12 gennaio 2010

Mentre Medvedev sceglie il presidente del Daghestan, tra attentati, "insubordinazioni" e un'invasione strisciante

Il nome, presidente! Il nome!



Il Daghestan organizza una rappresentazione per un solo elettore


La candidatura del futuro presidente del Daghestan dovrà essere espressa da Dmitrij Medvedev non più tardi di 30 giorni prima della scadenza del mandato del capo della repubblica in carica. Il mandato di Muchu Aliev scade il 20 febbraio. Ciò significa che il presidente russo è obbligato ad annunciare il nome destinato prima del 19 gennaio. Compreso. In attesa di questa data si crea anche una situazione interessante: l'elezione reale del presidente del Daghestan avviene al Cremlino, ma a duemila chilometri di distanza c'è una lotta accesa per questo posto.

I suoi echi si possono sentire attraverso i comunicati dello UFSB [1] del Daghestan. Solo negli ultimi tre mesi in Daghestan sono stati compiuti sette attentati ai danni delle ferrovie. E questo senza contare mine e ordigni disinnescati. Il 13 novembre nella zona dello scambio ferroviario tra i villaggi di Kajakent e Berikej [2] è entrata in funzione una mina-trappola, il 26 novembre c'è stata un'esplosione non lontano dalla stazione di Tarki [3]. Il 30 novembre sulla linea Mosca – Baku e il 6 gennaio tra Machačkala [4] e la stazione di Talgi [5] sono stati disinnescati degli ordigni.

Dmitrij Medvedev pone un compito a Rašid Nurgaliev [6] – rafforzare la lotta con i militanti. Tuttavia nello stesso Daghestan sono convinti che la guerra dei binari sia legata non all'accresciuta attività dei “fratelli dei boschi”, ma alle elezioni. “Di regola, sui binari vengono posti ordigni di bassa potenza, – racconta un uomo delle strutture armate del Daghestan. – Le esplosioni non causano danni materiali sostanziali e si compiono senza vittime. Il loro scopo non è la distruzione, ma la destabilizzazione della situazione nella repubblica. Tutto ciò fa parte della campagna elettorale”.

Ecco alcuni episodi di questa campagna “elettorale”. Giugno 2009: omicidio del ministro degli Interni del Daghestan Adil'girej Magomedtagirov, molto probabile pretendente al posto di presidente della repubblica. Ottobre: elezioni del sindaco di Derbent [7], che dovrebbero dimostrare all'unico reale elettore al Cremlino chi controlla la situazione in questo soggetto caucasico. Pare che abbia vinto il sindaco in carica, che era direttamente sostenuto da Muchu Aliev. Tuttavia uno scandalo elettorale ha reso nullo il risultato di questa “espressione della volontà”. Un terzo dei seggi elettorali non è stato aperto. La città era letteralmente farcita di reparti armati e i voti degli elettori erano mercanteggiati come al bazar. Si sono agitati perfino i deputati dell'Assemblea Popolare, che hanno chiesto al procuratore generale russo di chiarire la situazione con i “drappelli armati di funzionari statali”.

Più tardi il tribunale di Derbent ha annullato i risultati delle elezioni e la Corte Suprema della repubblica ha sostenuto la sua decisione. Qualche giorno fa Dmitrij Medvedev ha dichiarato apertamente: “Le nuove elezioni a Derbent avranno luogo”, dando a capire con questo che ulteriori cause giudiziarie non hanno senso.

Alla legittimità delle elezioni di Derbent oggi è rimasto un unico difensore – il capo della CIK [8] russa Vladimir Čurov. (Questa circostanza non ha alcuna influenza sulla vita del paese e del suo soggetto.)

Novembre: scandalo in “Russia Unita” [9]. L'apparato centrale del partito si è rifiutato di confermare la lista di candidati alla presidenza inviata da Machačkala e ha formato una lista di propri pretendenti. I membri di “Russia Unita” hanno proposto a Dmitrij Medvedev cinque candidature. Oltre a Muchu Aliev nella lista figurano:

Magomed Abdullaev, dottore in Scienze Giuridiche, conoscente di lunga data di Dmitrij Medvedev per via del lavoro di docente a San Pietroburgo, adesso vicepresidente del governo della Repubblica del Daghestan;

Magomed Magomedov, ex senatore della regione di Smolensk [10], adesso consigliere del presidente del Consiglio della Federazione [11];

Sajgidgusejn Magomedov, deputato dell'Assemblea Popolare del Daghestan e capo dell'amministrazione della tesoreria federale della repubblica;

Magomedsalam Magomedov, deputato dell'Assemblea Popolare, figlio dell'ex presidente del Daghestan Magomedali Magomedov.

Nessuna di queste candidature è stata proposta a Mosca dall'Assemblea Popolare. Un po' di panico è stato causato dalla presenza nella lista di Magomed Abdullaev. Il professore di Piter [12] sconosciuto all'elite locale è stato inaspettatamente indicato dal vicepresidente del governo del Daghestan. Già per questo l'hanno subito iscritto tra i principali rivali di Muchu Aliev. Tuttavia i funzionari locali affermano: “Un novellino non può contrapporsi agli interessi di clan locali”.

