19 giugno 2007

...d'altronde non è solo della Cecenia che NON si parla

Da Amnesty International Bologna ricevo e pubblico volentieri:


DA EURO BURMA OFFICE
Campagna internazionale per celebrare il 62esimo compleanno di Aung San Suu Kyi

Cari amici,

Vorremmo celebrare insieme a voi il 62esimo compleanno di Aung San Suu Kyi
(19 giugno 2007) unendoci alla campagna internazionale lanciata per la sua
liberazione.

Recentemente, nonostante le pressioni internazionali e le manifestazioni dei
suoi sostenitori, il regime militare di Myanmar contro il quale lei si è
sempre battuta, ha deciso di prolungare la sua detenzione di un altro anno.

Degli ultimi 17 anni, San Suu Kyi ne ha trascorsi circa 11 in isolamento.

Vogliamo far sapere al Governo birmano che ASSK ed il popolo birmano non
sono soli e che c`e` qualcuno che pensa a loro anche in Italia.

Abbiamo bisogno del vostro aiuto per far si che la campagna abbia l`effetto
sperato. Iniziate sin da ora a spedire lettere di protesta (aggiungete un
vostro commento o augurio) e spedite il tutto all`Ambasciata birmana con
sede a Roma:

Ambasciata Presso Lo Stato Italiano Myanmar

00135 Roma (RM) - Via della Camilluccia, 551

Se volete, potete mandare il vostro messaggio di auguri tramite email,
sempre all`Ambasciata Birmana in Italia:

meroma@tiscalinet.it


(Per favore Bcc il vostro messaggio al nostro indirizzo:
burma@euro-burma.be)

o se preferite potete spedire una cartolina di auguri direttamente ad Aung
San Suu Kyi:

Daw Aung San Suu Kyi

54 University Avenue

Bahan 11201

Yangon

Myanmar



Per favore inoltrate questo messaggio a chiunque possa essere interessato ad
aiutarci,
Grazie per la vostra gentile collaborazione,
Margherita Bebi (Euro Burma Office)
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LA FARFALLA E I GENERALI

http://www.lavocedirobinhood.it/public/1000364609aung.jpg"


di Marina Montagna

Forse in Italia non molti sanno chi è Aung San Suu Kyi, la "farfalla
d'acciaio" birmana, come la chiamano quelli che la amano per la sua
straordinaria forza interiore celata dietro un aspetto fragile e gentile.
Certo nel 1991 Aung San Suu Kyi ha vinto il premio Nobel per la pace ma sul
palcoscenico della storia i riflettori sono puntati su quanti detengono il
potere - politico, economico, finanziario o militare - e possono decidere le
sorti di interi popoli, non su quanti senza clamore, giorno dopo giorno, si
battono per la democrazia e per la libertà, mettendo in gioco la propria
vita e rischiando di perderla. Non eroi ma uomini e donne normali, spesso
sconosciuti, ancora più spesso ridotti al silenzio da regimi brutali che non
esitano a calpestare i più elementari diritti umani e a reprimere con la
violenza ogni tentativo di ribellione e di cambiamento dello status quo.
Aung San Suu Kyi è sicuramente una di questi.
Nata a Rangoon nel 1945, pur essendo figlia di uno dei principali artefici
dell'indipendenza birmana assassinato nel 1947, inizialmente non sembra aver
ereditato una particolare vocazione politica in senso stretto. Infatti, dopo
aver lavorato per alcuni anni presso la segreteria delle Nazioni unite a New
York, nel 1972 sposa uno studioso inglese, Michael Aris, e si trasferisce
nel Regno Unito dove per un lungo periodo conduce una esistenza tranquilla
accanto al marito e ai due figli, Alexander e Kim. Nel 1988 però la svolta:
per assistere la madre gravemente malata torna in Birmania dove già dal
1962, a seguito di un colpo di stato, si era insediata al potere una giunta
militare che con la nazionalizzazione delle industrie, la soppressione dei
partiti politici e la proibizione del libero scambio aveva portato il Paese
all'isolamento dal resto del mondo.
E proprio il 1988 è un anno
drammaticamente importante per la storia birmana; a seguito della rivolta
studentesca e di una feroce guerra civile causa di migliaia di morti, viene
proclamata la legge marziale. Nasce allora la Lega Nazionale per la
Democrazia (NLD) e Aung San Suu Kyi ne diventa il leader e il Segretario
generale.

