12 novembre 2008

La "Bulgaria" caucasica

Caucaso. Il Picco del Comunismo [1]



Ci sono posti dove le questioni del potere si risolvono come prima con unanimità sovietica

L’efficacia dei metodi caucasici di stabilimento dell’ordine è stata dimostrata dall’“efficace manager” Džugašvili [2]. Adesso lo dimostrano di nuovo gli amministratori del Caucaso. Perché mai il resto della Russia non dovrebbe fare uso di questa esperienza? In effetti è molto più utile per il trionfo della “democrazia sovrana” dell’esperienza elettorale di paesi che da molto tempo vivono in democrazie senza aggettivi.

Una particolare cultura elettorale

Alle elezioni presidenziali del 2 marzo a Derbent [3] (63030 elettori suddivisi in 36 seggi) i cittadini hanno mostrato una disciplina disumana. A partire dalle dieci del mattino l’affluenza ai seggi cresce secondo uno standard. Gli elettori vanno a schiere come ginnasti in parata. Alle cinque della sera l’accordo raggiunge l’assoluto – l’85% (con un margine dello 0,05% in più o in meno) in ogni seggio. Alle sette della sera – il 90,8% con le stesse minime variazioni. Il risultato secondo il protocollo ufficiale è 92,2% (con un margine dello 0,05% in più o in meno) per ognuna delle 36 commissioni. Tanto è compatta Derbent nelle passioni politiche. In 29 seggi Dmitrij Medvedev ha raccolto l’89,5% dei voti (con un margine dello 0,3% in più o in meno), Gennadij Zjuganov [4] il 10,3%, Vladimir Žirinovskij [5] lo 0,2%. Se dei militari registrassero una tale precisione di tiro, li prenderebbero per il collo: non bisogna essere statistici per capire che mentono.

E’ difficile dire come i montanari [6] raggiungano una tale sincronia. Forse conoscono qualche parola particolare. Forse li aiuta il rispetto per gli aqsaqal [7] al potere, la “particolare cultura elettorale”, l’abitudine a non fare domande superflue agli anziani. Il presidente della commissione elettorale del Daghestan Magomed Chalitovv, che all’incontro con il presidente della repubblica ha avuto un accesso di sentimenti civici, ha dichiarato (citiamo dal giornale “Dagestanskaja žizn’” del 2 novembre 2006) che è necessario rompere con “la pratica, secondo cui alcuni leader di province e città, dando a vedere di voler garantire la sicurezza, chiamano a raccolta tutte le commissioni elettorali di seggio con tutta la loro documentazione negli edifici delle amministrazioni e fanno il conto delle schede finché non ottengono il risultato necessario”. Magomed Chalitov ha tre volte ragione! E’ l’ora di rompere da molto tempo. “Alcuni leader di province e città” molte volte fanno da soli dove dovrebbe lavorare la “verticale” [8].

D’altra parte è un’esperienza di rafforzamento della stabilità. Una certa affluenza è sempre necessaria, una percentuale di “sì” pure. Di per se, la “democrazia sovrana” è estesa idealmente su una zona “di particolare cultura elettorale” di 17 milioni di kmq. Questa semplifica mille volte il compito del management statale: bisogna mettersi d’accordo non con centinaia di milioni di elettori, ma con centinaia di migliaia di “leader di province e città”. Se questi sono soddisfatti, il risultato necessario viene da solo. La popolazione saluta con canti e balli la venuta dell’ordine costituzionale.

Garantire la soddisfazione dei leader di città e province non è difficile: basta assegnare sovvenzioni e in seguito non immischiarsi. Questi si sbrigheranno da soli – con i protocolli e con la popolazione. Nel dicembre 2007 in Cecenia in 425 seggi su 431 l’affluenza è stata superiore al 98% (con un appoggio monolitico a “Russia Unita” [9]). Cioè 580000 elettori ceceni, molti dei quali traggono i mezzi di sostentamento in remote regioni della Russia e perfino all’estero, il giorno delle elezioni sono tornati a casa (con i documenti necessari per votare lontano dal luogo di residenza hanno votato in tutto 305 persone) e sono andati ai seggi. In Inguscezia l’affluenza è stata del 98,7% (98,4% per “Russia Unita”), in Kabardino-Balkaria [11] l’affluenza è stata del96,7% (96,1% per gli “orsi” [10]) e così via.

