Due Lubjanki [1] |
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29.03.2010
Vivono bene. Da loro è tutto in ordine. Sanno che a loro non succederà mai nulla. Vanno su macchine con le sirene, schiacciano le persone e non scendono mai nel metrò. Fanno estorsioni e si portano via le attività economiche. Fanno i raider. Creano raggruppamenti. Si azzuffano per il potere e per la grana. Ingrassano, costruiscono palazzi e non conoscono problemi. Non verranno mai fatti saltare in aria. Sono gli abitanti della Lubjanka superiore. Che è al di sopra anche della piramide feudale. E ci sono gli altri. Li si possono far saltare in aria nel metrò, schiacciare con le Mercedes di servizio, picchiare alle manifestazioni, coinvolgere in attività illecite, si può portargli via le attività economiche e le proprietà, far sparire dalla faccia della terra, imprigionare a destra e a sinistra, circondarli con i BTR [2] e i Tigr [3] con i mitra sfoderati… Questi siamo tutti noi, i rimanenti. Gli abitanti della Lubjanka inferiore. Cacciati nei passaggi e nel basso della piramide. La disgregazione dello stato non ci sarà, perché da noi non c'è alcuno stato. Si è già frantumato. Non c'è ministero degli Interni, FSB [4], Procura Generale, Duma di Stato e neanche burocrazia. Ma ci sono gruppi di persone – neanche comunità, perché ogni sbirro fa per sé – anche gli sbirri che lottano gli uni con gli altri per il potere e per la grana, si occupano della soluzione di tutti i loro problemi personali e di tutto ciò che gli fa comodo, solo non di garantire la sicurezza. Ciò che mi ha colpito il giorno dell'atto terroristico nel metrò è stata l'assenza della polizia. Se c'era stata un'esplosione e dopo di essa una seconda era logico supporre la probabilità di una terza? Di una quarta? Di una quinta? Era logico riempire il metrò di cinofili con i cani, installare metal detector, perquisire tutti all'entrata e all'uscita – la gente avrebbe capito, ne sono convinto, – indirizzare gruppi di psicologi a tenere sotto controllo gli anormali, alla fin fine semplicemente fermare il metrò. Qualche cavolo di cosa. Non c'è stato nien-te. Di tutte le misure antiterroristiche c'è stato solo l'annuncio via radio della chiusura della linea di Sokol'niki [5]. E tre sbirri a ridere sguaiatamente in mezzo alla stazione, raccontando storielle. E' tutto. La poltrona di generale dello FSB è un biglietto per il pianeta Tranai [6]. Un lasciapassare per una vita paradisiaca. Ma non certo l'obbligo di preoccuparsi di qualche mandria che si trova sotto i piedi. La ricerca di terroristi, la prevenzione delle esplosioni, la garanzia della sicurezza, il salvataggio delle persone colpite – tutto questo è un inutile, increscioso aggravio del dovere. Si riuniscono al tavolo, scuotono le ganasce, fanno importanti dichiarazioni, parlano di šachidki [7] e di rafforzamento delle misure di sicurezza e vanno avanti a grattare la grana. Non cambia niente. Perché vivono in un altro mondo. In un'altra Lubjanka. Quella superiore. E di quella inferiore se ne fregano. Siamo noi che pensiamo di pagargli lo stipendio [8]. Ma questi sanno che non è così. Cioè ci faranno saltare in aria anche in seguito. Arkadij Babčenko
31.03.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/033/25.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
[1] Preferisco usare il plurale russo.
[2] BroneTankovyj Rezerv (Riserva dei Carri Corazzati), tipo di blindato
[3] Fuoristrada militare.
[4] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), il principale servizio segreto russo.
[5] Parco di Mosca, che da il nome anche alla linea del metrò che lo raggiunge e su cui si trovano le stazioni colpite.
[6] Pianeta dalla vita paradisiaca di cui si parla in un romanzo di Robert Sheckley.
[7] Forma femminile di šachidy (dall'arabo shahid, “martire”, cioè kamikaze).
[8] Cioè che siano al nostro servizio.
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