29 dicembre 2007

Anna Politkovskaja e il Clown

Anja[1] e il Clown

Di cosa si occupavano i sospetti del caso Politkovskaja. Un episodio

Inizialmente il Clown andò con questa storia da uno di quei bei giornali patinati, voleva fare un regalo alla sua bella e intelligente moglie, è una fotomodella, ne ha bisogno. Là lo ascoltarono e gli dissero: “Ganzo! Ora andiamo a fotografare tua moglie. Dicci solo unaltra cosa, chi è Anna Politkovskaja?”. Il Clown concluse che con loro non c’era nulla da fare e lasciò un messaggio alla segreteria telefonica della “Novaja gazeta”.

Il soprannome Clown glielo aveva appiccicato un maggiore dell’FSB[2] che lo aveva costretto a firmare un documento secondo cui acconsentiva a diventare un loro agente. I poliziotti, anche se erano del tutto ottusi, risero molto. Gli sono rimasti ancora dei gonfiori rossi sui polsi – per via delle manette, l’esame l’ha confermato. In realtà si chiama Èduard. Ama scherzare e a volte sembra un po’ strano, ma irradia mitezza. Del maggiore dell’FSB non si può dire che manchi di artistica precisione: è veramente un clown. Lo picchiano in testa con una mazza di gomma e sorride stupidamente. Solo che nel suo caso invece di un bastone da teatro c’era la gamba di una sedia. Dopo due ore quello che chiamavano Serëga, premendogli la testa con il gomito, lo colpiva e proferiva: “Domani ti passerà tutto, ma tra un anno perderai la testa, ora ti colpisco in questo punto”…

Al cinema, secondo le leggi del montaggio, questi potrebbero essere alcuni episodi momentanei. Inizialmente tentano di uccidere l’eroe, poi deve succedere qualcos’altro, poi lo picchiano di nuovo, poi tenta di scappare, lo picchiano, irrompe qualcuno e lo salva. Ma quando semplicemente picchiano tre volte di seguito, non è una trama, è paranoia. Lavorando alla “Novaja gazeta”, di sentire storie del genere capita spesso…

Se il Clown fosse andato con questa storia da Anna Politkovskaja, questa si sarebbe subito gettata nella mischia, senza guardare la mancanza di prospettive. Per Anja questo era qualcosa di istintivo – farsi scudo. Non ce ne sono più così. Questa, forse, è l’ultima cosa in ordine di tempo che, senza neanche sospettarlo, è riuscita a fare: difendere il Clown con la propria morte e ottenere giustizia. Perché adesso, dopo cinque anni, a causa della morte di Anja queste bestie non hanno dove nascondersi.

Alle 11 del mattino del 31 luglio 2002 “una persona dolce, incantevole, pacifica”, come Ponikarov definisce se stesso, si trovava abbastanza casualmente nell’ufficio dell’agenzia turistica “Jumnaji-travel”. E che razza di ufficio c’era là – una stanzetta nel sottosuolo. Ma l’affare gli sembrava interessante e il Clown si guardava intorno, chiedendosi se non valesse la pena di comprarlo. Il proprietario, “con il muso rosso, ma molto creativo”, ci sapeva davvero fare in Africa. Talvolta andavano a bere una vodka da lui dei veri agenti del GRU[3]. Parlavano di Africa, di guerra, di affari, di turismo. Era ganzo e il Clown si era messo a pensare se non avesse potuto entrare in questo progetto.

In generale irradia mitezza a tal punto da sembrare un peluche e immaginarselo in uniforme è impossibile. Non di meno come prima specializzazione era proprio un interprete militare dal finlandese. Ce n’erano pochi, a qualcuno comunque servono, in Finlandia i militati sono due o tre in tutto. Ma una volta il Clown fece da interprete all’incontro del ministro della Difesa finlandese con il nostro ministro della Difesa Pavel Gračëv[4] e poi disse loro che sarebbe stato bene addestrare i nostri ufficiali a fare gli osservatori dell’ONU. Il ministro finlandese colse l’idea al volo e Gračëv non poté sottrarsi. Alcuni ufficiali, e il Clown fra questi, si addestrarono in Finlandia a fare gli osservatori dell’ONU nei punti caldi e in particolare a come comportarsi quando si viene presi prigionieri. Nel 2002 questo venne molto utile, secondo il Clown, anche se a quel tempo aveva già smesso di lavorare in ambito militare e si occupava di altri “progetti”.