In tutti i seggi della provincia di Chabez in Karačaevo-Circassia [12] l’affluenza è risultata del cento per cento – e il cento per cento dei voti per “Russia Unita”. Ebbene, il saggio Magomed Chalitov ha spiegato come si fa. Prendete il protocollo della commissione elettorale territoriale di Chabez. Numero di elettori – 17 779. Schede ricevute dalla commissione: 17 779. Schede date agli elettori – 17 779. Nessuna nulla, perduta, deteriorata. Per “Russia Unita” – 17 779… C’è solo un impaccio. Le schede vengono date in anticipo secondo il numero degli elettori registrati in precedenza. Nelle sezioni il giorno delle elezioni le liste cambiano forzatamente: dal momento dell’ultima verifica qualcuno se n’è andato, qualcuno è venuto. Altri, Dio non voglia, sono morti. E ci sono quelli che hanno raggiunto i 18 anni e desiderano partecipare.

Se il numero di schede da corrisponde perfettamente al numero degli elettori, allora gli aqsalaq elettorali hanno il dono della preveggenza assoluta o pareggiano nel protocollo il numero degli elettori con il numero delle schede e fissano un’affluenza del 100%. A richiesta si può organizzare anche il 98% o il 92% o perfino un fallimentare 20% - tutto dipende dagli interessi dell’elite locale. Ma noi, incondizionatamente, diamo la preferenza alla prima spiegazione. Beh, la commissione elettorale di Chabez in Karačaevo-Circassia non si metterà certo a imbrogliare con l’espressione della volontà popolare come fanno con le urjuk [13] al mercato e la CIK [13] russa a coprirla! Quindi siamo davanti a un’illuminazione mistica. Anche Stalin stupiva i suoi contemporanei per il suo dono della profezia. “Non importa, – diceva, – come votano…” Ed aveva sempre genialmente ragione – ma solo con le elezioni sovietiche. Su quelle inglesi [14] si sbagliò. Era certo, che Churchill, che aveva appena sconfitto Hitler e godeva dell’appoggio dei militari, avrebbe continuato senza problemi a stare alla guida del governo. Ma non andò così. La cultura elettorale in Inghilterra risultò in qualche modo sbagliata. Non c’era alcun ordine.

Tuttavia più compattamente votano gli elettori, più sono poveri. Inghilterra eGiappone, piccoli e privi di risorse naturali superano di molte volte la Russia. Lo stesso avviene all’interno del nostro paese. Nella classifica del prodotto interno lordo pro capite, secondo i calcoli della rivista “Finans online” [16], le repubbliche con una “particolare cultura elettorale”, di regola, annaspano in coda. L’ultimo posto è detenuto con certezza dall’Inguscezia (1360 dollari pro capite all’anno, all’incirca il livello del Ghana). Accanto a questa ci sono le sovvenzionate Cecenia, Daghestan, Kabardino-Balcaria e Karačaevo-Circassia, che danno un prodotto pro capite di 3-4000 dollari all’anno corrispondente all’incirca a quello del Marocco o delle Isole Figi. Per altro votano che è un piacere guardarle! Il Rosstat [17] ha pubblicato i dati sulla crescita industriale nelle regioni nel primo semestre del 2008 . La più alta di tutti è quella dell’Inguscezia – il 27%. A dire il vero, per qualche motivo con un segno “meno”.

Intelligenza e coscienza

Il principio della verticale e delle “democrazia sovrana” è semplice: il capo ha sempre ragione. Nella versione del presidente della CIK russa Vladimir Čurov è ancor più concreto: “Putin ha sempre ragione”. Se è così, a che servono le elezioni? Ma una volta che il potere per accontentare gli insopportabili democratici si da comunque a imitarli, i risultati divengono immancabilmente sempre più ridicoli. Perché nella “verticale” per natura si scelgono persone non tanto intelligenti quanto devote alla causa. Non tutti sanno contare. Non erano qualificate per distribuire variazioni statisticamente credibili tra i seggi.