Nonostante l'insuccesso dell'insurrezione popolare, spietatamente soffocata
nel sangue, le proteste del 1988
aprono la strada per libere elezioni
che si tengono, per la prima volta in 30 anni, nel 1990. Intellettuali,
operai e masse di contadini oppressi e affamati intravedono finalmente una
speranza di rinascita per quella terra - un tempo ricca, colta e tollerante
- sprofondata nella miseria e nella dittatura. Il NLD, guidato da Aung San
Suu Kyi, trionfa alle elezioni generali assicurandosi l'82% dei voti ma la
giunta militare si rifiuta di cedere il potere ed arresta Aung San Suu Kyi,
che stante ai risultati delle urne dovrebbe ricoprire la carica di legittimo
Presidente della Birmania, e altri componenti dell'NLD.

Inizia così la estenuante detenzione di Aung San Suu Kyi: rimessa in libertà
nel 1995, viene nuovamente arrestata nel 2000, riliberata nel 2002 e
nuovamente arrestata nel 2003. Da allora Aung San Suu Kyi si trova agli
arresti domiciliari, senza alcun contatto con il mondo esterno. Quando nel
1999 il prof. Michael Aris si ammala di cancro la giunta militare gli
impedisce di entrare in Birmania per incontrare Aung San Suun Kyi ma concede
a quest'ultima la possibilità di lasciare il Paese, costringendola a fare
una scelta lacerante: accettare l'esilio pur di rivedere il marito che si
andava spegnendo, divorato da un male dal quale non aveva scampo, o restare
in patria per continuare tenacemente la battaglia non violenta per la
libertà del suo popolo. Aung San Suu Kyi decide di rimanere. Il prof. Aris
morirà così lontano dalla moglie, fedele alla promessa, fattale prima del
matrimonio, di non frapporsi mai tra lei e i suoi ideali.

E' importante sottolineare che Aung San Suu Kyi non è accusata di alcun
crimine, di alcun reato ma le leggi vigenti in Birmania consentono di
condannare - arbitrariamente, senza preventivo giudizio - alla detenzione
fino a cinque anni, ulteriormente prorogabili di anno in anno, anche chi è
solo genericamente considerato pericoloso "per la sicurezza e la sovranità
dello Stato".

Oggi in Birmania, sono migliaia i prigionieri "politici" che dopo essere
stati sottoposti a maltrattamenti e torture, ove quest'ultime non abbiano
avuto esiti mortali, vengono lasciati in condizioni sub-umane a marcire
nelle carceri, talvolta addirittura nelle celle destinate ai cani
dell'esercito, perché colpevoli di aver fondato organismi studenteschi o di
aver distribuito volantini o di aver partecipato a pacifiche manifestazioni
di protesta o semplicemente di aver scritto un articolo o una poesia.

Basti pensare che quando nel 2000 venne pubblicato il cd degli U2 " Is all
that you can't leave behind", contenente il brano "Walk on" dedicato a Aung
San Suu Kyi, il regime non solo censurò e mise al bando il disco ma
addirittura stabilì la pena della galera da tre a vent'anni per chiunque lo
avesse venduto, acquistato o ascoltato.

"E se il buio dovesse dividerci / e se il tuo cuore di vetro dovesse
rompersi / e se per un secondo tu dovessi voltarti indietro / oh no, sii
forte. Vai avanti. Continua a camminare."

Questi i versi di Bono che tanto in allarme misero i generali!

Oggi in Birmania, che i depliants turistici descrivono come un Paese "in cui
tradizioni, arte, religione e bellezze naturali si fondono in un fascino
unico al mondo", sono illegali i telefoni cellulari e internet mentre serve
una speciale autorizzazione delle autorità militari per possedere un fax,
una fotocopiatrice o un'antenna satellitare.