Ponikarov cominciò a fare affari con un’impresa di costruzioni congiunta russo-finlandese. Tutto andava ottimamente, ma nell’agosto 1998 la crisi economica colpì e tutti i soldi in cinque banche andarono bruciati. In seguito Ponikarov si occupò di acquisti di maionese dalla Finlandia, ma nel settembre 1999, quando a Mosca furono fatti esplodere due condomini, il GAI[5] fermò i furgoni che trasportavano maionese dalla Finlandia e questa andò a male. Per di più a quel tempo a Èduard e a sua moglie, la fotomodella Olja[6], nacque il primo bambino e subito dopo il secondo. Quando la moglie andava in tournée, il Clown portava a spasso i bambini a Krasnogorsk[7] e faceva piani.

E così alle 11 del mattino sedeva nell’ufficio della “Jumanji-travel”, aspettava il proprietario, quello, evidentemente, stava bevendo da qualche parte, quando irruppero là alcune persone in borghese. Fino a luglio di quest’anno il Clown riteneva che fossero dieci, ma l’inchiesta ha chiarito che erano solo sei.

Fatto sta che, mentre alcuni rovistavano tutto da cima a fondo nella stanzetta sotterranea, altri gli misero le manette e lo picchiarono. Ai corsi per osservatori dell’ONU avevano insegnato al Clown che, se ti fanno prigioniero, bisogna tentare di parlare coi terroristi e cercare un qualche contatto. Ma ora questo era difficile, perché non si capiva cosa volessero, non chiedevano niente e i loro occhi erano inespressivi come quelli dei pesci. Alla fine capì dalle conversazioni che cercavano il passaporto di un azero, questi era una sorta di cliente del proprietario dal muso rosso, ma di dove fosse questo passaporto non aveva idea e anche questi ragazzi, a quanto pareva, avevano già capito che non c’entrava assolutamente niente.

Poiché il Clown non lottava, fece calare la loro vigilanza e questi lo lasciarono andare al bagno in manette. Agendo come gli avevano insegnato ai corsi per osservatori dell’ONU, si lanciò per le scale e irruppe in un vicolo; per attrarre l’attenzione, corse in manette da un poliziotto che era di guardia nei pressi di un’ambasciata. Quelli lo raggiunsero e mostrarono al poliziotto nella guardiola il distintivo dell’UBOP[8]. Lì il Clown capì che non erano banditi. Lo riportarono nel sotterraneo e allora presero a picchiarlo con crudeltà. Infieriva in particolare uno, che gli altri chiamavano Serëga[9]. Picchiava con un’allegra cattiveria sadica così particolare, che il Clown si rattristò del tutto. Ma, evidentemente, sorse loro qualche problema che non erano in grado di risolvere da soli e dopo un po’ di tempo alla “Jumanji-travel” comparvero altri due, che si presentarono come ufficiali dell’FSB. Ricordiamolo. Al sadico Serëga e ai suoi colleghi – poliziotti della Direzione per la lotta con la criminalità organizzata – si aggiunsero due cekisti[10].

Questi erano più intelligenti, presero una qualche decisione, anche se il senso è ancora incomprensibile. Mandarono a prendere una vodka, lo costrinsero a berne metà e a bagnarsi con il resto. Poi gli ordinarono di firmare un documento per la collaborazione con l’FSB con il nome in codice Clown. “Reggi bene, – dissero. – Scherzi e ridi, quando ti picchiano”. Ah-ah-ah. “Bene, – dice – adesso sono dei vostri, toglietemi le manette, non mi picchiate”. Ma nessuno intendeva lasciarlo libero

Probabilmente pensavano comunque che fosse molto ricco e che a casa sua dovessero esserci dei soldi. Dette il numero di telefono e quelli telefonarono per assicurarsi che in casa non ci fosse nessuno. A Krasnogorsk, stretto sul sedile posteriore di una Mercedes coi vetri anneriti, lo portarono Serëga e uno dell’FSB, che tra loro chiamavano Paša[11]. Il guidatore non aveva preso parte a tutto questo, si aveva l’impressione che questo non gli piacesse molto, anche se non era la prima volta. Il Clown pensò di colpire alla schiena il guidatore per causare un incidente davanti alla postazione del GAI all’uscita da Mosca, ma gli bloccarono le braccia dietro la schiena con le manette. Erano già quasi le due quando la macchina si fermò all’ingresso del loro condominio di 14 piani. Paša restò a tenerlo fermo in macchina e Serëga andò a guardare nei cortili che la moglie del Clown non fosse nelle vicinanze, doveva essere in giro da qualche parte con i bambini. Dalla macchina coi vetri anneriti il Clown vide che la moglie con la sorella e i due bambini stava entrando dall’ingresso. Seguendo le istruzioni dell’ONU, aspettò il momento in cui sarebbe riuscito ad attrarre l’attenzione e chiamare aiuto, non si poteva affrettare, bisognava che ci fosse l’occasione.