Stalin, che amava le decisioni semplici, comunicava la cifra totale, ma non si abbassava mai a spiegare come e di cosa si componesse. Lukašenko pure. Ricordate, dopo l’ennesima vittoria ha paternamente spiegato agli osservatori internazionali che comunque il consenso per lui attorno al 90% e che solo per compassione per i loro pregiudizi europei era stato deciso di pubblicare una cifra un po’ più bassa. Perché non si lagnassero. I capi conoscono le qualità dei propri quadri e non esigono troppo da loro. E nessun altro, secondo il codice della “particolare cultura elettorale” e l’istinto di conservazione, deve esigere nulla. Giudicate voi: il popolo saluta il rafforzamento dell’ordine costituzionale e qui salta fuori qualche amante della verità con pensate calunniose: io, dice, non ho votato… Beh, è toccato fucilarlo.

Ecco, con il Piccolo Padre [18] c’era l’ordine. Ma da noi c’è il diavolo sa cosa: leggi, stampa, Internet, esperti… E’ impossibile lavorare! I funzionari sono costretti, poverini, a lambiccarsi il cervellino. Ma questo non gliel’hanno insegnato; gli hanno insegnato a tenere gli occhi fissi sui capi (fra l’altro, il CIK russo semplifica un po’ le statistiche elettorali pubblicabili, perché è noto: meno sai, meglio dormi).

Alle elezioni della Duma lo LDPR [19] in Cecenia ha raccolto in tutto 357 voti. Strano, se si considera quanti militari pieni di sentimenti patriottici ci sono là. Ma se si considera chi e come conta i voti, allora la cosa non è affatto strana. Nel dicembre 2007 Žirinovskij aveva meno dello 0,1%, ma dopo tre mesi già l’8,1%. Un aumento di voti pari a 122 volte! Perché? Domanda sbagliata. Non perché, ma per cosa – della democrazia! Ma ecco, i capi si sforzano e per voi la cosa è ridicola… Ma dopo sei mesi, alle elezioni per il parlamento ceceno i compagni si sono voltati per un minuto e il partito di Žirinovskij ha di nuovo lo 0,2%.

Sarai primo?

Alle elezioni della Duma gli esperti hanno notato che “Russia Unita” risulta prima con frequenza improbabile nelle schede per le elezioni regionali, il che le porta dei voti in più non pianificati. I capi hanno colto il segnale. La sorte imparziale ha smesso di aiutare il partito preferito. Nella scheda per le elezioni della Duma del 2007 è al penultimo posto.

Beh, adesso vi piace? Sì, solo che alcune commissioni elettorali hanno un problema. Durante la campagna presidenziale nel seggio n. 682 della provincia di Kiziljurt [20] del Daghestan è successo qualcosa di terribile. Dmitrij Medvedev ha ricevuto 0 voti, e il suo oppositore democratico [21] Bogdanov [22] 725 (il 94,7%). Che disgrazia! O nel seggio n. 682 la popolazione è stata interamente conquistata dalle idee del liberalismo e in grande ordine ha deciso di entrare nell’Unione Europea [23] o “alcuni leader di province e città” hanno confuso le righe del protocollo. Infatti alle elezioni municipali svoltesi contemporaneamente “Russia Unita” nel seggio n. 682 ha ricevuto esattamente gli stessi 725 voti.

Gli aqsaqal elettorali hanno ritenuto, evidentemente, che il 95% per il partito principale e per il candidato principale sono proprio quello che è necessario. Né troppo né troppo poco. Ma se con il protocollo municipale tutto è andato liscio – in quello “Russia Unita” sta, come è stabilito, al numero uno, con quello presidenziale si è fatto confusione. I quadri hanno i riflessi condizionati: “chi deve” nella scheda è sempre al primo posto (per rispetto e per facilitare il lavoro intellettuale). Naturalmente nel protocollo presidenziale del seggio n. 682 della provincia di Kiziljurt 725 voti sono indicati nella prima riga. Ma là, guarda un po’ (ah, queste smorfie della democrazia), non c’è Medvedev, ma Bogdanov. E’ chiaro, a Bogdanov questo “+725” non è servito, così come a Medvedev il “-725” non è stato d’ostacolo. Così, piccoli tratti significativi della democrazia sovrana.