Oggi in Birmania, nel paese dei templi da favola, della più preziosa giada e
dei rubini color "sangue di piccione", il regime, che ha concentrato nelle
proprie mani tutte le ricchezze del Paese, fa sistematicamente ricorso al
lavoro forzato di uomini, donne e bambini sequestrati e tenuti sotto la
costante minaccia di violenze, di stupri "punitivi" e persino di morte. Come
documentato dalla Commissione dell'ONU sui diritti umani e da Amnesty
international nei suoi rapporti, il "lavoro forzato è stato ed tuttora
utilizzato per lo sviluppo delle infrastrutture di base, come le strade, per
costruire luoghi turistici come alberghi lussuosi o campi da golf. I soldati
arrivano nei villaggi ed esigono che una persona per famiglia vada a
lavorare. Questa non riceve né salario né cibo. Sarà uccisa se tenterà di
fuggire. Bambini di nove anni sono stati costretti a lavorare in queste
condizioni".

L'area più colpita dalla violenza dei militari è quella sud-orientale;
perciò ogni anno migliaia di esuli si muovono verso il confine con la Thailandia
dove sono
stati allestiti dei campi profughi. I rifugiati hanno comunque scarse
possibilità di migliorare le loro condizioni di vita; la maggior parte della
popolazione è estenuata da fame e malnutrizione e molti bambini per
sopravvivere vengono costretti alla prostituzione. In questo stato le
persone diventano facile bersaglio di malattie come malaria, epatite e AIDS


Nonostante tutto questo Aung San Suu Kyi non è mai caduta nella trappola
dell'odio per i suoi avversari ma ha continuato la sua lotta non violenta
affermando che "la vera rivoluzione è quella dello spirito" ed ha esortato
il suo popolo a non arrendersi perché "non è il potere che corrompe, ma la
paura. La paura di perdere il potere corrompe quelli che lo detengono. La
paura della frusta, quelli che la subiscono".

Se potessimo esprimere la nostra solidarietà ad Aung San Suu Kyi e a quanti
condividono la sua stessa sorte, ci piacerebbe far nostre le parole di Bono
e dire ad ognuno di loro: sii forte, vai avanti! Walk on!

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Chissà che brutta fine avrei fatto se fossi nata in Birmania!

:)

Matteo Mazzoni ha detto...

@rosadimaggio: credo che una come te, che non le mandi mai a dire, sotto un regime dittatoriale camperebbe molto male (o, per meglio dire, molto poco)...

Anonimo ha detto...

Ti ho dato l'impressione che "non le mando a dire"?

Davvero?

Lo prendo come un complimento...

Credo che tra campare sotto una dittuatura e morire sceglierei la seconda che ho scritto.
Ma prima di farlo ne farei fuori (metaforicamente) più che posso...

E poi scusa Matteo, non mi sottovalutare!

Io so anche essere un camaleonte sincero che ben si adatta alle situazioni!

:)

Matteo Mazzoni ha detto...

@rosadimaggio: in effetti quello che ho scritto era una sorta di complimento... Mi piacciono le persone poco diplomatiche... Come me... In realta' non so come vivresti sotto una dittatura... Mi auguro che non ti debba mai capitare...

Anonimo ha detto...

Capita di continuo e non solo a me.

Credi forse che ci sia veramente la libertà e la democrazia nel senso più ampio della parola?(proprio questi saranno giorni di fuoco..)

Io mi sento libera "dentro" e nessuno potrà togliermi i miei ideali né la sovranità che ho di me stessa, dittatura o non dittatura.

Ma non è niente di eccezionale, per tutti dovrebbe essere lo stesso.

:)

Matteo Mazzoni ha detto...

@rosadimaggio: Hai ragione! Ma io non volevo certo dire che l'Italia è il massimo per democrazia, libertà, diritti, ecc. Però da questo punto di vista stiamo molto molto molto meglio non solo di dittature come la Birmania, ma anche di "democrazie" assai poco credibili come la Russia... Ma se non altro tu non fai come chi dice che l'Italia è una mezza dittatura per poi tessere le lodi di Cuba...

Anonimo ha detto...

Non saprei dirti se sei "poco diplomatico", non ci conosciamo abbastanza, ma alle volte non mi dai proprio l'impressione di una persona diretta.

Esempio:
Cosa vuol dire "una sorta" di complimento?

Lo è o non lo è?

:)

Riguardo a Cuba, credo tu ne sappia più di me... non era uno dei paesi che hai visitato?

Non saprei dare un opinione sulle opere di Fidel, ma nonostante tutto mi sembra che i cubani siano soddisfatti. O no?

Spero che continuino a ballare...

:)