Il precedente della libertà |
|
|
Due decenni fa ebbero luogo le prime elezioni dirette del presidente della Russia. Da queste è derivato il sistema elettorale odierno, il cui meccanismo chiave è descritto dalle parole di Putin: “Sediamoci e mettiamoci d'accordo”
Il 12 giugno 1991 Boris El'cin fu eletto capo dello stato russo (ancora RSFSR [1]), avendo raccolto più del 57% dei voti. Il suo ingresso finale e senza ritorno nella grande politica con questo acquistò una legittimità non più sociologica, ma di diritto. Ma al contempo conteneva in se ancora un granello, forse il più grande perfino in confronto alle repubbliche baltiche, del crollo dell'Unione Sovietica. Allora El'cin non aveva concorrenti. Nikolaj Ryžkov, che occupò il secondo posto, giunse al traguardo con meno del 17 per cento. Lo seguì “l'eterno terzo” Vladimir Žirinovskij, che oggi è un esempio di stupefacente longevità politica, paragonabile solo ad altri modelli sovietici, che si descrivevano con il detto: “Da Il'ič a Il'ič [2] senza infarti e paralisi”. Il vero concorrente per Boris El'cin era Michail Gorbačëv. Camuffare questa circostanza era già impossibile. Poi, a dire il vero, nella loro contrapposizione si immischiò una “terza forza” impersonata dai golpisti, il che, effettivamente, accelerò pure il crollo dell'URSS. E cioè – tale è il capriccio della storia – i golpisti, non volendo, giocarono a favore di El'cin. Comunque si guardi a quella campagna elettorale, questa, come anche le elezioni del Soviet Supremo di due anni prima, come anche le elezioni del presidente dell'URSS, costituì un altro precedente di libertà: si chiarì che il popolo, attraverso l'immediata espressione della propria volontà, può scegliersi coscientemente un leader. A dire il vero, allora l'elettore pensava in misura minore che, scegliendo, condivideva tutti i rischi legati a questo o a quel leader. E che non c'era poi da lamentarsi delle mutate circostanze, se tu solo, essendo sano di mente e con la memoria forte, deponevi nell'urna una scheda con un certo cognome. Passano meno di dieci anni e lo stesso popolo si è stancato molto di questa responsabilità per la propria decisione e decide di non condividerla con il potere eletto. Le elezioni si trasformeranno non in un atto di azione attiva, ma in un atto di azione passiva, diventeranno solo la conferma dell'indifferenza verso chi si trova al primo (secondo la Costituzione) posto nello stato. Quando si è verificato il peccato originale che ha portato al regime personalistico in Russia con la forma di governo bicipite quasi ignota alla storia e il fenomeno della leadership informale sotto l'insegna di “leader nazionale” [3]? Quando si sparò sul parlamento? Forse. Quale che fosse il Soviet Supremo, aveva lo status di organo di potere legale. Ma a quel tempo il parlamento fece capire distintamente che era pronto ad andare oltre i limiti della propria legittimità. Il che provocò una breve, ma già sanguinosa guerra civile. O quando le elezioni del 1996 furono vinte a caro prezzo ? Caro sia dal punto di vista della salute dello stesso Boris El'cin, sia dal punto di vista delle risorse finanziarie e di tecnologia politica spese nella campagna. Forse è anche il punto di peccato originale della democrazia, poiché proprio da qui è nato il capitalismo oligarchico, precursore dell'attuale “capitalismo degli amici”. Ma la verità è anche che l'ottica del 1996 era del tutto diversa: si aveva la scelta tra i comunisti e la cerchia più vicina a El'cin con “il loro padre spirituale Soskovec” [4]. E in questa situazione gli oligarchi che avevano puntato su Boris Nikolaevič sembravano il male minore. Ma forse il peccato originale si verificò quando El'cin – volontariamente o volontariamente-forzatamente – si scelse un successore? Non fu il popolo che si scelse un candidato alla presidenza, ma lo stesso presidente. Non