesta un solo sospetto – Mamaev, militare del battaglione “Jug”. Il 4 ottobre 2006 l’inquirente della procura М. Petuchov ricevette notizie di altri due: Bataev, anch’egli militare del battaglione “Jug” e Buluev, militare del PPSM-2 (polk patrul’no-postovoj služby[8] del ministero degli Interni della Repubblica Cecena, una delle principali strutture armate di Kadyrov[9]).
Ma arrestare Bataev e Mamaev non sembra possibile per la procura civile, in quanto adesso questi sono militari. E trasmettere il procedimento alla procura militare non sarà possibile finché non sarà dimostrato che proprio questi militari abbiano commesso quel crimine. Con questo pretesto i tre sospetti sono stati rimessi in libertà e Abzueva si è trovata praticamente agli arresti domiciliari, temendo di uscire all’aperto e non sentendosi al sicuro neanche a casa. Come si è visto il 9 gennaio, non senza motivo.
Il paradosso sta nel fatto che, per chi voglia diventare un combattente del battaglione “Jug” o del “Sever”, basta semplicemente scrivere una dichiarazione. A una verifica, almeno da parte della procura, non sono stati sottoposti. 10 gennaio 2007. Un uomo malmenato si è risvegliato con una granata in tasca Verso le 22.30 nel villaggio di Karca nella provincia Prigorodnyj[10] della Repubblica dell’Ossezia Settentrionale-Alania[11] un gruppo di ignoti (presumibilmente uomini delle strutture armate[12]) ha sequestrato Sultan Abdul-Chalitovič Barachoev, anno di nascita 1982. A tarda sera questi tornava a casa in compagnia di Vacha Šamaudinovič Keligov, anno di nascita 1985, dopo essere stato da amici. All’angolo tra le vie Družby[13] e Rabočaja[14] furono affiancati da una macchina VAZ[15]-2107 di colore bianco (numero di targa 957, 15° distretto), da cui uscirono il capo del distretto di polizia Soslan Coraev e uno sconosciuto, entrambi in uniforme. Soslan salutò e chiese a Sultan chi fosse il suo amico. Sultan lo presentò, disse che questi era un calciatore della squadra inguscia dell’Angušt[16]. Soslan salutò Vacha. In quel momento dalla via Karcinskaja[17] sbucarono improvvisamente due macchine una Audi argentata e una Volkswagen bianca. Da queste corsero fuori otto uomini, anch’essi in uniforme.
Cercarono di spingere Vacha e Sultan dentro le macchine. Vacha si oppose, chiese aiuto, si liberò e fuggì, nonostante che lo inseguissero due uomini e una macchina “modello 7”[18]. Vacha corse fino a casa e verso le 23.00 si recò coi familiari alla stazione di polizia del villaggio (POM[19]) a dar notizia del sequestro. Là rifiutarono di accogliere la sua denuncia. Un agente dell’ROVD[20] del quartiere Promyšlennyj[21] della città di Vladikavkaz[22] che si trovava là telefonò all’ROVD e venne a sapere che Barachoev si trovava là. I Keligov andarono all’ROVD e là il poliziotto di turno confermò che Sultan era da loro, ma non sapeva spiegare perché ce l’avessero portato. Ne dettero notizia ai familiari di Barachoev, ma quando questi giunsero all’ROVD, non li fecero entrare e si rifiutarono di rispondere a qualsiasi domanda.
Al mattino dell’11 gennaio lo zio di Barachoev si rivolse all’ROVD. Un inquirente di nome Givi disse che avevano trovato una granata addosso a Sultan. Vacha Keligov si rivolse all’ufficio di Memorial a Nazran’, i parenti di Barachoev si rivolsero a un avvocato. A tarda sera Sultan fu rilasciato dopo aver firmato l’impegno a non lasciare il villaggio. L’accusa di detenzione illegale di armi non fu tolta.
Il 13 gennaio Sultan Barachoev si rivolse a Memorial. Questi chiarì alcuni dettagli. Quando Sultan fu spinto nell’auto straniera, gli tirarono il giubbotto sopra la testa. Presto la loro macchina si fermò. Davanti comparve il “modello 7”, da questo uscì Coraev e si diresse verso il POM, mentre le altre macchine si diressero verso la città[23]. All’uomo che sedeva sul sedile anteriore della macchina straniera suonò il telefono, questi parlò con qualcuno in osseto, dopo di che disse al guidatore in russo: “L’altro è scappato. Che facciamo ora con questo?”.
Giunti nell’ROVD del quartiere Promyšlennyj di Vladikavkaz portarono Barachoev in una stanza, dove i sequestratori e i poliziotti presero a picchiarlo con ferocia e a insultarlo. Misero sulla testa di Sultan un sacchetto di polietilene, lo soffocarono, lo colpirono con un oggetto pesante sui talloni, sulle gambe, sul tronco, finché non perse conoscenza. Quando Barachoev si risvegliò, in presenza di “testimoni” uno degli agenti effettuò una perquisizione personale su di lui: da un taschino sulla manica sinistra del giubbotto estrasse l’innesco di una granata. Con questo finì la perquisizione, le altre tasche non furono controllate. Sultan fu condotto dal magistrato inquirente, durante l’interrogatorio raccontò com’era capitato all’ROVD e dichiarò che gli era stata messa addosso la granata. Verso le 21.00 Barachoev fu rilasciato dopo aver firmato l’impegno a non lasciare il villaggio e dopo esser stato preventivamente costretto a rinunciare a un avvocato e a firmare una deposizione in cui sosteneva di non sapere in che modo nel suo giubbotto si erano trovati una granata e un innesco. “Novaja Gazeta” n. 06, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/06/11.html 29.01.2007 (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
2 commenti:
Sembrano posti lontani milioni di chilometri, invece sono molto più vicino di quanto sembra.
Hai ragione... E ti esprimi anche in forma più sintetica di me... Ma la verbosità non è il mio unico difetto e forse neanche il peggiore...
Ciao da Matteo
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