Gli serrarono di nuovo le manette in avanti e gli gettarono una camicia sulle braccia, entrarono tutti insieme dall’ingresso, salirono e aprirono l’appartamento con le sue chiavi. Là il Clown si mise finalmente a gridare, tentando di avvicinarsi al balcone, anche la moglie, la sorella della moglie e i bambini si misero a gridare. Continuarono a picchiarlo davanti alla moglie e ai figli.

Capì che niente li avrebbe fermati. Ma era comunque nel suo appartamento! Con le ultime forze chiese il mandato di perquisizione della sua abitazione. In risposta con un colpo terribile alla testa gli spaccarono un sopracciglio, il sangue scorse dappertutto, i bambini gridavano, lo trascinarono di nuovo in strada, in macchina. Olja gli corse dietro. Il guidatore accese il motore, la fotomodella Olja si aggrappò alla portiera. “Vai!” – gridò Paša, il guidatore dette gas, Olja fu sbalzata di lato, ma riuscì a ricordare il numero di targa della macchina che aveva portato via suo marito. I vicini già guardavano stupiti dalle finestre.

Adesso il Clown giaceva sotto il sedile posteriore e Serëga lo premeva da sopra, tutta la macchina era piena di sangue e questi scava con un dito nella ferita sanguinosa sopra il sopracciglio, cercando di fare in modo che il Clown perdesse conoscenza per il dolore.

…Presero a correre per le strade, senza capire che fare. Pensavano a come liberarsi di lui, ma per la strada non c’era neanche un bosco dove avrebbero potuto farlo. La macchina si portò fino a Tušino[12], poi in qualche modo tornarono indietro a Krasnogorsk. Serëga disse ad alta voce, che là da lui aveva dei suoi banditi, che lo avrebbero aiutato a risolvere il problema. Alla fine, quando passarono per la terza volta davanti alla postazione del GAI, un ispettore che sospettava qualcosa di brutto fermò la macchina.

Dall’ispettore andò inizialmente il guidatore, ma poiché non tornava, uscì anche Paša, tirando fuori per la strada il distintivo dell’FSB. Poi lo tirarono fuori dalla macchina e lo gettarono insanguinato dietro il vetro della postazione del GAI. La giornata di luglio volgeva a sera, intorno passava un flusso continuo di macchine, ma a causa del vetro nessuno fece attenzione a lui. Il Clown saltò a terra, cosa che chi l’aveva fatto prigioniero non si aspettava e corse a tagliare il flusso di macchine, ma gli erano rimaste poche forze, Serëga lo raggiunse. Paša spiegò qualcosa con calma all’ispettore, il guidatore guardava di lato scuro in volto. Il Clown pensò che adesso era giunta la sua fine. All’improvviso una macchina si avvicinò alla postazione: era arrivato il procuratore da Krasnogorsk.

Il Clown non sa comunque rispondere con certezza alla domanda, quale fosse in realtà la causa delle sue sventure. Con certezza si può dire solo che lo salvò la moglie, che si ricordò il numero di targa della macchina (“Ero felice che fosse stata così coraggiosa e intelligente, è così coraggiosa e bella ”) e, certamente, l’ispettore del GAI, che pensò, senza temere Paša e Serëga, di chiamare il procuratore dalla postazione. Quando ad agosto di quest’anno gli inquirenti sono andati a questa postazione con Ponikarov, là stava di guardia lo stesso ispettore che l’aveva salvato cinque anni fa. Ricordava bene tutta la storia: a memoria sua non gli era mai accaduto nulla di simile.

Su questa parte delle sue deposizioni non abbiamo certezza, perché anche dopo la comparsa del procuratore, la chiamata al pronto soccorso e il trasporto del Clown all’ospedale, dove furono registrate tutte le lesioni fisiche, nessuno pensò di arrestare Paša e Serëga, eppure non sono gli unici del genere nelle “forze dell’ordine”.