Sua verosimiglianza

Nella provincia di Chasavjurt [24] in Daghestan nei seggi n. 1463 e 1464, dove nel dicembre 2007 hanno votato più di tremila elettori, “Russia Unita” ha raccolto in tutto il 4 e lo 0,6%. E i comunisti, di conseguenza, il 96 e il 99,4%. Proprio come in epoca sovietica. Ma passano tre mesi e alle elezioni presidenziale Zjuganov prende qui il 5-7% e Medvedeve il 93-95%. Gli aqsaqal hanno confuso le righe o le epoche.

La Russia si rivela di nuovo più onesta e intelligente dei suoi capi. In questo senso gli fa anche paura. Dove i capi sono sani, la politica è sana e le elezioni sono più verosimili. E là soprattutto per ora non sparano. Diciamo che sia l’affluenza sia il risultato delle votazioni in Adighezia porteranno pure il segno di uno “specifico locale”, ma non fanno venir voglia di infuriarsi e gridare allo scandalo [25]. Ci sono cose dubbie, ma non si vede un’ottusa violenza alla teoria delle probabilità e al buon senso come nella zona di “introduzione dell’ordine costituzionale”. Un’ottusa violenza sulle cifre corrisponde sempre a un’ottusa violenza sulle persone. Fra l’altro in Adighezia le cifre della crescita economica sono relativamente accettabili. Ma non ci sono sparatorie, né capi, né azioni eroiche [26]. Eppure anche questo è Caucaso.

In Inguscezia dopo le elezioni della Duma nell’ambito dell’iniziativa “Io non ho votato” più della metà dei cittadini ha dichiarato di non aver preso parte alle elezioni. Il computo ufficiale dell’affluenza ha superato il 98%. La “verticale” ha bloccato l’iniziativa, ha neutralizzato gli organizzatori e ha ristabilito l’ordine costituzionale. Alle elezioni presidenziali a marzo hanno presentato la più modesta cifra del 92,3% – hanno considerato le critiche, ma comunque non sono stati capaci di cancellare bene le tracce. In tutta la repubblica non è stata sottratta una sola scheda dai seggi! Come, fra l’altro, alle elezioni della Duma. Le schede nulle sono state in tutto 110 (lo 0,07%). Un altro record tra i soggetti della Federazione. Su 55000 schede nelle principali città della repubblica non c’è una sola scheda nulla. A fronte del fatto che in condizioni normali una o due pensionate su cento fanno necessariamente un po’ di confusione. L’1-2% di schede nulle è naturale. Tuttavia decine di migliaia di ingusci “votano” come robot di una catena di montaggio. A Nazran’ [27] al momento delle elezioni del presidente russo sono stati registrati 43600 elettori in 26 seggi elettorali. Va da se che in tutti (con un’unica eccezione) l’affluenza cresce a scaglioni. Alle 10 di mattina – 9,5% (con un margine dello 0,3% in più o in meno), alle 17 – 68% (con un margine dello 0,5% in più o in meno),alle 19 – 87,5% (con un margine dello 0,8% in più o in meno). Totale – 91,5% (con un margine dell’1% in più o in meno). I risultati nei seggi sono ancora più sincronici: a Медведева dal 91,3 al 91,4%, a Žirinovskij dal 6,5 al 6,6%, a Zjuganov dall’1,8 all’1,9%.