Il tesoriere principale della repubblica Sajgidgusejn Magomedov, dietro cui sta l'influente clan di Gimri [13] (Àvari [14]), e Magomedsalam Magomedov, che si appoggia ai clan dei Dargin [15], sono sostenuti dall'oligarca [16] Sulejman Kerimov. Nella repubblica corre voce che Kerimov abbia legami diretti o indiretti con tutti i rivali di Muchu Aliev. Per qualche tempo al Cremlino cercarono di convincere lo stesso Kerimov a prendere il posto di presidente, ma questi si è seccamente rifiutato, preferendo condurre la lotta con Aliev per mano altrui.

I parlamentari daghestani sono rimasti confusi anche dal fatto che tra le cinque candidature proposte ci siano quattro àvari e un dargin, cosa che per il multietnico Daghestan con il suo strutturato sistema di quote per appartenenza etnica può diventare fonte di ulteriore tensione.

Ricevuta la lista, i deputati daghestani hanno fatto una dichiarazione “sull'arbitrio di Mosca”. Una cosa del genere non se l'è permessa alcuna delle sezioni regionali di “Russia Unita”. Inoltre adesso anche lo stesso Muchu Aliev insiste: “La situazione in Daghestan è scossa da gente di Mosca”.

A Machačkala sono volati di corsa i rappresentanti del consiglio generale del partito. E i deputati daghestani si sono rappacificati. “Non ci hanno lasciato scelta, – dice uno dei parlamentari, – alludendo chiaramente alla possibilità di uno scioglimento del parlamento”.

Secondo la legge l'Assemblea Popolare del Daghestan dovrà confermare o respingere la candidatura proposta da Medvedev. Alla luce di ciò nei daghestani è apparso un ulteriore motivo di orgoglio etnico. Nella repubblica chiunque vi farà notare che ora per il voto di ogni deputato danno un milione di dollari. Si tratta proprio di questo: la maggioranza dei deputati è composta da sostenitori di Muchu Aliev, lo sostengono incondizionatamente. Tuttavia nel caso in cui Medvedev proponesse per la conferma un'altra candidatura, i parlamentari potrebbero cominciare a tentennare. E qui ci sarà bisogno di un argomento molto pesante per prendere la decisione “giusta”. Anche per questa si proporrebbe tale ricompensa.

Tutte queste battaglie “elettorali” si svolgono sullo sfondo di due tendenze angoscianti: la lotta senza successo delle autorità con le organizzazioni clandestine radicali e la crescita delle forze delle truppe interne nella repubblica.

Nonostante i resoconti degli uomini delle strutture armate sui risultati della lotta con i wahhabiti [17] (ogni operazione delle strutture armate si conclude obbligatoriamente con la “liquidazione di uno dei capi delle bande armate”), la quantità di atti terroristici e di omicidi di agenti degli organi di tutela dell'ordine nella repubblica non diminuisce. A testimonianza di questo il recente tentativo di compiere il più grave atto terroristico nel Daghestan contro la base del GIBDD [18] a Machačkala, scongiurato, come si dice, per puro caso.

Parallelamente Mosca lancia nuovi reparti armati in Daghestan. Negli ultimi cinque mesi il contingente è stato incrementato di millecinquecento unità e il processo ancora non è compiuto. Nelle strutture armate locali non escludono neanche la possibilità che Mosca sia pronta ad andare a introdurre il regime di operazione antiterroristica in tutta la repubblica.

Le strutture del ministero degli Interni della repubblica si trovano in stato di duplice sottomissione – a Mosca e alle autorità del Daghestan. E il graduale incremento numerico delle truppe interne lo mostra: per il centro federale in Daghestan sono diventate necessarie forze direttamente soggette ad esso, che non dipendono dai funzionari locali.

Irina Gordienko

11.01.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/001/08.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio di Sicurezza Federale), in pratica la direzione locale dell'erede del KGB.

[2] Nel Daghestan occidentale.

[3] Villaggio del Daghestan occidentale, sulla costa del Mar Caspio.

[4] Capitale del Daghestan.

[5] Villaggio del Daghestan occidentale.

[6] Rašid Gumarovič Nurgaliev, ministro degli Interni.

[7] Città del Daghestan sud-occidentale, sulla costa del Mar Caspio.

[8] Central'naja Izbiratel'naja Komissija (Commissione Elettorale Centrale).

[9] Partito che ha il solo scopo di portare avanti la politica di Putin.

[10] Città della Russia occidentale.

[11] “Camera alta” del parlamento russo, formato dai rappresentanti dei soggetti della Federazione Russa.

[12] Nome colloquiale di San Pietroburgo.

[13] Villaggio del Daghestan centro-meridionale.

[14] Popolo caucasico ed etnia principale del Daghestan.

[15] Popolo caucasico.

[16] Cioè potente multimiliardario.

[17] Così vengono chiamati in Russia gli estremisti islamici in generale.

[18] Gosudarstvennaja Inspekcija Bezopasnosti Dorožnogo Dviženija (Ispettorato Statale per la Sicurezza del Traffico Stradale), in pratica la sede della polizia stradale.

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