E adesso la cosa principale. Il Clown non voleva essere una vittima. Non si sentiva colpevole di nulla. Non voleva perdonare i maltrattamenti subiti. Nel 2002 Èduard Ponikarov fece il giro di tutti: dal plenipotenziario per i diritti umani lo portarono per mano fino alla Procura Generale, su loro richiesta scrisse una denuncia all’FSB e al servizio per la sicurezza personale del ministero degli Interrni della Federazione Russa. Ma nessuno fece nulla: alla fine dell’anno il procedimento penale fu bloccato in riferimento al fatto che là venivano poste in atto delle “misure di ricerca”, e lui, così risultava, c’era semplicemente caduto dentro.

Il Clown dice (dal punto di vista di un osservatore dell’ONU): “Io non avrei protestato neanche contro un simile comportamento nei miei confronti, se fossi un terrorista. Ma io non sono un terrorista. Anche gli sbirri per fregare la gente fanno così: se sei stupido, allora vieni fregato, ma se sei intelligente, lasciano perdere. Ma qui era già tutto chiaro e mi hanno picchiato comunque! Solo contusioni, ma questo è pericoloso. Gli ho detto che presto o tardi anche loro cadranno”.
Sono caduti abbastanza tardi, cinque anni dopo. Cos’altro sono riusciti a combinare in questo tempo, si chiarisce ora…

Nel 2002 il Clown e sua moglie-fotomodella sono andati a vivere più lontano, le cose sono andate bene, si sono trasferiti a Mosca e hanno dato l’appartamento a Krasnogorsk in affitto a dei conoscenti.

A luglio 2007 una nonnina chiamò Èduard da quell’appartamento e disse che il “procuratore generale” lo stava cercando e lasciò un numero di telefono. Il Clown chiamò: lo convocavano davvero alla Procura Generale.

Stavolta le persone che lo interrogavano gli piacquero – erano perfino molto intelligenti e “positive”. Ma per due settimane non riuscì a capire perché improvvisamente si era messo in moto con tale forza un caso vecchio di cinque anni: “Pensavo che fosse semplicemente caduto da un armadio”.

I cognomi di “Serëga” e “Paša” li era già venuti a sapere durante le indagini condotte con la sua collaborazione: Chadžikurbanov del ministero degli Interni e Rjaguzov dell’FSB. In un qualche momento alla fine di agosto erano a casa, guardavano la televisione e là d’un tratto parlano di Chadžikurbanov e Rjaguzov che sono stati arrestati per il caso Politkovskaja e per qualcosa tipo “abuso di potere” e chissà perché. Ma il Clown capì subito perché. Gli aveva proprio detto: comunque cadrete.

Ecco proprio tutto. Il Clown non ama dare giudizi, ma dice che “vorrebbe trarne una conclusione politica”.

Il senso di quello che dice è semplice.

E’ passato per tutte le istanze. E nessuno ha agito di conseguenza! E’ il sistema… Se avessero incarcerato questi due nel 2002, forse Anna Politkovskaja sarebbe viva.

Leonid Nikitinskij
osservatore della “Novaja gazeta”

“Novaja gazeta”, 8/10/2007, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/77/01.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Diminutivo di Anna.

[2] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), i servizi segreti russi.

[3] Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie (Direzione Generale dell’Intelligence).

[4] Pavel Sergeevič Gračëv, ministro della Difesa russo dal 1992 al 1996.

[5] Gosudarstvennaja Avtomobil’naja Inspekcija (Ispettorato Automobilistico Statale), la polizia stradale russa.

[6] Diminutivo di Ol’ga.

[7] Cittadina alla periferia di Mosca.

[8] Upravlenie po Bor’be s Organizovannoj Prestupnost’ju (Direzione per la Lotta con la Criminalità Organizzata).

[9] Diminutivo di Sergej.

[10] Cekisti erano detti i membri della ČK – pronunciata če-ka – (Črezvyčajnaja Komissija po bor’be s kontrrevoljucej i sabotažem – Commissione Straordinaria per la lotta con la controrivoluzione e il sabotaggio), cioè la prima polizia politica sovietica e per estensione sono chiamati così gli agenti segreti.

[11] Diminutivo di Pavel.

[12] Città alla periferia di Mosca.

Nessun commento: