Perché la Russia non è il Messico, o La tecnologia "dedazo" al servizio di Putin
07.11.2011
Ėmil' DABAGJAN*
Dal tesoro dell'esperienza politica mondiale i nostri leader attingono i modelli più arcaici di organizzazione statale, da cui gli altri si dissociano.
Prendiamo, per esempio, il Messico, che si trova lontano dalla Russia. In entrambi i paesi in passato c'è stato non poco in comune. Sia là, sia qua all'alba del XX secolo sono avvenute rivoluzioni. Sia là, sia qua per quasi 70 anni hanno governato partiti dello stesso tipo, che hanno sottomesso a se tutte le istituzioni della società. Da noi c'era il PCUS, da loro il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI).
A dire il vero, il Messico si è sviluppato sulla via della modernizzazione capitalista, ha raddoppiato il prodotto interno lordo, si è integrato organicamente nella comunità mondiale. Là si sono tenute periodicamente le elezioni degli organi di potere esecutivo e legislativo. Ma tutto ciò si faceva sotto il vigile controllo del PRI. L'opposizione esisteva formalmente sotto forma di organizzazioni nane.
Il presidente in carica nominava da se il proprio successore, di regola scegliendolo tra i ministri degli Interni. Questa tecnologia ebbe la definizione di "dedazo". In italiano [1] questa espressione si traduce come "dito indice". Il candidato riceveva automaticamente l'"odobrjams" [2] al congresso del partito. In seguito questi veniva scelto fortunatamente come capo di Stato.
Così continuò finché nell'ottobre 1968 non giunsero le agitazioni studentesche, crudelmente schiacciate dal potere con l'uso della forza, ma che allo stesso tempo servirono da spinta verso una dosata democratizzazione. I mutamenti toccarono prima di tutto lo stesso partito di governo. Ernesto Sedillo, eletto capo di Stato nel 1994, alla vigilia delle elezioni di turno si sottrasse alla partecipazione alla scelta del proprio successore, come immutabilmente succedeva in precedenza. Per la prima volta nel PRI si sono svolte le primarie con la partecipazione non solo dei membri del partito, ma anche dei simpatizzanti. Ciò permise il risanamento del clima politico e il consolidamento dell'opposizione. All'inizio del nuovo millennio si creò un reale sistema tripartitico con un ala centrista, una di centro-sinistra e una di destra.
Nel luglio 2000 alle elezioni presidenziali vinse il 58enne Vicente Fox, leader dell'Alleanza per il Cambiamento, il cui nucleo era formato dal Partito di Azione Nazionale, di opposizione. Questi ottenne una vittoria convincente sul rivale principale, il candidato del PRI. Ciò significò la fine del suo monopolio del potere. Non è difficile convincersi che il nostro establishment è pronto ad armarsi di tecnologie arcaiche, che gli stessi inventori hanno archiviato per mancata necessità.
Lo stesso Messico da allora si muove sulla via della democrazia pluralista e si riforma il sistema politico. Una legge speciale ha stabilito l'autonomia della più alta istanza elettorale – l'Istituto Federale Elettorale (IFE). Questo non a parole, ma nei fatti si trasformò in un organo indipendente dagli altri rami del potere. Della sua autorità testimonia un curioso dettaglio della campagna elettorale del 2003. La dirigenza dell'IFE fece un richiamo al presidente sull'inammissibilità dell'uso di risorse amministrative e in particolare sulla proiezione sui canali televisivi di filmati che raccontano i successi del governo. Fox accolse l'ammonizione e dette ordine di non mostrare più i filmati. In seguito l'IFE inflisse a questo partito una multa di 48 milioni di dollari per uso improprio di fondi nel corso della campagna del 2000.
La costituzione messicana proibisce al capo dello Stato di candidarsi per un secondo mandato. E nessuno ha mai fatto tentativi di farsi eleggere per altri sei anni.
Il Messico e la Russia sono stati federali. In Messico 300 deputati della camera bassa sono eletti in collegi uninominali e 200 con il sistema proporzionale. Lo stesso partito non ha diritto di occupare più di 300 posti. I governatori delle regioni sono eletti direttamente. Queste elezioni si trasformano in competizioni di partiti concorrenti. Il presidente, amministrando il paese, se la cava senza viceré-plenipotenziari nei circondari.
Il PRI alle elezioni generali del 2006 subì una disastrosa sconfitta. Il suo candidato si piazzò al terzo posto e l'organizzazione una volta potente fu privata della maggioranza al congresso della repubblica e di molte poltrone da governatore. Questa è la ricompensa per il lungo monopolio politico e contemporaneamente un fenomeno normale per un sistema democratico, in cui i partiti al governo si danno il cambio.
In Messico al confine tra i secoli sono avvenuti progressi sostanziali, è sorta una società civile matura, i mezzi di informazione di massa non sono sottoposti a censura, di fatto giocano il ruolo di quarto potere. Il paese ha ottenuto successi nella ricerca di un modello ottimale, che unisce stabilità economica e democrazia pluralista.
*L'autore è il principale collaboratore scientifico dell'Istituto dell'America Latina dell'Accademia Russa delle Scienze.
"Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/comments/49342.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Nell'originale, ovviamente, si da la definizione in russo.
[2] Termine dello slang di epoca sovietica, derivato da odobrenie (approvazione), con cui si definiva l'approvazione data dal PCUS alle misure più terribili.
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