Signore, che noia! Un’eccezione è il seggio n. 126, dove Medvedev ha avuto il 98% e l’affluenza ha raggiunto il 100% già verso le dieci di mattina. Un raggiro? No, qui stavolta è più o meno normale. E’ un distaccamento militare e le votazioni si svolgono in anticipo, già il 17 febbraio. Ma per quale ragione siamo d’accordo nel ritenere “normale” un’affluenza del cento per cento di militari – e sempre con il risultato previsto? Prima della Rivoluzione i militari, persone non libere, non prendevano parte alle elezioni. Nel protocollo conclusivo il seggio “anticipato” n. 126 è indicato al pari di altri e nella casella “numero di schede fornite in anticipo” dà zero. Ci vorrebbero far credere che tutti e 2510 i militari hanno compiuto il loro dovere di cittadini non il 17 febbraio, come si è affrettata a comunicare la stampa locale, ma il 2 marzo dalle otto alle dieci di mattina – alla velocità di oltre 20 persone al minuto. Quisquilie? No, è il sintomo di un certo atteggiamento verso i sudditi. I sudditi, pare, non dissentono. A dire il vero, a volte sparano. Ma come fanno a dialogare ancora con un potere che vota per se stesso?

Cosicché, lambiccati il cervellino sovrano o non lambiccartelo – la cosa è semplice: o contate i voti onestamente o sembrerete ridicoli. La disgrazia è che ben presto si cominciano con i brogli elettorali e poi finisce a sparare. E alla fine non ha importanza se si spara dall’alto in basso o dal basso in alto. Perché se non ci sono elezioni corrette, le congiure, le sommosse e le rivoluzioni divengono il meccanismo per cambiare le leadership indegne. E non vale la pena di sforzarsi a pensare chi ha cominciato. Ha cominciato il potere – quando ha deciso di introdurre l’ordine costituzionale sul modello stalinista . Per cominciare – nel Caucaso.

Dmitrij Oreškin,
Vladimir Kozlov,

articolo speciale per la “Novaja gazeta”

10.11.2008, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/83/27.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Espressione ironica. Il Picco del Comunismo – 7495 metri – era la cima più alta dell’Unione Sovietica. Adesso si trova in Tagikistan ed è stato ribattezzato Picco di Ismail Samani, fondatore della dinastia Samanide.

[2] Džugašvili è il vero cognome di Stalin.

[3] Città del Daghestan meridionale.

[4] Leader del Partito Comunista Russo.

[5] Leader del Partito Liberal-Democratico Russo, di impostazione nazionalista a dispetto del nome.

[6] Il Caucaso è prevalentemente montuoso, ma Derbent è sul mar Caspio…

[7] Aqsaqal (in turco “barba bianca”) sta per capo clan.

[8] La “verticale del potere”, lo schema creato da Putin, secondo cui le più alte cariche esecutive nominano quelle inferiori, lasciando al popolo l’elezione del presidente e di organi legislativi locali privi di vero potere.

[9] Partito che ha il solo scopo di sostenere la politica di Putin nei vari organi di potere.

[10] I sostenitori di Medvedev, il cui cognome deriva da medved’, “orso”.

[11] Repubblica federata del Caucaso russo occidentale.

[12] Repubblica federata del Caucaso russo occidentale.

[13] Albicocche secche con il nocciolo, tipica leccornia caucasica (i russi sembrano preferire le kuraga, albicocche secche denocciolate).

[14] Central’naja Izbiratel’naja Komissija (Commissione Elettorale Centrale).

[15] Non per fare continuamente le pulci, ma sarebbe meglio dire “britanniche”…

[16] In realtà semplicemente “Finans”.

[17] Nome convenzionale dell’istituto statale di statistica russo.

[18] Nell’originale bat’ka, appellativo di Stalin (in origine appellativo dei pope ortodossi e degli anziani autorevoli).

[19] Liberal’no Demokratičeskaja Partija Rossii (Partito Liberal-Democratico Russo), il partito di Žirinovskij (vedi nota 3).

[20] Nel Daghestan centrale.

[21] Cioè rappresentante del misterioso Partito Democratico Russo.

[22] Andrej Vladimirovič Bogdanov, massone. Si ritiene che fosse un semplice figurante.

[23] Tra le improbabili promesse di Bogdanov c’era quella di portare la Russia nell’Unione Europea.

[24] Nel Daghestan centrale, ai confini con la Cecenia.

[25] Letteralmente “nitrire e battere gli zoccoli” (cioè sfogare la rabbia e cercare di attirare l’attenzione).

[26] Qui l’autore utilizza ironicamente la retorica sovietica.

[27] Ex capitale dell’Inguscezia.

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