fu il popolo che determinò, con quale menù, costituito da vari politici, dovesse avere a che fare alle elezioni, ma una ristretta cerchia di alti funzionari politici. Per esempio, Andrej Vavra, ex speech writer di El'cin, testimone di questi fatti, ritiene che proprio il modello di successione è risultato distruttivo per il sistema politico russo. Ecco il suo pensiero, espresso nel corso di una discussione alla fondazione Gajdar: “Penso che il punto sia stato la decisione che in quel momento si presentava come l'unica possibile, condizionata dalla concreta situazione politica. Intendo il principio della trasmissione del potere a una persona fidata (qui non parlo della persona, ma proprio dello stesso principio). Una decisione monouso, trasformatasi in breve tempo nel principio base di tutto il nostro sistema politico. Nei posti chiave si sono ritrovate persone fidate. “La propria gente”. Ma le persone fidate non possono fare tutto da sole. Devono pure appoggiarsi a persone fidate del genere – pure sulla “propria gente”. Di conseguenza il paese si è diviso tra “la propria gente” e “tutti gli altri”. Secondo me è una definizione molto precisa dell'essenza del nuovo sistema politico, diventato per noi così abituale. E un vicolo cieco dal punto di vista dello sviluppo del paese. Così il precedente della libertà attraverso alcune reincarnazioni ha portato alla formazione di un sistema politico non libero, di un sistema con una legittimità limitata e una non piena rappresentanza degli interessi della popolazione della Russia. Così il precedente della libertà ha portato al potere - letteralmente “al manico” – il suo pieno opposto. Antagonista a tutto ciò che pure ha in qualche modo costruito e costruisce la propria carriera politica partendo dall'opposto – dagli anni '90, dal decennio di El'cin. …Vent'anni è molto. Quale burrone divide il 1950 dal 1970, il 1970 e il 1990! Anche la distanza tra il 1991 e il 2011 è grande, ma il principio di successione in questi regimi, come si è chiarito, non è di minore importanza che, diciamo, tra quello staliniano e quello brezneviano. Uno è derivato dall'altro. Il paradosso della storia sta nel fatto che dalle elezioni libere del 1991 sia derivato il sistema elettorale della Russia odierna, il cui meccanismo chiave è descritto personalmente da Putin V.V.: “Sediamoci e mettiamoci d'accordo”. Non c'è con chi lamentarsi di questa situazione. Lo stesso popolo russo, a nome del quale è scritta la Costituzione, ha rinunciato volontariamente alla propria naturale e legittima funzione – essere la fonte del potere. E non c'è nessuno che può correggere questa situazione, tranne il popolo russo. Se, certamente, lo vuole ancora. E non muore d'invidia, ricordando se stesso a venti anni di distanza – giovane, passionale, pieno di forze e di aspirazione alla libertà. Andrej Kolesnikov 14.06.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/063/11.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
[1] Rossijskaja Sovetskaja Federativnaja Socialističeskaja Respublika (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa).
[2] Cioè da Vladimir Il'ič Lenin a Leonid Il'ič Brežnev.
[3] Titolo quasi ufficiale di Putin.
[4] Oleg Nikolaevič Soskovec (vice-premier), Michail Ivanovič Barsukov (capo dello FSB – Federal'naja Služba Bezopasnosti, “Servizio Federale di Sicurezza” –, il principale servizio segreto) e Aleksandr Vasil'evič Koržakov (capo delle guardie del corpo di El'cin) furono defenestrati il 20 giugno 1996. Sarebbero stati questi a far arrestare due membri dello staff elettorale di El'cin, trovati in possesso di mezzo milione di dollari di ignota origine (la vicenda fu poi insabbiata). Il capo dello staff, il politico e imprenditore Anatolij Borisovič Čubajs, definì Soskovec “padre spirituale” degli altri due defenestrati.
Nessun commento:
Posta un commento